Moglie lascia solo l’anziano marito: condannata per abbandono di incapace

La condanna è stata inflitta dal Tribunale di Ascoli Piceno attraverso la sentenza n. 366/2021, che ha espresso giudizio su una vicenda che ha coinvolto un anziano signore di 95 anni e la sua giovane moglie ucraina.

Abbandono di incapace

Il reato di abbandono di persone incapaci è previsto dall’articolo 591 codice penale, ed è sulla base del predetto articolo che è stata condannata la moglie straniera di un anziano poiché, invece di prendersi cura dell’anziano marito privo della facoltà di provvedere a sé stesso, lo ha abbandonato al fine di ritornare, per un breve periodo, nel suo Paese di origine.
Dall’analisi dei fatti è emerso che l’uomo, rimasto vedovo da un precedente rapporto coniugale, ha chiesto alla sua vicina di casa di sposarlo per evitare di passare il resto dei suoi giorni in totale solitudine. L’anziano signore già all’epoca della proposta era incapace di provvedere a se stesso. La giovane ucraina, ha deciso di accettare la proposta di matrimonio e i due sono si sono sposati. Dopo alcuni anni di convivenza, l’anziano marito, dopo essere rimasto solo per un paio di giorni, chiedeva informazioni ai propri vicini poiché la moglie non rientrava in casa. I vicini di casa, a loro volta, allertavano le forze dell’ordine.
In ragione di questo episodio la donna, una volta rientrata in Italia, veniva chiamata in giudizio per rispondere del reato di cui all’articolo 591 cod. pen., per aver abbandonato il marito che aveva la necessità di essere assistito.
All’esito della ricostruzione della vicenda, infatti, la donna veniva rinviata in giudizio per 3 capi di imputazione, ovvero:

A) ex art. 591 c.p. (abbandono di persone minori e incapaci), poichè in qualità di moglie abbandonava l’anziano marito “incapace di provvede a se stesso e di cui doveva avere cura”;

B) ex art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare) poiché, in qualità di moglie, si allontanava dal tetto familiare disinteressandosi dell’anziano marito sotto il profilo assistenziale, pur versando, lo stesso, in un palese stato di bisogno.

C) infine, ex art. 646 c.p. (appropriazione indebita) perché, al fine di procurarsi un profitto, si appropriava del mobilio presente all’interno dell’abitazione sita in altra abitazione di cui la predetta aveva la disponibilità in quanto tale dimora era stata condivisa, tempo addietro, con il marito.

Così Il Tribunale, dopo averla assolta per gli ultimi due capi di imputazione, con una lunga e articolata sentenza ritiene la donna responsabile del reato ascrittole, nonostante la contestuale manifestazione di perplessità sulla ricostruzione della vicenda, poiché l’imputata, in sede di difesa, riteneva di aver preso accordi per far assistere l’anziano marito proprio dalla coppia di vicini di casa, senza però accordarsi con costoro sull’effettivo trasferimento dell’obbligo di custodia.
Ed è proprio questo l’elemento che, secondo l’organo giudicante, determina la configurabilità della fattispecie di abbandono di incapace in capo alla donna. Secondo il giudice, dalla qualità di coniuge deriva necessariamente la titolarità della posizione di garanzia nei confronti del marito incapace, con conseguente obbligo di cura e di assistenza. Nel prosieguo del ragionamento logico-giuridico è emerso che tali obblighi possono essere sì trasferiti, ma «occorre verificare se la persona delegata abbia prestato un valido consenso a ciò e se essa sia adeguata al loro adempimento», mentre da un punto di vista soggettivo occorre che l’agente abbia almeno accettato, «come conseguenza del proprio comportamento inerte, la concreta possibilità del verificarsi di uno stato di abbandono del soggetto passivo, in grado di determinare un pericolo anche solo potenziale per la vita e l’incolumità fisica di quest’ultimo».
Ciò si è verificato nel caso oggetto di pronuncia, in quanto l’allontanamento della moglie ha esposto l’anziano marito ad un pericolo per la propria incolumità, anche se solo potenzialmente. La moglie avrebbe, infatti, dovuto assicurarsi prima di partire che, effettivamente e concretamente, i vicini di casa avessero assunto l’obbligo di assistenza nei confronti del marito.
Per questo è stata quindi dichiarata colpevole del reato di abbandono di persone incapaci e, concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sull’aggravante di cui all’art. 591, ultimo comma c.p., ridotta la pena per la scelta del rito, è stata condannata alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con pena sospesa alle condizioni di legge.

