Il furto commesso di notte non implica l’automatica applicazione della circostanza aggravante ex art. 61 n. 5 c.p.

Nota a Cass. Pen., Sezioni Unite, sent. n. 40275 del 15.07.2021.

La massima composizione della Suprema Corte, investita dal quesito di diritto posto dall’ordinanza rimettente “se la commissione del fatto in tempo di notte configuri, di per sé solamente, la circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen.”, ha risolto il contrasto fornendo risposta negativa.

Minorata difesa

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, per ritenere la sussistenza della circostanza aggravante in parola, non è sufficiente ritenere l’astratta idoneità di un dato segmento temporale (le ore notturne) ad incidere sulle capacità di difesa, riducendole, ma occorre individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ravvisare che in quella particolare situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa della persona offesa.
Occorre, in sostanza accertare – ed adeguatamente motivare – che la commissione del reato in tempo di notte abbia in concreto agevolato il soggetto agente nell’esecuzione del reato stesso, ostacolando (pur senza eliderle) le possibilità di difesa pubblica o privata.
In tale prospettiva, secondo la decisione in commento, il Giudicante dovrà ponderare una serie di fattori, vale a dire: l’illuminazione e l’ubicazione del locus commissi delicti, le qualità psico-fisiche delle vittime, la presenza di terzi in loco pronti ad intervenire, la presenza di vigilanza pubblica o privata intensa ed attiva.
Del pari, al fine di configurare correttamente l’aggravante ex art. 61 comma 2 n. 5 c.p., si dovrà considerare la predisposizione di un sistema di vigilanza privata e/o di un sistema di video sorveglianza.
L’esistenza di un siffatto impianto potrà essere valorizzata per escludere la circostanza aggravante qualora l’impianto di videoripresa sia collegato alla centrale operativa di polizia o di un istituto di vigilanza privata, sì da consentire il tempestivo accorrere di soccorsi.
Diversamente, se il sistema al momento del furto fosse spento o comunque disattivato dal reo, ovvero privo del collegamento con centrali operative delle forze dell’ordine o di istituti di vigilanza privati, la sua installazione non rileverà nulla ai fini dell’esclusione della circostanza aggravante in esame.
Occorre, inoltre, verificare che il soggetto agente si sia giovato di quella obiettiva situazione di vulnerabilità in cui versava il soggetto passivo.
Con il medesimo intervento nomofilattico, è stata affrontata l’ulteriore quaestio involgente la possibile incidenza dell’età della vittima ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante in parola.
Secondo l’orientamento per lungo tempo dominante, l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima.
Un diverso indirizzo ermeneutico ritiene, con riferimento ai soli reati che presuppongono l’interazione tra l’autore del fatto e la vittima (nella specie, furto con strappo), che, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., l’agevolazione all’agire illecito derivante dall’età avanzata della persona offesa è in re ipsa.
L’onere della prova della sussistenza in concreto delle ordinarie connotazioni del tempo di notte e dell’assenza di circostanze ulteriori, atte a vanificare l’effetto di ostacolo alla pubblica e privata difesa ricollegabile all’avere agito in tempo di notte, grava naturalmente sul pubblico ministero.
Per quanto non emergente ex actis, tuttavia, spetta all’imputato fornire le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di circostanze fattuali altrimenti ignote che siano in astratto idonee, ove riscontrate, ad escludere la configurazione in concreto della circostanza aggravante.
La soluzione accolta, si colloca in una posizione mediana tra le due correnti che hanno dato origine al contrasto rilevato con l’ordinanza di rimessione.
Il Supremo Collegio ha conclusivamente affermato i seguenti principi di diritto: «ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c. d. “minorata difesa”, prevista dall’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità – oggetto di profittamento – in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l’idoneità astratta delle  predette condizioni a favorire la commissione del reato»;
«La commissione del reato “in tempo di notte” può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto».

minorata difesa

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, per ritenere la sussistenza della circostanza aggravante in parola, non è sufficiente ritenere l’astratta idoneità di un dato segmento temporale (le ore notturne) ad incidere sulle capacità di difesa, riducendole, ma occorre individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ravvisare che in quella particolare situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa della persona offesa.
Occorre, in sostanza accertare – ed adeguatamente motivare – che la commissione del reato in tempo di notte abbia in concreto agevolato il soggetto agente nell’esecuzione del reato stesso, ostacolando (pur senza eliderle) le possibilità di difesa pubblica o privata.
In tale prospettiva, secondo la decisione in commento, il Giudicante dovrà ponderare una serie di fattori, vale a dire: l’illuminazione e l’ubicazione del locus commissi delicti, le qualità psico-fisiche delle vittime, la presenza di terzi in loco pronti ad intervenire, la presenza di vigilanza pubblica o privata intensa ed attiva.
Del pari, al fine di configurare correttamente l’aggravante ex art. 61 comma 2 n. 5 c.p., si dovrà considerare la predisposizione di un sistema di vigilanza privata e/o di un sistema di video sorveglianza.
L’esistenza di un siffatto impianto potrà essere valorizzata per escludere la circostanza aggravante qualora l’impianto di videoripresa sia collegato alla centrale operativa di polizia o di un istituto di vigilanza privata, sì da consentire il tempestivo accorrere di soccorsi.
Diversamente, se il sistema al momento del furto fosse spento o comunque disattivato dal reo, ovvero privo del collegamento con centrali operative delle forze dell’ordine o di istituti di vigilanza privati, la sua installazione non rileverà nulla ai fini dell’esclusione della circostanza aggravante in esame.
Occorre, inoltre, verificare che il soggetto agente si sia giovato di quella obiettiva situazione di vulnerabilità in cui versava il soggetto passivo.
Con il medesimo intervento nomofilattico, è stata affrontata l’ulteriore quaestio involgente la possibile incidenza dell’età della vittima ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante in parola.
Secondo l’orientamento per lungo tempo dominante, l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima.
Un diverso indirizzo ermeneutico ritiene, con riferimento ai soli reati che presuppongono l’interazione tra l’autore del fatto e la vittima (nella specie, furto con strappo), che, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., l’agevolazione all’agire illecito derivante dall’età avanzata della persona offesa è in re ipsa.
L’onere della prova della sussistenza in concreto delle ordinarie connotazioni del tempo di notte e dell’assenza di circostanze ulteriori, atte a vanificare l’effetto di ostacolo alla pubblica e privata difesa ricollegabile all’avere agito in tempo di notte, grava naturalmente sul pubblico ministero.
Per quanto non emergente ex actis, tuttavia, spetta all’imputato fornire le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di circostanze fattuali altrimenti ignote che siano in astratto idonee, ove riscontrate, ad escludere la configurazione in concreto della circostanza aggravante.
La soluzione accolta, si colloca in una posizione mediana tra le due correnti che hanno dato origine al contrasto rilevato con l’ordinanza di rimessione.
Il Supremo Collegio ha conclusivamente affermato i seguenti principi di diritto: «ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c. d. “minorata difesa”, prevista dall’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità – oggetto di profittamento – in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l’idoneità astratta delle  predette condizioni a favorire la commissione del reato»;
«La commissione del reato “in tempo di notte” può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto».