Art. 628 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Rapina

Articolo 628 - codice penale

(1) Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona (581) o minaccia, s’ impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque (2) a dieci anni e con la multa da € 927 a € 2.500.
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.
La pena è della reclusione da sei (3) a venti anni e della multa da € 2.000 a € 4.000 (4):
1) se la violenza o minaccia è commessa con armi (585), o da persona travisata, o da più persone riunite (112);
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato d’incapacità di volere o di agire (605, 613; 1137 c.n.);
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’art. 416 bis;
3 bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624 bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (5)(6);
3 ter) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto (6);
3 quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro (6).
3 quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne (7) (8).
Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da sette (9) a venti anni e della multa da euro 2.500 a euro 4.000 (10)(11).
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3, 3 bis, 3 ter e 3 quater, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti (12).

Articolo 628 - Codice Penale

(1) Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona (581) o minaccia, s’ impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque (2) a dieci anni e con la multa da € 927 a € 2.500.
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.
La pena è della reclusione da sei (3) a venti anni e della multa da € 2.000 a € 4.000 (4):
1) se la violenza o minaccia è commessa con armi (585), o da persona travisata, o da più persone riunite (112);
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato d’incapacità di volere o di agire (605, 613; 1137 c.n.);
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’art. 416 bis;
3 bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624 bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (5)(6);
3 ter) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto (6);
3 quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro (6).
3 quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne (7) (8).
Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da sette (9) a venti anni e della multa da euro 2.500 a euro 4.000 (10)(11).
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3, 3 bis, 3 ter e 3 quater, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti (12).

Note

(1) L’art. 71 del D.L.vo 6 settembre 2011, n. 159, recante codice delle leggi antimafia, prevede che le pene stabilite per i delitti di cui a questo articolo, sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione. In ogni caso si procede d’ufficio e quando i delitti di cui al comma 1 del predetto art. 71, per i quali è consentito l’arresto in flagranza, sono commessi da persone sottoposte alla misura di prevenzione, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto anche fuori dei casi di flagranza. Alla pena è aggiunta una misura di sicurezza detentiva.
(2) La parola: «quattro» è stata così sostituita dalla attuale: «cinque» dall’art. 6, comma 1, lett. a), della L. 26 aprile 2019, n. 36.
(3) La parola: «cinque» è stata così sostituita dalla attuale: «sei» dall’art. 6, comma 1, lett. b), della L. 26 aprile 2019, n. 36.
(4) Le parole: «da euro 1.290 a euro 3.098» sono state così sostituite dalle attuali: «da euro 2.000 a euro 4.000» dall’art. 6, comma 1, lett. b), della L. 26 aprile 2019, n. 36.
(5) Le parole: «o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa» sono state aggiunte dall’art. 7, comma 2, lett. a), del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, nella L. 15 ottobre 2013, n. 119.
(6) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 3, comma 27, lett. a), della L. 15 luglio 2009, n. 94.
(7) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 7, comma 2, lett. b), del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, nella L. 15 ottobre 2013, n. 119.
(8) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 3 della L. 14 ottobre 1974, n. 497.
(9) La parola: «sei» è stata così sostituita dalla attuale: «sette» dall’art. 6, comma 1, lett. c), della L. 26 aprile 2019, n. 36.
(10) Le parole: «da euro 1.538 a euro 3.098» sono state così sostituite dalle attuali: «da euro 2.500 a euro 4.000» dall’art. 6, comma 1, lett. c), della L. 26 aprile 2019, n. 36.
(11) Questo comma è stato inserito dall’art. 1, comma 8, lett. c), della L. 23 giugno 2017, n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
(12) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 3, comma 27, lett. b), della L. 15 luglio 2009, n. 94.

Tabella procedurale

Arresto: obbligatorio in flagranza.(380 c.p.p.)
Fermo di indiziato di delitto: consentito.(384 c.p.p.)
Misure cautelari personali: consentite.(280287 c.p.p.)
Autorità giudiziaria competente: primo e secondo comma, Tribunale monocratico; terzo e quarto comma, Tribunale collegiale.(33 ter c.p.p.); (33 bis c.p.p.)
Procedibilità: d’ufficio.(50 c.p.p.)

Massime

In tema di rapina configura l’elemento materiale della “violenza alla persona” il frapporre un ostacolo alla libertà di locomozione della vittima che marci alla guida di un veicolo onde costringerla ad arrestare la marcia per sottrarle una cosa mobile. (Fattispecie nella quale l’imputato in concorso con altro soggetto giudicato separatamente si era gettato a bordo di un ciclomotore dinanzi all’autovettura guidata dalla p.o. costringendola ad arrestare la marcia per evitare l’impatto ed avere approfittato di ciò per sottrarle la borsa). Cass. pen. sez. II 10 gennaio 2013 n. 1176

La minaccia costitutiva del reato di rapina oltre che essere palese esplicita e determinata può essere manifestata in modi e forme differenti ovvero in maniera implicita larvata indiretta ed indeterminata essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo in relazione alle circostanze concrete alla personalità dell’agente alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera. (Fattispecie di illecita perquisizione strumentalmente diretta all’impossessamento di valori). Cass. pen. sez. II 16 dicembre 2010 n. 44347

