Inadempimento patti parasociali: la giurisdizione è italiana anche se la società ha sede all’estero

Articolo a cura dell’Avv.ssa Valentina D’Urso

Con la sentenza n. 26984 del 26 novembre 2020, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno statuito che la giurisdizione appartiene al giudice italiano anche quando la controversia concerna l’inadempimento di patti parasociali ascrivibile all’amministratore unico di una società costituita all’estero.

Patti parasociali

Indice

1. L’oggetto della controversia
2. L’esito dei processi di merito
3. Le norme del regolamento UE 44/2001 in punto di giurisdizione
4. L’intervento delle Sezioni Unite – le deroghe consentite al foro generale
5. L’inidoneità delle azioni proposte a fondare la giurisdizione ex art. 22

1. L’oggetto della controversia

Un soggetto domiciliato in Italia costituiva una S.r.l. in Polonia con un secondo socio e sottoscriveva due patti parasociali con un terzo interessato ad entrare nella compagine sociale. Con il primo patto si prevedevano le modalità di acquisto delle quote societarie da parte del terzo, mentre con il secondo si stabilivano gli obblighi di gestione che il socio italiano avrebbe dovuto osservare in qualità di amministratore unico della società. Divenuto socio effettivo della S.r.l., il terzo evidenziava criticità nell’attività gestoria dell’amministratore e lo conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patiti a causa delle irregolarità commesse nelle sua veste e dell’inadempimento del patto parasociale inerente la gestione della società.

2. L’esito dei processi di merito

Costituitosi in giudizio, l’amministratore eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice italiano, sostenendo che la società fosse stata costituita in Polonia e fosse pertanto assoggettata non soltanto alla legge ma anche alla giurisdizione polacca. Il Tribunale di Roma accoglieva la suindicata eccezione e dichiarava il proprio difetto di giurisdizione sulla scorta dell’art. 5, n.3, del Regolamento Ue 44/2001. In seguito, parte attrice proponeva gravame avverso la decisione del Tribunale capitolino e proseguiva il giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Roma.
La Corte, tuttavia, confermava la sussistenza della giurisdizione del giudice straniero, affermando che il danno lamentato derivasse sì da inadempienze dei patti parasociali, ma che le medesime e le ulteriori irregolarità fossero comunque imputabili all’amministratore unico di una S.r.l. di diritto polacco avente sede in Polonia. Sicché – concludeva il Giudice di seconde cure – la giurisdizione spetta al giudice polacco in applicazione dell’art. 22 del citato Regolamento Ue 44/2001. Non soddisfatto delle determinazioni assunte dalla Corte d’Appello, l’attore ricorreva in Cassazione censurando la statuizione sul difetto di giurisdizione del giudice italiano con un unico motivo di ricorso.

3. Le norme del regolamento UE 44/2001 in punto di giurisdizione

Per comprendere la portata della decisione delle Sezioni Unite, è opportuno soffermarsi sulle norme che hanno guidato le Corti di merito nell’individuazione del giudice munito di giurisdizione per il caso di specie. Trattandosi di una controversia rientrante nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, i Giudici di merito si sono entrambi riportati a quanto stabilito dal Regolamento Ue 44/2001 che della Convenzione costituisce una versione più aggiornata.
L’art. 2 del predetto Regolamento individua come foro generale quello del luogo in cui il convenuto ha il domicilio a prescindere dalla sua nazionalità. Orbene, il Tribunale di Roma ha ritenuto di dover derogare al titolo di giurisdizione generale di cui all’art. 2 sulla scorta del successivo art. 5, n. 3, del Regolamento che declina la giurisdizione in favore del giudice del luogo in cui l’evento dannoso si è verificato o può verificarsi a seguito del compimento di un illecito civile doloso o colposo. Ciò in quanto, per il Giudice di prime cure, le condotte dell’amministratore convenuto avrebbero integrato un illecito civile.
La Corte d’Appello ha avvalorato la tesi del primo Giudice richiamando un’ulteriore disposizione del Regolamento. Alla luce dell’art. 22, infatti, “in materia di validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, aventi la sede nel territorio di uno Stato membro, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi, hanno competenza esclusiva i giudici di detto Stato membro”. Dunque, ritenendo che alla controversia fosse applicabile il citato art. 22, il Giudice di secondo grado ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice polacco quale giudice del luogo in cui la società ha la propria sede legale.

