Disciplina antiusura e interessi moratori: fine di un lungo dibattito o un nuovo inizio?

Articolo a cura di Matteo Tofanelli

Le Sezioni Unite di Cassazione sono arrivate ad affermare l’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori, individuando quale criterio di determinazione del tasso soglia le rilevazioni della Banca d’Italia – a partire dal D.M 25-03-2003 – concernenti la maggiorazione media prevista nei contratti di mercato con interessi moratori. Inoltre, viene statuito che la nullità della clausola non impedisce l’applicazione dell’art. 1224 comma 1 c.c. con la conseguenza che si continueranno ad applicare relativamente al rapporto in questione gli interessi corrispettivi – sempre se pattuiti lecitamente-.

Disciplina antiusura

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, per il tramite di un’ordinanza interlocutoria n. 26946/2019, aveva rimesso la questione di enorme rilevanza e a lungo dibattuta in dottrina ed in giurisprudenza relativamente all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori e l’importante conseguenza del superamento del tasso-soglia.
Nel caso di una risposta affermativa limitatamente al primo quesito posto dall’ordinanza interlocutoria si prospettava la problematica di individuare il parametro di riferimento per individuare il carattere usurario degli interessi di mora. Tale valutazione si effettuava facendo riferimento e richiamandosi al principio di simmetria enunciato nella sentenza Cass. SS. UU. N. 16303/2018 ed esaminando in relazione allo stesso se, consentisse di applicare od escludere l’assoggettamento degli interessi di mora alla disciplina antiusura poiché non rientranti nella valutazione per la determinazione del T.E.G.M.
La Pronuncia in nota ha affermato una molteplicità di principi di diritto alcuni dei quali vanno, in via apparente secondo una parte della dottrina, a risolvere il lungo e annoso dibattito in merito all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori.
Innanzitutto, ha affermato che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori, in quanto la medesima disciplina non colpisce solo la pattuizione di interessi eccessivi al momento della stipula del contratto a titolo di corrispettivo per la concessione del denaro bensì, anche la mera promessa di somme pecuniarie usurarie dovute in relazione al contratto concluso.
In merito al secondo quesito dell’ordinanza interlocutoria, le Sezioni Unite sono andate ad affermare che la mancata indicazione dell’interesse moratorio nel T.E.G.M non osta ai fini dell’applicazione dei decreti ministeriali. Applicazione dei quali, proprio perché contengono la rilevazione del tasso medio applicato dagli operatori professionali sono idonei ad evidenziale il carattere usurario di interessi moratori contenuti in una clausola penale nel caso in cui fossero “fuori mercato”.
La conseguenza del riconoscimento del carattere usurario degli interessi moratori, con la consequenziale applicazione della disciplina antiusura, comporta come sanzione che solo gli interessi moratori usurari sono illeciti e preclusi ma fermo restando l’applicazione dell’art. 1224 comma 1 c.c. e per tanto con la debenza degli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti.
Nel caso in cui il la parte eventualmente lesa dall’applicazione degli interessi moratori sia un consumatore, troverà nient’altro che applicazione l’art. 33, comma 2, lett. F) e art. 36, comma 1 del codice del consumo.
La questione in esame è stata per lungo tempo oggetto di ampio dibattito che ha visto due indirizzi contrapposti, la tesi restrittiva adottata da una buona parte della giurisprudenza di merito, importante dottrina e Arbitrato bancario e finanziario e dalla parte contrapposta la tesi estensiva che invece, trova ampio sostengo da parte della giurisprudenza di legittimità ed infatti le Sezioni Unite aderiscono a tale indirizzo.
La Pronuncia in nota è rilevante in quanto essendo stata spinta dalla necessità di una più ampia tutela del debitore con conseguente riconoscimento della nozione di interesse usurario e dell’applicazione della disciplina repressiva anche agli interessi moratori, ritenendo il rimedio previsto all’art 1384 c.c – riduzione della penale chiaramente eccessiva- per niente efficacie.
Nella normativa antiusura, inoltre, si possono individuare una pluralità di funzioni, quali la tutela del fruitore del finanziamento, la repressione della criminalità economica, la stabilità del mercato bancario: sanzionare pattuizioni inique persegue dunque finalità d’interesse pubblicistico, volte all’ordinato funzionamento del mercato finanziario ed alla protezione della controparte dell’impresa bancaria.1](“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”)