Per la configurabilità del reato di rapina (art. 628 c.p.) ad integrare l’elemento della minaccia è sufficiente qualsiasi comportamento o atteggiamento verso il soggetto passivo idoneo ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto.(Nella specie in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto correttamente configurato il reato di rapina in un caso in cui gli agenti allo scopo di impossessarsi del danaro custodito in un ufficio postale vi si erano introdotti sfondando un lucernaio e calandosi quindi con irruenza all’interno sì da indurre alla fuga con tale condotta spavalda e dal preciso significato intimidatorio gl’impiegati presenti). Cass. pen. sez. VII 24 ottobre 2006 n. 35619

Nell’ipotesi in cui venga sottratta una cosa mobile alla presenza del possessore e subito dopo che questi abbia subito un tentativo di estorsione e percosse l’estremo della minaccia come modalità dell’azione della sottrazione ed elemento costitutivo della rapina è “in re ipsa” senza che vi sia bisogno di un’ulteriore attività minacciosa da parte dell’agente direttamente collegata all’azione di apprensione del bene; in tal caso infatti si deve avere riguardo alla complessiva attività del colpevole globalmente volta alla sopraffazione del soggetto passivo il quale non può non risentire della precedente costrizione nell’assistere impotente all’apprensione della cosa di sua proprietà da parte dell’agente. Cass. pen. sez. II 30 marzo 2000 n. 4057

Nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in qualsiasi utilità anche solo morale nonché in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ritrarre anche non immediatamente dalla propria azione purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene. (La Corte ha ritenuto nella specie che il fine di ottenere “un bacio” in cambio della restituzione di un monile sottratto integrasse l’utilità anche solo morale che qualifica il dolo specifico del reato di rapina distinguendolo da quello di violenza privata). Cass. pen. sez. II 19 dicembre 2012 n. 49265

In tema di rapina il profitto ingiusto può consistere anche nella temporanea utilizzazione della cosa oltre che nell’impossessamento definitivo di essa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la sussistenza del delitto di rapina nel caso di sottrazione di un ciclomotore avvenuta per compiere un breve tratto di strada e per un arco di tempo molto limitato solo dieci minuti seguita dalla restituzione dello stesso alla parte lesa). Cass. pen. sez. II 12 gennaio 2004 n. 788

Nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in ogni utilità anche solo morale nonché in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ritrarre anche non immediatamente dalla propria azione purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistente il dolo specifico del reato di rapina nella ingiusta utilità morale perseguita dall’imputato che aveva sottratto mediante violenza alla ex danzata il telefono cellulare al fine di rivelare al padre della donna la relazione sentimentale che questa aveva instaurato con un altro uomo). Cass. pen. sez. II 19 marzo 2015 n. 11467

Integra il delitto di rapina anche la condotta di sottrazione di un’autovettura munita di sistema di antifurto satellitare in quanto tale strumento non esclude che il soggetto passivo perda almeno fino al momento di attivazione del sistema di rilevazione satellitare il controllo materiale e giuridico sulla cosa sottratta Cass. pen. sez. II 4 settembre 2018 n. 39711

Il reato di rapina si consuma nel momento in cui la cosa sottratta cade nel dominio esclusivo del soggetto agente anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione e pur se subito dopo il breve impossessamento il soggetto agente sia costretto ad abbandonare la cosa sottratta per l’intervento dell’avente diritto o della Forza pubblica. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto consumata la rapina presso un esercizio commerciale con riferimento alla condotta dell’imputato che dopo essersi impossessato sotto la minaccia di un arma di denaro ed altri beni della persona offesa a seguito della reazione violenta di quest’ultima veniva gravemente ferito e successivamente arrestato). Cass. pen. sez. II 23 marzo 2017 n. 14305

In tema di rapina le diverse condotte di violenza o minaccia finalizzate a procurarsi un ingiusto profitto mediante impossessamento di cose mobili altrui sottraendole a chi le detiene costituiscono autonomi tentativi di rapina unificabili sotto il vincolo della continuazione quando singolarmente considerate in relazione alle circostanze del caso concreto e in particolare alle modalità di realizzazione e all’elemento temporale appaiano dotate di una propria completa individualità; si ha invece un unico tentativo di rapina pur in presenza di molteplici atti di violenza o minaccia allorché gli stessi siano sorretti da un’unica volontà e continua determinazione che non registri interruzioni o desistenze in modo da costituire singoli momenti di una sola azione. Cass. pen. sez. II 21 gennaio 2015 n. 2542

In tema di tentata rapina la non punibilità dell’agente per inesistenza dell’oggetto può aversi solo quando l’inesistenza sia assoluta cioè quando manchi qualsiasi possibilità che in quel contesto di tempo la cosa possa trovarsi in un determinato luogo e non invece quando essa sia puramente temporanea e accidentale. (Fattispecie nella quale è stato affermata la sussistenza del reato di tentata rapina benché risultasse non determinato l’importo della somma che doveva essere sottratta). Cass. pen. sez. II 20 febbraio 2014 n. 8026

