Art. 61 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Circostanze aggravanti comuni

Articolo 61 - codice penale

Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti (70, 111, 112, 113, 118, 576, 577, 578, 579, 592):
1) l’avere agito per motivi abbietti o futili;
2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato (170);
3) l’avere, nei delitti colposi (43), agito nonostante la previsione dell’evento;
4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;
5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (1);
6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato (576; 296 c.p.p.);
7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio (624 ss.; 1135 ss. c.n.), o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
9) l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;
10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale (357) o una persona incaricata di un pubblico servizio (358), o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;
11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d’ufficio, di prestazione di opera, di coabitazione, o di ospitalità;
11 bis) l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale (2) (3);
11 ter) l’aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione (4).
11 quater) l’avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere (5).
11 quinquies) l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale e contro la libertà personale, (6) commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza (7);
11 sexies) l’avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, ovvero presso strutture socio-educative (8).
11 septies) l’avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni (9)
11-octies) l’avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività. (10)

Articolo 61 - Codice Penale

Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti (70, 111, 112, 113, 118, 576, 577, 578, 579, 592):
1) l’avere agito per motivi abbietti o futili;
2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato (170);
3) l’avere, nei delitti colposi (43), agito nonostante la previsione dell’evento;
4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;
5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (1);
6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato (576; 296 c.p.p.);
7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio (624 ss.; 1135 ss. c.n.), o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
9) l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;
10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale (357) o una persona incaricata di un pubblico servizio (358), o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;
11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d’ufficio, di prestazione di opera, di coabitazione, o di ospitalità;
11 bis) l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale (2) (3);
11 ter) l’aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione (4).
11 quater) l’avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere (5).
11 quinquies) l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale e contro la libertà personale, (6) commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza (7);
11 sexies) l’avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, ovvero presso strutture socio-educative (8).
11 septies) l’avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni (9)
11-octies) l’avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività. (10)

Note

(1) Questo numero è stato così sostituito dall’art. 1, comma 7, della l. 15 luglio 2009, n. 94.
(2) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. f), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza n. 249 dell’8 luglio 2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo numero.
(4) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 3, comma 20, della L. 15 luglio 2009, n. 94.
(5) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 3 della L. 26 novembre 2010, n. 199.
(6) Le parole: «, contro la libertà personale nonché nel delitto di cui all’articolo 572,» sono state così sostituite dalle attuali: «e contro la libertà personale,» dall’art. 9, comma 1, della L. 19 luglio 2019, n. 69.
(7) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 1, comma 1, del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, nella L. 15 ottobre 2013, n. 119.
(8) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 14 della L. 11 gennaio 2018, n. 3.
(9) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 16, comma 1, lett. a), del D.L. 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, nella L. 8 agosto 2019, n. 77, a decorrere dal 10 agosto 2019.
(10) Il presente numero è stato aggiunto dall’art. 5, L. 14.08.2020, n. 113 con decorrenza dal 24.09.2020.

Massime

Ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5 cod. pen., è irrilevante la reazione del soggetto passivo che, riguardando una situazione occasionale e successiva, non esclude la maggiore offensività della condotta derivante dal solo fatto della ricorrenza in concreto delle condizioni oggettive utili a facilitare l’azione criminosa. (In applicazione del principio, la Corte ha confermato la sussistenza di tale aggravante in una fattispecie di rapina in cui la vittima, una donna in compagnia di due bambini piccoli, aveva fattivamente reagito all’azione dell’imputato anche grazie all’intervento di terze persone). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 28322 del 12 ottobre 2020 (Cass. pen. n. 28322/2020)

Il delitto di lesioni personali, commesso per eseguire il delitto di rapina, è procedibile d’ufficio e non a querela di parte, ricorrendo l’aggravante del nesso teleologico ai sensi del combinato disposto degli artt. 585, 576, primo comma, n. 1 e 61, primo comma, n. 2, cod. pen. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 22081 del 23 luglio 2020 (Cass. pen. n. 22081/2020)

Agli effetti dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 11 cod. pen., la relazione di prestazione d’opera corrisponde ad un concetto più ampio di quello di locazione d’opera a norma della legge civile e comprende ogni specie di attività, materiale ed intellettuale, che abbia dato luogo a quell’affidamento nel corso del quale si è verificata la condotta criminosa.(Fattispecie in cui è stata ritenuta la sussistenza dell’aggravante con riferimento ad un “broker” assicurativo, autorizzato all’incasso, che si era appropriato dei premi riscossi per conto delle agenzie). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 39396 del 26 settembre 2019 (Cass. pen. n. 39396/2019)

L’esclusione della circostanza aggravante dei futili motivi non comporta automaticamente il riconoscimento dell’attenuante della provocazione, giacché il riconoscimento della serietà del movente sotteso alla condotta dell’agente in rapporto al comportamento oppositivo della vittima non equivale di per sé a qualificare quest’ultimo come ingiusto dal punto di vista giuridico o sociale, né a far ritenere proporzionata la reazione aggressiva dell’agente per vincerlo. (Fattispecie in tema di omicidio perpetrato dal gestore di un locale ai danni di un giovane, solito sostarvi dinanzi svolgendo attività di disturbo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 30707 del 12 luglio 2019 (Cass. pen. n. 30707/2019)

È configurabile la circostanza aggravante della connessione teleologica tra il reato di violenza sessuale e quello di lesioni personali, commesse contestualmente e in funzione strumentale alla prosecuzione e conclusione del primo, distinguendosi nettamente il reato di lesioni da quello di violenza per modalità esecutive e per interesse tutelato.(In motivazione, la Corte ha precisato che la sussistenza della suddetta aggravante esige infatti che le azioni esecutive dei due diversi reati posti in relazione siano tra loro distinte). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 25328 del 7 giugno 2019 (Cass. pen. n. 25328/2019)

L’aggravante della minorata difesa si fonda su una valutazione in concreto delle condizioni che hanno consentito di facilitare l’azione criminosa non rilevando l’idoneità astratta di una situazione, quale il tempo di notte.(Nella fattispecie la Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato ritenendo sussistere l’aggravante in relazione a un furto di rame accatastato nel giardino di una abitazione sita in zona isolata e poco illuminata, raggiungibile solo tramite strada sterrata, non rilevando invece in senso contrario il fatto che vi fosse a breve distanza dalla casa una stazione dei carabinieri). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 53409 del 28 novembre 2018 (Cass. pen. n. 53409/2018)

L’elemento distintivo tra il delitto di peculato e quello di truffa aggravata, ai sensi dell’art. 61 n. 9, cod. pen., va individuato con riferimento alle modalità del possesso del denaro o di altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione, ricorrendo la prima figura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio se ne appropri avendone già il possesso o comunque la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, e ravvisandosi invece la seconda ipotesi quando il soggetto attivo, non avendo tale possesso, se lo procuri fraudolentemente, facendo ricorso ad artifici o raggiri per appropriarsi del bene. (Nella specie la Corte ha ritenuto integrato il delitto di truffa aggravata nei confronti di un’impiegata di un ufficio postale che aveva conseguito il possesso di polizze vita, cedole, libretti di risparmi ed altri titoli facendosi rilasciare deleghe e firmare ricevute dagli utenti). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 46799 del 15 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 46799/2018)

La circostanza aggravante dell’essere stato il delitto commesso alla presenza del minore, nelle ipotesi previste dall’art. 61 n. 11-quinquies cod. pen., è configurabile tutte le volte in cui il minore degli anni diciotto percepisca la commissione del reato, anche quando la sua presenza non sia visibile all’autore dello stesso, sempre che questi ne abbia la consapevolezza ovvero avrebbe dovuto averla usando l’ordinaria diligenza. (Fattispecie relativa a delitto di omicidio, in cui è stata ritenuta sussistente l’aggravante, in considerazione dell’accertata presenza dei figli minori della vittima in una stanza attigua a quella in cui era stato consumato il reato, nonché dell’effettiva percezione del fatto da parte dei medesimi, che avevano udito le urla della madre e ne avevano visto una parte del corpo insanguinata riversa in terra). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 44965 del 8 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 44965/2018)

In tema di truffa on-line, è configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, solo quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete.

In tema di truffa “on-line”, il luogo da considerare ai fini dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, cod. pen. è quello in cui si trova l’autore del fatto nel momento in cui attiva lo strumento informatico e non il luogo virtuale della rete. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 40045 del 6 settembre 2018 (Cass. pen. n. 40045/2018)

In tema di riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art 61, n. 1, c.p., la futilità del motivo non è esclusa dall’appartenenza o dalla vicinanza dell’autore del reato a gruppi o comunità, quali le bande giovanili sudamericane, che riconoscono come valori positivi la violenza e l’uso della forza quale forma di affermazione della personalità individuale e di manifestazione dell’appartenenza al gruppo da esercitare per il solo fatto che la vittima sia o appaia militare in formazione contrapposta, dal momento che tali concezioni e modelli comportamentali offrono occasione per dare libero corso ad impulsi brutali e prevaricatori e si pongono in contrasto con i valori fondamentali riconosciuti dall’ordinamento giuridico, che tutela in primo luogo la vita, la sicurezza e la libertà personale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 25535 del 6 giugno 2018 (Cass. pen. n. 25535/2018)

La falsa attestazione del pubblico dipendente circa la sua presenza in ufficio riportata nei cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, documenti che non hanno natura di atto pubblico, ma di mera attestazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, rendono comunque applicabile la circostanza aggravante ex art. 61 n. 9 cod. pen., poiché detta attestazione ha finalità di rilievo pubblico, al fine di rendere certo lo svolgimento della pubblica funzione da parte di coloro che ne sono preposti, a prescindere dalle mansioni concretamente svolte. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 22972 del 22 maggio 2018 (Cass. pen. n. 22972/2018)

La circostanza aggravante del nesso teleologico può comunicarsi al concorrente nel reato ex art. 110 cod. pen. qualora i motivi a delinquere dell’autore della condotta rientrino nella rappresentazione e volizione – anche sotto il profilo del dolo eventuale – del concorrente medesimo. (In motivazione, la Corte ha specificato che detta aggravante è invece incompatibile con il cd. concorso anomalo ex art. 116 cod. pen.). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 20756 del 10 maggio 2018 (Cass. pen. n. 20756/2018)

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa, se il tempo di notte, di per sé solo, non realizza automaticamente tale aggravante, con esso possono concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto congruamente motivata la sentenza impugnata che aveva riconosciuto l’aggravante in questione in relazione al reato di furto perpetrato in orario notturno all’interno di una officina, sita in zona periferica in cui non vi erano esercizi commerciali aperti). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 53570 del 27 novembre 2017 (Cass. pen. n. 53570/2017)

La circostanza aggravante dell’abuso di relazioni domestiche, prevista dall’art. 61, comma primo, n. 11 cod. pen., ha natura oggettiva ed è finalizzata a punire più gravemente i delitti commessi nell’ambito di un rapporto di coabitazione o nel contesto di una relazione derivante anche solo dall’abituale frequentazione dell’abitazione della vittima. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 41586 del 12 settembre 2017 (Cass. pen. n. 41586/2017)

È configurabile l’aggravante di cui all’art. 61, n. 9, cod. pen. in relazione alla condotta di reato commessa dal medico ospedaliero in occasione dello svolgimento dell’attività “intra moenia”, trattandosi di soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale, in virtù del regime di convenzione che lo lega all’azienda sanitaria pubblica. (Fattispecie in tema di violenza sessuale). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 36784 del 25 luglio 2017 (Cass. pen. n. 36784/2017)

Sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti “on-line”, poichè, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta. (In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale che aveva respinto l’appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta cautelare ed aveva escluso l’aggravante della minorata difesa ritenendo che l’annuncio relativo alla vendita di beni, inserito in un sito internet, costituisse una modalità della condotta, e non una circostanza di luogo, in cui la distanza accomuna entrambe le parti, che ne accettano i rischi affidandosi alla buona fede dell’interlocutore). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 17937 del 10 aprile 2017 (Cass. pen. n. 17937/2017)

Non sussiste, sul piano astratto, alcuna incompatibilità tra il vizio parziale di mente e la circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 1 cod. pen. in quanto i motivi abietti o futili non costituiscono in sé una costante e diretta estrinsecazione della infermità per la quale la capacità di intendere e di volere può risultare grandemente scemata. Il giudizio di compatibilità deve essere svolto tramite un apprezzamento della situazione sottoposta in concreto al giudice di merito. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 13515 del 20 marzo 2017 (Cass. pen. n. 13515/2017)

La circostanza aggravante dell’essere stato il delitto commesso alla presenza del minore nelle ipotesi previste dall’art. 61 n. 11 quinquies cod. pen., è configurabile tutte le volte che il minore degli anni diciotto percepisca la commissione del reato, anche quando la sua presenza non sia visibile all’autore di questo, sempre che l’agente, tuttavia, ne abbia la consapevolezza ovvero avrebbe dovuto averla usando l’ordinaria diligenza. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione della Corte di merito che aveva ritenuto sussistente l’aggravante, in considerazione della accertata presenza del minore nel soggiorno attiguo e comunicante, mediante un’ampia porta rimasta aperta, con il locale ove era avvenuto l’omicidio, nonché dall’effettiva percezione del fatto da parte del medesimo che, oltre a piangere e urlare, aveva riferito alla vicina accorsa in aiuto che il padre aveva sparato alla madre. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 12328 del 14 marzo 2017 (Cass. pen. n. 12328/2017)

Sussiste l’aggravante dell’abuso di relazioni di prestazione d’opera, di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen. nel caso di reato commesso quando l’agente non sia più alle dipendenze della persona offesa ove si accerti che l’autore del reato abbia comunque tratto profitto dalle condizioni favorevoli create dal preesistente rapporto di lavoro. (Fattispecie in tema di appropriazione indebita commessa dopo la cessazione del rapporto di agenzia). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9730 del 28 febbraio 2017 (Cass. pen. n. 9730/2017)

È configurabile l’aggravante dell’abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di un culto, non solo quando il reato sia commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero, ma anche quando la posizione ricoperta abbia facilitato il reato stesso, essendo l’incarico religioso non limitato alle funzioni strettamente connesse al culto, ma comprensivo di tutte le attività prestate al servizio della comunità comunque riconducibili al mandato. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto corretta la configurazione dell’aggravante in un caso di violenze sessuali perpetrate, in occasione di momenti ludici, nei confronti di giovani parrocchiani da parte di sacerdote, approfittando del suo ministero e della fiducia risposta dalle vittime nella sua funzione di guida spirituale ed animatore della comunità religiosa). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1949 del 17 gennaio 2017 (Cass. pen. n. 1949/2017)

La circostanza aggravante dell’avere agito con crudeltà, di cui all’art. 61, primo comma, n. 4, cod. pen., è di natura soggettiva ed è caratterizzata da una condotta eccedente rispetto alla normalità causale, che determina sofferenze aggiuntive ed esprime un atteggiamento interiore specialmente riprovevole. (Nell’affermare il principio, la S.C. ha precisato che la sussistenza di tale atteggiamento interiore deve essere accertata alla stregua delle modalità della condotta e di tutte le circostanze del caso concreto, comprese quelle afferenti alle note impulsive del dolo).

