In tema di detenzione di materiale pedopornografico, il giudizio sull’età dei soggetti raffigurati costituisce apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito e, pertanto, sottratto al sindacato di legittimità, se sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 36198 del 6 ottobre 2021 (Cass. pen. n. 36198/2021)
Ai fini della configurabilità del reato di detenzione di materiale pedopornografico non assume rilevanza il fatto che le immagini acquisite non siano immediatamente fruibili dall’agente perché cancellate o volontariamente accantonate in parti non più facilmente accessibili della memoria elettronica degli strumenti informatici. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 24644 del 24 giugno 2021 (Cass. pen. n. 24644/2021)
Il reato di detenzione di materiale pornografico di cui all’art. 600-quater cod. pen. e quello di pornografia minorile ex art. 600-ter cod. pen., che incrimina la produzione di detto materiale, non integrano due distinti illeciti ma due diverse modalità di realizzazione del medesimo reato, con la conseguenza che non possono concorrere tra loro se riguardano il medesimo materiale, mentre può sussistere il concorso se il materiale oggetto della produzione e quello oggetto della detenzione siano diversi. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il concorso tra i due reati in quanto la condotta di detenzione aveva ad oggetto immagini di “repertorio” della vittima e, pertanto, diverse da quelle che l’imputato aveva tentato di produrre fornendo alla minore specifiche indicazioni sulla sua realizzazione). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2252 del 20 gennaio 2021 (Cass. pen. n. 2252/2021)
In tema di detenzione di materiale pedopornografico, è configurabile l’aggravante dell’uso di mezzi atti ad impedire l’identificazione dei dati di accesso alle reti telematiche, di cui all’art. 602-ter, nono comma, cod. pen., nel caso in cui l’agente ponga in essere una qualunque azione volta ad impedire la sua identificazione, eludendo le normali modalità di riconoscimento, a partire da quelle relative all’accesso fisico al computer fino a quelle di inserimento nella rete stessa. (Fattispecie in cui l’imputato aveva adoperato un computer ed un “client” di accesso a lui non riconducibili in quanto appartenenti ad altro soggetto, utilizzando, altresì, identità telematiche – c.d. “nickname” – differenti per operare sulla piattaforma di condivisione di file con modalità “peer-to-peer” denominata “Gigatribe”). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 32166 del 16 novembre 2020 (Cass. pen. n. 32166/2020)
In tema di impugnazioni cautelari, non costituiscono atti, la cui mancata trasmissione rileva ai sensi dell’art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., i supporti informatici riportanti le immagini e i video a contenuto pedopornografico, che rappresentano, infatti, il corpo del reato di cui all’art. 600-quater cod. pen., dovendo invece essere trasmesse al tribunale del riesame le relazioni di servizio della polizia giudiziaria descrittive del contenuto di tali supporti. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 169 del 7 gennaio 2020 (Cass. pen. n. 169/2020)
In tema di valutazione delle prove, la ritrattazione, da parte di un collaboratore di giustizia, di dichiarazioni accusatorie in precedenza rese non costituisce elemento in grado di escluderne l’attendibilità, potendo il giudice legittimamente riconoscere valore probatorio alle stesse, a condizione che eserciti su di esse un controllo più incisivo, esteso ai motivi della variazione del dichiarato, potendo anche ritenere che la ritrattazione si traduca in un ulteriore elemento di conferma delle originarie accuse. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione di condanna fondata su dichiarazioni accusatorie di un collaboratore di giustizia, successivamente ritrattate mediante l’invio di una lettera al difensore dell’imputato, il quale la depositava in copia chiedendo l’escussione del collaborante, richiesta immotivatamente disattesa dal giudice del merito che si limitava a sottolineare che la ritrattazione prodotta in copia era priva di valenza probatoria). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 35680 del 6 agosto 2019 (Cass. pen. n. 35680/2019)
La prova del dolo del reato di detenzione di materiale pedopornografico, di cui all’art. 600-quater cod. pen., può desumersi dal solo fatto che quanto scaricato sia stato collocato in supporti informatici diversi (ad es, nel “cestino” del sistema operativo), evidenziando tale attività una selezione consapevole dei “file”, senza che abbia alcuna rilevanza il fatto che non siano stati effettivamente visionati. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 48175 del 19 ottobre 2017 (Cass. pen. n. 48175/2017)
La configurabilità della circostanza aggravante della “ingente quantità” nel delitto di detenzione di materiale pedopornografico (previsto dall’art. 600-quater, comma secondo, cod. pen.) impone al giudice di tener conto non solo del numero dei supporti informatici detenuti, dato di per sé indiziante, ma anche del numero di immagini, da considerare come obiettiva unità di misura, che ciascuno di essi contiene. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’aggravante in esame risulta configurabile in ipotesi di detenzione di almeno un centinaio di immagini pedopornografiche). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 39543 del 30 agosto 2017 (Cass. pen. n. 39543/2017)
In tema di reato di detenzione di materiale pornografico, le condotte di procurarsi e detenere tale materiale non integrano due distinti reati ma rappresentano due diverse modalità di perpetrazione del medesimo illecito, sì che non possono concorrere tra loro, se riguardano lo stesso materiale; nell’ipotesi, invece, di materiale pedopornografico procurato in momenti diversi e poi detenuto, ricorre la continuazione tra i reati. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la configurazione della continuazione tra reati di cui all’art. 600-quater cod. pen. in una fattispecie in cui era contestata la detenzione di immagini, alcune procurate con accesso alla rete internet, ed altre contenute in diversi dischi fissi). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 38221 del 1 agosto 2017 (Cass. pen. n. 38221/2017)
Integra il delitto di cui all’art. 600-quater cod. proc. pen. l’accertato possesso di “files” pedopornografici successivamente cancellati dalla memoria accessibile del sistema operativo di personal computer, in quanto l’avvenuta cancellazione determina solo la cessazione della permanenza del reato e non, invece, un’elisione “ex tunc” della rilevanza penale della condotta per il periodo antecedente alla eliminazione dei “files” sino a quel momento detenuti. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11044 del 8 marzo 2017 (Cass. pen. n. 11044/2017)
In relazione al delitto di detenzione di materiale pedopornografico, previsto dall’art. 600 quater cod. pen., sebbene non sia ammissibile l’impiego dell’attività di contrasto a mezzo di agente provocatore disciplinata dall’art. 14 della legge 3 agosto 1998 n. 269, è tuttavia legittimo e utilizzabile come prova il sequestro probatorio del corpo di reato, o delle cose pertinenti al reato, eventualmente rinvenuti attraverso siti web “civetta”. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 26432 del 24 giugno 2016 (Cass. pen. n. 26432/2016)
Integra il delitto di detenzione di materiale pedopornografico la cancellazione di “files” pedopornografici, “scaricati” da internet, mediante l’allocazione nel “cestino” del sistema operativo del personal computer, in quanto gli stessi restano comunque disponibili mediante la semplice riattivazione dell’accesso al “file”, mentre solo per i “files” definitivamente cancellati può dirsi cessata la disponibilità e, quindi, la detenzione. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 24345 del 8 giugno 2015 (Cass. pen. n. 24345/2015)
In tema di detenzione di materiale pornografico, la prova che i soggetti raffigurati nelle immagini riproducono effettivamente ragazze minori di anni diciotto può essere desunta anche dai connotati fisici delle adolescenti ritratte e dal prelievo dei “file” da siti “internet” il cui indirizzo “URL” evoca la minore età e denominazioni chiaramente riferibili a bambini o a contenuti pedopornografici. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4678 del 2 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 4678/2015)
La configurabilità della circostanza aggravante della “ingente quantità” nel delitto di detenzione di materiale pedopornografico (art. 600 quater, comma secondo, c.p.) impone al giudice di tener conto non solo del numero dei supporti detenuti, dato di per sé indiziante, ma anche del numero di immagini, da considerare come obiettiva unità di misura, che ciascuno di essi contiene. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto configurabile detta aggravante in una fattispecie di detenzione di 175 DVD contenenti numerosi files pedopornografici). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 17211 del 3 maggio 2011 (Cass. pen. n. 17211/2011)
La responsabilità per il reato di detenzione di materiale pedopornografico è esclusa in capo al soggetto che detto materiale abbia prodotto, sempre che questi sia concretamente punibile per la condotta di produzione. (Fattispecie di ritenuta applicabilità del reato di detenzione a fronte della non ricorribilità del reato di produzione per mancanza del pericolo di diffusione). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11997 del 25 marzo 2011 (Cass. pen. n. 11997/2011)
Integra il reato di detenzione di materiale pedopornografico (art. 600 – quater, c.p.) la semplice visione di immagini pedopornografiche “scaricate” da un sito internet, poiché, per un tempo anche limitato alla sola visione, le immagini sono nella disponibilità dell’agente. (Nella specie, trattavasi di fatto commesso prima delle modifiche introdotte dalla L. 26 febbraio 2006, n. 38).
