Art. 78 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Limiti degli aumenti delle pene principali

Articolo 78 - codice penale

Nel caso di concorso di reati preveduto dall’articolo 73, la pena da applicare a norma dello stesso articolo non può essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene concorrenti, né comunque eccedere:
1) trenta anni per la reclusione;
2) sei anni per l’arresto;
3) € 15.493 per la multa e € 3.098 per l’ammenda; ovvero € 64.557 per la multa e € 12.911 per l’ammenda, se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel capoverso dell’articolo 133 bis (1).
Nel caso di concorso di reati preveduto dall’articolo 74, la durata delle pene da applicare a norma dell’articolo stesso non può superare gli anni trenta. La parte della pena eccedente tale limite, è detratta in ogni caso dall’arresto.

Articolo 78 - Codice Penale

Nel caso di concorso di reati preveduto dall’articolo 73, la pena da applicare a norma dello stesso articolo non può essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene concorrenti, né comunque eccedere:
1) trenta anni per la reclusione;
2) sei anni per l’arresto;
3) € 15.493 per la multa e € 3.098 per l’ammenda; ovvero € 64.557 per la multa e € 12.911 per l’ammenda, se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel capoverso dell’articolo 133 bis (1).
Nel caso di concorso di reati preveduto dall’articolo 74, la durata delle pene da applicare a norma dell’articolo stesso non può superare gli anni trenta. La parte della pena eccedente tale limite, è detratta in ogni caso dall’arresto.

Note

(1) In deroga a quanto previsto da questo numero la pena della multa o dell’ammenda non può comunque eccedere la somma di € 7.746, ovvero la somma di € 30.987 se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata dall’art. 133 bis, secondo comma, c.p. a norma dell’art. 58, comma 4, del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274.

Massime

In sede esecutiva, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento della continuazione tra reati giudicati separatamente con rito abbreviato e sanzionati, per effetto della diminuente ex art. 442, comma 2, terzo periodo, cod. proc. pen. – nel testo vigente sino all’aprile 2019 – con la pena di anni trenta di reclusione in sostituzione dell’ergastolo, la diminuente per il rito può essere calcolata sulla pena complessiva solo se la specie di pena resta immutata rispetto a quella applicata in sede di cognizione, mentre tale sistema di calcolo non è applicabile se comporta la sostituzione della reclusione con l’ergastolo, trovando applicazione in tal caso la regola generale sul limite dell’aumento della pena principale di cui all’art. 78 cod. pen. e non quella speciale di cui all’art. 73, secondo comma, cod. pen. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13756 del 6 maggio 2020 (Cass. pen. n. 13756/2020)

In presenza di un provvedimento di unificazione di pene temporanee concorrenti, che comprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari (nella specie, permesso-premio), ai fini dello scioglimento del cumulo, è necessario individuare il titolo di reato effettivamente in espiazione, valutando, mediante un’operazione algebrica, in che proporzione il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. abbia inciso sulla pena complessiva risultante dal cumulo materiale, così da applicare la percentuale ottenuta su ciascun reato, ed imputando la frazione già espiata all’esecuzione dei reati ostativi. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 35794 del 7 agosto 2019 (Cass. pen. n. 35794/2019)

In tema di estradizione per l’estero, nel valutare l’eventuale manifesta contrarietà al principio di proporzionalità del trattamento sanzionatorio previsto nello Stato richiedente, il giudice deve necessariamente tenere conto, all’interno di un sistema di fonti multilivello di matrice legislativa e giurisprudenziale, dei principi generali posti a garanzia dei diritti fondamentali dei destinatari delle disposizioni applicabili, mentre, ove non ricorrano palesi violazioni dei principi di cui agli artt. 3 CEDU e 27, comma 3, Cost., eventuali riserve in ordine alla severità e rigidità del sistema punitivo dello Stato richiedente possono rilevare nelle valutazioni di ordine politico spettanti al Ministro della giustizia in sede di decisione sulla richiesta di estradizione, ai sensi dell’art. 708 cod. proc. pen. (Nella specie, la Corte ha escluso l’esistenza del rischio concreto che gli estradandi potessero subire, se giudicati colpevoli, una condanna alla pena dell’ergastolo ovvero della reclusione che, per modalità di irrogazione e di esecuzione, equivalesse di fatto alla privazione in perpetuo della libertà personale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 33881 del 25 luglio 2019 (Cass. pen. n. 33881/2019)