Affermata, in via di principio l’applicabilità della normativa antiusura agli interessi moratori si prospetta la necessità di rispondere al secondo quesito ossia, individuare la modalità di determinazione del c.d tasso-soglia per gli interessi moratori dato il fatto che, nel caso di usura oggettiva, il carattere usurario sarà basato sul confronto tra il concreto T.E.G. applicato ed il T.E.G.M. rilevato in base al tipo di contratto.
Il suddetto raffronto presuppone logicamente ancor prima che giuridicamente un’omogeneità di dati tra il T.E.G.M il T.E.G. applicato in concreto in rispondenza al principio di simmetria.
Il problema deriva dal fatto che nella determinazione del T.E.G.M. non sono compresi gli interessi moratori, che non possono essere senz’altro assimilati agli interessi corrispettivi, vista la differente natura giuridica ed i differenti presupposti: gli interessi moratori rappresentano, ex art. 1224 c.c., il danno che nelle obbligazioni pecuniarie il creditore subisce a causa dell’inadempimento del debitore ed hanno dunque natura di penale.
In materia di rapporti bancari, gli interessi corrispettivi e quelli moratori contrattualmente previsti, postulano la ricorrenza di presupposti antitetici: i primi identificano la controprestazione a carico del mutuatario, mentre i secondi hanno natura di clausola penale, in quanto costituiscono una determinazione pattizia preventiva del danno da inadempimento.[2]
Per superare l’impasse le Sezioni unite, nel solco del precedente arresto, reso con la sentenza n. 16303 del 2018, affermano che il rispetto del principio di simmetria può essere soddisfatto mediante il ricorso a criteri oggettivi, desunti dalle rilevazioni della Banca d’Italia sulla maggiorazione media prevista nei contratti di mercato a titolo di interesse moratorio, le quali possono fondare la determinazione di un tasso soglia che comprenda anche gli interessi moratori.[2] (“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”)
È dunque possibile, in applicazione del principio di simmetria, in continuità con quanto già affermato nella pronuncia n. 16303 del 2018 in materia di C.M.S, individuare un’autonoma soglia per gli interessi moratori, che si determina sommando al T.E.G.M. la maggiorazione media per gli interessi moratori, ferma l’applicazione dei coefficienti ed addizioni (4 punti a partire dal d.l. 13.5.2011 n.70) previste dalla legge.
Tenendo come riferimento il principio di simmetria, le Sezioni unite affermano che dalla pattuizione di interessi moratori usurari discende l’applicazione dell’art. 1815, co. 2, c.c. (“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”) [2]
Ritenuta necessaria una «lettura interpretativa che tuteli il prezzo del denaro», le Sezioni Unite affermano che la sanzione di nullità non esclude la debenza di un qualsiasi interesse, ma dei soli interessi moratori, con la conseguenza che continuano ad essere dovuti dal debitore, ex art. 1224, co. 1, c.c., gli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti.
“Si evidenzia che la Corte di Giustizia ha costantemente affermato in subiecta materia che il giudice non può ridurre l’importo della penale, né integrare il contenuto del contratto e si richiamano i più recenti arresti in relazione all’osservanza dell’art. 6, par.1 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 (“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”).[2]
In particolare, le Sezioni unite fanno riferimento alla pronuncia della Corte di giustizia 7 agosto 2018, cause riunite C96/16, Banco Santander SAe C-94/17, Rafael Ramon Escobedo Cortes che ha affermato come sia legittima e rispettosa della citata direttiva la prescrizione (desumibile dai precedenti giurisprudenziali della Corte Suprema Spagnola) secondo cui continuino – pur caduta la clausola degli interessi moratori – ad essere dovuti quelli corrispettivi.
Alla luce della pronuncia in nota, risulta evidente di come ciò ha comportato l’estensione agli interessi moratori della disciplina antiusura però con una contestuale limitazione, sulla scia del diritto eurounitario, alla portata dell’art. 1815, co.2 c.c.
Pertanto, la portata innovativa consiste nell’aver introdotto una disciplina differenziata tra quella della nullità degli interessi corrispettivi e nullità degli interessi moratori usurari.
Sul piano interpretativo e del diritto interno applicabile alla generalità dei rapporti, desta perplessità la compatibilità tra l’affermato in sentenza principio di simmetria ed omogeneità di interessi corrispettivi ed interessi moratori usurari con la netta differenza dell’impianto sanzionatorio introdotta dalla pronuncia; di modo tale che, in un caso – interessi corrispettivi – si applica la disciplina dell’art. 1815, co. 2, c.c., e dunque non sono dovuti interessi tout court mentre nell’altro, accertato il carattere usurario degli interessi di mora comporta il venir meno dei soli interessi moratori usurari, continuano ad essere dovuti gli interessi corrispettivi.

