La suggestione poiché i suoi effetti incidono sulla capacità di intendere e di volere potendone alterare od escludere la efficienza si inquadra nel più lato concetto di infermità mentale, in quanto tale espressione, usata dagli artt. 88 e 89 c.p.va intesa come qualsiasi condizione patologica, anche transitoria, clinicamente valutabile, che si concreti in una sintomatologia psichica tale da escludere totalmente la capacità di intendere e di volere ovvero da scemarla grandemente. La suggestione presenta una estesa gamma quantitativa e qualitativa di effetti sulla psiche dell’individuo, nel senso che il suggestionato, pur avendo agito sotto la forza psichica della volontà altrui, può aver mantenuto coscienza e volontà autonoma (al più appena insensibilmente intaccata) sì da dover essere considerato imputabile, ovvero può aver agito con capacità d’intendere e di volere totalmente soppressa, sì da dover essere considerato non imputabile, ovvero, come stadi intermedi tra tali due ipotesi estreme, la sua capacità di intendere e di volere, può essere stata, più o meno notevolmente intaccata. Cassazione penale, sez. I, sentenza n. 13321 del 30 aprile 1974 (Cass. pen. n. 13321/1974)
La suggestione ipnotica, come causa eventualmente determinante l’incapacità di intendere o di volere, non è incompatibile col vizio parziale di mente; ché anzi, in tali condizioni patologiche, l’influsso soggettivo può considerarsi di più agevole ricezione da parte del soggetto. Cassazione penale sentenza n. 1813 del 16 aprile 1953 (Cass. pen. n. 1813/1953)
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