Art. 74 – DPR 309-90

(D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 - Testo unico in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope)

Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope

Art. 74 - dpr 309-90

1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’articolo 70, commi 4,  6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, ovvero dall’articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni. (1)
2. Chi partecipa all’associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
4. Se l’associazione è armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non può essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
5. La pena è aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 80.
6. Se l’associazione è costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell’art. 416 del codice penale.
7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti.
7-bis. Nei confronti del condannato è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e dei beni che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto. (2)
8. Quando in leggi e decreti è richiamato il reato previsto dall’articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall’articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si intende riferito al presente articolo.

Art. 74 - DPR 309-90

1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’articolo 70, commi 4,  6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, ovvero dall’articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni. (1)
2. Chi partecipa all’associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
4. Se l’associazione è armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non può essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
5. La pena è aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 80.
6. Se l’associazione è costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell’art. 416 del codice penale.
7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti.
7-bis. Nei confronti del condannato è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e dei beni che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto. (2)
8. Quando in leggi e decreti è richiamato il reato previsto dall’articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall’articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si intende riferito al presente articolo.

Note

Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 14, comma 1 e 38, comma 2

(1) Il presente comma è stato così modificato dall’art. 1 D.Lgs. 24.03.2011, n. 50 con decorrenza dal 27.04.2011.
(2) Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 29.10.2016, n. 202 con decorrenza dal 24.11.2016.

Massime

In tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, il reato di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, relativo alla commissione di fatti di lieve entità ex art. 73, comma 5, dello stesso decreto, non è soggetto al raddoppio dei termini di prescrizione, dovendosi escludere che l’indicazione dell’art. 74 cit. da parte dell’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., a sua volta richiamato dall’art. 157 cod. pen., implicante effetti derogatori “in peius”, ricomprenda anche l’ipotesi di cui al comma 6, costituente fattispecie delittuosa autonoma – e non attenuata – rispetto a quella di cui al comma 1. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19150 del 17 maggio 2021 (Cass. pen. n. 19150/2021)

In tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 16357 del 29 aprile 2021 (Cass. pen. n. 16357/2021)

Integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti il costante e continuo approvvigionamento di sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinare uno stabile affidamento del gruppo sulla disponibilità all’acquisto, mediante la costituzione di un vincolo reciproco durevole che supera la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale delle singole operazioni e si trasforma nell’adesione dell’acquirente al programma criminoso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che, ai fini della prova dell’inserimento organico dell’indagato nell’associazione, aveva valorizzato la sua condotta di costante approvvigionamento di droga dal gruppo, anche al di fuori dei delitti scopo contestati, il contenuto economico delle transazioni e la rilevanza obiettiva del ruolo assunto nel sodalizio criminale per il rapporto sistematico con elementi di spicco dello stesso).  Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 33139 del 25 novembre 2020 (Cass. pen. n. 33139/2020)

Il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti di lieve entità non è ostativo all’applicazione del concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., atteso che, in base ad una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, coerente con l’esigenza di ragionevolezza e con il principio del “favor rei”, l’applicazione a tale fattispecie del regime giuridico previsto dall’art. 416 cod. pen. impone di ritenere il generico rinvio all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, contenuto nell’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., a sua volta richiamato dall’art. 599-bis, come non comprensivo dell’ipotesi prevista dal comma 6 del citato art. 74. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 29445 del 23 ottobre 2020 (Cass. pen. n. 29445/2020)

In tema di individuazione della competenza per territorio in caso di procedimenti connessi, la comparazione dei reati sotto il profilo della gravità va svolta secondo la regola di cui all’art. 4 cod. pen., con conseguente irrilevanza delle circostanze aggravanti indipendenti che non comportano un aumento di pena superiore a un terzo. (Nella fattispecie è stata esclusa la rilevanza della circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 23700 del 10 agosto 2020 (Cass. pen. n. 23700/2020)

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma primo, ord. pen., in relazione agli artt. 3, 24 e 27 Cost., nella parte in cui non esclude dal novero dei reati ostativi cd. di “prima fascia” quello di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel caso di mera partecipazione e di concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6 cod. pen., in quanto il riconoscimento di circostanze attenuanti idonee a mitigare il trattamento sanzionatorio non incide sulla scelta del legislatore di considerare il reato di particolare allarme sociale e meritevole di un trattamento più rigoroso in sede esecutiva. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 20503 del 9 luglio 2020 (Cass. pen. n. 20503/2020)

Integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 19272 del 25 giugno 2020 (Cass. pen. n. 19272/2020)

In tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, l’accertamento della condotta di partecipazione per un segmento temporale minore rispetto all’imputazione non necessita di una parziale assoluzione dell’imputato, in quanto non sussiste il rischio che il predetto possa essere sottoposto a un nuovo processo in ordine allo stesso fatto, per il tempo in cui è stata esclusa la sua partecipazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che opera, in tal caso, la preclusione derivante dal giudicato che, con riguardo ai reati associativi, presuppone l’identità, sotto il profilo storico-naturalistico, del sodalizio oggetto dei diversi procedimenti, la perdurante operatività dello stesso e la sovrapponibilità dei periodi rispetto ai quali è contestata e accertata la partecipazione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5560 del 12 febbraio 2020 (Cass. pen. n. 5560/2020)

In tema di stupefacenti, la fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna per l’associazione minore, evidenziando che il sodalizio si riforniva di eroina, sempre presso gli stessi fornitori, per quantitativi non eccedenti i 100 gr. per volta, in quanto non aveva capacità finanziaria per acquisti maggiori, che non spacciava sostanze di tipo diverso, che non aveva, sul territorio di riferimento, una posizione di controllo del mercato, che presentava un organigramma estremamente ridotto e che gli associati erano già stati condannati in primo grado per fatti di droga di lieve entità). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1642 del 16 gennaio 2020 (Cass. pen. n. 1642/2020)

In tema di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell’ “affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che, attraverso l’analisi del contenuto dei dialoghi intercettati, aveva ritenuto non significativa la circostanza che l’attività criminosa avesse formato oggetto di un’osservazione non dilatata nel tempo, dando invece rilievo a numerosi elementi di conferma delle origini risalenti dello schema operativo, quali la dimestichezza dei conversanti, l’uso di riferimenti di non immediata intelligibilità, e l’esistenza di debiti già accumulati).  Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 50570 del 16 dicembre 2019 (Cass. pen. n. 50570/2019)

In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, l’esistenza di interessi conflittuali tra i singoli componenti del sodalizio non è ostativa al riconoscimento dell’associazione, in quanto nell’ambito della struttura organizzata non assumono rilievo gli scopi soggettivi e personali, perseguiti da ciascun partecipe, atteso che ciò che distingue la fattispecie associativa è il mezzo con cui le diverse finalità personali vengono perseguite. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna che aveva ritenuto sussistente l’ipotesi associativa anche a fronte di contrapposte pretese creditorie e debitorie tra i singoli partecipi). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22046 del 20 maggio 2019 (Cass. pen. n. 22046/2019)

In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il numero minimo degli associati previsto dalla legge per la configurabilità del reato deve essere valutato in senso oggettivo, ossia come componente umana effettiva del sodalizio, e non con riferimento al numero degli imputati presenti nel processo, essendo integrato il reato, pertanto, anche nel caso in cui sia accertata la partecipazione di soggetti rimasti ignoti ulteriori rispetto a quelli sottoposti a giudizio. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19212 del 7 maggio 2019 (Cass. pen. n. 19212/2019)

In tema di associazione a delinquere finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti, la prova dell’appartenenza al sodalizio criminoso può essere desunta anche dall’accertamento dell’assistenza legale fornita ad un partecipe e dell’aiuto economico assicurato ai suoi familiari, una volta che costui sia tratto in arresto, consistendo in condotte prestate a vantaggio dell’intera consorteria e non solo della persona assistita. (In motivazione, la Corte ha precisato che, al fine del consolidamento dell’organizzazione criminale assume una importanza vitale la circostanza che l’associato abbia consapevolezza di poter contare, in caso di arresto, sulla continuità del vincolo associativo e sul rapporto di solidarietà tra gli associati). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 12705 del 21 marzo 2019 (Cass. pen. n. 12705/2019)

In tema di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la sussistenza della sola aggravante del numero di associati superiore a dieci, di cui all’art. 74, comma 3, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con esclusione dell’ulteriore aggravante del carattere armato del sodalizio, di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, comporta l’applicazione di un aumento della pena base, prevista per il partecipe, fino a un terzo di essa. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 49921 del 29 novembre 2018 (Cass. pen. n. 53687/2018)

La fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990. (In motivazione, la Corte ha escluso la sussistenza di tal delitto valorizzando la concreta capacità operativa, l’articolata organizzazione e la capacità di approvvigionamento continuo e sistematico di sostanza stupefacente). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 49921 del 2 novembre 2018 (Cass. pen. n. 49921/2018)

In tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la condotta di colui che partecipa al sequestro di persona di un cliente debitore del sodalizio criminoso non è sufficiente, di per sè, a fornire prova della partecipazione al reato associativo, occorrendo la dimostrazione che l’agente, consapevole dell’esistenza di un sodalizio volto alla commissione di una serie indefinita di reati nel settore degli stupefacenti, aderisca volontariamente a tale programma ed assicuri la sua stabile disponibilità ad attuarlo. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 26233 del 8 giugno 2018 (Cass. pen. n. 26233/2018)

In tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, il riconoscimento dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990, non comporta automaticamente anche quello dell’attenuante di cui all’art. 74, comma 7, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, non coincidendo i presupposti delle due circostanze, in quanto la prima riguarda l’assicurazione, “ex post”, delle prove dei commessi reati e, ai fini della sua applicazione, è necessario che i dati forniti siano nuovi, oggettivamente utili e costituiscano tutte le conoscenze a disposizione del dichiarante, mentre per la concessione della seconda, è necessario che il contributo conoscitivo offerto dall’imputato, nel corso della consumazione del reato, sia utilmente diretto ad interrompere non tanto il traffico della singola partita di droga, bensì l’attività complessiva del sodalizio criminoso. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 23528 del 25 maggio 2018 (Cass. pen. n. 23528/2018)

Non incorre nel divieto di “reformatio in peius” il giudice di appello che lasci inalterata la pena irrogata in primo grado, pur avendo riconosciuto la sussistenza delle attenuanti generiche giudicate equivalenti all’aggravante del numero dei concorrenti, prevista dall’art.74, comma 3, d.P.R. n. 309 del 1990, ove quest’ultima aggravante, riconosciuta dal giudice di primo grado, non aveva dato luogo al corrispondente aumento di pena. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 18055 del 23 aprile 2018 (Cass. pen. n. 18055/2018)

Non v’è correlazione tra accusa e sentenza ove il giudice, a fronte di un’imputazione di partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti di ogni genere, pronunci condanna per il reato continuato di spaccio di sostanze stupefacenti, senza che nell’imputazione siano indicati nelle loro componenti fattuali e soggettive, sia pure sommariamente, i singoli episodi di spaccio, o di detenzione a fini di spaccio, specie se l’imputazione non contenga alcun riferimento alla commissione, ad opera dell’associazione, di alcuno dei reati fine. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7893 del 19 febbraio 2018 (Cass. pen. n. 7893/2018)

In materia di reati concernenti le sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante del c.d. “ravvedimento operoso” di cui all’art. 74, comma settimo, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 può trovare applicazione anche quando la collaborazione sia prestata successivamente alla pronuncia di condanna in primo grado. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 40749 del 7 settembre 2017 (Cass. pen. n. 40749/2017)

In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, pur se l’associazione sia finalizzata alla commissione di episodi di cessione che, considerati singolarmente, presentano le caratteristiche dei fatti descritti dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, deve essere esclusa l’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, del medesimo decreto quando, per la complessiva attività in concreto esercitata, per la molteplicità degli episodi di spaccio, reiterati in un lungo arco di tempo, e per la predisposizione di un’idonea organizzazione che preveda uno stabile e continuativo approvvigionamento di quantitativi rilevanti di sostanze stupefecenti, quell’attività sia incompatibile con il carattere della lieve entità. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34920 del 17 luglio 2017 (Cass. pen. n. 34920/2017)

In tema di reati concernenti gli stupefacenti, per la concessione dell’attenuante della collaborazione di cui all’articolo 74, comma settimo, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, è necessario che il contributo conoscitivo offerto dall’imputato sia utilmente diretto ad interrompere non tanto il traffico della singola partita di droga, bensì l’attività complessiva del sodalizio criminoso. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva escluso l’attenuante con riferimento a dichiarazioni rese dall’imputato dopo la sentenza di primo grado, dichiarate utilizzabili unicamente nei suoi confronti e ritenute non rilevanti ai fini della ricostruzione dell’attività di spaccio di stupefacenti posta in essere dall’associazione criminale). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 32907 del 6 luglio 2017 (Cass. pen. n. 32907/2017)

L’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere stabile dell’accordo criminoso, e, quindi nella presenza di un reciproco impegno alla commissione di una pluralità di reati. (In motivazione la S.C. ha precisato che non può ritenersi integrato il reato associativo per il solo fatto della frequente commissione di reati da parte degli stessi soggetti nel diverso ruolo di acquirente e venditore, essendo invece necessario che tale reiterazione si collochi nell’ambito dell’esecuzione del programma associativo di commissione di una serie indeterminata di reati). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 28252 del 7 giugno 2017 (Cass. pen. n. 28252/2017)

L’elemento differenziale tra l’ipotesi associativa ex art. 74 d.P.R. n.309 del 1990 e quella del concorso ai sensi degli artt. 110 cod. pen. e 73 del citato d.P.R. risiede principalmente nell’elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non può ridursi ad un semplice accordo delle volontà, ma deve consistere in un “quid pluris”, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso. (In motivazione la S.C. ha precisato che la costituzione dell’associazione non coincide con l’accordo dei compartecipi, ma con quello della nascita di un’organizzazione permanente, frutto del concerto di intenti e di azione tra gli associati). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 27433 del 1 giugno 2017 (Cass. pen. n. 27433/2017)