Nella circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 4, cod. pen., per “sevizie” deve intendersi una condotta studiata e specificamente finalizzata a cagionare sofferenze ulteriori e gratuite, rispetto alla “normalità causale” del delitto perpetrato; si ha invece “crudeltà” quando l’inflizione di un male aggiuntivo, che denota la spietatezza della volontà illecita manifestata dall’agente, non è frutto di una sua scelta operativa preordinata. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 40516 del 29 settembre 2016 (Cass. pen. n. 40516/2016)

La valutazione della sussistenza della circostanza aggravante della minorata difesa per approfittamento delle condizioni del soggetto passivo va operata dal giudice valorizzando situazioni che, nel singolo caso, abbiano ridotto o comunque ostacolato la capacità di difesa della parte lesa, agevolando in concreto la commissione del reato. (Fattispecie in tema di truffe commesse ai danni di giovani disoccupati nella quale la S.C. ha ritenuto non sufficiente il riferimento, operato dai giudici di merito, alla generale crisi economica ed occupazionale che investe il settore giovanile, ed alla generica aspirazione di un posto di lavoro) Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 28795 del 11 luglio 2016 (Cass. pen. n. 28795/2016)

La circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità può essere riconosciuta anche in ipotesi di delitto tentato, quando le modalità del fatto criminoso siano idonee a fornire concrete ed univoche indicazioni sull’entità del pregiudizio che si sarebbe determinato se l’azione delittuosa fosse stata portata a compimento. (Fattispecie relativa a tentata truffa). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 17424 del 27 aprile 2015 (Cass. pen. n. 17424/2015)

Le circostanze di persona che, ai sensi dell’art. 61 n. 5 cod. pen. aggravano il reato quando l’agente ne approfitti possono consistere in uno stato di debolezza fisica o psichica in cui la vittima del reato si trovi per qualsiasi motivo; ne consegue che esse devono essere conosciute dall’agente e tali da ostacolare, in relazione alla situazione fattuale concretamente esistente, la reazione dell’Autorità pubblica o delle persone offese, agevolando la commissione del reato. (Fattispecie, nella quale la Corte ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante in relazione ad una serie di truffe, connesse all’abusivo esercizio delle professioni di psicologo, psicoterapeuta e medico psichiatra, poste in essere dall’imputato in danno dei pazienti). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 13933 del 2 aprile 2015 (Cass. pen. n. 13933/2015)

Sussiste l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. nell’ipotesi in cui si verifichino delle lesioni nello esplicarsi della violenza posta in essere per commettere il reato di cui all’art. 393 cod. pen. e finalizzata a cagionare l’evento delle lesioni stesse, poiché in tal caso non si attua alcun assorbimento dell’un reato nell’altro. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la pronuncia di sentenza di condanna per il reato di lesioni personali aggravate da connessione teleologica ex art. 61 n. 2 cod. pen., nonostante la dichiarazione di estinzione, per remissione della querela, del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 13546 del 30 marzo 2015 (Cass. pen. n. 13546/2015)

In tema di minorata difesa, la circostanza aggravante di aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, a seguito della modifica normativa introdotta dalla legge n. 94 del 2009, deve essere specificamente valutata anche in riferimento all’età senile e alla debolezza fisica della persona offesa, avendo voluto il legislatore assegnare rilevanza ad una serie di situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l’agente trae consapevolmente vantaggio. (Fattispecie relativa a una rapina in cui la vittima – una donna di settantaquattro anni – che aveva accennato una reazione alle minacce dei malfattori, veniva da questi afferrata per le spalle e scaraventata a terra). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 8998 del 2 marzo 2015 (Cass. pen. n. 8998/2015)

Ai fini dell’aggravante dell’abuso di relazioni di prestazione d’opera di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen. è irrilevante che l’imputato non sia più alle dipendenze della persona offesa, qualora sia stato agevolato per la commissione del reato dalle condizioni favorevoli create dal preesistente rapporto di lavoro. (Fattispecie relativa a furto commesso in un negozio di articoli di lusso da un ex magazziniere, introdottosi nel negozio da una porta sul retro tramite un duplicato delle chiavi). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7317 del 18 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 7317/2015)

Non è configurabile l’aggravante dell’abuso di poteri e violazione di doveri pubblici, quando la condotta posta in essere dall’imputato, pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, esula da qualsiasi dimensione di servizio, e la commissione del reato non è resa possibile o comunque facilitata dall’approfittamento delle mansioni affidategli. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva escluso l’aggravante con riferimento ad un omicidio volontario commesso da un appuntato dei Carabinieri con la pistola d’ordinanza ma in contesto, di tempo e di luogo, privato). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5966 del 10 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 5966/2015)

Ai fini della integrazione della circostanza aggravante della minorata difesa, è sufficiente la coscienza e volontà dell’agente di compiere l’azione in presenza di obiettive circostanze favorevoli o agevolatrici della condotta criminosa, mentre non è necessario che l’approfittamento di tali circostanze sia sorretto da dolo specifico, o, comunque, che la situazione determinata dalle stesse sia stata ad arte ricercata o indotta. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13387 del 21 marzo 2014 (Cass. pen. n. 13387/2014)

In caso di reato continuato, valendo, in mancanza di tassative esclusioni, il principio della unitarietà, la valutazione in ordine alla sussistenza o meno dell’aggravante del danno di rilevante gravità deve essere operata con riferimento non al danno cagionato da ogni singola violazione, ma a quello complessivo causato dalla somma delle violazioni. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2201 del 20 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 2201/2014)

La circostanza aggravante dei motivi futili sussiste quando la determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito che aveva ravvisato l’aggravante in relazione ad un tentato omicidio commesso in danno di persona che aveva disatteso l’intimazione dell’imputato ad interrompere la relazione sentimentale con la propria sorella minorenne). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 59 del 2 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 59/2014)

Nel caso di reato commesso da un minore, l’aggravante di cui all’art. 61, comma primo n. 1, cod. pen. può essere riconosciuto solo quando il motivo che ha determinato la commissione del reato sia meramente pretestuoso ed espressione dell’istinto criminale e della malvagità del reo e non quando esso trovi ragione nell’irrazionalità rappresentativa dell’immaturità ed emozionalità adolescenziale. (Fattispecie in tema di omicidio commesso da un minorenne in cui la Corte, in presenza di un movente connesso alla gelosia, ha annullato con rinvio la sentenza per accertare a quale delle due situazioni andava ascritta la futilità del motivo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 48162 del 3 dicembre 2013 (Cass. pen. n. 48162/2013)

Non è configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. in relazione al reato di lesioni personali lievi commesso in attuazione della condotta propria del delitto di maltrattamenti in famiglia, atteso che il nesso teleologico necessario per la sussistenza della suddetta aggravante esige che le azioni esecutive dei due diversi reati che pone in relazione siano distinte. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 23827 del 31 maggio 2013 (Cass. pen. n. 23827/2013)

In tema di circostanze, sono estendibili ai concorrenti, e sempre che questi ne fossero consapevoli, le sole aggravanti soggettive che, oltre a non essere “inerenti alla persona del colpevole” a norma dell’art. 70, secondo comma, c.p., abbiano in qualche modo agevolato la realizzazione del reato, dovendo procedersi ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 118 c.p.. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’estensione ad un concorrente della circostanza prevista dall’art. 61, n. 6, c.p., inerente ad altro concorrente, in quanto la stessa si era rivelata assolutamente improduttiva di effetti agevolativi in ordine alla realizzazione del reato concorsuale). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 22136 del 23 maggio 2013 (Cass. pen. n. 22136/2013)

Per la configurabilità dell’aggravante di aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà è necessario che il reo agisca con la coscienza e volontà di infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive rispetto al normale processo di causazione della morte. (Fattispecie relativa ad omicidio in cui la vittima era stata cosparsa di benzina e data alle fiamme; in applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata perchè non forniva dimostrazione della consapevolezza degli imputati dell’esistenza in vita della persona aggredita nel momento in cui veniva dato fuoco al suo corpo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 19966 del 9 maggio 2013 (Cass. pen. n. 19966/2013)

La notifica all’imputato dell’ordine di esecuzione della pena è irrilevante ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 67 cod.pen., essendo a tal fine sufficiente che egli sia consapevole di essere ricercato per un precedente reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 18983 del 30 aprile 2013 (Cass. pen. n. 18983/2013)

In tema di aggravante dei motivi abietti o futili (art. 61, n. 1 c.p.), la sussistenza di tale aggravante, con particolare riguardo all’ipotesi della futilità, non può essere esclusa, quando il fatto sia stato determinato dalla gelosia, sulla sola base della ritenuta inadeguatezza di tale movente rispetto alla gravità del fatto medesimo (nella specie, tentato omicidio) posto in essere dall’agente. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 18779 del 29 aprile 2013 (Cass. pen. n. 18779/2013)

Non sussiste, sul piano astratto, alcuna incompatibilità tra il vizio parziale di mente e la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 1 c.p. in quanto i due particolari motivi (abietti o futili) non costituiscono in sé una costante e diretta estrinsecazione della infermità per la quale la capacità di intendere e di volere può risultare grandemente scemata. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudizio di compatibilità deve essere svolto tramite un apprezzamento della situazione sottoposta in concreto al giudice di merito). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 15571 del 4 aprile 2013 (Cass. pen. n. 15571/2013)

La nozione di abuso di relazione di prestazione d’opera, previsto come aggravante dall’art. 61 n. 11 c.p., si applica a tutti i rapporti giuridici che comportino l’obbligo di un “facere”, bastando che tra le parti vi sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del reato, a nulla rilevando la sussistenza di un vincolo di subordinazione o di dipendenza. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 14651 del 28 marzo 2013 8Cass. pen. n. 14651/2013)

Agli effetti della circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 7, cod. pen., l’entità del danno patrimoniale dev’essere valutata con riferimento al momento in cui il reato è stato commesso, e, pertanto, la sua diminuzione conseguente a fatti successivi (nella specie, la restituzione delle somme percepite truffaldinamente) risulta irrilevante. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3369 del 23 gennaio 2013 (Cass. pen. n. 3369/2013)

Nel caso in cui il reato di truffa venga commesso ricorrendo all’artificio della costituzione di uno studio professionale in apparenza legittimamente operante, cui i clienti si siano affidati con minorata cautela, è configurabile la circostanza aggravante dell’abuso della relazione qualificata di prestazione d’opera professionale. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 15463 del 23 aprile 2012 (Cass. pen. n. 15463/2012)

Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concretizza nella resistenza opposta al pubblico ufficiale che sta compiendo un atto del proprio ufficio, non anche gli ulteriori atti violenti che, esorbitando da tali limiti, cagionino al p.u. lesioni personali: in quest’ultima ipotesi, il reato di lesioni personali è aggravato dall’essere stato commesso in danno di un p.u., e può concorrere con quello di resistenza a p.u. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 12930 del 5 aprile 2012 (Cass. pen. n. 12930/2012)

Integra la circostanza aggravante del motivo abietto il comportamento di colui che colpisce ripetutamente con un coltello una persona solo perchè intervenuta in soccorso per ragioni di solidarietà, di una donna che in strada chiedeva aiuto nel corso di un’aggressione ai suoi danni. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5882 del 15 febbraio 2012 (Cass. pen. n. 5882/2012)

Non ricorre la circostanza aggravante dei motivi futili nel caso in cui l’agente, per un errato apprezzamento della situazione di fatto, fondato su una falsa ma ragionevole e non pretestuosa rappresentazione della realtà, ritenga di agire per un movente che non sarebbe obiettivamente futile, se l’errore non si fosse verificato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 47880 del 22 dicembre 2011 (Cass. pen. n. 47880/2011)

