1. Introduzione
La promessa di matrimonio è la dichiarazione con cui i futuri sposi portano a conoscenza di terzi la volontà di convolare a nozze.
Ma se uno dei due promessi sposi decidesse di tornare sui suoi passi e sulle sue decisioni dopo aver regalato o ricevuto in dono l’anello di fidanzamento, cosa dice la Legge?
Vediamo i quali conseguenze derivano dalla mancata celebrazione del matrimonio.
2. La promessa di matrimonio
All’interno del nostro ordinamento esistono due tipi di promessa di matrimonio: quella semplice e quella solenne.
La promessa di matrimonio semplice, disciplinata dall’articolo 80 del codice civile , è sinonimo di “fidanzamento ufficiale”. Si tratta di un impegno sociale, caratterizzato da un dovere morale di unirsi in matrimonio, non produttivo di effetti giuridici.
La promessa di matrimonio solenne, invece, è disciplinata dall’articolo 81del codice civile e può essere fatta per atto pubblico o scrittura privata, nonché risultare dalla richiesta delle pubblicazioni, cui sono obbligati i fidanzati prima di sposarsi.
La promessa di matrimonio, sia semplice che solenne, non costituisce un vincolo giuridico; tuttavia la rottura comporta delle conseguenze.
3. Conseguenze della rottura della promessa di matrimonio
Le conseguenze variano in base al tipo di promessa fatta.
Nella promessa di matrimonio semplice, la parte che subisce il rifiuto può chiedere la restituzione dei doni legati al matrimonio, come ad esempio l’anello di fidanzamento, presentando richiesta entro 1 anno dal giorno della rottura. Sono quindi esclusi i regali scambiati tra le parti in occasione di altre ricorrenze, come ad esempio il compleanno, la laurea ecc, salvo diverso accordo tra gli ex fidanzati.
Invece, in caso di rottura della promessa di matrimonio solenne, chi decide di annullare la celebrazione del matrimonio senza una giusta causa, sarà tenuto a risarcire anche il danno causato all’altra parte per le spese fatte e gli impegni contrattuali assunti in vista del matrimonio. A titolo esemplificativo e non esaustivo si indicano le spese per l’abito da sposa/o, gli arredi della futura casa coniugale, le spese per il ristorante dove si sarebbe svolto il ricevimento. Anche in questo caso la richiesta deve essere fatta entro 1 anno dalla rottura, pena la decadenza dal diritto.
È bene precisare che la rottura della promessa di matrimonio non costituisce un illecito extra contrattuale. La richiesta di risarcimento danni infatti, è una particolare forma di riparazione stabilita dalla legge per le spese sostenute dalla parte che ha subito il rifiuto ingiustificato. Pertanto, non è previsto alcun risarcimento dei danni non patrimoniali (danni morali) a causa della mancata celebrazione delle nozze.
Sul punto si segnala la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 10926/2020, la quale ha ribadito la libertà di ciascun futuro/a sposo/a di modificare la propria scelta fino al momento della celebrazione delle nozze e ha statuito che “la rottura della promessa di matrimonio solenne comporta la previsione a carico del recedente ingiustificato non di una piena responsabilità per i danni, ma di un’obbligazione ex lege a rimborsare alla controparte quanto meno l’importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio. Non sono risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da queste e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali”.
In conclusione, quindi, il mancato rispetto della promessa di matrimonio in forma semplice comporta la restituzione dei doni fatti tra fidanzati. Invece, il rifiuto ingiustificato di eseguire la promessa di matrimonio solenne comporta anche l’obbligo di rimborsare alla controparte l’importo delle spese affrontate e delle obbligazioni assunte in vista delle nozze. È bene, quindi, che i futuri sposi abbiano piena consapevolezza delle loro azioni e delle relative conseguenze giuridiche. In caso di dubbi o chiarimenti consigliamo di rivolgersi quanto prima ad un avvocato, al fine di poter agire tempestivamente per la tutela dei propri diritti.