disciplina antiusura

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, per il tramite di un’ordinanza interlocutoria n. 26946/2019, aveva rimesso la questione di enorme rilevanza e a lungo dibattuta in dottrina ed in giurisprudenza relativamente all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori e l’importante conseguenza del superamento del tasso-soglia.
Nel caso di una risposta affermativa limitatamente al primo quesito posto dall’ordinanza interlocutoria si prospettava la problematica di individuare il parametro di riferimento per individuare il carattere usurario degli interessi di mora. Tale valutazione si effettuava facendo riferimento e richiamandosi al principio di simmetria enunciato nella sentenza Cass. SS. UU. N. 16303/2018 ed esaminando in relazione allo stesso se, consentisse di applicare od escludere l’assoggettamento degli interessi di mora alla disciplina antiusura poiché non rientranti nella valutazione per la determinazione del T.E.G.M.
La Pronuncia in nota ha affermato una molteplicità di principi di diritto alcuni dei quali vanno, in via apparente secondo una parte della dottrina, a risolvere il lungo e annoso dibattito in merito all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori.
Innanzitutto, ha affermato che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori, in quanto la medesima disciplina non colpisce solo la pattuizione di interessi eccessivi al momento della stipula del contratto a titolo di corrispettivo per la concessione del denaro bensì, anche la mera promessa di somme pecuniarie usurarie dovute in relazione al contratto concluso.
In merito al secondo quesito dell’ordinanza interlocutoria, le Sezioni Unite sono andate ad affermare che la mancata indicazione dell’interesse moratorio nel T.E.G.M non osta ai fini dell’applicazione dei decreti ministeriali. Applicazione dei quali, proprio perché contengono la rilevazione del tasso medio applicato dagli operatori professionali sono idonei ad evidenziale il carattere usurario di interessi moratori contenuti in una clausola penale nel caso in cui fossero “fuori mercato”.
La conseguenza del riconoscimento del carattere usurario degli interessi moratori, con la consequenziale applicazione della disciplina antiusura, comporta come sanzione che solo gli interessi moratori usurari sono illeciti e preclusi ma fermo restando l’applicazione dell’art. 1224 comma 1 c.c. e per tanto con la debenza degli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti.
Nel caso in cui il la parte eventualmente lesa dall’applicazione degli interessi moratori sia un consumatore, troverà nient’altro che applicazione l’art. 33, comma 2, lett. F) e art. 36, comma 1 del codice del consumo.
La questione in esame è stata per lungo tempo oggetto di ampio dibattito che ha visto due indirizzi contrapposti, la tesi restrittiva adottata da una buona parte della giurisprudenza di merito, importante dottrina e Arbitrato bancario e finanziario e dalla parte contrapposta la tesi estensiva che invece, trova ampio sostengo da parte della giurisprudenza di legittimità ed infatti le Sezioni Unite aderiscono a tale indirizzo.
La Pronuncia in nota è rilevante in quanto essendo stata spinta dalla necessità di una più ampia tutela del debitore con conseguente riconoscimento della nozione di interesse usurario e dell’applicazione della disciplina repressiva anche agli interessi moratori, ritenendo il rimedio previsto all’art 1384 c.c – riduzione della penale chiaramente eccessiva- per niente efficacie.
Nella normativa antiusura, inoltre, si possono individuare una pluralità di funzioni, quali la tutela del fruitore del finanziamento, la repressione della criminalità economica, la stabilità del mercato bancario: sanzionare pattuizioni inique persegue dunque finalità d’interesse pubblicistico, volte all’ordinato funzionamento del mercato finanziario ed alla protezione della controparte dell’impresa bancaria.1](“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”)
Affermata, in via di principio l’applicabilità della normativa antiusura agli interessi moratori si prospetta la necessità di rispondere al secondo quesito ossia, individuare la modalità di determinazione del c.d tasso-soglia per gli interessi moratori dato il fatto che, nel caso di usura oggettiva, il carattere usurario sarà basato sul confronto tra il concreto T.E.G. applicato ed il T.E.G.M. rilevato in base al tipo di contratto.
Il suddetto raffronto presuppone logicamente ancor prima che giuridicamente un’omogeneità di dati tra il T.E.G.M il T.E.G. applicato in concreto in rispondenza al principio di simmetria.