Sussiste la circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 11, c.p., qualora il conduttore di un immobile si appropri degli oggetti e suppellettili, costituenti corredo e mobilio, in quanto oggetto del negozio giuridico relativo alla concessione dell’uso dei beni presenti nell’immobile locato è l’obbligo di conservazione, e quindi di restituzione dei medesimi alla scadenza del contratto. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 36897 del 13 ottobre 2011 (Cass. pen. n. 36897/2011)

La circostanza aggravante di avere adoperato sevizie e di avere agito con crudeltà verso le persone ricorre quando le modalità della condotta rendono obiettivamente evidente la volontà di infliggere alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell’evento e costituiscono un “quid pluris” rispetto all’attività necessaria ai fini della consumazione del reato, rendendo la condotta stessa particolarmente riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima con un’azione efferata, rivelatrice di un’indole malvagia e priva del più elementare senso d’umana pietà. (Nel caso di specie, la condotta si era concretizzata nell’avere denudato la vittima già priva di sensi e nell’averla poi schiacciata, passandovi sopra due volte con l’autovettura).Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 30285 del 29 luglio 2011 (Cass. pen. n. 30285/2011)

La circostanza aggravante dell’abuso della relazione di prestazione d’opera ricorre pur quando il fatto sia commesso abusando della relazione fiduciaria instauratasi con la vittima, nell’ambito di un mandato di fatto che sia stato soltanto occasionato dall’esercizio dell’attività professionale del soggetto agente. (Fattispecie in cui l’autore del fatto, dipendente della banca presso la quale la persona offesa era titolare di conti correnti, aveva instaurato con la stessa persona offesa stretti rapporti fiduciari, sì che questa gli aveva affidato aspetti inerenti all’amministrazione del suo patrimonio). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 24093 del 16 giugno 2011 (Cass. pen. n. 24093/2011)

La circostanza aggravante dell’essere il fatto commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio è configurabile nel caso di reato ascrivibile a un dipendente dell’amministrazione finanziaria con mansione di addetto allo sportello, la cui attività infatti, non si esaurisce in incarichi meramente manuali o d’ordine, poiché le funzione svolte implicano conoscenza di regolamenti propri dell’amministrazione di appartenenza e costituiscono, quindi, complemento ed integrazione delle funzioni pubbliche proprie dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie relativa a contestazione di truffa ascritta ad operatore tributario con mansioni di sportello a contatto con il pubblico, consistita nell’aver incontrato all’interno degli uffici persone che, indotte in errore circa la possibilità di ottenere in locazione a prezzi vantaggiosi immobili che lo Stato stava dismettendo, avevano versato in suo favore somme di denaro). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 20039 del 20 maggio 2011 (Cass. pen. n. 20039/2011)

Non è configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p. in relazione al reato di lesioni personali lievi commesso in attuazione della condotta propria del delitto di maltrattamenti in famiglia, atteso che il nesso teleologico necessario per la sussistenza della suddetta aggravante esige che le azioni esecutive dei due diversi reati che pone in relazione siano distinte. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 19700 del 19 maggio 2011 (Cass. pen. n. 19700/2011)

La circostanza aggravante dell’aver agito con crudeltà e sevizie, implicando l’intenzionalità della condotta, non è estensibile al concorrente “anomalo” nel reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9883 del 11 marzo 2011 (Cass. pen. n. 9883/2011)

La circostanza aggravante del nesso teleologico (art. 61, n. 2, c.p.) non è configurabile in relazione al reato di lesioni personali che sia stato commesso – unitamente ad altri fatti lesivi dell’integrità fisica e morale del soggetto passivo – in esecuzione della condotta propria del delitto di maltrattamenti in famiglia, atteso che il riconoscimento della suddetta aggravante presuppone che le azioni costitutive dei due diversi reati siano oggettivamente distinte. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8892 del 7 marzo 2011 (Cass. pen. n. 8892/2011)

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa (art. 61, comma primo, n. 5 c.p.), se il tempo di notte, di per sé solo, non realizza automaticamente tale aggravante, con esso possono concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3598 del 1 febbraio 2011 (Cass. pen. n. 3598/2011)

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante dell’abuso di prestazione d’opera, prevista dall’art. 61 n. 11 c.p., la prestazione di servizio, alla cui base sia riscontrabile un rapporto di fiducia tra le parti, non può costituire l’oggetto materiale del delitto, ma deve essere allo stesso preesistente e tale da agevolarne la commissione. (Fattispecie in cui la S.C. ha rigettato il ricorso, osservando che il contratto di servizi sottoscritto dalle parti aveva costituito l’oggetto del delitto di truffa, in quanto concluso per effetto dei raggiri accertati nel giudizio di merito). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 43729 del 10 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 43729/2010)

A seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 61, n. 11 bis, c.p., introdotto dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, che ha previsto la nuova circostanza aggravante della commissione del fatto da parte di una persona che illegalmente si trovi sul territorio nazionale (Corte cost., n. 249/2010), l’imputato ha interesse a far valere, ai sensi dell’art. 2, comma quarto, c.p., la sopravvenuta illegittimità parziale della contestazione in conseguenza dell’effetto abolitivo prodotto dalla su citata pronuncia, quando la valutazione dell’ipotesi circostanziale abbia influito sulla determinazione del trattamento sanzionatorio. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato senza rinvio una sentenza di patteggiamento, in cui la pena base è stata calcolata all’esito di un giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche alla contestata aggravante). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 40836 del 18 novembre 2010 (Cass. pen. n. 40836/2010)

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa, l’età avanzata della vittima del reato, a seguito delle modificazioni legislative introdotte dalla L. n. 94 del 2009, è rilevante nel senso che impone al giudice di verificare, allorché il reato sia commesso in danno di persona anziana, se la condotta criminosa posta in essere sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o incapacità di orientarsi da parte della vittima nella comprensione degli eventi secondo criteri di normalità. (Fattispecie in tema misura cautelare disposta per truffa consumata, con le medesime modalità, in danno di numerose persone, tutte di età compresa tra i sessantaquattro e gli ottantaquattro anni). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 35997 del 7 ottobre 2010 (Cass. pen. n. 35997/2010)

La circostanza aggravante di abuso di relazioni di prestazione d’opera non richiede che il rapporto intercorra direttamente e formalmente tra l’autore del fatto e la persona offesa, essendo sufficiente che esso si sia svolto con la partecipazione dell’agente che abbia diretto a proprio illecito vantaggio la relazione, abusando della relativa posizione. (Fattispecie in tema di truffa, nella quale un commercialista, che operava per l’amministrazione di una società legata da un contratto di opera professionale ad un’altra, si era appropriato di una somma spettante ai soci, falsificando la firma di uno di essi sui giustificativi bancari). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 35353 del 30 settembre 2010 (Cass. pen. n. 35353/2010)

Integra la circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 11 c.p., in quanto ricompreso nella nozione di abuso di relazioni domestiche, il rapporto di abituale frequentazione dell’abitazione della vittima da parte del reo. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 27044 del 13 luglio 2010 (Cass. pen. n. 27044/2010)

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 11- bis, c.p. (ossia, ” l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale”), introdotta dall’art. 1, comma primo, lett. f), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, conv. nella L. 24 luglio 2008, n. 125, è irrilevante l’annullamento per vizi formali del decreto prefettizio di espulsione, intervenuto in epoca antecedente alla contestazione dell’addebito. (Fattispecie relativa al reato di false dichiarazioni ad un pubblico ufficiale). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 24011 del 23 giugno 2010 (Cass. pen. n. 16952/2010)

Sussiste la circostanza aggravante del nesso teleologico (art. 61, comma primo, n. 2 c.p.) nel caso in cui sia provocata una lesione per procurarsi l’impunità a seguito del tentativo di impossessamento di cosa mobile altrui. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto non configurabile il tentativo di rapina impropria a causa del mancato impossessamento della cosa con conseguente riqualificazione del fatto come tentato furto seguito da lesione). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 16952 del 4 maggio 2010 (Cass. pen. n. 14837/2010)

La circostanza aggravante comune prevista dall’art. 61, n. 11 c.p. è compatibile con il reato di violenza sessuale in quanto la condotta di abuso di autorità, contemplata dall’art. 609 bis c.p., non è ricompresa nella predetta aggravante. (Fattispecie di violenza sessuale commessa da un medico ai danni di una paziente, in cui la Corte ha disatteso la tesi difensiva della violazione del “ne bis in idem” sostanziale, ritenendo corretta la configurabilità dell’aggravante per aver il reo approfittato della fiducia della vittima in virtù del rapporto professionale che li legava). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 14837 del 16 aprile 2010 (Cass. pen. n. 6587/2010)

Non sussiste alcuna incompatibilità tra la circostanza aggravante prevista dall’art. 61 n. 11 c.p. (abuso di autorità o di particolari relazioni) e quella specifica di cui all’art. 577 n. 1 dello stesso codice (abuso del rapporto di paternità), dati il diverso fondamento oggettivo e la diversa “ratio” che caratterizzano le due fattispecie circostanziali in questione, la prima avente natura oggettiva e consistente in una relazione di fatto tra l’imputato e la parte offesa che agevola la commissione del delitto, la seconda avente natura soggettiva ed incentrata esclusivamente sul legame genitoriale preso in considerazione di per sé e al di fuori di altre condizioni quali la coabitazione e l’ospitalità.

Ricorre la circostanza aggravante del motivo abietto in relazione all’omicidio originato da un patologico e distorto rapporto di possesso parentale del padre nei confronti della figlia, la quale non sottostava ai suoi voleri, rivendicava margini di autonomia, e teneva un comportamento difforme rispetto agli usi e costumi della sua famiglia. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6587 del 18 febbraio 2010

La circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 10, c.p. non è configurabile se il fatto è commesso in danno di un agente assicurativo, poiché la L. n. 990 del 1969 non ha modificato la natura giuridica delle compagnie di assicurazione, che resta eminentemente commerciale, anche se ad uno dei rami in cui tale attività si esplica (assicurazione della responsabilità civile connessa alla circolazione dei veicoli a motore) è collegato un interesse di carattere generale. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 39301 del 9 ottobre 2009 (Cass. pen. n. 39301/2009)

Ricorre la circostanza aggravante della minorata difesa nel caso di commissione di un furto, in tempo di notte, nel fondo di proprietà altrui. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34354 del 4 settembre 2009 (Cass. pen. n. 34354/2009)

Il dolo d’impeto è compatibile con la circostanza aggravante del nesso teleologico in quanto la risposta immediata o quasi immediata, in cui si concreta il primo non collide con una connessa e coeva ulteriore (e contestuale) intenzionalità. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 31583 del 30 luglio 2009 (Cass. pen. n. 31583/2009)

L’aggravante del nesso teleologico (art. 61 n. 2 c.p.) è compatibile con il dolo d’impeto, in quanto l’ideazione e l’esecuzione del reato mezzo e del reato fine possono coincidere, mantenendo il collegamento strumentale e funzionale tra i due fatti-reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 26702 del 1 luglio 2009 (Cass. pen. n. 26702/2009)

Il cosiddetto dolo d’impeto è compatibile con la circostanza aggravante dei motivi abietti e futili. (Fattispecie in tema di omicidio volontario). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24894 del 16 giugno 2009 (Cass. pen. n. 24894/2009)

Non ricorre la circostanza aggravante del motivo abietto in relazione all’omicidio commesso da un omosessuale in danno di un soggetto del quale egli si era innamorato, venendone respinto. Deve infatti escludersi che il concetto di “abietto” possa riferirsi ai sentimenti di affetto e di amore propri di ogni essere umano, sia esso omosessuale ovvero eterosessuale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 16968 del 22 aprile 2009 (Cass. pen. n. 16968/2009)

Ricorre, per la spregevolezza del fatto secondo il comune sentire, la circostanza aggravante del motivo abietto in relazione all’omicidio commesso, su ordine del capo di un gruppo mafioso, in danno di chi abbia intrapreso una relazione sentimentale con una donna già a lui legata da analogo rapporto, per mero spirito punitivo, dettato da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della donna stessa, rifiutatasi di soggiacere alla sua volontà, e per la conseguente perdita sia del dominio fino ad allora esercitato su di lei, sia del prestigio criminale. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 337 del 9 gennaio 2009 (Cass. pen. n. 337/2009)

La circostanza aggravante dell’aver profittato di circostanze tali da ostacolare la privata difesa ha carattere oggettivo ed è compatibile con il dolo d’impeto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 48108 del 24 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 48108/2008)

Per la configurabilità della circostanza aggravante dei motivi abietti o futili occorre che il movente del reato sia identificato con certezza, non potendo l’ambiguità probatoria sul punto ritorcersi in danno dell’imputato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 45326 del 5 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 45326/2008)

In tema di minorata difesa, l’età non può di per sè costituire condizione autosufficiente ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p., dovendo essere accompagnata da fenomeni di decadimento o di indebolimento delle facoltà mentali o da ulteriori condizioni personali, quali il basso livello culturale del soggetto passivo, che determinano un diminuito apprezzamento critico della realtà. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 39023 del 16 ottobre 2008 (Cass. pen. n. 39023/2008)

La circostanza aggravante del c.d. nesso teleologico non può trovare applicazione se il fatto oggetto della proiezione finalistica non è più previsto dalla legge come reato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 31038 del 24 luglio 2008 (Cass. pen. n. 31038/2008)