La condotta criminosa di costrizione della vittima ad un prelievo con carta “bancomat” per poi impossessarsi della somma di denaro contante così ottenuta costituisce nella forma tentata un episodio di rapina autonomo che non assorbe il disvalore di quello cronologicamente precedente ma pur sempre commesso dallo stesso soggetto in altro momento costituito dall’impossessamento del portafogli della stessa vittima ove era custodita la carta “bancomat” per diversità di atteggiamento psicologico oltre che di contesto temporale e di elemento di profitto. Cass. pen. sez. II 25 giugno 2010 n. 24362

Non è configurabile il tentativo di rapina per difetto di univocità degli atti qualora non sia possibile determinare nemmeno in via ipotetica il luogo in cui questa avrebbe dovuto essere consumata. (Fattispecie in cui due soggetti armati di una pistola scacciacani sono stati sorpresi mentre stazionavano a bordo di un veicolo rubato in una via in cui erano presenti due esercizi commerciali in orario antecedente a quello dell’apertura dei medesimi). Cass. pen. sez. II 13 maggio 2010 n. 18196

In tema di tentata rapina la non punibilità dell’agente per inesistenza dell’oggetto può aversi solo quando l’inesistenza sia assoluta cioè quando manchi qualsiasi possibilità che in quel contesto di tempo la cosa possa trovarsi in un determinato luogo e non invece quando essa sia puramente temporanea e accidentale. (Fattispecie nella quale è stato affermato il delitto di tentata rapina per avere il soggetto rovistato nella borsa della vittima al cui interno non vi era denaro). Cass. pen. sez. II 22 gennaio 2009 n. 3189

Può integrare il tentativo di rapina anche il mero possesso di armi pur se di fatto non utilizzate in quanto l’univocità della condotta va apprezzata senza tenere conto della distinzione tra atti preparatori ed atti esecutivi nelle sue caratteristiche oggettive così da verificare se sia tale da rivelare le finalità attraverso l’apprezzamento secondo le regole di comune esperienza della natura e dell’essenza degli atti compiuti e del contesto in cui si inseriscono. (Fattispecie in cui si è ritenuto che il mero possesso di armi di fatto non utilizzate costituiva atto univoco di tentativo di rapina aggravata tenuto conto del contesto dell’azione ed in particolare del buono stato delle armi peraltro entrambe dotate di proiettili e del fatto che una di esse era già predisposta all’immediato uso mediante l’inserimento di un colpo in canna). Cass. pen. sez. II 9 giugno 2005 n. 21955

Nella rapina impropria la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato sicché per la configurazione del reato non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità. Cass. pen. sez. VII 20 luglio 2018 n. 34056

È configurabile il reato di rapina impropria nel caso in cui sussista un rapporto di immediatezza tra sottrazione della cosa e violenza utilizzata per assicurarsi l’impunità. (Fattispecie in cui l’imputato aveva per assicurarsi l’impunità aggredito e usato violenza nei confronti di agenti di polizia giudiziaria che lo avevano sorpreso in flagranza a impossessarsi della cosa altrui). Cass. pen. sez. V 15 marzo 2017 n. 12597

In tema di rapina impropria il reato di cui all’art. 628 c.p. può dirsi consumato nell’ipotesi in cui la cosa venga sottratta al possessore e l’agente se ne sia impossessato anche per brevissimo tempo sfuggendo alla cerchia di vigilanza del titolare essendo irrilevante che la refurtiva sia stata abbandonata immediatamente dopo la sottrazione per l’intervento del tutto aleatorio di un terzo. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto configurabile il reato di rapina impropria consumata e non tentata in relazione alla condotta dell’imputata che dopo aver conseguito anche se per breve tempo il possesso della refurtiva la abbandonava sulla via della fuga). Cass. pen. sez. II 27 maggio 2015 n. 22098

È configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente dopo aver compiuto atti idonei all’impossessamento della cosa altrui non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità. Cass. pen. Sezioni Unite 12 settembre 2012 n. 34952

Integra il reato di rapina impropria il soggetto che dopo essersi impossessato dell’altrui autovettura ne faccia uso per recare violenza alla persona offesa per impedirle di tornare in possesso dell’autovettura stessa. Cass. pen. sez. II 28 giugno 2011 n. 25724

Integra il tentativo di rapina impropria la condotta del soggetto che adopera violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità immediatamente dopo il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi della cosa mobile altrui. Cass. pen. sez. II 14 ottobre 2010 n. 36723

In tema di rapina impropria sussiste l’ipotesi del tentativo e non il diverso reato di tentato furto seguito da minacce o percosse allorché l’agente tiene a fini d’impunità una condotta minacciosa o violenta immediatamente dopo l’azione diretta a impossessarsi della cosa altrui che non sia però riuscito a sottrarre. Cass. pen. sez. II 14 aprile 2004 n. 17264

È configurabile il tentativo nel delitto di rapina impropria là dove la mancata sottrazione della cosa è accompagnata dalla successiva violenza esercitata per procurarsi l’impunità in quanto la complessiva condotta non resta avulsa dal modello legale dettato dal secondo comma dell’art. 628 c.p. ma rappresenta il profilo cronologico e funzionale che colloca la condotta violenta come un prius rispetto all’impossessamento. (Fattispecie in cui l’imputato era riuscito a sottrarre dalla cassetta delle elemosine soltanto frammenti di due biglietti da mille lire). Cass. pen. sez. II 1 marzo 2004 n. 9262

