Art. 43 – Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 - Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo - aggiornato al decreto legge del 9 giugno 2021, n. 80)

Motivi aggiunti

Art. 43 - codice del processo amministrativo

1. I ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte. Ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini.
2. Le notifiche alle controparti costituite avvengono ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile.
3. Se la domanda nuova di cui al comma 1 è stata proposta con ricorso separato davanti allo stesso tribunale, il giudice provvede alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 70.

Art. 43 - Codice del processo amministrativo

1. I ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte. Ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini.
2. Le notifiche alle controparti costituite avvengono ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile.
3. Se la domanda nuova di cui al comma 1 è stata proposta con ricorso separato davanti allo stesso tribunale, il giudice provvede alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 70.

Massime

Al fine dell’individuazione della decorrenza del termine iniziale per la proposizione di motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 43, comma 1, periodo II, cod. proc. amm., il deposito in giudizio di documenti, prima non comunicati o comunque conosciuti, costituisce il momento iniziale idoneo a determinare l’avvio del termine decadenziale per la relativa impugnazione attraverso la proposizione di motivi aggiunti. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 5050 del 24 agosto 2018 (Cons. Stato n. 5050/2018)

Nel caso in cui, nel corso del giudizio di impugnazione di un atto amministrativo, sopraggiunga un altro atto di conferma in senso proprio del precedente, che non venga impugnato, il ricorso originario diventa inaccoglibile e, dunque, va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Nel giudizio amministrativo e, in particolare nel corso dei due gradi di giudizio, il rapporto processuale rimane unitario. Pertanto, la sopravvenuta carenza o l’estinzione dell’interesse al ricorso di primo grado rilevano anche se si producono in grado di appello. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 1049 del 19 febbraio 2018 (Cons. Stato n. 1049/2018)

Nel processo amministrativo impugnatorio la regola generale è che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i vizi (motivi) si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale e funzionale (da accertarsi in modo rigoroso) e ciò in relazione ai dati testuali rinvenibili nelle disposizioni del codice del processo amministrativo, quali l’art. 40, comma 1 lettera b), l’art. 42, comma 2, e l’art. 43 comma 1, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA) (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio, sez. I bis, 11 marzo 2014, n. 2772). Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 482 del 6 febbraio 2017 (Cons. Stato n. 482/2017)

La previsione dei cd. motivi aggiunti comprova ex se che la piena conoscenza indicata dal legislatore come determinante del dies a quo della decorrenza del termine di proposizione del ricorso giurisdizionale, non può che essere intesa se non come quella che consenta all’interessato di percepire la lesività dell’atto emanato dall’amministrazione, e che quindi rende pienamente ammissibile (quanto alla sussistenza dell’interesse ad agire) l’azione in sede giurisdizionale (art. 43 D.Lgs. n. 104/2010, CPA) (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sez. II bis, n. 8697/2015). Attraverso l’istituto dei motivi aggiunti il ricorrente può proporre ulteriori motivi di ricorso derivanti dalla conoscenza di ulteriori atti (già esistenti al momento di proposizione del ricorso ma ignoti) o dalla conoscenza integrale di atti prima non pienamente conosciuti, e ciò entro il (nuovo) termine decadenziale di sessanta giorni decorrente da tale conoscenza sopravvenuta (art. 43 D.Lgs. n. 104/2010, CPA) (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sez. II bis, n. 8697/2015). Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1459 del 13 aprile 2016 (Cons. Stato n. 1459/2016)

Una possibilità, come quella prevista dall’art. 43 D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), di sollevare motivi aggiunti nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva (Conferma della sentenza del T.a.r. Lombardia, Milano, sez. I, 4 dicembre 2015, n. 2559). Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 1298 del 1 aprile 2016 (Cons. Stato n. 1298/2016)

A seguito di novità normative o giurisprudenziali, è possibile proporre in appello, con motivi aggiunti, domande integrative rispetto a quelle proposte in primo grado, ove vi sia connessione oggettiva. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 329 del 28 gennaio 2016 (Cons. Stato n. 329/2016)

Sono inammissibili, in grado d’appello, i motivi aggiunti con cui si intenda impugnare atti nuovi sopravvenuti alla sentenza di primo grado, ostando a ciò quanto disposto dall’art. 104, comma 3, c.p.a., che ammette la proposizione di motivi aggiunti al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado qualora la parte venga a conoscenza di documenti già esistenti non prodotti dalle altre parti nei giudizio di primo grado, e la considerazione che l’impugnazione dei nuovi atti sopravvenuti per la prima volta e direttamente in sede di appello violerebbe il principio del doppio grado di giurisdizione. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 3662 del 16 giugno 2011 (Cons. Stato n. 3662/2011)

Nel giudizio amministrativo la previsione della proponibilità di motivi aggiunti, anche per l’impugnazione di nuovi provvedimenti emessi in corso di giudizio connessi con l’oggetto del ricorso e concernenti le stesse parti, deve essere interpretata nel senso di riferirsi al solo giudizio di primo grado, atteso che una diversa interpretazione finirebbe per ammettere l’impugnazione per saltum, con ampliamento dell’oggetto del giudizio, in violazione delle regole che governano il processo nel grado di appello e ponendosi in contrasto con il disposto dell’art. 104 comma 3, c.p.a., che ammette la proponibilità, in tassative ipotesi, di motivi aggiunti in appello esclusivamente ai fini della deduzione di vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati e che dunque costituiscano oggetto del giudizio sin dal primo grado. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2892 del 13 maggio 2011 (Cons. Stato n. 2892/2011)

È ammissibile la proposizione in appello di motivi aggiunti al ricorso incidentale ex art. 104, comma 3, del Codice del processo amministrativo con i quali l’aggiudicatario appellato deduca un nuovo motivo di censura avverso l’ammissione alla gara dell’originario ricorrente, emerso dopo la celebrazione del giudizio di prime cure. Infatti, non ci si trova in presenza di una domanda nuova, ma di un’articolazione della medesima domanda proposta con il ricorso incidentale di primo grado, volta a sostenere che la società, appellante principale, andava esclusa dalla gara.

Alla notifica dei motivi aggiunti, sia se proposti avverso atti nuovi che avverso io stesso provvedimento censurato con l’atto introduttivo del giudizio, non si applica il dimezzamento dei termini dell’art. 23-bis L. 6 dicembre 1971, n. 1034, ravvisandosi anche in queste ipotesi la necessità di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, che sarebbe eccessivamente compresso per effetto dell’abbreviazione anche di questo termine. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 2257 del 12 aprile 2011 (Cons. Stato n. 2257/2011)

Il rito del silenzio inadempimento, di cui all’art. 117 c.p.a., è un rito in camera di consiglio cui si applica l’art. 87, comma 3, c.p.a., per il quale sono dimezzati tutti i termini processuali, tranne quelli per la notificazione del ricorso principale, di quello incidentale e dei motivi aggiunti. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 919 del 11 febbraio 2011 (Cons. Stato n. 919/2011)

L’esercizio del diritto di accesso non interrompe i termini decadenziali per proporre ricorsi in sede contenziosa, potendo già, entro gli stessi termini, procedersi all’inoltro del gravame avverso gli atti amministrativi definitivi ritenuti lesivi e poi, acquisita la richiesta documentazione, presentare motivi aggiunti sempre in quei termini ovvero dopo, in caso di ritardi nella fornitura della stessa documentazione. Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza n. 139 del 7 febbraio 2011 (Cons. Stato n. 139/2011)

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