In tema di esecuzione di pene concorrenti, il criterio moderatore previsto dall’art. 78 cod. pen. non opera nel caso disciplinato dal successivo art. 80 di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari, e, imponendosi in tal caso la formazione di cumuli differenti, il predetto criterio è applicabile, nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati dalla norma predetta. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4135 del 1 febbraio 2016 (Cass. pen. n. 4135/2016)

La previsione dell’art. 78, comma primo, n. 1, c.p., secondo la quale la pena da applicare nel caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee non può superare il limite massimo di trent’anni di reclusione, funge da criterio moderatore, nel caso di reiterazione di reati, con riguardo alla somma tra il residuo della pena da espiare all’atto della commissione (in stato di libertà o in detenzione) di ogni nuovo reato e la pena per quest’ultimo inflitta, ma non impedisce che, nel corso della vita, un soggetto possa essere detenuto per un tempo complessivamente eccedente tale limite. (Fattispecie, nella quale è stata disposta l’esecuzione di una condanna alla pena di anni 18 di reclusione nei confronti di persona, che aveva già espiato una precedente pena di anni 26 e mesi uno di reclusione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 37635 del 12 settembre 2014 (Cass. pen. n. 37635/2014)

L’indulto si applica sul cumulo materiale dei reati in concorso, prima di operare il temperamento di cui all’art. 78 cod. proc. pen. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 32017 del 23 luglio 2013 (Cass. pen. n. 32017/2013)

In tema di cumulo materiale, il limite massimo previsto dall’art. 78 c.p. è inapplicabile alle sanzioni previste dalle leggi speciali (nella specie, le contravvenzioni relative alla sicurezza dei cantieri introdotte dal d.l.vo n. 494 del 1996, dal d.l.vo n. 626 del 1994, dal d.p.r. 164 del 1956 e dal d.p.r. 547 del 1955). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2302 del 16 gennaio 2013 (Cass. pen. n. 2302/2013)

In tema di determinazione della pena da porre in esecuzione, l’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p. deve aver luogo prima della detrazione, dal cumulo, delle pene espiate ovvero sofferte in custodia cautelare. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 45607 del 29 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 45607/2010)

Allorché si sia in presenza di reati commessi in tempi diversi e di diversi periodi di carcerazione, non è possibile includere tutte le pene in un cumulo unitario e globale, soggetto alle limitazioni dell’art. 78 c.p. e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto. In tali ipotesi, il residuo del cumulo precedente deve essere unificato con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l’espiazione della pena così unificata, mentre l’efficacia dell’art. 78 c.p. si esplica nell’ambito e nei limiti di ciascuna delle singole operazioni di cumulo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 28021 del 13 luglio 2007 (Cass. pen. n. 28021/2007)

Dalla previsione dell’art. 78, comma primo, n. 1, c.p., secondo la quale la pena da applicare nel caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee non può superare il limite massimo di trent’anni di reclusione non discende che non si possa essere detenuti, nel corso della vita, per un tempo complessivamente eccedente tale limite, giacchè ciò comporterebbe, una volta che esso fosse raggiunto, l’impunità per qualsiasi delitto successivamente commesso, ma solo che il criterio moderatore in questione operi, nel caso di reiterazione di reati, con riguardo alla somma tra il residuo della pena da espiare all’atto della commissione (in stato di libertà o in detenzione) di ogni nuovo reato e la pena per quest’ultimo inflitta. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 25119 del 3 giugno 2004 (Cass. pen. n. 25119/2004)