Si configura il tentativo di rapina impropria anche quando la violenza o la minaccia siano esercitate al fine di assicurarsi il possesso o l’impunità nel corso degli atti diretti all’impossessamento della cosa non realizzatosi per l’intervento di fattori esterni interruttivi dell’azione criminosa. (Nel caso di specie l’agente avendo sottratto dai banchi di un supermercato della merce senza conseguirne l’effettivo possesso per la vigilanza continua sulla sua azione criminosa posta in essere dal personale addetto alla sorveglianza aveva poi usato violenza all’atto del controllo all’uscita dal supermercato sia per impossessarsi degli oggetti che per assicurarsi l’impunità). Cass. pen. sez. II 9 dicembre 2003 n. 47086

È giuridicamente configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso di violenza adoperata per assicurarsi l’impunità da un furto non condotto a termine essendo comunque ravvisabile anche in tale ipotesi il nesso teleologico tra violenza e ricerca dell’impunità che caratterizza anche la rapina impropria consumata. Cass. pen. sez. II 11 novembre 2003 n. 43092

È configurabile il tentativo di rapina impropria quando l’autore dopo aver compiuto atti idonei ad impossessarsi della cosa altrui i quali si sono arrestati in itinere per cause indipendenti dalla sua volontà adopera violenza o minaccia al fine di assicurarsi l’impossessamento della cosa ovvero l’impunità sempre che la violenza e minaccia intervengano nello stesso contesto temporale del tentativo effettuato. (Nel caso di specie la S.C. ha ritenuto che la minaccia all’agente della forza pubblica rivolta da un soggetto già dichiarato in arresto per tentato furto non qualifica il tentativo di sottrazione effettuato come tentata rapina impropria ma integra l’ulteriore fattispecie di cui all’art. 336 c.p.). Cass. pen. sez. II 31 ottobre 2003 n. 41671

In tema di tentativo di rapina impropria le minacce rivolte nei confronti di più persone che siano state presenti o siano intervenute immediatamente dopo il fatto anche diverse da quella che ha subito la tentata sottrazione se proferite nell’ambito del medesimo ed unico contesto illecito senza un’apprezzabile soluzione di continuità ed all’unico fine di garantirsi l’impunità non integrano una pluralità di condotte illecite ma costituiscono un’unica azione criminosa. Cass. pen. sez. VI 4 marzo 2003 n. 9952

In tema di delitto di rapina configura la violenza alla persona quale elemento materiale della rapina impropria il frapporre un ostacolo all’autonomia psico-sica della vittima in modo tale da impedire alla stessa l’inseguimento del rapinatore così da assicurare a quest’ultimo il possesso della cosa sottratta e/o l’impunità. (Fattispecie in cui era stata sbarrata l’uscita al derubato posizionando una autovettura in modo tale da impedire qualsiasi tentativo di inseguimento del rapinatore). Cass. pen. sez. II 26 novembre 2002 n. 39941

La formulazione dell’art. 628 cpv. c.p. contenente la previsione del reato di rapina c.d. impropria non esclude in alcun modo la configurabilità del tentativo di detto reato quando la violenza e la minaccia non siano state precedute dalla compiuta sottrazione della cosa alla persona offesa. Cass. pen. sez. II 15 luglio 2002 n. 26844

In tema di rapina impropria una lettura logico sistematica e non meramente letterale del dato normativo induce a ritenere che sussiste la suddetta gura di reato in forma tentata nell’ipotesi in cui l’agente prima dell’impossessamento della cosa e senza che questo poi si realizzi adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità. Cass. pen. sez. II 10 luglio 2001 n. 28044

In tema di rapina impropria il requisito dell’immediatezza della violenza o della minaccia indicato nell’art. 628 comma 2 c.p. non deve essere inteso in senso rigorosamente letterale e cioè nel senso che la violenza o la minaccia debbano seguire senza alcun intervallo di tempo alla sottrazione ma va riferito alla nozione di «flagranza» o «quasi flagranza». (Fattispecie relativa ad illecito impossessamento avvenuto in provincia di Firenze di un’autovettura guidata sino a Cassino dove il conducente autore del furto fu costretto a fermarsi dalla polizia stradale per un illecito concernente la sua condotta di guida e resistenza ai pubblici ufficiali che gli avevano intimato l’alt; nell’enunciare il principio di cui in massima la S.C. ha in ragione del numero delle ore trascorse fra i due episodi escluso che nell’episodio ricorresse un’ipotesi di rapina impropria). Cass. pen. sez. II 29 novembre 2000 n. 12341

Ricorre il delitto di tentata rapina aggravata dalle “più persone riunite” ai sensi dell’art. 628 comma terzo n. 1 cod. pen. allorché un soggetto abbia fatto temporaneo ingresso a fini di sopralluogo all’interno di un istituto bancario uscendo contestualmente all’arrivo del correo autore dell’attività esecutiva e trattenendosi all’esterno per offrire copertura a quest’ultimo in prossimità del veicolo utilizzato per la fuga dopo l’intervento del personale di vigilanza. Cass. pen. sez. II 24 luglio 2019 n. 33482