4. L’intervento delle Sezioni Unitele deroghe consentite al foro generale

Come accennato, con la decisione in commento, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno di contro sancito la giurisdizione del giudice in italiano sulla base di una duplice considerazione. In primo luogo, le Sezioni Unite hanno chiarito che il titolo generale di giurisdizione previsto dall’art. 2 del Regolamento può essere derogato, a norma del successivo art. 3, comma 1, soltanto ove ricorrano i presupposti per l’applicabilità dei titoli giurisdizionali speciali od esclusivi.
La Corte ha poi precisato che l’art. 5, n.3 si limita ad aggiungere una competenza giurisdizionale meramente concorrente con quella generale. L’art. 22, invece, enumerando le competenze esclusive applicabili “indipendentemente dal domicilio”, costituisce un foro esclusivo che esclude l’operatività di quello generale del domicilio del convenuto. Fatta questa doverosa premessa, le Sezioni Unite hanno pertanto proceduto a verificare se fosse applicabile uno dei titoli giurisdizionali previsti dalla suddetta disposizione. Si è detto che l’art. 22, punto 2, – replicando l’art. 16 n.2 della Convenzione di Bruxelles del 1968, resa esecutiva in Italia con la L. 804/1971, – attribuisce le controversie sulla validità, nullità o scioglimento delle società e sulla validità delle decisioni dei rispettivi organi alla competenza giurisdizionale esclusiva del giudice del luogo in cui la società ha sede legale.
Tuttavia – ha concluso la Cassazione – l’art. 22 non può essere interpretato estensivamente, poiché “la regola in esso enunciata è esclusiva ed idonea a privare le parti di un contratto di ogni autonomia nella scelta di un altro foro”. Di conseguenza, anche in virtù dell’undicesimo considerando del Regolamento espressamente richiamato nella pronuncia, le Sezioni Unite hanno escluso che le domande proposte da parte attrice contro il convenuto fossero idonee a radicare il titolo di giurisdizione esclusiva ex art. 22, punto 2, del Regolamento Ue 44/2001.

5. L’inidoneità delle azioni proposte a fondare la giurisdizione ex art. 22

Sulle azioni promosse dall’attore nei confronti dell’amministratore convenuto e sulla loro esclusione dal novero delle domande idonee a declinare la giurisdizione ai sensi di cui all’art. 22 del Regolamento Ue 44/2001, le argomentazioni delle Sezioni Unite appaiono trancianti. La Corte ha difatti osservato che, con la prima domanda, è stato dedotto in giudizio l’inadempimento del patto parasociale in virtù del quale il convenuto aveva assunto obblighi di gestione della società (c.d. sindacato di gestione).
I patti parasociali, come noto, sono disciplinati dagli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c. e rappresentano dei contratti sottoscritti tra soci aventi ad oggetto: i) l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano (c.d. sindacati di voto), ii) i limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano (c.d. sindacati di blocco), iii) l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società (c.d. sindacati di controllo).
Caratteristica dei patti parasociali è l’obbligatorietà, in quanto producono effetti soltanto nei confronti dei soci stipulanti e non anche della società. Data l’estraneità della società ai patti parasociali, le Sezioni Unite hanno correttamente escluso che la domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’inadempienza dei patti medesimi attenesse alla validità, nullità o scioglimento della persona giuridica. Peraltro, secondo la Suprema Corte, “l’efficacia obbligatoria dei patti non consente di ritenere che essi possano comunque incidere sulla validità delle decisioni degli organi della società”.
Infine, le Sezioni Unite hanno ribadito come anche la seconda domanda, volta a far valere la responsabilità del convenuto nella sua qualità di amministratore unico per le irregolarità commesse in detta veste, non rientrasse nell’ambito di quelle che radicano la giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 22, punto 2, del Regolamento Ue 44/2001. Ciò in quanto “siffatta controversia non coinvolge il patto costitutivo della società o atti da essa compiuti tramite i suoi organi rappresentativi”, riguardando soltanto i rapporti tra i due soci ed essendo diretta a far valere una responsabilità del convenuto di natura personale, ancorché ricollegata ad abusi della posizione di socio o di amministratore.
Condivisibilmente, dunque, le Sezioni Unite hanno decretato che la giurisdizione per la controversia in esame appartiene al giudice italiano in applicazione del titolo di giurisdizione generale del domicilio del convenuto.