Rientra tra i provvedimenti legalmente dati per ragioni di giustizia e di sicurezza pubblica, la cui inosservanza integra il reato previsto dall’art. 650 c.p., anche l’invito rivolto a un soggetto ricercato da un’autorità di polizia a recarsi presso i propri uffici per adempimenti dettati da motivi di giustizia. (Fattispecie relativa alla notifica di atti giudiziari ). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 20308 del 21 maggio 2008 (Cass. pen. n. 20308/2008)

L’aggravante di cui all’art. 61, n. 10 c.p. (l’aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale) non è configurabile il relazione al delitto di lesioni personali volontarie commesso in concorso con il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, atteso che il fatto in cui si sostanzia l’aggravante è elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 337 c.p. Ne consegue che la medesima condotta non può essere posta a carico dell’imputato come integrativa sia del citato reato sia della circostanza aggravante. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 19669 del 16 maggio 2008 (Cass. pen. n. 19669/2008)

La circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 11 c.p. (sub specie dell’approfittamento della relazione domestica) è configurabile anche nel caso di presenza non momentanea dell’agente nel medesimo luogo idoneo allo svolgimento della vita privata, in quanto il concetto di «coabitazione» non si esaurisce in quello di «convivenza». (Fattispecie nella quale è stata ritenuta configurabile l’aggravante dell’abuso di relazioni domestiche nei confronti di un uomo, convivente della madre dei minori abusati, il quale aveva approfittato di tale situazione ponendo in essere atti lesivi della loro sfera sessuale). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6433 del 11 febbraio 2008 (Cass. pen. n. 6433/2008)

Allorché sia stata contestata la circostanza aggravante dei motivi abietti, con la precisazione che questi sono consistiti nel fatto di avere agito al fine di agevolare l’attività di un sodalizio mafioso, si ha piena identificazione dell’aggravante comune con quella ad effetto speciale prevista dall’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito nella L. 12 luglio 1991 n. 203 e quest’ultima assorbe in sé la prima. (Nella specie, concernente l’applicazione dell’indulto elargito con L. n. 241 del 2006, interdetta per le pene inflitte in relazione a reati aggravati ai sensi della L. n. 203 del 1991, la Corte ha ritenuto corretta l’esclusione del condono con riferimento a contestazione di fatto commesso dall’istante per il beneficio per motivi abietti, al fine di mantenere il prestigio dell’organizzazione mafiosa di cui faceva parte). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1797 del 14 gennaio 2008 (Cass. pen. n. 1797/2008)

In applicazione del principio di specialità, l’aggravante teleologica di cui all’art. 61 n. 2 c.p., di natura soggettiva in quanto applicabile a carico di chi commette un delitto allo scopo di realizzare un ulteriore delitto, o di occultarlo, o di assicurarsene il profitto o l’impunità, viene assorbita nel delitto di rapina impropria, laddove la volontà del soggetto di assicurarsi con violenza sulla persona il prodotto del bene sottratto o l’impunità è stata assunta come elemento costitutivo. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che non potesse essere nuovamente valutata come aggravante teleologica di un delitto di omicidio volontario, la finalità di assicurarsi il prodotto del delitto con violenza, costituente il dolo specifico del riconosciuto delitto di rapina impropria). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 42371 del 28 dicembre 2006 (Cass. pen. n. 42371/2006)

Deve escludersi la sussistenza dell’aggravante dei motivi abietti nel caso in cui il reato di lesioni o maltrattamenti sia compiuto per ragioni di pura gelosia che, collegata ad un sia pure abnorme desiderio di vita in comune, non è, da sola, espressione di spirito punitivo nei confronti della vittima né manifestazione di intolleranza alla insubordinazione di questa, considerata come propria appartenenza. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 35368 del 23 ottobre 2006 (Cass. pen. n. 35368/2006)

La circostanza aggravante di aver adoperato sevizie o di aver agito con crudeltà verso la persona ricorre quando le modalità della condotta esecutiva di un delitto rendono evidente la volontà di infliggere alla vittima un patimento ulteriore rispetto al mezzo che sarebbe nel caso concreto sufficiente ad eseguire il reato, rivelando in tal modo, per la loro superfluità rispetto al processo causale, una particolare malvagità del soggetto agente. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha annullato la decisione di merito nella quale era stata ritenuta sussistente l’aggravante in questione in un caso di omicidio volontario, in conseguenza dell’agonia inflitta alla vittima per le modalità esecutive del delitto e della mancanza di ogni senso di umanità dimostrata dagli autori, ma senza tenere conto che, attesa la situazione di fatto, tale condotta non era «gratuita» ossia non rappresentava un «quid pluris» rispetto all’esplicazione dell’attività necessaria per portare a compimento il proposito criminoso e per vincere la resistenza della vittima, di corporatura e prestanza fisica di gran lunga superiore a quella di ciascuno dei due esecutori). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 32006 del 28 settembre 2006 (Cass. pen. n. 32006/2006)

Ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. non è necessario che il rapporto di prestazione d’opera intercorra direttamente tra l’autore del fatto e il soggetto passivo del reato, ma è sufficiente che il colpevole se ne sia avvalso per commettere il fatto. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 19572 del 7 giugno 2006 (Cass. pen. n. 19572/2006)

Sussiste l’aggravante dell’aver agito con crudeltà e sevizie nella condotta di chi infierisce lungamente e rabbiosamente sulla vittima fino a massacrarla, con una condotta che eccede i limiti della normalità causale, essendo irrilevante che la vittima abbia potuto o meno percepire l’afflittività di tutti gli atti di crudeltà. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 16473 del 12 maggio 2006 (Cass. pen. n. 16473/2006)

In tema di circostanze aggravanti comuni, per motivo abietto si intende quello turpe, ignobile, che rivela nell’agente un grado tale di perversità da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità, nonché quello spregevole o vile, che provoca ripulsione ed è ingiustificabile per l’abnormità di fronte al sentimento umano. (Nella specie si è ritenuta sussistente l’aggravante con riferimento a un omicidio determinato dal proposito di vendetta dell’autore per le molestie sessuali subite dalla sorella ad opera della vittima, nonché dal fine di affermazione del prestigio criminale e della capacità di sopraffazione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5448 del 13 febbraio 2006 (Cass. pen. n. 5448/2006)

Agli effetti dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p., la relazione di prestazione d’opera corrisponde ad un concetto più ampio di quello di locazione d’opera a norma della legge civile e comprende ogni specie di attività, materiale ed intellettuale, che abbia dato luogo a quell’affidamento nel corso del quale si è verificata la condotta criminosa. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la sussistenza della citata aggravante in relazione ad appropriazione indebita di somme di danaro realizzata dal conduttore di un immobile locatogli dalla parte offesa). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 5257 del 10 febbraio 2006 (Cass. pen. n. 26435/2005)

Quando la violenza esercitata, per assicurarsi il possesso della cosa oggetto del reato di rapina o l’impunità, nei confronti di un pubblico ufficiale, al fine di opporsi mentre compie un atto dell’ufficio, eccede il fatto di percosse e volontariamente provoca lesioni personali, si determina il concorso tra i delitti di rapina e resistenza e quello di lesioni, e per quest’ultimo sussiste l’aggravante della connessione teleologica, a nulla rilevando che reato mezzo e reato fine siano integrati dalla stessa condotta materiale. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 26435 del 18 luglio 2005 (Cass. pen. n. 26435/2005)

In tema di circostanze aggravanti comuni, ai fini della contestazione dell’ipotesi di cui all’art. 61, n. 7 c.p. (l’avere cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità) non è sufficiente la mera indicazione nel capo d’imputazione (nella fattispecie, reato di truffa) dell’importo della somma sottratta alla persona offesa, ma è necessario, ai fini della corretta formulazione dell’addebito, che sia esplicitata la valutazione circa la rilevante gravità del danno, così da consentire l’esercizio del connesso diritto di difesa. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 29 del 3 gennaio 2005 (Cass. pen. n. 29/2005)

In tema di circostanze aggravanti comuni, in relazione all’ipotesi di cui all’art. 61, n.11 c.p., il termine «ufficio» cui fa riferimento la disposizione, va inteso tanto nel suo senso soggettivo, come esercizio di mansioni da parte dell’agente, quanto in senso oggettivo, come luogo in cui le stesse sono svolte. Ne consegue che le relazioni di ufficio possono consistere anche in rapporti di mero fatto, indipendentemente dalla qualificazione giuridica degli stessi. (Nella fattispecie, relativa al reato di appropriazione indebita, la Corte ha riconosciuto la sussistenza dell’aggravante nonostante l’imputata, all’inizio, avesse frequentato l’ufficio del datore di lavoro in ragione di una relazione sentimentale, in seguito trasformatasi in stretta collaborazione di lavoro). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 44868 del 18 novembre 2004 (Cass. pen. n. 44868/2004)

Sussiste la circostanza aggravante dell’avere agito per un motivo abietto (art. 61, n. 1, c.p.) relativamente ad un reato commesso, in un contesto di criminalità organizzata, al fine di conseguire il controllo incontrastato su una determinata porzione di territorio e di incrementarne lo sfruttamento attraverso ulteriori attività delittuose di tipo mafioso. (Fattispecie relativa ad omicidio in danno di soggetto che aveva tenuto comportamenti non conformi alle regole dell’organizzazione criminale). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 44624 del 17 novembre 2004 (Cass. pen. n. 44624/2004)

In caso di concorso di reati, la dichiarazione di estinzione di uno di essi per prescrizione non preclude al giudice la possibilità di esaminare i fatti ritenuti costitutivi del reato prescritto ai fini della dichiarazione di responsabilità per gli altri, a nulla rilevando la mancata contestazione della circostanza aggravante del nesso teleologico tra essi. (Nella specie è stato ritenuto corretto l’operato del giudice di merito che, dichiarato prescritto il reato di corruzione, aveva utilizzato, ai fini della dichiarazione di responsabilità per il reato di falso in atto pubblico, l’accertata dazione di danaro, in relazione a una vicenda di corruzione propria susseguente di un funzionario dell’ufficio della motorizzazione civile per l’annotazione dell’avvenuto superamento della revisione periodica, in realtà mai effettuata, sulla carta di circolazione di numerosi veicoli). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 23176 del 17 maggio 2004 (Cass. pen. n. 23176/2004)

La nozione di abuso di relazione di prestazione d’opera, previsto come aggravante dall’art. 61, n. 11 c.p., si applica a tutti i rapporti giuridici che comportino l’obbligo di un facere, bastando che tra le parti vi sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del reato, a nulla rilevando la sussistenza di un vincolo di subordinazione o di dipendenza. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 895 del 16 gennaio 2004

Alla stregua della vigente formulazione dell’art. 118 c.p., introdotta dall’art. 3 della L. 7 febbraio 1990 n. 19, deve escludersi la compatibilità tra l’aggravante del nesso teleologico di cui all’art. 61, n. 2, c.p. e il concorso anomalo di cui all’art. 116 c.p. (Nella specie, l’aggravante del nesso teleologico era stata configurata dal giudice di merito con riguardo ad un reato di rapina, nel corso della cui esecuzione era stato commesso un tentativo di omicidio, del quale il ricorrente era stato ritenuto corresponsabile a titolo di concorso anomalo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 48219 del 17 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 48219/2003)

Ai fini della contestazione di una circostanza aggravante non è indispensabile una formula specifica espressa con sua enunciazione letterale, né l’indicazione della disposizione di legge che la prevede, essendo sufficiente che, conformemente al principio di correlazione tra accusa e decisione, l’imputato sia posto nelle condizioni di espletare pienamente la propria difesa sugli elementi di fatto integranti l’aggravante. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 47863 del 15 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 47863/2003)

L’abuso di relazioni di autorità, previsto come circostanza aggravante dall’art. 61 n.11 c.p., riguarda principalmente l’autorità privata e presuppone l’esistenza di un rapporto di dipendenza tra il soggetto passivo ed il soggetto attivo del reato: ad esempio, quello intercorrente tra soggetto interdetto e tutore. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 45742 del 26 novembre 2003 (Cass. pen. n. 45742/2003)

La circostanza aggravante dell’abuso di ufficio o della prestazione d’opera, prevista all’art. 61 n. 11 c.p., non si riferisce soltanto ai rapporti derivanti dalla comune appartenenza dell’autore del fatto e del soggetto passivo ad un medesimo ufficio o dall’esistenza tra gli stessi di un rapporto di prestazione d’opera, ma si configura anche quando l’agente si avvale di tali situazioni per commettere il reato, strumentalizzando l’ufficio ricoperto o la prestazione svolta. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 42790 del 10 novembre 2003 (Cass. pen. n. 42790/2003)

La circostanza aggravante del nesso teleologico, prevista dall’art. 61 n. 2 c.p., è configurabile anche quando il reato-fine sia perseguibile a querela di parte e questa non sia stata presentata, essendo irrilevante l’applicazione di una causa di improcedibilità. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36971 del 26 settembre 2003 (Cass. pen. n. 36971/2003)

L’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p. intende punire la maggiore intensità della condotta delittuosa posta in essere dall’imputato, il quale pur di pervenire alla consumazione del reato-fine non arretra nemmeno di fronte all’eventualità di commettere anche un altro reato, così dimostrando una maggiore capacità criminosa. Ne consegue che proprio tale maggiore pericolosità rende indifferente che il reato-fine sia stato solo tentato o consumato, ovvero che allo stesso debba applicarsi una causa di non punibilità o di estinzione o di improcedibilità, in quanto ciò che rileva ai fini dell’applicabilità dell’aggravante è il rapporto che lega la commissione dei due reati.  Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 32688 del 1 agosto 2003 (Cass. pen. n. 32688/2003)

Perché sia configurabile l’aggravante di cui all’art. 61, n. 4 c.p. occorre che le modalità della condotta esecutiva di un delitto, ad esempio quello di maltrattamenti, siano caratterizzate dalla volontà di infliggere un patimento, ulteriore rispetto alle ordinarie modalità esecutive del reato e che rivelino, senza inserirsi nel processo causale del reato, una particolare malvagità al soggetto agente. (Fattispecie in materia di maltrattamenti concretizzantesi in violenze di ogni genere quali insulti, minacce con armi, percosse con schiaffi, pugni e calci inflitti alla moglie anche quando era in stato interessante, e consistenti anche nel farle sbattere la testa contro l’asfalto ed il parabrezza dell’auto). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15098 del 31 marzo 2003 (Cass. pen. n. 15098/2003)

L’aggravante del nesso teleologico, prevista dall’art. 61 n. 2 c.p., può essere ritenuta, in applicazione dell’art. 2, comma 2, c.p.p., anche se il reato fine viene giudicato separatamente. (Fattispecie relativa al delitto di falso, per aver circolato con targa sostituita allo scopo di impedire l’accertamento del furto della vettura, reato giudicato separatamente.). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 12707 del 18 marzo 2003 (Cass. pen. n. 12707/2003)

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante comune consistente nell’avere agito con crudeltà verso le persone, non è necessario che l’azione del colpevole sia diretta contro la vittima, essendo sufficiente che essa sia indirizzata verso una o più persone, anche diverse dalla vittima, purché si concreti in un quid pluris rispetto all’esplicazione ordinaria dell’attività necessaria per la consumazione del reato, in quanto proprio la gratuità dei patimenti cagionati rende particolarmente riprovevole la condotta del reo, rivelandone l’indole malvagia e l’insensibilità a ogni richiamo umanitario.