In tema di rapina la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia non rilevando che la persona offesa abbia percepito o meno la presenza anche di un secondo soggetto poiché la “ratio” dell’aggravamento non deriva necessariamente dalla maggiore costrizione esercitata simultaneamente sulla vittima ma piuttosto dalla maggiore potenzialità criminosa correlata all’oggettiva compresenza di più persone nel luogo del delitto. Cass. pen. sez. II 31 luglio 2018 n. 36926

In tema di rapina si configura la circostanza aggravante di cui all’art. 628 comma terzo n. 3-quater cod. pen. nell’ipotesi in cui il reato venga commesso nei confronti di persona che dopo aver compiuto un’operazione bancaria ed essersi allontanata dall’istituto di credito abbia fatto ingresso nella vettura. (In motivazione la S.C. ha aggiunto che la sussistenza dell’aggravante prescinde dal fatto che la vittima nel fruire dei servizi bancari abbia materialmente prelevato del denaro contante). Cass. pen. sez. II 27 ottobre 2017 n. 49490

In tema di rapina è configurabile l’aggravante della minaccia commessa con armi prevista dall’art. 628 comma terzo n. 1 cod. pen. nel caso in cui venga utilizzata una siringa con ago innestato per minacciare la vittima. (In motivazione la Corte ha affermato la natura di arma impropria di una siringa completa di ago presentando essa evidenti caratteristiche che in un contesto aggressivo la rendono utilizzabile per l’offesa alla persona). Cass. pen. sez. II 5 luglio 2016 n. 27619

In tema di rapina quando la privazione della capacità di agire non abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione del delitto ma ne preceda o ne segua l’attuazione in ogni caso protraendosi oltre il suddetto limite temporale è preclusa in ragione del principio di specialità la possibilità della applicazione dell’aggravante prevista dall’art. 628 comma terzo n. 2 c.p. che rimane assorbita dal concorrente reato di sequestro di persona. Cass. pen. sez. II 24 gennaio 2014 n. 3604

Ai fini della circostanza aggravante di cui all’art. 628 terzo comma n. 3 bis c.p. è sufficiente che la rapina sia commessa in uno dei luoghi previsti dall’art. 624 bis c.p. non essendo rilevante che la vittima abbia o meno prestato il consenso all’ingresso in essi. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza della circostanza aggravante della rapina in luogo di privata dimora a carico di un uomo introdottosi nell’abitazione di una donna consenziente all’ingresso con il pretesto di consumare un rapporto sessuale). Cass. pen. sez. II 29 dicembre 2011 n. 48584

In caso di concorso delle aggravanti ad effetto speciale previste per il delitto di rapina dall’art. 628 comma terzo n. 1 c.p. il giudice deve considerarle unitariamente procedendo ad un unico aumento della pena secondo il meccanismo di cui all’art. 63 comma quarto c.p. e non a singoli aumenti per ciascuna delle circostanze concorrenti. Cass. pen. sez. II 11 novembre 2011 n. 41004

L’uso delle armi e il travisamento nel corso di una rapina sono condotte che si diversificano reciprocamente per il contenuto configurando così distinte circostanze aggravanti che devono essere autonomamente considerate ai fini della prescrizione il cui calcolo deve dunque essere effettuato applicando la disciplina generale dettata nell’art. 63 comma quarto c.p. per il concorso di aggravanti ad effetto speciale. Cass. pen. sez. IV 13 luglio 2007 n. 27748

La privazione della libertà personale costituisce ipotesi aggravata del delitto di rapina (e rimane in esso assorbita) solo quando la stessa si trovi in rapporto funzionale con la esecuzione della rapina medesima mentre nell’ipotesi in cui la privazione della libertà non abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina ma ne preceda o ne segua l’attuazione in ogni caso protraendosi oltre il suddetto limite temporale il reato di sequestro di persona concorre con quello di rapina. Cass. pen. sez. II 2 settembre 2000 n. 9387

In caso di concorso delle aggravanti speciali previste per la rapina dall’art. 628 terzo comma c.p. (e richiamate per l’estorsione dall’art. 629 secondo comma c.p.) il giudice ai sensi dell’art. 63 quarto comma c.p. nell’esercizio del suo potere discrezionale può invece di considerare le stesse assorbite nella sanzione autonomamente stabilita per la rapina o l’estorsione aggravata aumentare la pena edittale prevista per siffatti delitti sino ad un terzo: trattasi invero di circostanze che hanno carattere autonomo in quanto si diversificano reciprocamente per il loro contenuto né si pongono in rapporto tale da consentire di ritenerle l’una comprensiva dell’altra. Cass. pen. sez. V 28 febbraio 2000 n. 135

In tema di rapina sussiste la circostanza aggravante dell’uso delle armi qualora la minaccia sia realizzata utilizzando un’arma giocattolo. Cass. pen. sez. II 15 dicembre 2010 n. 44037

L’aggravante del delitto di rapina prevista dall’art. 4 comma secondo della L. 8 agosto 1977 n. 533 nel caso in cui l’agente si impossessa di armi munizioni o esplosivi commettendo il fatto «nelle armerie ovvero in depositi o in altri locali adibiti alla custodia di essi» non presuppone una speciale qualificazione del soggetto detentore delle armi (forze armate corpi armati dello Stato fabbricanti e commercianti autorizzati) ma è applicabile in ogni caso in cui il reato di rapina abbia ad oggetto le armi o le munizioni o gli esplosivi in qualsiasi locale adibito a custodia degli stessi. (Nella specie si trattava di locale adibito al deposito di armi di istituto privato di vigilanza). Cass. pen. sez. VI 4 maggio 2000 n. 5244