In presenza di una pluralità di condanne inflitte e di periodi di detenzione sofferti in tempi diversi, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrenti e detrarre, poi, da tale cumulo il complesso di detenzione subita in custodia cautelare, qualora i periodi di detenzione preventiva si riferiscano a condanne per reati commessi in tempi diversi, prima della detenzione e dopo di essa (nella specie, in periodo di libertà conseguente ad evasione). In tal caso, è necessario procedere alla formazione di cumuli parziali con computo separato, per ciascuno di essi, delle detrazioni che devono a vario titolo essere operate e con applicazione, prima sui cumuli parziali e poi su quello totale, del criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 19540 del 27 aprile 2004 (Cass. pen. n. 19540/2004)

Alla formazione del cumulo giuridico, mediante applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p., deve pervenirsi solo previo scorporo delle pene eventualmente coperte da condono, operando il detto criterio moderatore solo sull’insieme delle pene effettivamente eseguibili. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 48160 del 17 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 48160/2003)

In presenza di una pluralità di condanne e di periodi di detenzione sofferti in tempi diversi, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrenti e detrarre, poi, a detto cumulo la somma complessiva di pena espiata in custodia cautelare, qualora i periodi di carcerazione preventiva si riferiscano a condanne per reati commessi in tempi diversi, prima, durante e dopo la detenzione. In tal caso, il cumulo dovrà eseguirsi tra il residuo di pena da espiare e la pena irrogata per il reato successivamente commesso e così via fino all’esaurimento delle pene concorrenti irrogate per reati successivamente commessi, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena già espiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l’esecuzione. Ne consegue che, nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, il criterio moderatore previsto dall’art. 78 c.p. è applicabile solo nel caso che la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati nella norma predetta. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4940 del 18 novembre 1998 (Cass. pen. n. 4940/1998)

Il limite massimo del cumulo materiale di cui all’art. 78 c.p., che per la pena dell’ammenda è di lire sei milioni, è inapplicabile alle sanzioni previste dalle leggi speciali, tanto più se posteriori alla emanazione del codice penale ed alla novella dell’art. 78 c.p., introdotta dalla legge 24 novembre 1981 n. 689. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5590 del 14 maggio 1998 (Cass. pen. n. 5590/1998)

La norma codicistica sul limite massimo della pena (art. 78 c.p.) non può applicarsi quando una legge speciale — per giunta cronologicamente posteriore (D.L.vo 15 agosto 1991, n. 277) — disponga altrimenti, ovverosia preveda una pena superiore a quella fissata in via generale dalla norma del codice: in tal caso la norma speciale e posteriore deroga a quella generale anteriore. (Nella specie il ricorrente aveva dedotto violazione dell’art. 78 c.p., secondo cui la pena non poteva, comunque, eccedere i sei milioni per l’ammenda, mentre gli era stata irrogata la pena di lire dieci milioni). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9775 del 21 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9775/1995)

Nel determinare, ai sensi dell’art. 663 c.p.p., la pena da eseguirsi nel caso di esistenza, a carico del medesimo soggetto, di pene temporanee detentive concorrenti, il giudice dell’esecuzione, in osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 78 e 80 c.p., deve dapprima scorporare dal cumulo materiale la somma delle pene estinte per indulto, in quanto non più concretamente eseguibili per l’intervento della causa estintiva, e solo successivamente applicare il criterio moderatore del cumulo giuridico, ponendosi detto criterio come temperamento legale del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, senza possibilità di inclusione in esso delle pene già coperte dal condono, le quali, altrimenti, verrebbero a godere di un duplice abbattimento, dapprima fruendo dell’applicazione del criterio moderatore in parola e poi del loro scorporo integrale dal cumulo giuridico. (Alla stregua di tale principio la Corte ha annullato il provvedimento di esecuzione che, calcolato in anni trentasette e mesi cinque il cumulo materiale delle pene concorrenti e determinatone in anni trenta il cumulo giuridico, aveva poi ulteriormente detratto da quest’ultimo, al fine di stabilire l’eseguenda pena complessiva, le pene che risultavano condonate in virtù dell’applicazione di provvedimenti di clemenza). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 576 del 27 marzo 1995 (Cass. pen. n. 576/1995)