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante comune di aver commesso il fatto con abuso di ospitalità, deve considerarsi ospite chi è accolto, anche occasionalmente, saltuariamente o momentaneamente, nella sfera domestica di altra persona o in luogo da questa destinato all’esplicazione delle attività della vita privata con il suo consenso.

La circostanza aggravante comune consistente nell’avere agito con crudeltà verso le persone in tanto è configurabile, in quanto l’azione si diriga verso una persona e tale è l’uomo soltanto finché vive. Ne consegue che, una volta intervenuta la morte della persona, gli atti di crudeltà compiuti contro le sue spoglie possono integrare all’occorrenza un reato diverso, ma non la circostanza in questione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 35187 del 21 ottobre 2002 (Cass. pen. n. 35187/2002)

Sussiste la circostanza aggravante dei futili motivi (art. 61, n. 1 c.p.) allorché la spinta al delitto di omicidio ha origine da un reato (nella specie cessione di sostanza stupefacente) e si configura espressione di un sentimento spregevole e ignobile, consistente nella determinazione ad uccidere per affermare l’ineludibilità del soddisfacimento del prezzo di un turpe contratto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 12473 del 29 marzo 2002 (Cass. pen. n. 12473/2002)

La circostanza aggravante del fatto commesso per motivi abietti, delineata all’art. 61, n. 1 c.p., è integrata quando il proposito di vendetta — che per sé solo non suscita nei consociati il senso di ripugnanza e disprezzo che caratteriza la fattispecie circostanziale — si accompagna alla finalità di affermazione del prestigio criminale e della capacità di sopraffazione dell’interessato. (Fattispecie nella quale un omicidio era stato commesso in danno del figlio di persona che aveva poco prima contrastato il compimento di un furto da parte dell’agente). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10414 del 12 marzo 2002 (Cass. pen. n. 10414/2002)

L’aggravante dell’abuso di prestazioni d’opera implica un concetto più lato di quello civilistico di locazione d’opera, comprendendo tutti i casi nei quali, a qualunque titolo, taluno abbia prestato ad altri la propria opera. Ne consegue che sono ricompresi in tale concetto anche i contratti di diritto privato nei quali i rapporti giuridici da essi regolati comportano l’obbligo di facere e, quindi, di prestazione d’opera, come il rapporto di mediazione. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 24997 del 20 giugno 2001 (Cass. pen. n. 24997/2001)

La circostanza aggravante dell’abuso di relazione di coabitazione è configurabile anche se, prima dell’esecuzione dell’illecito, lo stato di coabitazione sia cessato per la morte del coabitante, atteso che la ratio legis è quella di punire più gravemente chi sia comunque agevolato nel commettere il reato da tale situazione. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 21875 del 30 maggio 2001 (Cass. pen. n. 21875/2001)

La circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 4 c.p. ricorre allorquando vengano inflitte alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell’evento, nel senso che occorre un quid pluris rispetto all’esplicazione ordinaria dell’attività necessaria per la consumazione del reato, poiché proprio la gratuità dei patimenti cagionati rende particolarmente riprovevole la condotta del reo, rivelandone l’indole malvagia e l’insensibilità a ogni richiamo umanitario. (Nella specie, relativa a un omicidio commesso in un impeto di gelosia, è stato escluso che si potesse ravvisare tale aggravante nella mera reiterazione di colpi di coltello inferti alla vittima, atteso che tale reiterazione, essendo connessa alla natura del mezzo usato per conseguire l’effetto delittuoso, non eccede i limiti della normalità causale e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza, specie in considerazione del movente delittuoso). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 12083 del 23 novembre 2000 (Cass. pen. n. 12083/2000)

L’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p., concernendo l’elemento intenzionale del reato, ha natura soggettiva, e pertanto si applica per il solo fatto che l’agente commetta un reato allo scopo di eseguirne (occultarne o conseguire il profitto di) un altro, anche se in concorso formale, senza che assuma rilievo la mancata consumazione del reato fine, ovvero la sua improcedibilità, dal momento che, nel primo caso, la condotta effettivamente realizzata è, di per sè, sufficiente ad integrare gli estremi della circostanza aggravante, nel secondo, manca solo una condizione per la punibilità del reato fine, come tale irrilevante per la ravvisabilità dell’aggravante in relazione al reato strumentale. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11497 del 10 novembre 2000 (Cass. pen. n. 11078/2000)

In tema di circostanze del reato, l’aggravante dell’abuso di prestazione di opera concerne tutti i rapporti giuridici che comportano un obbligo di fare, e instaurino tra le parti un rapporto di fiducia non meramente occasionale o estemporaneo, ovvero di semplice amicizia o favore, il quale comunque agevoli la commissione del fatto. (Fattispecie relativa a truffa commessa da soggetto abusivamente esercente la professione legale ai danni del cliente). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 11078 del 28 ottobre 2000 (Cass. pen. n. 11078/2000)

In tema di reato continuato, l’esclusione, a determinati fini, del carattere unitario (in senso normativo) dell’illecito deve essere specificamente prevista dalla legge, valendo in mancanza di tassative esclusioni, il principio della unitarietà. Pertanto, ai fini del giudizio sulla rilevante gravità del danno, di cui all’aggravante prevista dall’art. 61, n. 7 c.p., non deve tenersi conto del danno cagionato da ogni singola violazione, ma deve aversi riguardo al complesso del danno cagionato dalla somma delle violazioni, difettando una norma che, ai fini in questione, consideri il reato come pluralità di episodi tra loro isolati. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 10811 del 21 ottobre 2000 (Cass. pen. n. 10811/2000)

Il fine del conseguimento di un incontrastato controllo criminale su un determinato territorio, in vista dello sfruttamento illecito dello stesso attraverso ulteriori attività delinquenziali di tipo mafioso, ben può essere ritenuto, nei congrui casi, come configurante un motivo turpe e ignobile, in quanto, alla luce del comune sentire nell’attuale momento storico, che attribuisce sempre maggiore rilevanza alla lotta alla criminalità organizzata, la perpetrazione di un omicidio per ragioni collegate alla volontà di potenziare l’efficienza di agguerrite organizzazioni criminali può essere considerata in contrasto con le norme fondamentali della convivenza civile e vista con profonda riprovazione da coloro che della comunità fanno parte. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2884 del 9 marzo 2000 (Cass. pen. n. 2884/2000)

In tema di reato continuato, l’esclusione, a determinati fini, del carattere unitario (in senso normativo) dell’illecito deve essere specificamente prevista dalla legge, valendo, in mancanza di tassative esclusioni, il principio della unitarietà. Pertanto, ai fini del giudizio sulla rilevante gravità del danno, di cui all’aggravante prevista dall’art. 61, n. 7, c.p., non deve tenersi conto del danno cagionato da ogni singola violazione, ma deve aversi riguardo al complesso del danno cagionato dalla somma delle violazioni, difettando una norma che, ai fini in questione, consideri il reato continuato come una pluralità di episodi tra loro isolati. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3065 del 14 dicembre 1999 (Cass. pen. n. 3065/1999)

In tema di appropriazione indebita, ai fini della ricorrenza dell’aggravante della prestazione d’opera, è sufficiente la esistenza di un rapporto, anche di natura meramente fattuale, che abbia rappresentato, quantomeno, occasione (se non anche ragione giuridica) del possesso da parte dell’imputato e che abbia quindi consentito a quest’ultimo di commettere con maggiore facilità il reato, approfittando della particolare fiducia in lui riposta. (Fattispecie nella quale il ricorrente aveva rappresentato che impropriamente gli era stato attribuito dal giudice di merito il ruolo di agente finanziario, mentre egli era un semplice intermediario finanziario). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11655 del 12 ottobre 1999 (Cass. pen. n. 11655/1999)

In tema di circostanze del reato, per la sussistenza della aggravante di abuso di relazioni di prestazioni d’opera, non è necessario che il rapporto intercorra direttamente tra l’autore del fatto e la persona offesa, essendo sufficiente che l’agente si sia avvalso della esistenza di tale relazione, nel senso che la esistenza del rapporto di prestazione d’opera gli abbia dato l’occasione di commettere il reato in danno di altri soggetti, agevolandone la esecuzione. (Fattispecie in tema di appropriazione indebita nella quale l’imputato, abusando della sua qualità di amministratore di una sas, si era appropriato di una ingente somma di denaro, occultandone le tracce con false appostazioni contabili. La Cassazione, nell’enunciare il principio sopra riportato, ha ritenuto che, pur essendo tenuto a prestazioni d’opera nei confronti della società e non dei soci uti singuli, l’aggravante fosse stata correttamente contestata). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10460 del 1 settembre 1999 (Cass. pen. n. 10460/1999)

Poiché i delitti di falso in scrittura privata tutelano, non solo la fiducia e la sicurezza nella circolazione dei titoli, ma anche gli specifici interessi patrimoniali che gli stessi incorporano, sono ad essi applicabili le circostanze – attenuanti od aggravanti – attinenti alla entità del danno. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto applicabile la circostanza di cui all’art. 61 n. 7 c.p. al delitto di falso in titoli di credito, oltre che a quello di truffa, nei confronti di un imputato condannato in secondo grado per aver creato false polizze di carico ed altri falsi documenti, tramite i quali era riuscito a simulare l’imminente importazione di prodotto ortofrutticoli, ottenendo, in tal modo, adeguati versamenti da parte delle banche presso le quali coloro che intendevano acquistare la merce avevano conto). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10130 del 11 agosto 1999 (Cass. pen. n. 10130/1999)

Il motivo è futile quando la spinta al reato manca di quel minimo di consistenza che la coscienza collettiva esige per operare un collegamento accettabile sul piano logico con l’azione commessa. La futilità, così intesa, appartiene, dunque, alla sfera morale, in quanto offensiva di una regola etica propria del comune sentire, che assegna un particolare disvalore ad una azione criminosa psicologicamente indotta da una causale irrisoria, sicché la macroscopica inadeguatezza del movente contrasta con elementari esigenze di giustizia avvertite dalla collettività civile. Tuttavia, il relativo giudizio non può essere astrattamente riferito ad un comportamento medio difficilmente definibile, ma va ancorato agli elementi concreti della fattispecie, tenendo conto delle connotazioni culturali del soggetto giudicato, nonché del contesto sociale in cui si è verificato l’evento e dei fattori ambientali che possono aver condizionato la condotta criminosa. (Fattispecie relativa ad un omicidio scaturito dal mancato pagamento della retribuzione all’imputato, custode di un condominio, da parte della vittima, amministratore del condominio stesso. La S.C. ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di escludere l’aggravante dei motivi futili, in quanto congruamente motivata sul fatto che il movente non era riconducibile al contenuto economico del contrasto tra aggressore e vittima — in sè modesto ma non irrisorio — bensì alla condizione psicologica di disagio e frustrazione vissuta dall’imputato, il quale era stato costretto a ricorrere all’aiuto economico del figlio, non potendo contare sull’unica fonte di sussistenza, costituita dal reddito lavorativo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4819 del 16 aprile 1999 (Cass. pen. n. 4819/1999)

L’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio (art. 61, n. 9, c.p.) non presuppone necessariamente che il reato sia commesso in relazione al compimento di atti rientranti nella sfera di competenza del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, nè l’attualità dell’esercizio della funzione o del servizio, ma sussiste anche quando la qualità dell’agente, in relazione alla tipicità della sua posizione, può facilitare la condotta del reato (Nella specie trattavasi di Presidente del comitato di gestione di una Usl ritenuto responsabile del reato di istigazione alla corruzione di un consulente del P.M. che aveva svolto accertamenti tecnici sul funzionamento di una clinica privata).

