1. Premessa
Spesso risulta difficile far obbedire un bambino contro la sua volontà. Sebbene gli si possa imporre di non uscire di casa, di non guardare la tv o di non giocare non i videogiochi, ma non c’è modo di costringerlo a fare bene i compiti, tantomeno a volere bene a qualcuno. Diventa ancora più complicato nel caso di coppie separate.
Tendenzialmente, a seguito del collocamento del minore presso uno dei genitori, questi si trova a frequentare -necessariamente – più spesso un certo ramo della famiglia.
Cosa succede se il minore si rifiuta di vedere i nonni, gli zii o gli altri parenti dell’altro genitore? Lo si può costringere ad avere rapporti con i familiari dei genitori?
Va detto che il problema si pone solo per figli che sono ancora minorenni perché, una volta raggiunta la maggiore età, ciascuno ha il diritto di fare ciò che vuole, compreso il diritto di non vedere più alcuni familiari o gli stessi genitori.
2. Gli studi sui rapporti con i parenti
Lo abbiamo definito un problema in quanto esistono numerosi studi secondo i quali un bambino cresce tanto meglio quanto più l’ambiente è sereno, se si sente amato e coccolato da coloro che gli stanno attorno e se alla sua vita prendono parte più persone, ciascuna delle quali apporta il suo personale contributo.
Questo principio è stato recepito dalla giurisprudenza che lo ha definito come “diritto alla bigenitorialità”. In base a tale principio, i figli devono crescere con entrambi i genitori e le rispettive famiglie, al di là delle incomprensioni e dei litigi tra questi in essere. I genitori sono chiamati a superare i contrasti in nome dell’interesse superiore del minore. Nessun genitore dovrebbe, per una sorta di obbligo morale, coltivare nel bambino sentimenti ostili nei confronti dell’altro genitore. Al contrario, dovrà incoraggiarlo a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i rami genitoriali.
Ma c’è di più perché, anche dal punto di vista legale, il genitore presso cui il bambino è collocato ha l’obbligo di non ostacolare i rapporti con l’altro genitore e la famiglia di questo. Deve infatti favorire il diritto di visita secondo quanto stabilito dal giudice con la sentenza di separazione o divorzio o, se si tratta di coppie di fatto, con quella che abbia deciso sull’affidamento del minore.
Se però, nonostante gli sforzi sinceri dei genitori, il minore si rifiuta di frequentare il papà o la mamma e/o i rispettivi parenti, cosa si fa?
Secondo la giurisprudenza non si può imporre con la forza di frequentare uno o più familiari. La ragione è quella di preservare il minore da traumi e conseguenze peggiori. Il rimedio è rappresentato dall’intervento dei servizi sociali e di uno psicologo infantile.
3. Si può imporre al minore di frequentare i parenti?
Il Codice Civile, all’articolo 337 ter, stabilisce che:
“Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Con il decreto legislativo 154 del 2013, entrato in vigore il 7 febbraio 2014, con la riforma della filiazione, recepita dal Codice civile è stato espressamente previsto che anche i nonni abbiano diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
È stato quindi introdotto un diritto di visita in favore degli ascendenti e a carico dei nipoti e in particolare:
“Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice (il tribunale dei minorenni del luogo di residenza abituale del minore) affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore”.
La disposizione prevede inoltre che il figlio minore che abbia compiuto 12 anni e anche di età inferiore ove capace di discernimento debba essere ascoltato dal giudice per tenere in considerazione la sua volontà. Quando il provvedimento è richiesto contro il genitore, anche questi deve essere sentito.
Il comportamento del genitore che impedisca al figlio di intrattenere rapporti con i nonni, si presume, fino a prova contraria, pregiudizievole al figlio e il giudice adito può assumere i provvedimenti destinati a ovviare tale pregiudizio.
Viceversa, se vi sono ragioni ostative, per le quali il rapporto tra parenti e minore è contrario all’interesse di questi ultimi, il genitore può impedire la frequentazione. Si pensi, ad esempio, a uno zio pluripregiudicato o con gravi problemi di salute psichica che lo rendano un individuo in qualche modo pericoloso per il bambino.
4. I nonni sono parti in causa?
Secondo la tesi prevalente, i nonni non possono costituirsi (e quindi intervenire) nei giudizi di affidamento affinché sia garantita l’effettività del loro rapporto con il minore e quindi dovranno sempre rivolgersi al genitore a cui il minore viene affidato.