patti parasociali

Indice

1. L’oggetto della controversia
2. L’esito dei processi di merito
3. Le norme del regolamento UE 44/2001 in punto di giurisdizione
4. L’intervento delle Sezioni Unite – le deroghe consentite al foro generale
5. L’inidoneità delle azioni proposte a fondare la giurisdizione ex art. 22

1. L’oggetto della controversia

Un soggetto domiciliato in Italia costituiva una S.r.l. in Polonia con un secondo socio e sottoscriveva due patti parasociali con un terzo interessato ad entrare nella compagine sociale. Con il primo patto si prevedevano le modalità di acquisto delle quote societarie da parte del terzo, mentre con il secondo si stabilivano gli obblighi di gestione che il socio italiano avrebbe dovuto osservare in qualità di amministratore unico della società. Divenuto socio effettivo della S.r.l., il terzo evidenziava criticità nell’attività gestoria dell’amministratore e lo conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patiti a causa delle irregolarità commesse nelle sua veste e dell’inadempimento del patto parasociale inerente la gestione della società.

2. L’esito dei processi di merito

Costituitosi in giudizio, l’amministratore eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice italiano, sostenendo che la società fosse stata costituita in Polonia e fosse pertanto assoggettata non soltanto alla legge ma anche alla giurisdizione polacca. Il Tribunale di Roma accoglieva la suindicata eccezione e dichiarava il proprio difetto di giurisdizione sulla scorta dell’art. 5, n.3, del Regolamento Ue 44/2001. In seguito, parte attrice proponeva gravame avverso la decisione del Tribunale capitolino e proseguiva il giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Roma.
La Corte, tuttavia, confermava la sussistenza della giurisdizione del giudice straniero, affermando che il danno lamentato derivasse sì da inadempienze dei patti parasociali, ma che le medesime e le ulteriori irregolarità fossero comunque imputabili all’amministratore unico di una S.r.l. di diritto polacco avente sede in Polonia. Sicché – concludeva il Giudice di seconde cure – la giurisdizione spetta al giudice polacco in applicazione dell’art. 22 del citato Regolamento Ue 44/2001. Non soddisfatto delle determinazioni assunte dalla Corte d’Appello, l’attore ricorreva in Cassazione censurando la statuizione sul difetto di giurisdizione del giudice italiano con un unico motivo di ricorso.

3. Le norme del regolamento UE 44/2001 in punto di giurisdizione

Per comprendere la portata della decisione delle Sezioni Unite, è opportuno soffermarsi sulle norme che hanno guidato le Corti di merito nell’individuazione del giudice munito di giurisdizione per il caso di specie. Trattandosi di una controversia rientrante nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, i Giudici di merito si sono entrambi riportati a quanto stabilito dal Regolamento Ue 44/2001 che della Convenzione costituisce una versione più aggiornata.
L’art. 2 del predetto Regolamento individua come foro generale quello del luogo in cui il convenuto ha il domicilio a prescindere dalla sua nazionalità. Orbene, il Tribunale di Roma ha ritenuto di dover derogare al titolo di giurisdizione generale di cui all’art. 2 sulla scorta del successivo art. 5, n. 3, del Regolamento che declina la giurisdizione in favore del giudice del luogo in cui l’evento dannoso si è verificato o può verificarsi a seguito del compimento di un illecito civile doloso o colposo. Ciò in quanto, per il Giudice di prime cure, le condotte dell’amministratore convenuto avrebbero integrato un illecito civile.
La Corte d’Appello ha avvalorato la tesi del primo Giudice richiamando un’ulteriore disposizione del Regolamento. Alla luce dell’art. 22, infatti, “in materia di validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, aventi la sede nel territorio di uno Stato membro, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi, hanno competenza esclusiva i giudici di detto Stato membro”. Dunque, ritenendo che alla controversia fosse applicabile il citato art. 22, il Giudice di secondo grado ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice polacco quale giudice del luogo in cui la società ha la propria sede legale.