L’aggravante di cui all’art. 61 n. 9 c.p. è incompatibile con le figure criminose dell’istigazione alla corruzione di cui all’art. 322, terzo e quarto comma c.p., le quali, integrando reati propri, presuppongono la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; non è, invece, incompatibile con l’ipotesi di cui al secondo comma di cui all’art. 322 c.p. che si sostanzia in una fattispecie di reato in cui il soggetto attivo, ancorché appartenente alla pubblica amministrazione, opera in posizione analoga a quella del privato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4062 del 30 marzo 1999 (Cass. pen. n. 4062/1999)

Poiché attraverso i cartellini segnatempo il datore di lavoro si assicura il controllo sull’attività lavorativa effettivamente svolta dai dipendenti al di là e al di fuori di un qualsiasi affidamento alla loro lealtà o coscienza e quindi in assenza di qualsiasi substrato fiduciario, non è configurabile l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. nell’ipotesi di truffa commessa mediante alterazione dei cartellini predetti, realizzata dal personale dipendente allo scopo di percepire retribuzioni maggiori di quelle dovute per le ore effettivamente lavorate. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 1938 del 9 ottobre 1998 (Cass. pen. n. 1938/1998)

In ipotesi di concorso delle imputazioni di oltraggio e di lesioni volontarie aggravate dalla qualità di pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 61, n. 10, c.p., devono trovare applicazione entrambe le norme, in considerazione dei differenti beni giuridici protetti dalle due previsioni legislative. Non può, infatti, operare, in tal caso il principio di specialità di cui all’art. 15 c.p., perché la disposizione presuppone che più norme incriminatrici regolino la stessa materia, abbiano, cioè la stessa obiettività giuridica, intesa nel senso di identità del bene protetto. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7516 del 24 giugno 1998 (Cass. pen. n. 7516/1998)

Configura il solo delitto di furto aggravato ex art. 61, n. 9, c.p., e non anche quello di abuso di ufficio, la sottrazione compiuta ad opera del Direttore di un Istituto universitario di Anatomia Patologica di oggetti lasciati sulle (o vicino alle) persone decedute, per sentimenti di devozione o di affetto o per altre ragioni, ovvero già appartenuti alle persone decedute ma suscettibili di entrare nella disponibilità degli eredi. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 6635 del 5 giugno 1998 (Cass. pen. n. 6635/1998)

La circostanza aggravante consistente nell’avere agito con crudeltà è compatibile con il vizio parziale di mente, a meno che la condotta inumana e crudele sia stata l’effetto della malattia, e cioè una manifestazione patologica del vizio di mente, la quale abbia sconvolto, in tutto o in parte, il processo intellettivo e volitivo del soggetto, identificandosi nel vizio medesimo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3748 del 25 marzo 1998 (Cass. pen. n. 3478/1998)

Ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione fra episodi per i quali siano stati emanati diversi provvedimenti applicativi di misure cautelari, in relazione al disposto di cui all’art. 297, comma 3, c.p.p., può attribuirsi rilevanza alla presenza della circostanza aggravante di cui all’art. 7 del D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito con modificazioni in L. 12 luglio 1991 n. 203, sotto il profilo dell’esistenza del “fine di agevolare l’attività” delle associazioni criminose di tipo mafioso, anche quando alla detta aggravante non si accompagni quella del nesso teleologico prevista dall’art. 61 n. 2 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5900 del 6 febbraio 1998 (Cass. pen. n. 5900/1998)

La circostanza aggravante dei motivi futili — il cui presupposto consiste in una evidente ed oggettiva sproporzione tra movente ed azione delittuosa, rivelatrice di un istinto criminale più spiccato, da punire, quindi, più severamente — è incompatibile con l’attenuante della provocazione, non potendo coesistere, nel compimento della stessa azione, stati d’animo contrastanti, dei quali l’uno esclude di per sé l’ingiustizia dell’azione dell’antagonista. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9949 del 5 novembre 1997 (Cass. pen. n. 9949/1997)

Alla luce del comune sentire nell’attuale momento storico che attribuisce sempre maggiore rilevanza alla libertà di autodeterminazione, deve ravvisarsi la sussistenza dell’aggravante dei motivi abietti nel caso in cui un omicidio sia compiuto non per ragioni di gelosia collegate ad un sia pur abnorme desiderio di vita in comune, ma sia espressione di spirito punitivo nei confronti della vittima considerata come propria appartenenza, della quale pertanto non può tollerarsi l’insubordinazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9590 del 25 ottobre 1997 (Cass. pen. n. 9590/1997)

Pur se non è configurabile una incompatibilità assoluta ed astratta tra motivi a delinquere e condizioni inerenti alla persona, implicanti una diminuita imputabilità, (quale la minore età ed il vizio parziale di mente), è necessario, tuttavia, distinguere la futilità del motivo, sintomatica di capacità a delinquere, dalla irrazionalità del motivo, che è soltanto rappresentativa d’ingenuità, immaturità ed emozionalità adolescenziale. L’aggravante, quindi, deve essere individuata con criterio sia oggettivo che soggettivo, onde rendere possibili scelte razionali, non arbitrarie ed astratte, concretamente ancorate ai fatti ed alla personalità dell’individuo, nella quale la futilità, qual espressione di malvagità, trova ragione di aggravamento della pena. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8450 del 18 settembre 1997 (Cass. pen. n. 8450/1997)

Per la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 4 c.p., non si richiede l’attitudine della vittima del reato a percepire od avvertire l’afflittività degli atti di crudeltà, essendo la circostanza essenzialmente imperniata sulla considerazione del comportamento dell’autore dell’illecito e sulla conseguente maggiore riprovevolezza di un modus agendi connotato da particolare insensibilità, spietatezza od efferatezza. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2960 del 28 marzo 1997 (Cass. pen. n. 2960/1997)

È configurabile la circostanza aggravante del motivo futile nel caso di un omicidio commesso come reazione immediata anche ad espressioni minacciose provenienti dalla vittima quando tali espressioni, per il contesto nel quale vengono formulate e per la personalità del soggetto dal quale provengono, non presentino, ictu oculi, alcuna reale efficacia intimidatrice ma si appalesino piuttosto come manifestazione meramente verbale di generica ostilità, quale facilmente verificabile – come nella specie – nel corso di banali e occasionali litigi. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1411 del 15 febbraio 1997 (Cass. pen. n. 1411/1997)

In tema di applicabilità dell’aggravante del «nesso teleologico» (art. 61, n. 2, c.p.) al delitto di corruzione propria, l’aggravante de qua non è configurabile rispetto ad illeciti penali — quali l’omissione di atti di ufficio, l’abuso di ufficio, l’omissione di rapporto, la rivelazione di segreti di ufficio, ecc. — che alla corruzione sono legati da immediato rapporto esecutivo, in forme intrinsecamente espressive della violazione dei doveri d’ufficio. Per contro, essa ben può applicarsi, a quelle altre trasgressioni di natura penale (il concorso in contrabbando, nel falso, nell’associazione per delinquere, ecc.) che, pur indirettamente ed in via mediata derivanti dallo stesso fatto corruttivo, si pongano oltre le forme tipiche direttamente esplicative della violazione degli stessi doveri, attingendo l’offesa di ulteriori e diversi interessi protetti. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto applicabile l’aggravante in oggetto giudicando sussistente il «nesso teleologico» tra il reato di corruzione propria e quello di evasione tributaria, di cui alla legge 7 agosto 1982 n. 516 e succ. modif.). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1112 del 6 febbraio 1997 (Cass. pen. n. 1112/1997)

L’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. — minorata difesa pubblica o privata — ha carattere obiettivo e ricorre persino quando la situazione che ostacola la difesa sia insorta occasionalmente e comunque indipendentemente dalla volontà dell’agente; per la sua configurabilità è pertanto sufficiente che ricorrano quelle condizioni tali da facilitare l’azione delittuosa intrapresa. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha ritenuto sussistente l’aggravante in questione in un caso di tentato omicidio commesso in tempo di notte, in un luogo isolato e privo di illuminazione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10268 del 30 novembre 1996 (Cass. pen. n. 10268/1996)

In tema di aggravanti costituisce motivo futile la determinazione criminosa che trova origine in uno stimolo tanto lieve, quanto sproporzionato, da prospettarsi più come un pretesto che non una causa scatenante della condotta antigiuridica. Ne consegue che la peculiare caratteristica del motivo futile, il quale non attiene alla sfera intellettiva o volitiva, bensì a quella morale, è data dalla enorme sproporzione tra il motivo e l’azione delittuosa, che suscita un senso di riprovazione da parte della generalità delle persone tra cui vive ed agisce il soggetto attivo del reato. (In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha escluso la configurabilità dell’aggravante in questione in relazione all’omicidio di un sindaco ad opera di un soggetto in età avanzata – e che aveva trascorso oltre trenta anni in carcere – ritenendo che questi, a seguito di provvedimenti adottati nei suoi confronti dall’amministrazione comunale, tra cui l’interruzione dell’erogazione di un sussidio e due ingiunzioni di pagamento del canone relativo all’acqua consumata, avesse agito perché mosso non da motivazioni futili o banali ed inconsistenti secondo la coscienza collettiva, bensì dal timore di perdere beni per lui indispensabili per motivi da riportarsi, secondo la sua distorta valutazione, al sindaco). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7034 del 11 luglio 1996 (Cass. pen. n. 7034/1996)

In applicazione del principio di specialità sancito dall’art. 15 c.p. e del principio secondo cui lo stesso fatto non può essere posto a carico dell’agente una seconda volta, la violenza o minaccia adoperata dopo la sottrazione di una cosa mobile altrui, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità, è elemento costitutivo del reato di rapina impropria, di cui all’art. 628, primo capoverso, c.p. valutato dal legislatore per configurare tale fattispecie di reato, e pertanto non può essere valutata una seconda volta a titolo di circostanza aggravante del nesso teleologico prevista dall’art. 576, n. 1, c.p. in relazione all’art. 61, n. 2, c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5189 del 25 maggio 1996 (Cass. pen. n. 5189/1996)

Ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p., la relazione di coabitazione (al cui abuso si ricollega l’aumento di pena) è data dalla circostanza oggettiva della convivenza più o meno protratta nel tempo – e, comunque, per un periodo apprezzabile – non solo nel medesimo appartamento, ma anche, secondo un concetto più lato del termine «coabitazione», nel medesimo immobile. (In applicazione di detto principio la Corte ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante de qua nell’ipotesi di appropriazione indebita di energia elettrica destinata ai servizi comuni da parte di un condomino che aveva effettuato un allaccio abusivo a valle del contatore condominiale). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 4316 del 26 aprile 1996 (Cass. pen. n. 4316/1996)

Non può considerarsi aggravato da motivi abietti o futili un omicidio al quale l’agente sia stato spinto dall’intento di recuperare la propria libertà sentimentale, onde coltivare senza intralci una relazione con altra persona, gravemente ostacolata dalla vittima. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4023 del 18 aprile 1996 (Cass. pen. n. 4023/1996)

Non sussiste incompatibilità logico-giuridica tra la continuazione e l’aggravante del nesso teleologico, agendo il vincolo della continuazione sul piano della riconducibilità di più reati ad un comune programma criminoso ed essendo il nesso teleologico connotato dalla strumentalità di un reato rispetto ad un altro, alla cui esecuzione od al cui occultamento il primo è preordinato: e se è vero che normalmente il nesso teleologico è sintomo anche di identità del disegno criminoso, non può dirsi, invece, che il vincolo della continuazione implichi o contenga in sè il nesso teleologico, che, invero, ben può mancare, ed ordinariamente difetta, tra i vari episodi di un reato continuato. Né può sostenersi che l’incompatibilità deriverebbe dall’impossibilità che un istituto ispirato al favor rei, come la continuazione, possa, al contempo, fungere da causa di aggravamento della pena, essendo evidente come tale ultimo effetto consegua non già nell’affermazione del vincolo della continuazione bensì all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 2, c.p., in nessun modo contenuta od implicita nell’identità della matrice ideativa dei due reati teleologicamente connessi. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3442 del 5 aprile 1996 (Cass. pen. n. 3442/1996)

Nel reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), per la configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p., l’espressione «abuso di relazioni di prestazione di opera» abbraccia, oltre all’ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l’obbligo di un facere e che instaurino, comunque, tra le parti un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto. In ogni caso, all’origine del possesso della cosa, deve esservi un rapporto giuridico apprezzabile, che non si risolva in un rapporto meramente occasionale ed estemporaneo, connesso a ragioni di semplice amicizia. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2717 del 14 marzo 1996 (Cass. pen. n. 2717/1996)

L’aggravante dell’aver agito con crudeltà verso le persone, concretandosi essenzialmente in una carenza del sentimento di pietà e di umanità, attiene ad un aspetto della condotta che, pur non essendo necessario il fine di arrecare inutili sofferenze, esige specifica coscienza e volontarietà, senza di che verrebbe in definitiva a configurarsi una inammissibile forma di responsabilità oggettiva.