–
Integra il delitto di detenzione di materiale pedopornografico (art. 600 quater, c.p.) la cancellazione di “files” pedopornografici, “scaricati” da internet, mediante l’allocazione nel “cestino” del sistema operativo del personal computer, in quanto gli stessi restano comunque disponibili mediante la semplice riattivazione dell’accesso al “file”. (In motivazione la Corte ha precisato che solo per i “files” definitivamente cancellati può dirsi cessata la disponibilità e, quindi, la detenzione). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 639 del 13 gennaio 2011 (Cass. pen. n. 639/2011)
La nozione di sfruttamento sessuale del minore di anni diciotto, di cui alla previgente formulazione della norma in tema di detenzione di materiale pornografico (art. 600 quater c. p.), lungi dal caratterizzarsi esclusivamente sul piano economico, va intesa come connotante le condotte di approfittamento della condizione propria del minore. (Nella specie il ricorrente assumeva la diversità, tra loro, della originaria nozione di “sfruttamento” e della successiva nozione di “utilizzo” di persone minori impiegate dalla norma). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 34201 del 22 settembre 2010 (Cass. pen. n. 34201/2010)
La condotta di chi detenga consapevolmente materiale pedopornografico, dopo esserselo procurato (art. 600 quater c.p.), configura un’ipotesi di reato commissivo permanente, la cui consumazione inizia con il procacciamento del materiale e si protrae per tutto il tempo in cui permane in capo all’agente la disponibilità del materiale. (Fattispecie nella quale la Corte, nel disattendere la richiesta del P.G. di parziale annullamento con rinvio per prescrizione, ha individuato il momento di cessazione della permanenza nell’esecuzione della perquisizione domiciliare all’esito della quale venne sequestrato il materiale che l’imputato, facente parte di comunità virtuali pedopornografiche operanti su internet, aveva scaricato in tempi diversi). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 22043 del 10 giugno 2010 (Cass. pen. n. 22043/2010)
Non sono punibili a norma dell’art. 600 quater, c.p. (pornografia virtuale), i fatti commessi in data antecedente all’entrata in vigore della L. 6 febbraio 2006, n. 38, in quanto detta fattispecie, introdotta dall’art. 4 della citata legge, nell’attribuire rilievo anche all’ipotesi in cui il materiale pornografico, oggetto dei delitti di cui agli artt. 600 ter e 600 quater c.p., rappresenti immagini “virtuali”, ha portata innovativa e non meramente ricognitiva e chiarificatrice di significati già ricompresi in alcuna delle predette fattispecie incriminatrici. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 21631 del 8 giugno 2010 (Cass. pen. n. 21631/2010)
La detenzione di materiale pornografico di cui all’art. 600 quater c.p. non riguarda il materiale prodotto dallo stesso soggetto agente, contemplando tale norma, di carattere residuale, tutte quelle condotte consistenti nel procurarsi o detenere materiale pornografico fuori delle ipotesi previste dall’art. 600 ter c.p. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso, in relazione all’art. 600 ter c.p., la configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p. con riguardo al fine di detenere il materiale in precedenza prodotto). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8285 del 3 marzo 2010 (Cass. pen. n. 8285/2010)
È utilizzabile, in relazione al delitto di detenzione di materiale pedopornografico, il sequestro probatorio del computer contenente detto materiale, pur effettuato a seguito di autorizzazione di perquisizione in relazione alla diversa fattispecie criminosa di pornografia minorile, trattandosi di atto dovuto espletato dalla P.G. nell’ambito dei propri poteri e riguardando bene comunque pertinente al reato di detenzione suddetto. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19887 del 11 maggio 2009 (Cass. pen. n. 19887/2009)
In tema di reato di detenzione di materiale pornografico, le condotte di procurarsi e detenere tale materiale non integrano due distinti reati ma rappresentano due diverse modalità di perpetrazione del medesimo reato, sì che non possono concorrere tra loro. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 43189 del 19 novembre 2008 (Cass. pen. n. 43189/2008)
In tema di pornografia minorile, mentre è configurabile il concorso formale tra il delitto di detenzione di materiale pedopornografico e quello di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento di minori, diversamente il concorso è escluso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico e quello di detenzione dello stesso materiale, in quanto la condotta di detenzione rappresenta un antefatto non punibile rispetto a quella di cessione, rimanendo assorbita in quest’ultima. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 36364 del 23 settembre 2008 (Cass. pen. n. 36364/2008)
Integra il reato previsto dall’art. 600 quater c.p. (detenzione di materiale pornografico utilizzando minori degli anni diciotto), la condotta consistente nel procurarsi materiale pedopornografico «scaricato» (cosiddetta operazione di “download”) da un sito internet a pagamento, in quanto il comportamento di chi accede al sito e versa gli importi richiesti per procurarsi il materiale pedopornografico offende la libertà sessuale e individuale dei minori coinvolti come il comportamento di chi lo produce. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha altresì dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma sanzionatoria sollevata dalla difesa per presunta violazione degli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 111 Cost.). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 41570 del 12 novembre 2007 (Cass. pen. n. 41570/2007)
Nel reato di detenzione di materiale pornografico l’elemento oggettivo consiste nelle condotte, tra loro alternative, del procurarsi, che implica qualsiasi modalità di procacciamento compresa la via telematica, e del disporre, che implica un concetto più ampio della detenzione, mentre l’elemento soggettivo, costituito dal dolo diretto, consiste nella volontà di procurarsi o detenere materiale pornografico proveniente dallo sfruttamento dei minori. (Fattispecie relativa al reato di cui all’art. 600 quater c.p. prima delle modifiche operate dall’art. 3 L. n. 38 del 2006, e in cui la volontà di detenzione è risultata integrata dal rinvenimento di «files» pornografici scaricati e salvati nel computer dell’imputato benché successivamente lo stesso avesse cancellato parte di essi).