4. L’intervento delle Sezioni Unitele deroghe consentite al foro generale

Come accennato, con la decisione in commento, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno di contro sancito la giurisdizione del giudice in italiano sulla base di una duplice considerazione. In primo luogo, le Sezioni Unite hanno chiarito che il titolo generale di giurisdizione previsto dall’art. 2 del Regolamento può essere derogato, a norma del successivo art. 3, comma 1, soltanto ove ricorrano i presupposti per l’applicabilità dei titoli giurisdizionali speciali od esclusivi.
La Corte ha poi precisato che l’art. 5, n.3 si limita ad aggiungere una competenza giurisdizionale meramente concorrente con quella generale. L’art. 22, invece, enumerando le competenze esclusive applicabili “indipendentemente dal domicilio”, costituisce un foro esclusivo che esclude l’operatività di quello generale del domicilio del convenuto. Fatta questa doverosa premessa, le Sezioni Unite hanno pertanto proceduto a verificare se fosse applicabile uno dei titoli giurisdizionali previsti dalla suddetta disposizione. Si è detto che l’art. 22, punto 2, – replicando l’art. 16 n.2 della Convenzione di Bruxelles del 1968, resa esecutiva in Italia con la L. 804/1971, – attribuisce le controversie sulla validità, nullità o scioglimento delle società e sulla validità delle decisioni dei rispettivi organi alla competenza giurisdizionale esclusiva del giudice del luogo in cui la società ha sede legale.
Tuttavia – ha concluso la Cassazione – l’art. 22 non può essere interpretato estensivamente, poiché “la regola in esso enunciata è esclusiva ed idonea a privare le parti di un contratto di ogni autonomia nella scelta di un altro foro”. Di conseguenza, anche in virtù dell’undicesimo considerando del Regolamento espressamente richiamato nella pronuncia, le Sezioni Unite hanno escluso che le domande proposte da parte attrice contro il convenuto fossero idonee a radicare il titolo di giurisdizione esclusiva ex art. 22, punto 2, del Regolamento Ue 44/2001.

5. L’inidoneità delle azioni proposte a fondare la giurisdizione ex art. 22

Sulle azioni promosse dall’attore nei confronti dell’amministratore convenuto e sulla loro esclusione dal novero delle domande idonee a declinare la giurisdizione ai sensi di cui all’art. 22 del Regolamento Ue 44/2001, le argomentazioni delle Sezioni Unite appaiono trancianti. La Corte ha difatti osservato che, con la prima domanda, è stato dedotto in giudizio l’inadempimento del patto parasociale in virtù del quale il convenuto aveva assunto obblighi di gestione della società (c.d. sindacato di gestione).
I patti parasociali, come noto, sono disciplinati dagli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c. e rappresentano dei contratti sottoscritti tra soci aventi ad oggetto: i) l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano (c.d. sindacati di voto), ii) i limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano (c.d. sindacati di blocco), iii) l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società (c.d. sindacati di controllo).
Caratteristica dei patti parasociali è l’obbligatorietà, in quanto producono effetti soltanto nei confronti dei soci stipulanti e non anche della società. Data l’estraneità della società ai patti parasociali, le Sezioni Unite hanno correttamente escluso che la domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’inadempienza dei patti medesimi attenesse alla validità, nullità o scioglimento della persona giuridica. Peraltro, secondo la Suprema Corte, “l’efficacia obbligatoria dei patti non consente di ritenere che essi possano comunque incidere sulla validità delle decisioni degli organi della società”.
Infine, le Sezioni Unite hanno ribadito come anche la seconda domanda, volta a far valere la responsabilità del convenuto nella sua qualità di amministratore unico per le irregolarità commesse in detta veste, non rientrasse nell’ambito di quelle che radicano la giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 22, punto 2, del Regolamento Ue 44/2001. Ciò in quanto “siffatta controversia non coinvolge il patto costitutivo della società o atti da essa compiuti tramite i suoi organi rappresentativi”, riguardando soltanto i rapporti tra i due soci ed essendo diretta a far valere una responsabilità del convenuto di natura personale, ancorché ricollegata ad abusi della posizione di socio o di amministratore.
Condivisibilmente, dunque, le Sezioni Unite hanno decretato che la giurisdizione per la controversia in esame appartiene al giudice italiano in applicazione del titolo di giurisdizione generale del domicilio del convenuto.