Se di norma è sufficiente, per ritenere sussistente la circostanza aggravante dei futili motivi, far riferimento, alla sproporzione (oggettiva) esistente tra movente e azione delittuosa, in particolari circostanze sono necessarie indagini più approfondite per accertare che la sproporzionata reazione allo stimolo sia, piuttosto che rivelatrice di un istituto criminale più spiccato – da punire più severamente – il portato di una concezione particolare, che annette a certi eventi un’importanza di gran lunga maggiore rispetto a quella che la maggior parte delle persone vi riconnette. (Fattispecie relativa a omicidio, aggravato da rapporto di parentela e motivato dal convincimento, sia pur erroneo, dell’autore del reato, che la condotta del fratello e della di lui famiglia in ordine all’esercizio di una servitù di passaggio era illecita). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 853 del 27 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 853/1996)

Per la configurabilità della circostanza aggravante prevista dall’art. 61 n. 4 c.p. (l’aver adoperato sevizie e l’aver agito con crudeltà verso le persone), è necessario che emerga l’aspetto morale della crudeltà. Essa infatti ricorre non solo quando le modalità dell’azione manifestino la volontà di infliggere speciali tormenti o sofferenze alla vittima per il solo piacere di vederla soffrire — il che caratterizza concretamente le sevizie — ma anche quando si dimostri assenza completa di ogni sentimento di compassione e di pietà che sono propri dell’uomo civile. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9544 del 11 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9544/1995)

L’aggravante teleologica di cui all’art. 61 n. 2 c.p. ha carattere esclusivamente soggettivo ed il suo fondamento sta sulla maggiore insensibilità etica e nella più marcata pericolosità dimostrata dall’agente: per la sua sussistenza è quindi sufficiente accertare la volontà colpevole di commettere il reato-fine, indipendentemente dalla consumazione del medesimo; conseguentemente deve ritenersi altresì irrilevante che in ordine a tale reato debba applicarsi una causa di non punibilità, di improcedibilità o di estinzione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5797 del 18 maggio 1995 (Cass. pen. n. 5797/1995)

Non sussiste compatibilità tra l’aggravante del nesso teleologico di cui all’art. 61 n. 2 c.p., che ha natura soggettiva e concerne i motivi soggettivi dell’agire, e non già l’elemento materiale del fatto reato cui inerisce, il concorso ex art. 116 c.p. dal momento che, per la sussistenza di tale anomala figura concorsuale il concorrente, nel diverso reato connesso con autonoma determinazione da taluno dei correi, ha voluto soltanto l’altro reato concordato e risponde a titolo di concorso, pur se con pena attenuata del diverso reato realizzato in quanto la perpetrazione di quest’ultimo rappresenta un effettivo sviluppo di quello inizialmente programmato, evidenziandosi così l’elemento soggettivo come esente di volontarietà in ordine al diverso reato commesso ma intriso di colpa per avere imprudentemente consentito al correo l’esecuzione di un comportamento ulteriore dagli esiti prevedibili in concreto, in presenza delle circostanze date. Esula, pertanto, dalla cosciente volontarietà del concorrente anomalo ex art. 116 c.p. qualsivoglia rappresentazione e volizione dei motivi a delinquere, tipici dell’aggravante del nesso teleologico, che hanno determinato l’autore materiale del reato diverso a realizzarlo sicché non è normativamente (art. 118 c.p.) e logicamente estensibile nei suoi confronti l’aggravante citata. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3921 del 11 aprile 1995 (Cass. pen. n. 3921/1995)

È configurabile il reato di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 11 c.p., e non di appropriazione indebita di uso, nel caso in cui l’amministratore e i soci di maggioranza, avvalendosi della loro posizione di ingerenza e di direzione di una società, abbiano rimosso, dal luogo ove erano custoditi, documenti contenenti disegni industriali-tecnici della società medesima (destinati a rimanere segreti o, quanto meno, riservati) li abbiano fotocopiati, li abbiano rimessi al loro posto ed abbiano passato le fotocopie ad una società concorrente, che abbia usufruito della tecnologia così indebitamente acquisita. (Nella specie, la S.C. ha osservato che l’appropriazione del documento era solo una modalità per acquisire le notizie tecniche ivi contenute e il conseguire la fotocopia era, per il fine degli agenti, equipollente al possesso dell’originale, che una volta riprodotto, veniva ricollocato al suo posto privo di ogni valore intrinseco e finanziabile se non quello, irrisorio del supporto cartaceo: l’uso fattone, assolutamente non legittimo, pur non deteriorando materialmente il documento, ne aveva approvato il valore costituendo un totale svuotamento della utilizzazione dell’oggetto; sicché, dal momento che con l’impossessamento, pur momentaneo, e con la conseguente fotocopiatura gli agenti hanno tratto ogni possibile godimento dell’oggetto — sì che la restituzione del documento privo di valore si potrebbe ritenere un post factum penalmente irrilevante —, si esula dalla configurabilità di un’appropriazione indebita di uso). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3445 del 3 aprile 1995 (Cass. pen. n. 3445/1995)

In tema di delitto tentato contro il patrimonio la circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 7, c.p., può essere riconosciuta soltanto se, essendo le modalità del fatto criminoso idonee a fornire concrete indicazioni sull’entità del danno, risulti rigorosamente dimostrato che, ove l’evento si fosse verificato, il danno patrimoniale sarebbe stato di rilevante entità. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2070 del 28 febbraio 1995 (Cass. pen. n. 2070/1995)

Non sussiste l’aggravante dell’abuso di relazioni di prestazione d’opera (art. 61, n. 11, c.p.) nell’ipotesi di appropriazione indebita di un bene detenuto in locazione finanziaria; nel contratto di locazione finanziaria, infatti, non è ravvisabile l’esistenza di un obbligo di facere, implicante un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del reato: oggetto del negozio è infatti l’utilizzazione del bene concesso verso un canone, e l’obbligo dell’accipiens di conservarlo in buono stato in vista della futura restituzione costituisce una prestazione del tutto accessoria che non può caratterizzare o modificare l’essenza del contratto. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 12367 del 12 dicembre 1994 (Cass. pen. n. 12367/1994)

Ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p., l’età, specie se non accompagnata da fenomeni patologici di decadimento delle facoltà mentali, ed il basso livello culturale del soggetto passivo, non rientrano, di per sè, tra le circostanze attinenti alla persona che possono ostacolare la privata difesa. (Fattispecie in tema di truffa). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 10531 del 10 ottobre 1994 (Cass. pen. n. 10531/1994)

In tema di connessione teleologica, la contestualità del reato fine e del reato mezzo non può alterare il presupposto intenzionale che giustifica l’aggravante della pena si sensi dell’art. 61 n. 2 c.p.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6866 del 14 giugno 1994 (Cass. pen. n. 6866/1994)

La circostanza aggravante del nesso teleologico di cui all’art. 61 n. 2 c.p. sussiste per il reato di lesioni personali volontarie commesso al fine di resistere ad un pubblico ufficiale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1420 del 19 aprile 1994 (Cass. pen. n. 1420/1994)

La circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 9 c.p. si articola in due distinte ipotesi: l’una relativa all’abuso dei poteri, che implica la condotta dolosa dell’agente, l’altra riguardante la violazione dei doveri (inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio o alla qualità di ministro di un culto), che è integrata da qualsiasi comportamento, doloso o colposo, tenuto in contrasto con un dovere imposto dall’ordinamento giuridico. (Fattispecie ex art. 480 c.p., relativa a false attestazioni in certificati di analisi delle acque erogate da alcuni acquedotti, commesse dai chimici dipendenti da una Usl, nella quale è stato ritenuto sussistere la violazione dei doveri nella forma colposa). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3098 del 3 aprile 1994 (Cass. pen. n. 3098/1994)

Il reato di truffa aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale e quello di concussione, nella forma della induzione (per frode o per persuasione), si distinguono per le modalità dell’azione dell’agente nel senso che nella prima è necessario che l’induzione in errore avvenga con artifici o raggiri diretti ad ingenerare nel soggetto passivo la credenza di essere tenuto alla prestazione richiesta, mentre nella seconda l’induzione si ricollega essenzialmente all’abuso della qualità di pubblico ufficiale (o dei relativi poteri) e non è necessario che il consenso del privato sia carpito con inganno, bastando che il privato stesso, a causa del prepotere del pubblico ufficiale, si pieghi a dare (o a promettere). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1944 del 17 febbraio 1994 (Cass. pen. n. 1944/1994)

Commette il reato di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 11 c.p. il datore di lavoro che, anziché accantonare presso un istituto di credito le percentuali da lui trattenute sulle somme spettanti ai lavoratori edili per ferie, gratifica natalizia e festività soppresse, mantenga le stesse, di proprietà dei dipendenti, nella sua materiale disponibilità esclusiva e infatti, l’ulteriore permanere di tali percentuali nel possesso del datore di lavoro costituisce un fatto successivo, distinto ed autonomo rispetto all’omesso accantonamento mediante deposito presso un istituto bancario. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 10683 del 23 novembre 1993 (Cass. pen. n. 10683/1993)

Ai fini della ravvisabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p., è sufficiente che la difesa sia semplicemente ostacolata, sicché sussiste tale aggravante allorquando la vittima venga colta di sorpresa mentre siede sola nello stretto abitacolo di una automobile ferma sulla strada e perciò facile e sicuro bersaglio di colpi di arma da fuoco esplosi dall’esterno del veicolo da soggetto avvicinatosi cautamente senza che la vittima designata si accorgesse della sua presenza se non al momento dell’esplosione dei colpi. (Fattispecie in tema di omicidio). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7249 del 24 luglio 1993 (Cass. pen. n. 7249/1993)

Se di norma la possibilità di trarre profitto dal rapporto di fiducia non è più sfruttabile con la cessazione del rapporto di dipendenza o di servizio, la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. non viene tuttavia meno quando, nonostante la fine del rapporto, l’imputato si sia ancora potuto avvalere delle situazioni e degli effetti favorevoli precostituitisi durante lo svolgimento di esso derivanti dall’affidamento di cui beneficiava. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7638 del 6 luglio 1992 (Cass. pen. n. 7638/1992)

È ravvisabile la circostanza aggravante dell’art. 61 n. 11 c.p., quando il procacciatore di affari converta in proprio profitto la somma a lui affidata dal cliente (nella specie trattavasi di appropriazione indebita). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3325 del 23 marzo 1992 (Cass. pen. n. 3325/1992)

In tema di applicazione della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità ex art. 61, n. 7, c.p., la capacità economica del danneggiato costituisce elemento sussidiario di valutazione, avendo valore preminente l’oggettiva rilevanza del danno. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 10965 del 4 novembre 1991 (Cass. pen. n. 10965/1991)

La commissione di un furto in un appartamento in tempo di notte, approfittando del sonno delle persone che lo occupano, integra gli estremi dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5 c.p., sia a causa della ridotta vigilanza pubblica che in queste ore viene esercitata nelle pubbliche vie, sia a causa delle minori possibilità per i privati di sorveglianza dell’appartamento, a meno che particolari circostanze non contribuiscano ad accentuare comunque le difese del soggetto passivo (come l’accidentale circostanza che questi sia sveglio o che l’abitazione si trovi in zona particolarmente frequentata anche durante le ore notturne o che siano stati predisposti sistemi d’allarme che rendano più difficile, anche di notte, per gli estranei l’accesso nell’appartamento contro la volontà del proprietario). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9088 del 7 settembre 1991 (Cass. pen. n. 9088/1991)

Una circostanza aggravante deve essere ritenuta, oltre che riconosciuta, anche come applicata, non solo allorquando nella realtà giuridica di un processo viene attivato il suo effetto tipico di aggravamento della pena, ma anche quando se ne tragga, ai sensi dell’art. 69 c.p., un altro degli effetti che le sono propri e cioè quello di paralizzare un’attenuante, impedendo a questa di svolgere la sua funzione di concreto alleviamento della pena irroganda per il reato. Invece non è da ritenere applicata l’aggravante solo allorquando, ancorché riconosciuta la ricorrenza dei suoi estremi di fatto e di diritto, essa non manifesti concretamente alcuno degli effetti che le sono propri a cagione della prevalenza attribuita all’attenuante la quale non si limita a paralizzarla, ma la sopraffà, in modo che sul piano dell’afflittività sanzionatoria l’aggravante risulta tamquam non esset. (Nella fattispecie non è stato applicato l’indulto di cui al D.P.R. 394 del 1990 perché era stata ravvisata l’aggravante di cui all’art. 74 L. 22 dicembre 1975, n. 685, con concessione di attenuanti ritenute equivalenti, che escludeva l’applicabilità del beneficio stesso). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 17 del 24 luglio 1991 (Cass. pen. n. 17/1991)

In tema di circostanze, l’aggravante della minorata difesa (art. 61, n. 5 c.p.) si ha quando l’agente approfitta di circostanze a lui favorevoli di tempo, di luogo o di persona, da lui conosciute e che abbiano, in relazione alla situazione esistente, agevolato in concreto la commissione del reato. Le circostanze «di persona» vanno riferite alla debolezza fisica o psichica del soggetto passivo e non alla maggiore prestanza fisica dell’agente, salvo che si tratti di una particolare ed eccezionale sua condizione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6848 del 21 giugno 1991 (Cass. pen. n. 6848/1991)

Ai fini della sussistenza dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità, di cui all’art. 61, n. 7, c.p., deve farsi riferimento esclusivamente all’oggettiva entità della diminuzione patrimoniale arrecata alla persona offesa e non al profitto ricavato dall’agente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15971 del 29 novembre 1990 (Cass. pen. n. 15971/1990)

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 2, c.p. non è necessario né che la finalità consista in un determinato reato, ben potendo il reato-mezzo essere finalizzato ad una serie di reati o ad una alternativa di reati, né che il reato-fine sia stato effettivamente commesso. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 8996 del 22 giugno 1990 (Cass. pen. n. 8996/1990)

Per accertare la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 61, n. 7 c.p., deve farsi riferimento al momento del commesso reato, essendo irrilevanti a tal fine i fatti successivi, come il recupero della refurtiva. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 7650 del 31 maggio 1990 (Cass. pen. n. 7650/1990)