Al fine della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento del delitto di rapina è sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore della persona conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa. (Nella fattispecie l’aggravante è stata riconosciuta in relazione al travisamento realizzato indossando una leggera calza di seta). Cass. pen. sez. VI 28 maggio 2014 n. 21890

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento nel delitto di rapina è sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore della persona conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale purchè idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa. (Fattispecie in cui l’aggravante è stata riconosciuta in relazione al travisamento realizzato indossando un cappello con visiera ed un paio di occhiali scuri). Cass. pen. sez. II 13 maggio 2011 n. 18858

Nel reato di rapina la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la simultanea presenza nota alla vittima di non meno di due persone nel luogo e al momento di realizzazione della violenza o della minaccia in modo da potersi affermare che questa sia stata posta in essere da parte di ciascuno degli agenti ovvero che la mera presenza da parte di uno dei complici all’esercizio della violenza o della minaccia possa essere interpretata alla stregua di un rafforzamento della medesima. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto l’aggravante in esame in un caso di rapina tentata in cui uno dei due complici durante l’azione si era nascosto alla vista della persona offesa ed aveva poi aiutato l’autore della condotta esecutiva a darsi alla fuga). Cass. pen. sez. II 20 maggio 2019 n. 21988

L’aggravante delle più persone riunite ha natura oggettiva concernendo le modalità dell’azione e pertanto si comunica ai correi non presenti nel luogo di consumazione del reato se gli stessi erano a conoscenza del fatto che il reato sarebbe stato consumato da più persone riunite o se per colpa ignoravano tale circostanza. Cass. pen. sez. II 31 luglio 2018 n. 36926

Ricorre la circostanza aggravante della violenza o minaccia commessa da più persone riunite di cui all’art. 628 terzo comma n. 1 terza ipotesi c.p. anche se la vittima non abbia avvertito la presenza delle più persone nel luogo e al momento della commissione del fatto e non abbia quindi subito una maggiore intimidazione. (Nella specie uno dei concorrenti era rimasto all’esterno del locale teatro della rapina alla guida dell’auto che sarebbe servita alla fuga sua e dei correi). Cass. pen. sez. II 10 ottobre 2011 n. 36474

La circostanza aggravante di cui all’art. 628 comma terzo n. 1 c.p. esclude l’applicazione della circostanza aggravante comune dell’art. 112 n. 1 c.p. in forza del principio di specialità sancito dall’art. 15 c.p. Cass. pen. sez. VI 28 aprile 2010 n. 16515

La circostanza aggravante del reato concorsuale dell’essere i correi in numero pari o superiore a cinque può essere applicata cumulativamente alla circostanza aggravante speciale del reato di rapina delle più persone riunite perché non richiede a differenza di quest’ultima la presenza sulla scena criminosa di tutti i correi sanzionando la maggiore pericolosità esplicata dalla dimostrata capacità di riunione e organizzazione. Cass. pen. sez. II 18 settembre 2009 n. 36243

L’accertata induzione nel soggetto passivo dello stato di incapacità di volere o di agire al fine di sottrargli cose mobili costituisce circostanza aggravante della rapina che in tal caso è da ritenersi reato complesso costituito dalla fusione del reato di furto con quello di procurata incapacità. (Fattispecie relativa alla somministrazione di un medicinale che aveva procurato alla vittima la perdita di conoscenza). Cass. pen. sez. II 24 settembre 2018 n. 41005

La contestazione dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso” prevista dall’art. 7 d.l. 13 maggio 1991 n. 152 (conv. in legge 12 luglio 1991 n. 203) non presuppone necessariamente un’associazione di tipo mafioso costituita essendo sufficiente che la violenza o la minaccia assumano veste tipicamente mafiosa. (Fattispecie relativa a rapina ai danni di un furgone portavalori in cui l’aggravante è stata ravvisata nel tratto paramilitare usato per la commissione del delitto nella attenta pianificazione dello stesso nelle modalità brutali di realizzazione nell’impiego di uomini e mezzi nell’uso di armi con esplosione di colpi e nel compimento dell’atto in pochi minuti comprovanti una professionalità criminale propria di chi appartiene a gruppi organizzati o di chi da tali gruppi operanti nel luogo di commissione del reato sia stato autorizzato). Cass. pen. sez. II 27 agosto 2019 n. 36431

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall’art. 628 comma terzo n. 3 cod. pen. non è necessario che l’appartenenza dell’agente a un’associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva ma è sufficiente che tale accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante. Cass. pen. sez. II 2 agosto 2016 n. 33775

Per l’applicazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 628 comma terzo n. 3 c.p. è necessario che sia accertata l’appartenenza dell’agente a un’associazione di tipo mafioso ma non che via sia stata una sentenza di condanna o una formale imputazione in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p.. Cass. pen. sez. I 17 febbraio 2012 n. 6533 (c.c. 1 febbraio 2012.) .

