Il reato di sequestro di persona non richiede necessariamente la privazione in senso assoluto della libertà di movimento del soggetto passivo potendo realizzarsi anche come limitazione di tale libertà di azione finalizzata ad inibire le relazioni interpersonali del soggetto stesso sottraendolo al suo abituale contesto abitativo. (Fattispecie relativa al sequestro a scopo di estorsione di un minore sottratto alla madre al fine di costringerla ad onorare un debito correlato allo spaccio di stupefacenti senza che al predetto fosse tuttavia impedito di uscire dall’abitazione ove era custodito). Cass. pen. sez. VI 27 settembre 2019 n. 39807
Ai fini della configurabilità del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione è sufficiente anche la sola promessa di pagamento di una somma di denaro da parte della vittima a condizione che tale impegno si ponga in relazione causale rispetto al raggiungimento della libertà in quanto il conseguimento del profitto non rappresenta l’evento naturalistico della fattispecie. (In applicazione del principio la S.C. ha ritenuto corretta la qualificazione ai sensi dell’art. 630 cod. pen. di una fattispecie in cui la vittima si era determinata a promettere il pagamento di 50.000 euro ai suoi sequestratori dopo essere stata chiusa per un’ora nel bagagliaio di un’auto legata mani e piedi). Cass. pen. sez. VI 9 settembre 2015 n. 36404
Nel delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione la limitazione della libertà personale della vittima può realizzarsi oltre che con la coercizione sica che impedisce in concreto ogni libertà di movimento anche attraverso l’inganno sempre che questo sia idoneo a creare nel soggetto passivo l’apparenza di un pericolo per la sua incolumità o per il suo patrimonio tale da indurlo ad autolimitarsi. Cass. pen. sez. V 13 febbraio 2015 n. 6427
In tema di sequestro di persona a scopo di estorsione l’ingiusto profitto che caratterizza il dolo specifico del delitto può essere costituito dai proventi del meretricio della persona offesa purchè costituiscano il prezzo della liberazione della medesima dalla limitazione nella libertà di movimento. (Nella specie la S.C. ha annullato l’ordinanza del Tribunale della libertà ritenendo non configurabile il sequestro di persona in relazione al caso di una prostituta ridotta in stato di schiavitù e costretta ad esercitare il meretricio nella prospettiva di affermarsi ma non direttamente privata della libertà personale). Cass. pen. sez. I 21 marzo 2013 n. 13388
In tema di delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione in ipotesi di morte del sequestrato non è sufficiente la sussistenza di un mero nesso di causalità materiale tra il sequestro e la morte dell’ostaggio essendo necessaria l’esistenza di un coefficiente psicologico tale da rendere addebitabile all’agente quanto meno per colpevole inerzia l’evento morte. Cass. pen. sez. V 26 giugno 2013 n. 28016
Il condannato con sentenza definitiva per il delitto di cui all’art. 630 c.p. non può a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 2012 richiedere in sede esecutiva il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 311 c.p. essendo precluse al giudice dell’esecuzione quelle valutazioni discrezionali necessarie per ritenere applicabile l’attenuante in parola. Cass. pen. sez. I 2 luglio 2013 n. 28468
La circostanza attenuante speciale di cui all’art. 630 comma quarto c.p. non si comunica ai concorrenti non utilmente attivi nella liberazione dell’ostaggio. (Fattispecie nella quale è stata negata la comunicabilità della circostanza al concorrente che – a liberazione dell’ostaggio già avvenuta e nell’ignoranza dell’iniziativa già efficacemente e conclusivamente assunta dai complici – aveva condiviso la decisione di porre fine al sequestro adoperandosi per la liberazione). Cass. pen. sez. II 18 luglio 2013 n. 30852
In tema di sequestro di persona a scopo di estorsione l’attenuante della dissociazione prevista dall’art. 630 comma quinto c.p. deve ritenersi applicabile anche quando vi sia un unico agente. Cass. pen. sez. VI 7 marzo 2011 n. 8903