L’indulto deve essere applicato ai sensi dell’art. 174 c.p. sul cumulo materiale e non su quello giuridico previsto dall’art. 78 c.p. (relativo ai limiti degli aumenti di pena) il quale opera solo necessariamente. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3628 del 27 settembre 1994 (Cass. pen. n. 3628/1994)

Poiché la determinazione della pena deve essere effettuata dal giudice nel rispetto delle norme di natura sostanziale previste dal codice penale, tra le quali vi è la disposizione dell’art. 78 diretta a temperare il principio del cumulo materiale delle pene, non può essere superato il limite di anni trenta anche in caso di aumento della pena derivante dalla continuazione; ne consegue che la riduzione della pena in seguito al giudizio abbreviato, risolvendosi in un’operazione puramente aritmetica di natura processuale conseguente alla scelta del rito ad opera dell’imputato, logicamente e temporalmente deve essere eseguita dal giudice dopo la determinazione della pena effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle norme sostanziali. (In applicazione del principio così enunciato la corte ha annullato la sentenza d’appello che aveva ritenuto conforme al disposto dell’art. 78 c.p., in quanto la pena concretamente irrogata era comunque inferiore a trenta anni di reclusione, la decisione del giudice di primo grado il quale, determinando la pena complessiva per effetto della continuazione in anni trentatrè, aveva operato sull’ammontare così calcolato l’obbligatoria riduzione di un terzo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6217 del 27 maggio 1994 (Cass. pen. n. 6217/1994)

Il calcolo unitario delle pene concorrenti può eseguirsi solo se queste siano integralmente cumulabili, si che, eseguito il cumulo ed effettuata l’eventuale riduzione a norma dell’art. 78 c.p., la carcerazione presofferta sia da esso detraibile in quanto non riferibile a reati commessi in epoca successiva all’inizio del periodo di detenzione. In caso contrario occorre procedere a cumuli parziali raggruppando in ognuno le condanne relative a reati commessi anteriormente ad ogni periodo di detenzione e sottraendo singolarmente il periodo riferibile; inoltre, ordinando i reati cronologicamente secondo la data di commissione e non secondo la data del passaggio in giudicato delle relative sentenze, occorre poi cumulare di volta in volta con la nuova pena o col nuovo cumulo il periodo residuo del cumulo precedente, applicando ai cumuli parziali ed a quello totale il criterio moderatore previsto dall’art. 78 c.p. Operando diversamente, infatti, si determinerebbe l’inammissibile conseguenza, con derivazione di precostituzione di impunità, che il presofferto sarebbe calcolato anche con riferimento a reati commessi successivamente all’epoca in cui la pena è stata scontata, in violazione del principio secondo cui la pena non può precedere il reato ed incoraggiarne la reiterazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2347 del 24 luglio 1993 (Cass. pen. n. 2347/1993)

I limiti massimi stabiliti per le pene pecuniarie, in caso di concorso di reati, dall’art. 78, primo comma, n. 3, c.p. non operano nel caso di pene pecuniarie il cui importo sia stabilito da leggi speciali in misura superiore a quella prevista dagli artt. 24 e 26 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2979 del 21 luglio 1993 (Cass. pen. n. 2979/1993)

Il criterio secondo il quale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 78 e 80 c.p., quando in sede di esecuzione deve provvedersi al cumulo delle pene inflitte con più sentenze di condanna, occorre anzitutto cumulare le pene relative ai reati commessi prima della detenzione (tenendo conto delle limitazioni di cui al n. 1 dell’art. 78 c.p.) e poi procedere a tanti distinti e successivi cumuli quanti sono i reati commessi durante (e dopo) la detenzione stessa, comprendendo in ciascuno dei cumuli successivi sia la parte di pena risultante dal cumulo precedente e non ancora espiata alla data del reato sia la pena relativa a quest’ultimo e determinando la decorrenza dalla data del nuovo reato o dall’arresto a seconda che il nuovo reato sia stato commesso durante l’espiazione della pena precedente ovvero dopo la sua interruzione, non trova applicazione nell’ipotesi di cumulo speciale di cui all’art. 7, della L. 18 febbraio 1987, n. 34 (misure a favore di chi si dissocia dal terrorismo). In forza di tale norma, invero, per i reati di terrorismo, alla duplice condizione della dissociazione e della data di commissione (entro il 31 dicembre 1983) dei reati ricompresi nel cumulo, il tetto massimo di «pena complessiva da espiare» deve essere inderogabilmente fissato nella misura di anni ventidue e mesi sei di reclusione, e la decorrenza è quella dell’arresto a nulla rilevando la data dell’ultimo reato commesso. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1915 del 8 giugno 1993 (Cass. pen. n. 1915/1993)