La circostanza aggravante prevista dall’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152 convertito nella L. 12 luglio 1991 n. 203 è integrata dall’approfittamento delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p. e la modalità mafiosa della condotta prescinde dall’appartenenza mafiosa del suo autore che configura la diversa aggravante di cui all’art. 628 terzo comma n. 3 c.p.. Cass. pen. sez. II 12 gennaio 2012 n. 510

In tema di delitto di rapina la circostanza aggravante prevista dall’art. 628 comma terzo n. 3) c.p. per essere la violenza o minaccia posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di tipo mafioso può concorrere con la circostanza aggravante prevista dall’art. 7 D.L. n. 152 del 1991 che si riferisce ad ogni delitto punibile con pena diversa dall’ergastolo commesso avvalendosi del c.d. metodo mafioso ovvero al fine di agevolare l’attività di un’associazione di tipo mafioso. Cass. pen. sez. II 13 giugno 2006 n. 20228

In tema di rapina ed estorsione la circostanza aggravante di cui all’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152 convertito nella legge 12 luglio 1991 n. 203 (impiego del metodo mafioso nella commissione dei singoli reati o finalità di agevolare con il delitto posto in essere l’attività dell’associazione per delinquere di stampo mafioso) può concorrere con quella di cui agli artt. 628 comma 3 n. 3 e 629 comma 2 c.p. (violenza o minaccia poste in essere dall’appartenente a un’associazione di stampo mafioso). Cass. pen. Sezioni Unite 27 aprile 2001 n. 10

In tema di concorso di circostanze il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti su quelle aggravanti previsto dall’art. 628 comma quarto cod. pen. a seguito delle modiche introdotte dalla legge n. 251 del 2009 è formulato in modo generale ed assoluto per cui riguarda sia le circostanze attenuanti comuni sia le circostanze attenuanti generiche che le circostanze attenuanti speciali. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata in cui le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. erano state ritenute prevalenti rispetto alle aggravanti di cui all’art. 628 comma terzo cod. pen.). Cass. pen. sez. II 26 novembre 2013 n. 47030

La circostanza attenuante della riparazione del danno non può essere riconosciuta nel caso in cui il rapinatore si sia limitato ad offrire il risarcimento del danno ma non anche la restituzione della refurtiva recuperata invece dalla polizia. Cass. pen. sez. II 15 dicembre 2011 n. 46588

Non è riconoscibile la circostanza della partecipazione di minima importanza a colui che nel corso di una rapina abbia ricoperto il ruolo di “palo” e successivamente si sia posto alla guida della vettura utilizzata dai rapinatori per la fuga. Cass. pen. sez. II 15 dicembre 2011 n. 46588

In tema di circostanza attenuante del risarcimento del danno il carattere integrale dello stesso nel delitto di rapina va verificato in funzione del duplice oggetto della condotta dell’agente in relazione all’interesse leso dovendo in esso quindi ricomprendersi oltre al danno cagionato contro il patrimonio dall’azione diretta all’impossessamento della cosa anche quello fisico o morale prodotto alla incolumità personale od alla libertà individuale della persona offesa. Cass. pen. sez. II 22 febbraio 2011 n. 6479

Ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) in riferimento al delitto di rapina non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona (che non coincide necessariamente con il titolare del diritto sulla cosa sottratta) contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia atteso che il delitto de quo ha natura di reato plurioffensivo perché lede non solo il patrimonio ma anche la libertà e l’integrità sica e morale aggredite per la realizzazione del profitto; ne consegue che in applicazione della seconda parte della disposizione citata solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante; il relativo apprezzamento risolvendosi nella verica di circostanze fattuali è riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici. Cass. pen. sez. II 30 maggio 2001 n. 21872

Al fine della concessione dell’attenuante dell’integrale riparazione del danno prevista dall’art. 62 n. 6 c.p. il giudice di merito può tenere conto anche dei danni provocati a persone offese non costituite in giudizio o non identificate atteso che la materiale difficoltà di rintracciare tali persone non esonera l’agente dall’obbligo di risarcimento. (Nella specie la Corte ha confermato la sentenza di merito che in relazione ad una rapina aveva escluso l’attenuante avendo riscontrato soltanto il risarcimento del danno contro il patrimonio e non anche di quello fisico e morale cagionato alle persone sottoposte a violenza e minaccia). Cass. pen. sez. II 24 gennaio 2001 n. 702

È configurabile il delitto di rapina e non quello di violenza privata quando la persona offesa sia costretta con violenza o minaccia a consegnare un proprio bene anche per un uso meramente momentaneo e ne perda il controllo durante l’utilizzo da parte dell’agente il quale in tal modo consegue l’autonoma disponibilità della cosa. (Fattispecie in cui l’imputato non si era limitato a richiedere un passaggio alla persona offesa ma l’aveva percossa e si era impossessato del suo ciclomotore allontanandosi). Cass. pen. sez. II 17 aprile 2019 n. 16819

In tema di delitto di rapina nell’ipotesi in cui venga sottratta una cosa mobile alla presenza del possessore subito dopo che questi abbia subito un tentativo di estorsione e percosse l’estremo della minaccia come modalità dell’azione della sottrazione è “in re ipsa” senza che vi sia bisogno di un’ulteriore attività minacciosa da parte dell’agente direttamente collegata all’azione di apprensione del bene. (La S.C. in motivazione ha precisato che in tal caso deve aversi riguardo alla complessiva attività del colpevole globalmente volta alla sopraffazione del soggetto passivo il quale non può non risentire della precedente costrizione nell’assistere impotente all’apprensione della cosa di sua proprietà da parte dell’agente). Cass. pen. sez. II 11 novembre 2016 n. 47905