Il problema deriva dal fatto che nella determinazione del T.E.G.M. non sono compresi gli interessi moratori, che non possono essere senz’altro assimilati agli interessi corrispettivi, vista la differente natura giuridica ed i differenti presupposti: gli interessi moratori rappresentano, ex art. 1224 c.c., il danno che nelle obbligazioni pecuniarie il creditore subisce a causa dell’inadempimento del debitore ed hanno dunque natura di penale.
In materia di rapporti bancari, gli interessi corrispettivi e quelli moratori contrattualmente previsti, postulano la ricorrenza di presupposti antitetici: i primi identificano la controprestazione a carico del mutuatario, mentre i secondi hanno natura di clausola penale, in quanto costituiscono una determinazione pattizia preventiva del danno da inadempimento.[2]
Per superare l’impasse le Sezioni unite, nel solco del precedente arresto, reso con la sentenza n. 16303 del 2018, affermano che il rispetto del principio di simmetria può essere soddisfatto mediante il ricorso a criteri oggettivi, desunti dalle rilevazioni della Banca d’Italia sulla maggiorazione media prevista nei contratti di mercato a titolo di interesse moratorio, le quali possono fondare la determinazione di un tasso soglia che comprenda anche gli interessi moratori.[2] (“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”)
È dunque possibile, in applicazione del principio di simmetria, in continuità con quanto già affermato nella pronuncia n. 16303 del 2018 in materia di C.M.S, individuare un’autonoma soglia per gli interessi moratori, che si determina sommando al T.E.G.M. la maggiorazione media per gli interessi moratori, ferma l’applicazione dei coefficienti ed addizioni (4 punti a partire dal d.l. 13.5.2011 n.70) previste dalla legge.
Tenendo come riferimento il principio di simmetria, le Sezioni unite affermano che dalla pattuizione di interessi moratori usurari discende l’applicazione dell’art. 1815, co. 2, c.c. (“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”) [2]
Ritenuta necessaria una «lettura interpretativa che tuteli il prezzo del denaro», le Sezioni Unite affermano che la sanzione di nullità non esclude la debenza di un qualsiasi interesse, ma dei soli interessi moratori, con la conseguenza che continuano ad essere dovuti dal debitore, ex art. 1224, co. 1, c.c., gli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti.
“Si evidenzia che la Corte di Giustizia ha costantemente affermato in subiecta materia che il giudice non può ridurre l’importo della penale, né integrare il contenuto del contratto e si richiamano i più recenti arresti in relazione all’osservanza dell’art. 6, par.1 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 (“Disciplina antiusura e interessi moratori al vaglio delle …”).[2]
In particolare, le Sezioni unite fanno riferimento alla pronuncia della Corte di giustizia 7 agosto 2018, cause riunite C96/16, Banco Santander SAe C-94/17, Rafael Ramon Escobedo Cortes che ha affermato come sia legittima e rispettosa della citata direttiva la prescrizione (desumibile dai precedenti giurisprudenziali della Corte Suprema Spagnola) secondo cui continuino – pur caduta la clausola degli interessi moratori – ad essere dovuti quelli corrispettivi.
Alla luce della pronuncia in nota, risulta evidente di come ciò ha comportato l’estensione agli interessi moratori della disciplina antiusura però con una contestuale limitazione, sulla scia del diritto eurounitario, alla portata dell’art. 1815, co.2 c.c.
Pertanto, la portata innovativa consiste nell’aver introdotto una disciplina differenziata tra quella della nullità degli interessi corrispettivi e nullità degli interessi moratori usurari.
Sul piano interpretativo e del diritto interno applicabile alla generalità dei rapporti, desta perplessità la compatibilità tra l’affermato in sentenza principio di simmetria ed omogeneità di interessi corrispettivi ed interessi moratori usurari con la netta differenza dell’impianto sanzionatorio introdotta dalla pronuncia; di modo tale che, in un caso – interessi corrispettivi – si applica la disciplina dell’art. 1815, co. 2, c.c., e dunque non sono dovuti interessi tout court mentre nell’altro, accertato il carattere usurario degli interessi di mora comporta il venir meno dei soli interessi moratori usurari, continuano ad essere dovuti gli interessi corrispettivi.

Note

(1) Così Cass., sez. III, 17.10.2019 n.26286.
(2) Disciplina anti-usura e interessi moratori: Corte di Cassazione sentenza n. 19597/20