Per affermare la sussistenza dell’aggravante teleologica, occorre accertare che la volontà del colpevole è diretta al fine di perpetrare il reato-scopo e che perciò il colpevole commette il reato mezzo, non occorrendo, peraltro, che il reato fine sia consumato o tentato. Tale accertamento può essere effettuato sia con prove dirette, sia con indizi, allorquando essi siano gravi, precisi e logicamente connessi tra loro, in modo che si possa dedurre una rappresentazione ragionevole dei fatti accaduti e della parte che vi abbia avuto l’imputato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6265 del 30 aprile 1990 (Cass. pen. n. 6265/1990)

Per la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 2, c.p., è necessario accertare che la volontà dell’agente, al momento della commissione del reato-mezzo (aggravato dalla circostanza), era diretta al fine di commetterne od occultarne un altro, ovvero per conseguire od assicurare a sé o ad altri il prodotto, il profitto, il prezzo o l’impunità di un altro reato. Quanto al primo degli indicati scopi, il reato alla cui perpetrazione il reato mezzo è funzionalmente preordinato, deve essere già presente nella mente dello stesso agente con chiarezza tale da consentire almeno l’identificazione della sua fisionomia giuridica. La circostanza aggravante dello scopo della impunità presuppone, invece, che il reato principale sia stato commesso o tentato e postula anch’essa un collegamento finalistico consistente nell’intento di commettere un reato, non come fine a se stesso, ma quale mezzo per sottrarsi alle conseguenze penali derivanti da un altro reato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 4751 del 3 aprile 1990 (Cass. pen. n. 4751/1990)

La circostanza aggravante prevista dall’art. 61, n. 9 c.p. relativa all’abuso di poteri e alla violazione di doveri pubblici, prescinde dal nesso strettamente funzionale tra il fatto delittuoso e pubblico servizio e ricorre ogni qualvolta l’attività del colpevole sia stata esplicata profittando comunque delle mansioni affidate al pubblico dipendente. (Fattispecie in tema di furto commesso da ferroviere che aveva prelevato merce da vagoni a lui non affidati). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 13435 del 12 ottobre 1989 (Cass. pen. n. 13435/1989)

Il principio, secondo cui non è applicabile la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità al reato di falsità in atto pubblico, non è estensibile al reato di falso in scrittura privata, poiché tale reato può essere consumato anche a fine di lucro, quando è finalizzato per commettere una truffa. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6501 del 28 aprile 1989 (Cass. pen. n. 6501/1989)

L’aggravante di aver cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità può ritenersi sussistente anche nel caso di delitto tentato, qualora sia accertato che il danno patrimoniale cagionato alla persona offesa sarebbe stato di rilevante gravità se il reato fosse stato portato a compimento. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 1556 del 3 febbraio 1989 (Cass. pen. n. 1556/1989)

In tema di aggravante dell’abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di un culto, non è necessario che il reato sia commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero sacerdotale, ma è sufficiente che a facilitarlo siano serviti l’autorità ed il prestigio che la qualità sacerdotale, di per sé, conferisce e che vi sia stata violazione dei doveri anche generici nascenti da tale qualità. (Nella specie la corte ha ritenuto sussistente la aggravante in riferimento a truffe commesse da un ministro del culto, confessore e padre spirituale della vittima). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9334 del 21 settembre 1988 (Cass. pen. n. 9334/1988)

L’aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio è configurabile anche quando il pubblico ufficiale abbia agito fuori dell’ambito delle sue funzioni, essendo sufficiente che la sua qualità abbia comunque facilitato la commissione del reato. (Applicazione in tema di millantato credito). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9209 del 13 settembre 1988 (Cass. pen. n. 9209/1988)

In tema di applicazione della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità il riferimento alle condizioni economico-finanziarie del soggetto passivo del reato è ammissibile e rilevante solo quando, accertato che il danno sofferto non ha una oggettiva entità tale da poter essere qualificata notevole, se ne verifica la valenza anche con riferimento alle particolari situazioni della parte lesa per la quale può divenire gravemente pregiudizievole la depauperazione di una somma che tale non sarebbe per un soggetto di media disponibilità finanziaria. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8098 del 18 luglio 1988 (Cass. pen. n. 8098/1988)

L’aggravante di cui all’art. 61, n. 7, c.p., si configura quando il danno patrimoniale di rilevante gravità viene cagionato alla persona offesa dal reato, sia che su di essa incida direttamente e immediatamente l’azione del soggetto attivo sia che questa persona sopporti direttamente, immediatamente, anche pro quota ma non solidalmente, il danno patrimoniale, pur essendo rimasta non toccata dalla condotta del soggetto attivo del reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5785 del 10 maggio 1988 (Cass. pen. n. 5785/1988)

L’aggravante di aver cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità può ritenersi sussistente anche nel caso di delitto tentato, qualora il giudice abbia accertato che il danno patrimoniale cagionato alla persona offesa sarebbe stato di rilevante gravità se il reato fosse stato portato a compimento. (Fattispecie in cui è stata ritenuta applicabile l’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 del reato tentato di fraudolenta distruzione della cosa propria e mutilazione fraudolenta della propria persona, ex art. 642 c.p.). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 548 del 16 gennaio 1988 (Cass. pen. n. 548/1988)

Ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. se il tempo di notte, di per sé solo, non realizza automaticamente tale aggravante, con esso possono concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata. (Fattispecie di incendio appiccato durante la notte ad edificio adibito a sede comunale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 346 del 13 gennaio 1988 (Cass. pen. n. 346/1988)

In tema di circostanze aggravanti per delitti contro il patrimonio e di cui all’art. 61 n. 7 c.p., la rilevanza del danno deve essere valutata sotto il profilo oggettivo, costituendo la capacità economica del danneggiato soltanto un elemento di valutazione sussidiario da prendersi in considerazione soltanto se la valutazione intrinseca del danno non consente per sé stessa di stabilire con certezza se esso sia di rilevante gravità. (Fattispecie in tema di reato di truffa). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6294 del 16 maggio 1987 (Cass. pen. n. 6294/1987)

Il reato di detenzione illegale di arma può essere commesso da chiunque ed anche dal latitante, in questo caso, con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 6 c.p., in quanto lo stato di latitanza dipendendo dalla scelta dell’agente, non può essere invocato come esonero dall’obbligo dell’immediata denuncia dell’arma. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5186 del 28 aprile 1987 (Cass. pen. n. 5186/1987)

La circostanza aggravante comune dell’abuso di poteri o violazione di doveri pubblici di cui all’art. 61 n. 9 c.p., è applicabile ai reati di sottrazione di olii minerali all’imposta di fabbricazione e di trasporto di oli minerali con certificati di provenienza falsi, che siano addebitabili agli esercenti di depositi liberi di oli minerali abilitati alla diretta emissione dei certificati di provenienza, qualora i detti esercenti rilascino i falsi certificati per commettere il contrabbando, né la circostanza medesima rimane assorbita negli stessi reati. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3792 del 1 aprile 1987 (Cass. pen. n. 3792/1987)

In tema di aggravante di cui al n. 3 dell’art. 61 c.p. il convincimento del giudice in ordine alla effettiva previsione dell’evento da parte dell’imputato può essere concretamente desunto da ogni elemento idoneo, oggettivo o soggettivo, tra cui, soprattutto il grado di probabilità del verificarsi dell’evento con riferimento alle capacità intellettive dell’agente. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1465 del 7 febbraio 1987 (Cass. pen. n. 1465/1987)

La duplice valutazione dello stato di latitanza dell’imputato è del tutto compatibile quando esso venga in considerazione per fini diversi. (Nella specie la latitanza è stata ritenuta legittimamente valutata sia agli effetti dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 6, c.p. che ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 39 del 8 gennaio 1987 (Cass. pen. n. 39/1987)

Ricorre la circostanza aggravante dell’avere, nei delitti colposi agito nonostante la previsione dell’evento, di cui all’art. 61, n. 3, c.p., quando l’evento, non voluto né considerato di sicuro accadimento, si presenti come altamente possibile e probabile in riferimento alla condotta posta in essere. Il giudizio relativo a tale grado di probabilità è rimesso al giudice di merito che può formare il proprio convincimento valutando ogni emergenza processuale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12372 del 5 novembre 1986 (Cass. pen. n. 12372/1986)

Per la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 10 c.p. e in particolare per ritenere che il fatto sia stato commesso nell’atto in cui il pubblico ufficiale esercita la funzione, basta un semplice rapporto di contestualità o di contemporaneità, non rilevando affatto che il reato sia determinato da motivi estranei alle mansioni del soggetto passivo. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8290 del 12 agosto 1986 (Cass. pen. n. 8290/1986)

Ai fini della configurabilità dell’aggravante di aver commesso il reato durante lo stato di latitanza, di cui all’art. 61, n. 6, c.p., occorre la consapevolezza da parte del colpevole di essere ricercato. Tale conoscenza non può ritenersi presunta, ma deve essere accertata dal giudice caso per caso in base a dati obiettivi e subiettivi certi. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6318 del 26 giugno 1986 (Cass. pen. n. 6318/1986)

In riferimento alla circostanza aggravante speciale prevista dall’art. 576, n. 3 c.p., l’evaso deve considerarsi equiparato al latitante sia perché, come questi, costituisce un grave e costante pericolo sociale per le stesse condizioni di vita, cui lo costringe il suo stato di permanente ribellione all’ordine costituito, sia perché egli si sottrae all’esecuzione dell’ordine di carcerazione, interrompendo tale esecuzione dopo il suo inizio. Ne consegue che l’applicazione della circostanza di cui all’art. 61, n. 6, c.p., identica nel contenuto a quella più sopra indicata, avendo validità anche ai fini sostanziali oltre che processuali, si può verificare nell’ipotesi di reati commessi dall’imputato dopo che questi sia evaso dalla colonia agricola e non solo quando risulti colpito, in quanto associato per delinquere, da provvedimento di cattura, di arresto o di carcerazione. (Fattispecie in tema di rapina ed altro). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 1037 del 25 gennaio 1986 (Cass. pen. n. 1037/1986)

Non sussiste alcuna incompatibilità tra l’aggravante di cui all’art. 625 n. 1 c.p. (introduzione in abitazione) e quella di cui all’art. 61 n. 5 stesso codice (minorata difesa), le quali ricorrono quando il fatto, consumato in un luogo destinato ad abitazione, venga commesso nelle condizioni cui si riferisce l’art. 61 n. 5 c.p., integranti una situazione di minorata difesa e che costituisca quel “quid pluris” che caratterizza quest’ultima aggravante, differenziandosi dall’altra. (Fattispecie di furto commesso in un ospedale in danno di ricoverati che si erano allontanati, al momento del furto, per motivi di svago, motivi che, secondo il ricorrente, rendevano non configurabile l’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p., tesi respinta dalla Corte di cassazione). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2365 del 12 marzo 1985 (Cass. pen. n. 2365/1985)

Nell’ipotesi di una pluralità di reati unificati dal vincolo della continuazione, la determinazione del danno patrimoniale di rilevante gravità — ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 c. p. — deve esser fatta con riferimento a ciascuno dei reati concorrenti, posto che l’unificazione è finzione giuridica solo quoad poenam mantenendo i singoli reati ogni loro caratteristica e particolarità immutata in relazione a qualsiasi altro istituto giuridico. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6997 del 3 agosto 1984 (Cass. pen. n. 6997/1984)

L’aggravante di aver commesso un reato con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione non richiede l’attualità dell’esercizio di tale funzione né la competenza del pubblico ufficiale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2036 del 3 marzo 1984 (Cass. pen. n. 2036/1982)

Le circostanze aggravanti previste dall’art. 61 ai nn. 1 e 2 possono tra loro coesistere, poiché il motivo abietto non si identifica necessariamente e sempre con quello di conseguire l’impunità. Il concorso delle due circostanze aggravanti è pertanto configurabile in concreto, qualora il reato determinante contenga anche i requisiti per qualificare, nel movente abietto, il reato determinato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7482 del 28 luglio 1982 (Cass. pen. n. 8756/1981)

Il croupier di una casa da gioco gestita da un comune non ha la qualifica di incaricato di pubblico servizio perché la gestione del gioco, ancorché esercitata da un ente locale, non è attività diretta al soddisfacimento di bisogni di interesse pubblico. Nel caso che il croupier sottragga cose esistenti nella casa da gioco non è pertanto configurabile l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 8756 del 13 ottobre 1981 (Cass. pen. n. 8756/1981)

L’aggravante della previsione nel delitto colposo è configurabile solo nel caso che l’agente si rappresenti l’evento come mera possibilità, ritenendo di poterlo evitare con propria abilità personale o per l’intervento di altri fattori, mentre si versa in ipotesi di dolo ove si concreti nella realtà un evento previsto, poiché esso, in tal caso, è anche necessariamente desiderato e voluto e non deprecato dall’agente. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 226 del 3 marzo 1971 (Cass. pen. n. 226/1971)

Se pur si debba ritenere che i «delitti determinati da motivi di lucro», cui è applicabile la circostanza aggravante prevista dall’art. 61, n. 7, c.p., possano essere tali anche in concreto, deve escludersi l’applicabilità della suddetta circostanza alle falsità in atto pubblico determinate da motivi di lucro, perché il danno patrimoniale di rilevante gravità, quando si verifichi, non è riferibile alla persona offesa dal reato, che è lo Stato o la società e non il singolo. Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 3 del 22 marzo 1969 (Cass. pen. n. 3/1969)

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