L’elemento distintivo del delitto di rapina da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone risiede nell’elemento soggettivo perché nel primo caso l’autore agisce al ne di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto nella consapevolezza che quanto pretende non gli spetta e non è giuridicamente azionabile mentre nell’altro agisce nella ragionevole opinione di esercitare un diritto con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli competa. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per il delitto di rapina pronunciata nei confronti di imputato che vantando un credito riconducibile ad una cessione di stupefacenti era entrato in casa dei genitori del cessionario e aggredito il padre di quest’ultimo gli aveva strappato di dosso la catenina d’oro). Cass. pen. sez. VI 3 giugno 2015 n. 23678

Il rinvio operato dal secondo comma dell’art. 629 c.p. all’ultimo comma dell’art. 628 c.p. quanto alle circostanze aggravanti applicabili al delitto di estorsione deve qualificarsi di natura formale o dinamica e deve intendersi riferito dopo le modiche apportate dalla legge n. 94 del 15 luglio 2009 all’attuale terzo comma della disposizione normativa prevista per il delitto di rapina. (In motivazione la Corte ha precisato che le esigenze di mantenimento della coerenza del sistema repressivo alle quali è funzionale lo strumento del rinvio formale o dinamico impongono l’adeguamento della disposizione del comma secondo dell’art. 629 c.p. ed il riferimento all’attuale terzo comma dell’art. 628 c.p. norma alla quale “puntava” il testo precedente alla riforma del 2009). Cass. pen. sez. V 22 gennaio 2014 n. 2907

Il criterio differenziale tra il delitto di rapina mediante minaccia e quello di truffa aggravata dall’ingenerato timore di un pericolo immaginario consiste nel diverso modo in cui viene prospettato il danno; in particolare si ha truffa aggravata quando il danno viene prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dall’agente di modo che la persona offesa non è coartata nella sua volontà ma si determina all’azione od omissione versando in stato di errore; viceversa ricorre il delitto di rapina mediante minaccia quando il danno viene prospettato come certo e sicuro ad opera del reo o di altri ad esso collegati di modo che l’offeso è posto nella alternativa ineluttabile di subire lo spossessamento voluto o di incorrere nel danno minacciato. Cass. pen. sez. II 23 dicembre 2013 n. 51732

In tema di rapina impropria quando la violenza esercitata immediatamente dopo la sottrazione abbia cagionato lesioni personali tale autonomo reato concorre con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico tra i due reati non incompatibile con l’elemento soggettivo del delitto di rapina. Cass. pen. sez. II 13 ottobre 2011 n. 36901

Ai fini della sussistenza del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (in luogo di quello di estorsione) occorre che l’agente sia soggettivamente – pur se erroneamente – convinto dell’esistenza del proprio diritto e che detto diritto riceva astrattamente tutela giurisdizionale. (Fattispecie nella quale è stata esclusa l’azionabilità in sede giurisdizionale della pretesa dell’imputato di ottenere la restituzione delle somme di denaro elargite ad una donna alla quale in passato era stato sentimentalmente legato). Cass. pen. sez. II 29 marzo 2010 n. 12329

Quando la violenza esercitata per assicurarsi il possesso della cosa oggetto del reato di rapina o l’impunità nei confronti di un pubblico ufficiale al fine di opporsi mentre compie un atto dell’ufficio eccede il fatto di percosse e volontariamente provoca lesioni personali si determina il concorso tra i delitti di rapina e resistenza e quello di lesioni e per quest’ultimo sussiste l’aggravante della connessione teleologica a nulla rilevando che reato mezzo e reato fine siano integrati dalla stessa condotta materiale. Cass. pen. sez. II 18 luglio 2005 n. 26435

È configurabile il tentativo di rapina impropria e non il concorso nel delitto di tentato furto con quello di violenza a pubblico ufficiale e lesioni nel fatto di chi colto in flagranza a scardinare senza riuscirvi la serranda di un negozio da un carabiniere lanci un martello al suo indirizzo e lo colpisca ripetutamente con calci e pugni in modo da procurargli lesioni personali. Cass. pen. sez. II 23 dicembre 2003 n. 49213

La privazione della libertà personale costituisce ipotesi aggravata del delitto di rapina (e rimane in essa assorbita) solo quando la stessa si trovi in rapporto funzionale con la esecuzione della rapina medesima mentre nell’ipotesi in cui la privazione della libertà non abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina ma ne preceda o ne segua l’attuazione in ogni caso protraendosi oltre il suddetto limite temporale il reato di sequestro di persona concorre con quello di rapina. Cass. pen. sez. II 14 luglio 2003 n. 29445

Il delitto di sequestro di persona (art. 605 c.p.) concorre con quello di rapina (art. 628 c.p.) allorché gli esecutori di tale ultimo reato all’unico fine di potersi allontanare più agevolmente dal luogo del delitto privano taluno della libertà di locomozione. Cass. pen. sez. I 20 luglio 2001 n. 29432

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