abbandono di incapace

Il reato di abbandono di persone incapaci è previsto dall’articolo 591 codice penale, ed è sulla base del predetto articolo che è stata condannata la moglie straniera di un anziano poiché, invece di prendersi cura dell’anziano marito privo della facoltà di provvedere a sé stesso, lo ha abbandonato al fine di ritornare, per un breve periodo, nel suo Paese di origine.
Dall’analisi dei fatti è emerso che l’uomo, rimasto vedovo da un precedente rapporto coniugale, ha chiesto alla sua vicina di casa di sposarlo per evitare di passare il resto dei suoi giorni in totale solitudine. L’anziano signore già all’epoca della proposta era incapace di provvedere a se stesso. La giovane ucraina, ha deciso di accettare la proposta di matrimonio e i due sono si sono sposati. Dopo alcuni anni di convivenza, l’anziano marito, dopo essere rimasto solo per un paio di giorni, chiedeva informazioni ai propri vicini poiché la moglie non rientrava in casa. I vicini di casa, a loro volta, allertavano le forze dell’ordine.
In ragione di questo episodio la donna, una volta rientrata in Italia, veniva chiamata in giudizio per rispondere del reato di cui all’articolo 591 cod. pen., per aver abbandonato il marito che aveva la necessità di essere assistito.
All’esito della ricostruzione della vicenda, infatti, la donna veniva rinviata in giudizio per 3 capi di imputazione, ovvero:

A) ex art. 591 c.p. (abbandono di persone minori e incapaci), poichè in qualità di moglie abbandonava l’anziano marito “incapace di provvede a se stesso e di cui doveva avere cura”;

B) ex art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare) poiché, in qualità di moglie, si allontanava dal tetto familiare disinteressandosi dell’anziano marito sotto il profilo assistenziale, pur versando, lo stesso, in un palese stato di bisogno.

C) infine, ex art. 646 c.p. (appropriazione indebita) perché, al fine di procurarsi un profitto, si appropriava del mobilio presente all’interno dell’abitazione sita in altra abitazione di cui la predetta aveva la disponibilità in quanto tale dimora era stata condivisa, tempo addietro, con il marito.

Così Il Tribunale, dopo averla assolta per gli ultimi due capi di imputazione, con una lunga e articolata sentenza ritiene la donna responsabile del reato ascrittole, nonostante la contestuale manifestazione di perplessità sulla ricostruzione della vicenda, poiché l’imputata, in sede di difesa, riteneva di aver preso accordi per far assistere l’anziano marito proprio dalla coppia di vicini di casa, senza però accordarsi con costoro sull’effettivo trasferimento dell’obbligo di custodia.
Ed è proprio questo l’elemento che, secondo l’organo giudicante, determina la configurabilità della fattispecie di abbandono di incapace in capo alla donna. Secondo il giudice, dalla qualità di coniuge deriva necessariamente la titolarità della posizione di garanzia nei confronti del marito incapace, con conseguente obbligo di cura e di assistenza. Nel prosieguo del ragionamento logico-giuridico è emerso che tali obblighi possono essere sì trasferiti, ma «occorre verificare se la persona delegata abbia prestato un valido consenso a ciò e se essa sia adeguata al loro adempimento», mentre da un punto di vista soggettivo occorre che l’agente abbia almeno accettato, «come conseguenza del proprio comportamento inerte, la concreta possibilità del verificarsi di uno stato di abbandono del soggetto passivo, in grado di determinare un pericolo anche solo potenziale per la vita e l’incolumità fisica di quest’ultimo».
Ciò si è verificato nel caso oggetto di pronuncia, in quanto l’allontanamento della moglie ha esposto l’anziano marito ad un pericolo per la propria incolumità, anche se solo potenzialmente. La moglie avrebbe, infatti, dovuto assicurarsi prima di partire che, effettivamente e concretamente, i vicini di casa avessero assunto l’obbligo di assistenza nei confronti del marito.
Per questo è stata quindi dichiarata colpevole del reato di abbandono di persone incapaci e, concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sull’aggravante di cui all’art. 591, ultimo comma c.p., ridotta la pena per la scelta del rito, è stata condannata alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con pena sospesa alle condizioni di legge.