Allorché si sia in presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi (nella specie allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l’espiazione del cumulo precedente), non è possibile includere tutte le pene in un cumulo unitario e globale, soggetto alle limitazioni dell’art. 78 c.p. e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto. In questa ipotesi, infatti, si deve unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l’espiazione della pena così unificata; mentre l’art. 78 predetto esplica la sua efficacia nell’ambito e nei limiti di ciascuna delle singole operazioni di cumulo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 895 del 27 aprile 1993 (Cass. pen. n. 895/1993)

Nel caso di espiazione di una pena unica cumulata, derivante dalla unificazione di una pluralità di pene e dall’inserimento nell’unico cumulo di una pluralità di cumuli parziali (in conseuenza della commissione in tempi diversi dei reati per i quali il soggetto ha riportato condanna e della non imputabilità della pena già espiata ad un reato commesso in epoca successiva), deve aversi riguardo, ai fini della verifica in ordine alla sussistenza o meno della condizione costituita dall’avvenuta espiazione di almeno metà della pena (nella specie in funzione dell’ammissione alla semilibertà, ai sensi dell’art. 50 comma secondo dell’ordinamento penitenziario), alla intera pena da espiare, indipendentemente dalla circostanza che nell’effettuazione dei cumuli parziali abbia operato o meno il criterio moderatore di cui all’art. 78 comma primo n. 1 c.p., richiamato dal successivo art. 80. (Nel caso specifico la Corte, in applicazione di detto principio, rilevato che il condannato, per effetto dei vari provvedimenti di cumulo intervenuti nei suoi confronti, avrebbe dovuto, in concreto, espiare una pena complessiva di anni 38 e mesi 9 di reclusione, ridotta ad anni 35 e mesi 9 per effetto di condono, ha stabilito che la condizione per l’applicazione del beneficio dovesse ritenersi realizzata all’atto dell’avvenuta espiazione di anni 17, mesi 10 e gg. 15 di reclusione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 837 del 6 aprile 1993 (Cass. pen. n. 837/1993)

Il limite di cui all’art. 78 primo comma, n. 1 c.p. non significa che nessuno possa essere detenuto per un periodo superiore a quello massimo indicato (trenta anni). Tale limite, infatti, è riferibile solo alle pene inflitte per reati commessi prima dell’inizio della detenzione, mentre nel caso in cui durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di questa è stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, deve procedersi ad un nuovo cumulo.

L’art. 78 c.p. va interpretato nel senso che non è possibile includere tutte le pene in un cumulo, soggetto alle limitazioni della suddetta norma ed alla successiva integrale imputazione del presofferto, quando si sia in presenza di una pluralità di reati e di periodi di carcerazione sofferti in tempi diversi e, in particolare, quando il nuovo reato sia stato commesso durante l’espiazione del cumulo già effettuato o, comunque, prima della totale espiazione del cumulo stesso (allorché sia venuto meno lo stato detentivo per evasione od altra causa). In tali ipotesi vanno cronologicamente ordinati, da una parte i reati e dall’altra i periodi di carcerazione presofferti e si procede ad operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2064 del 8 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 2064/1993)