–
Nel reato di detenzione di materiale pornografico l’elemento oggettivo consiste nelle condotte, tra loro alternative, del procurarsi, che implica qualsiasi modalità di procacciamento compresa la via telematica, e del disporre, che implica un concetto più ampio della detenzione, mentre l’elemento soggettivo, costituito dal dolo diretto, consiste nella volontà di procurarsi o detenere materiale pornografico proveniente dallo sfruttamento dei minori. (Fattispecie relativa al reato di cui all’art. 600 quater c.p. prima delle modifiche operate dall’art. 3 L. n. 38 del 2006, e in cui la volontà di detenzione è risultata integrata dal rinvenimento di « files» pornografici scaricati e salvati nel computer dell’imputato benché successivamente lo stesso avesse cancellato parte di essi). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 41067 del 8 novembre 2007 (Cass. pen. n. 41067/2007)
L’indulto previsto dall’art. 1, comma secondo, n. 16, della L. 31 luglio 2006, n. 241, non si applica alle pene inflitte per il delitto di detenzione di materiale pornografico di cui all’art. 600 quater, c.p., in quanto la limitazione dell’esclusione del beneficio dell’indulto alla sola ipotesi aggravata costituita dalla detenzione di materiale pornografico di ingente quantità, prevista nell’art. 600 quater, comma secondo, c.p., deve essere riferita alla sola fattispecie di reato costituita dalla detenzione di materiale pornografico di natura virtuale prevista dall’art. 600 quater n. 1, c.p., e non anche all’ipotesi di detenzione di materiale pornografico di natura reale contemplata dall’art. 600 quater, c.p. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 32179 del 7 agosto 2007 (Cass. pen. n. 32179/2007)
In tema di reati relativi alla pornografia minorile, mentre il delitto di cui all’art. 600 ter, comma primo, c.p., ha natura di reato di pericolo concreto, la fattispecie di cui all’art. 600 quater c.p. (anche nella formulazione applicabile al caso di specie, anteriore a quella introdotta con la legge n. 38 del 2006), richiede la mera consapevolezza della detenzione del materiale pedo-pornografico, senza che sia necessario il pericolo della sua diffusione ed infatti tale fattispecie ha carattere sussidiario rispetto alla più grave ipotesi delittuosa della produzione di tale materiale a scopo di sfruttamento. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 20303 del 14 giugno 2006 (Cass. pen. n. 20303/2006)
In relazione al delitto di detenzione di materiale pedopornografico, i risultati delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento sono utilizzabili nell’ambito delle indagini preliminari, al fine di acquisire ulteriori fonti probatorie mediante una perquisizione ed il relativo sequestro del materiale. In tal caso, il sequestro risulta legittimo anche se i decreti emessi dal P.M. siano stati adottati ipotizzando la fattispecie criminosa di cui all’art. 600 ter c.p., diversa da quella per la quale l’indagato è sottoposto ad indagini (art. 604 quater c.p.), trattandosi di cose obiettivamente sequestrabili e soggette a confisca obbligatoria, con conseguente applicazione del principio male captum bene retentum Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 41957 del 22 novembre 2005 (Cass. pen. n. 41957/2005)
In tema di reati contro la libertà sessuale, non può essere svolta attività di contrasto attraverso l’agente provocatore per l’accertamento di elementi di prova in ordine al reato di detenzione di materiale pedopornografico e conseguentemente gli elementi di prova acquisiti sono inutilizzabili in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell’art. 191 c.p.p., ivi compresa la fase delle indagini preliminari. (La Corte ha altresì affermato che la situazione è mutata per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, il quale fa salva al comma secondo la disciplina dettata dall’art. 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 37074 del 22 settembre 2004 (Cass. pen. n. 37074/2004)
Al fine di configurare il reato di cui all’art. 600 quater c.p. è necessario che si disponga o ci si procuri materiale pornografico ottenuto mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, atteso che nel nostro ordinamento, dal punto di vista generale, è lecita la detenzione di materiale pornografico stante la sua differenziazione da quello pedopornografico. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 36390 del 23 settembre 2003 (Cass. pen. n. 36390/2003)