La circostanza aggravante di cui all’art. 7 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, nelle due differenti forme dell’impiego del metodo mafioso nella commissione del reato e della finalità di agevolare, con il delitto posto in essere, l’attività dell’associazione per delinquere di stampo mafioso, è configurabile anche con riferimento al reato associativo di cui all’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990. (Nella fattispecie, la Corte ha ravvisato l’esercizio del metodo mafioso, da parte dei membri dell’associazione dedita alla cessione di stupefacenti, nell’acquisizione delle “piazze di spaccio”, nelle modalità del controllo della gestione del traffico della droga, nella finalità di avvantaggiare l’associazione camorristica egemone nella costituzione di un monopolio dello spaccio nonché nella partecipazione ai relativi utili di detto gruppo criminale, che assicurava protezione dalle pretese di organizzazioni contrapposte). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9956 del 28 febbraio 2017 (Cass. pen. n. 9956/2017)

Nella ipotesi di contestazione del reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti in cui la condotta, iniziata sotto il vigore dell’art. 75, l. 22 dicembre 1975, n. 685 sia proseguita anche dopo l’entrata in vigore della corrispondente fattispecie di cui all’art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sussiste un unico reato permanente e si applica la disciplina sanzionatoria in vigore al momento in cui la condotta associativa è venuta a cessare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione difensiva di intervenuta prescrizione del reato, relativamente alla condotta posta in essere prima dell’entrata in vigore delle più gravi sanzioni di cui al citato art. 74). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 52546 del 12 dicembre 2016 (Cass. pen. n. 52546/2016)

In tema di cosiddetta “contestazione a catena”, sussiste connessione qualificata tra il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., contestato all’imputato con la prima ordinanza custodiale, e i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 contestati al medesimo imputato nel secondo titolo custodiale, allorchè il primo titolo custodiale indichi tra i reati fine dell’attività dell’associazione mafiosa proprio la realizzazione di un’attività strutturata ed organizzata di commercio di sostanze stupefacenti, tale da escludere il carattere estemporaneo delle condotte oggetto della seconda imputazione. (In motivazione la Corte ha precisato che tale valutazione è riservata al giudice di merito che, sulla base del materiale probatorio o indiziario, deve adeguatamente e logicamente motivare il proprio convincimento). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 48565 del 16 novembre 2016 (Cass. pen. n. 48565/2016)

In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione a condotte risalenti nel tempo, l’affievolimento delle esigenze cautelari, confacente a superare la presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere, deve risultare da specifici elementi di fatto idonei a dimostrare lo scioglimento del gruppo ovvero il recesso individuale e il ravvedimento del soggetto sottoposto alla misura. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che il lungo periodo di detenzione sofferto senza suscitare rilievi comportamentali ovvero la partecipazione all’opera di rieducazione non costituiscono, in assenza di un “aliquid novi”, un serio ed unico sintomo di un mutamento dello stile di vita dell’interessato). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 23367 del 7 giugno 2016 (Cass. pen. n. 23367/2016)

La fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali ed operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art.73 comma quinto d.P.R. n. 309 del 1990. (In motivazione, la Corte ha escluso la sussistenza dell’associazione minore valorizzando la concreta capacità operativa, il numero delle condotte, la diversa tipologia di sostanze trattate ed il quantitativo delle cessioni). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12537 del 24 marzo 2016 (Cass. pen. n. 12537/2016)

Il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti costituita al fine di commettere fatti di lieve entità ex art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990 costituisce fattispecie autonoma di reato e non mera ipotesi attenuata del reato di cui all’art. 74, comma primo, del citato d.P.R.; ne consegue che a tale associazione, anche se aggravata ai sensi dei commi quarto e quinto del predetto art. 74, è applicabile l’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006, in quanto il divieto di applicazione del beneficio, previsto dall’art. 1, secondo comma, lett. b) della legge citata per le ipotesi di cui all’art. 74, commi primo, quarto e quinto, del d.P.R. n. 309 del 1990, si riferisce alla sola partecipazione ad associazione costituita per le finalità di cui all’art. 74, comma primo, d.P.R. cit. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13062 del 27 marzo 2015 (Cass. pen. n. 13062/2015)

In tema di intercettazioni, non dà luogo a nullità od inutilizzabilità la circostanza che il reato ipotizzato al momento dell’attivazione delle intercettazioni da parte dell’autorità giudiziaria poi dichiaratasi funzionalmente incompetente sia diverso da quello per il quale si sia poi proceduto dinanzi all’autorità giudiziaria competente, sempre che quest’ultimo rientri nella tipologia dei reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. (Fattispecie relativa ad intercettazione disposta per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, mentre il reato per il quale si è poi proceduto davanti all’A.G. competente è quello previsto dall’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 53418 del 22 dicembre 2014 (Cass. pen. n. 53418/2014)

 

 

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