La regola posta dall’art. 78 c.p. (applicabile, in virtù del successivo art. 80, anche nel caso di pluralità di condanne susseguitesi nel tempo) non significa che un soggetto, il quale abbia riportato più condanne a pene detentive temporanee, non possa rimanere complessivamente detenuto, nel corso della sua vita, per un periodo eccedente il quintuplo della condanna più grave o comunque superiore a trenta anni. Da ciò discenderebbe, infatti, l’impunità per i reati commessi da coloro che stiano scontando o abbiano già scontato una pena pari al limite anzidetto. Pertanto non è possibile includere tutte le pene in un cumulo indiscriminato e globale, soggetto alle limitazioni dell’art. 78 e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto, quando si sia in presenza di reati diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, e in particolare allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l’espiazione del cumulo precedente o comunque prima della totale espiazione del cumulo stesso. In queste ultime ipotesi si deve unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l’espiazione così unificata: mentre l’art. 78 c.p. esplica la sua efficacia sull’ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3923 del 2 dicembre 1992 (Cass. pen. n. 3923/1992)

Nel caso in cui una persona sia stata condannata per più reati, le cause estintive del reato o della pena non possono operare sul cumulo complessivo delle pene inflitte per i vari reati concorrenti ma debbono separatamente riguardare i reati o le pene che ne sono specifico oggetto, previo scioglimento, quando necessario, dell’operata unificazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3482 del 15 ottobre 1992 (Cass. pen. n. 3482/1992)

La regola posta dall’art. 78 c.p. non vuol significare che un soggetto, il quale abbia riportato plurime condanne a pene temporanee, non possa rimanere detenuto per un periodo complessivamente superiore (quando si tratti di reclusione) a trenta anni, essendo detto limite suscettibile necessariamente di superamento quando il medesimo soggetto, nel corso della espiazione, commetta ulteriori reati la cui pena dovrà essere aggiunta, mediante formazione di un nuovo provvedimento di cumulo, a quella che risultava da espiare alla data di commissione di detti reati. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 266 del 28 febbraio 1992 (Cass. pen. n. 266/1992)

Il limite massimo di trenta anni di reclusione, previsto dall’art. 78 c.p. per il caso di concorso di reati, non si applica nell’ipotesi contemplata dall’art. 73 secondo comma, stesso codice. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2734 del 4 luglio 1991 (Cass. pen. n. 2734/1991)

La regola posta dall’art. 78 c.p. — applicabile, per effetto del successivo art. 80, anche nel caso di condanne susseguitesi nel tempo — non comporta che un soggetto il quale abbia riportato più condanne a pene detentive temporanee, non possa soffrire complessivamente una detenzione, nel corso della sua vita, per un periodo eccedente il quintuplo della condanna più grave o comunque superiore a trent’anni. Invero, il criterio moderatore, sancito dalla norma indicata, opera tra le sole pene che risultino effettivamente concorrenti e cumulabili tra loro, nel senso che in presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione, sofferti parimenti in tempi diversi, non può essere eseguito un cumulo unitario e globale, soggetto ai limiti dell’art. 78 c.p., ma vanno ordinati cronologicamente da una parte i reati, dall’altra i periodi ininterrotti di carcerazione, e si deve procedere ad operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo parziale delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 568 del 30 marzo 1990 (Cass. pen. n. 568/1990)

In tema di esecuzione della pena, il criterio moderatore, fornito dall’art. 78 c.p., esplica la sua efficacia nell’ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo, nel senso che la somma da effettuare, per stabilire se debba farsi luogo a cumulo aritmetico o giuridico, contempla, in via esclusiva, quali addendi, il residuo del precedente cumulo e le pene inflitte per i reati successivamente commessi. Ciò comporta che i suddetti addendi danno luogo a un cumulo unitario e che, pertanto, il prefato criterio moderatore opera, non solo rispetto alle pene inflitte per i reati commessi successivamente alla causa di estinzione o di detrazione, alla quale si riferiva il cumulo precedente, ma anche rispetto al residuo di quest’ultimo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 792 del 5 settembre 1989 (Cass. pen. n. 792/1989)

Nel caso di pene concorrenti integralmente cumulabili, che debbano fruire della riduzione ai sensi dell’art. 78 c.p., i periodi di carcerazione presofferti devono essere detratti dalla pena derivante dal cumulo giuridico, dopo aver effettuato la riduzione a norma del citato articolo 78 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 268 del 2 maggio 1984 (Cass. pen. n. 268/1984)

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