In tema di sequestro di persona a scopo di estorsione non è configurabile l’attenuante prevista dal quinto comma dell’art. 630 c.p. qualora la condotta pur collaborativa ai fini dell’individuazione dei correi tenuta dal concorrente non possa ritenersi indicativa dell’effettiva dissociazione dai medesimi. (Fattispecie in cui è stato escluso che l’imputato avesse dimostrato di aver preso le distanze dai complici avendo omesso di informare gli inquirenti dei fondati dubbi nutriti sull’effettiva sopravvivenza dell’ostaggio in ragione dei quali si era rifiutato di effettuare la telefonata finalizzata alla richiesta del riscatto). Cass. pen. sez. VI 22 novembre 2010 n. 41312
In tema di sequestro di persona a scopo di estorsione la deroga prevista dal comma sesto dell’art. 630 c.p. alla regola generale della comparazione di circostanze disciplinata dall’art. 69 c.p. riguarda le sole fattispecie criminose regolate dai commi secondo e terzo del medesimo art. 630 e non si applica al riconoscimento di circostanze attenuanti con riferimento all’ipotesi contemplata dal primo comma dell’art. 630 per la quale quindi si osservano le regole ordinarie. Cass. pen. sez. I 18 aprile 2012 n. 14802
È configurabile la causa di giustificazione dello stato di necessità anche con riferimento al reato di intermediazione nel sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 1 comma 4 D.L. n. 8 del 1991 conv. in L. n. 82 del 1991) ma i suoi presupposti non possono individuarsi nel semplice protrarsi della privazione di libertà della persona sequestrata occorrendo invece ulteriori concreti elementi di pericolo per l’ostaggio; e ciò perché l’esistenza di un pericolo attuale per quest’ultimo è ontologicamente insita nel sequestro di persona a scopo di estorsione ma non è stata ritenuta dal legislatore elemento di rilievo tale da consentire la «gestione privata» dello stesso a scapito dell’intervento statuale che è stato addirittura rafforzato mediante l’incriminazione dell’intromissione in detta gestione di terzi estranei i quali in accordo con la famiglia della vittima si adoperino con qualsiasi mezzo per far conseguire il prezzo della sua liberazione all’autore del reato. (Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta la mancata applicazione della scriminante in favore degli intermediari motivata dal giudice di merito con il rilievo attribuito a una lettera degli autori del sequestro che escludeva ipotesi di mutilazioni dell’ostaggio o ritorsioni nei suoi confronti a causa del protrarsi delle trattative). Cass. pen. sez. I 23 febbraio 2001 n. 7671
L’attenuante della lieve entità del fatto prevista dall’art. 311 cod. pen. ed applicabile anche al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione a seguito della sentenza della Cost. 19 marzo 2012 n. 68 presuppone una valutazione oggettivamente riferita al fatto nel suo complesso sicché essa non è configurabile se il requisito della lieve entità manchi o in rapporto all’evento di per sé considerato; ovvero in rapporto a natura specie mezzi modalità e circostanze della condotta; ovvero ancora in rapporto all’entità del danno o del pericolo conseguente al reato avuto riguardo a tempi luoghi e modalità della privazione della libertà personale ed all’ammontare delle somme oggetto della finalità estorsiva. Cass. pen. sez. V 20 aprile 2017 n. 18981
Integra gli estremi del delitto di sequestro di persona (art. 630 c.p.) – e non quelli del delitto di estorsione (art. 629 c.p.) – la condotta criminosa consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire come prezzo della liberazione una prestazione patrimoniale pretesa in esecuzione di un precedente rapporto illecito posto che il delitto di cui all’art. 630 c.p. è un reato plurioffensivo nel quale l’elemento oggettivo del sequestro viene tipizzato dallo scopo di conseguire un profitto ingiusto dal prezzo della liberazione a nulla rilevando che il perseguimento del prezzo di riscatto trovi la sua fonte in pregressi rapporti illeciti. Cass. pen. sez. V 11 aprile 2006 n. 12762
La condotta criminosa consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire come prezzo della liberazione una prestazione patrimoniale pretesa in esecuzione di un precedente rapporto illecito integra il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all’art. 630 c.p. e non il concorso del delitto di sequestro di persona (art. 605) con quello di estorsione consumata o tentata (artt. 629 e 56 stesso codice). Cass. pen. Sezioni Unite 20 gennaio 2004 n. 962
In tema di intercettazione di conversazioni o di comunicazioni la speciale disciplina dettata dall’art. 13 del D.L. 13 maggio 1991 n. 152 convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991 n. 203 derogatoria delle disposizioni di cui all’art. 267 c.p.p. si applica anche al sequestro di persona a scopo di estorsione. Ed infatti a parte che il delitto anzidetto è ormai da tempo ritenuto un tipico reato di criminalità organizzata anche nella generale considerazione del legislatore (come si rileva tra l’altro dall’art. 51 comma terzo bis c.p.p. che attribuisce la competenza per tale reato al procuratore distrettuale) e che un’eventuale sua realizzazione in forma monosoggettiva – in contrasto con un’iniziale imputazione ad organizzazione delittuosa – sarebbe comunque accertabile solo ex post ad indagini concluse è sufficiente ai fini dell’applicabilità della normativa in questione il mero riferimento alle modalità di esecuzione della richiesta estorsiva che di norma è realizzata mediante telefono. Ed infatti il menzionato art. 13 si riferisce sia ai delitti di criminalità organizzata che a quelli di minaccia posta in essere con il mezzo telefonico. Cass. pen. sez. V 9 dicembre 2003 n. 46963
La condotta consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione integra il delitto previsto dall’art. 630 c.p. solo allorché manchi un preesistente rapporto quantunque illecito con la vittima del reato che abbia dato causa a quella privazione mentre quando quel rapporto sussista e ad esso siano collegabili il sequestro e il conseguimento del profitto ricorre un’ipotesi di concorso tra il reato previsto dall’art. 605 c.p. e quello di estorsione. (Nella specie in riferimento a un’associazione criminale dedita a favorire l’immigrazione clandestina nel nostro Paese la S.C. ha ritenuto corretto l’operato del giudice di merito che aveva qualificato come sequestro di persona ex art. 630 c.p. la privazione della libertà di un immigrato finalizzata al recupero della perdita economica sofferta dall’associazione a causa della fuga di altri suoi compagni mentre aveva ritenuto la sussistenza del concorso tra sequestro di persona ex art. 605 c.p. ed estorsione la privazione della libertà di immigrati mirante ad ottenere da questi il prezzo dell’illecito loro ingresso nel territorio dello Stato. Cass. pen. sez. II 30 novembre 2000 n. 12394
Non è configurabile il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.) quando il sequestro e il profitto siano direttamente ricollegabili a una causa preesistente ancorché illecita come nel caso di rapimento e di sottoposizione a violenze di una persona da parte dei correi nel reato di illecita importazione di sostanze stupefacenti in Italia i quali sequestrino l’ostaggio intendendo conoscere il luogo ove la vittima del sequestro abbia nascosto la sostanza o in caso di intervenuta vendita ottenere il suo controvalore. In tal caso lo scopo degli agenti non è quello di conseguire il denaro quale prezzo della liberazione dell’ostaggio in modo che ricorrono gli estremi dei reati di sequestro di persona e di tentata estorsione (artt. 605 e 56 -628 c.p.). Alla corretta qualificazione giuridica può pervenire anche il tribunale nell’ambito del procedimento di riesame fermo restando che la nuova qualificazione non ha effetto oltre il procedimento incidentale. Cass. pen. sez. VI 28 febbraio 2000 n. 321