Art. 589 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Omicidio colposo

Articolo 589 - codice penale

(1) Chiunque cagiona per colpa (43) la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme [sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle] (2) per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni (3) (4) (5).
Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni (6).
Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
2) soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (7).
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni (582) di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici (4) (8).

Articolo 589 - Codice Penale

(1) Chiunque cagiona per colpa (43) la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme [sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle] (2) per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni (3) (4) (5).
Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni (6).
Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
2) soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (7).
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni (582) di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici (4) (8).

Note

(1) A norma dell’art. 590 sexies, comma 2, c.p., come inserito dall’art. 6, comma 1, della L. 8 marzo 2017, n. 24, qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
(2) Le parole fra parentesi quadrate sono state soppresse dall’art. 1, comma 3, lett. c), della L. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016.
(3) La parola: «cinque» è stata così sostituita dall’attuale: «sette» dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125.
(4) A norma dell’art. 157, sesto comma, c.p., i termini di prescrizione sono raddoppiati per i reati di cui a questo comma.
(5) Questo comma è stato così sostituito dall’art. 2, comma 1, della L. 21 febbraio 2006, n. 102.
(6) Questo comma è stato inserito dall’art. 12, comma 2, della L. 11 gennaio 2018, n. 3.
(7) Questo comma, inserito dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125, è stato abrogato dall’art. 1, comma 3, lett. d), della L. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016.
(8) Le parole: «anni dodici» sono state così sostituite dalle attuali: «anni quindici» dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 3), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125.

Tabella procedurale

Arresto: facoltativo in flagranza, salvo le deroghe riportate in nota.381 c.p.p.
Fermo di indiziato di delitto: primo comma, non consentito; secondo, terzo e quinto comma, consentito.384 c.p.p.
Misure cautelari personali: consentite.280287 c.p.p.
Autorità giudiziaria competente: Tribunale monocratico.33 ter c.p.p.
Procedibilità: d’ufficio.50 c.p.p.

Massime

In tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, il rispetto del limite massimo di velocità consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell’evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall’art. 141 cod. strada. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo, ai danni di un pedone, del conducente che, pur viaggiando a velocità moderata, aveva omesso, attese le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilità, di tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo il pedone ed arrestare il mezzo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7093 del 24 febbraio 2021 (Cass. pen. n. 7093/2021)

In tema di reati commissivi colposi, non è ravvisabile la colpa specifica del responsabile del tiro a segno che consegni a soggetto sprovvisto del certificato medico richiesto dalla normativa di settore, l’arma con cui questi poi si suicidi, perché la norma cautelare che impone il rilascio e l’esibizione, in sede di iscrizione al poligono, del certificato medico propedeutico al maneggio delle armi, è tesa a prevenire il pericolo di commissione di atti pregiudizievoli verso terzi e non di comportamenti autolesivi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3911 del 2 febbraio 2021 (Cass. pen. n. 3911/2021)

In tema di colpa omissiva, il gestore della pista da sci conserva una posizione di garanzia, con riguardo alla predisposizione di protezioni e misure di sicurezza, anche qualora la pista sia utilizzata per la pratica agonistica, consistente sia in allenamenti che in gare, in quanto tale obbligo è complementare a quello degli organizzatori della gara, essendo entrambi tenuti a valutare l’idoneità delle protezioni perimetrali al fine di garantire la sicurezza degli atleti. (Fattispecie relativa alla morte di uno sciatore, verificatasi nel corso di un allenamento, causata dall’impatto contro un palo posto a bordo pista senza adeguate protezioni). Cassazione penale, Sez. fer., sentenza n. 27923 del 7 ottobre 2020 (Cass. pen. n. 27923/2020)

Colui che consenta, a soggetto che non abbia conseguito la patente di guida, di condurre un veicolo nella propria disponibilità, risponde, in caso di morte cagionata dalla condotta di guida imprudente del conducente, di omicidio colposo, versando in colpa specifica per l’inosservanza della norma di cui all’art. 116, comma 14, cod. strada, volta ad evitare il rischio non solo della condotta imperita, ma anche di quella imprudente, del conducente privo di abilitazione. Cassazione penale, Sez. IV., sentenza n. 9208 del 9 marzo 2020 (Cass. pen. n. 9208/2020)

In tema di colpa medica, in caso di lavoro in “equipe” e, più in generale, di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta ed al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare aprioristicamente una responsabilità di gruppo, in particolare quando i ruoli ed i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti tra loro, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione degli spazi di competenza altrui. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la responsabilità del chirurgo che, in mancanza di un previo accertamento diagnostico che escludesse la possibilità di una tubercolosi, aveva eseguito, su decisione concordata dal primario pediatra e dal primario chirurgo, un intervento su un minore, poi deceduto a causa di sopravvenuta infezione polmonare). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 49774 del 9 dicembre 2019 (Cass. pen. n. 49774/2019)

In caso di omicidio colposo di persona già affetta da malattia, l’azione dell’imputato deve considerarsi in rapporto di causalità con l’evento quando risulti dimostrato che essa abbia prodotto un trauma che ha influito sulla evoluzione dello stato morboso, provocando o accelerando la morte, mentre va escluso il rapporto di causalità quando si accerti che il trauma non era, nemmeno in via indiretta, sufficiente a cagionare l’evento letale. (Fattispecie in cui, in un caso di investimento della vittima, che decedeva dopo varie settimane dal fatto, la Corte ha riconosciuto il nesso causale tra la condotta dell’agente ed il decesso, atteso che questo era dovuto ai politraumatismi e alla frattura scomposta del bacino derivanti dal fatto, mentre la pregressa patologia da cui la vittima era affetta – una neoplasia mammaria con metastasi ossee – non rivestiva il ruolo di causa che da sola potesse escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa dell’imputato e l’evento morte). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 49773 del 9 dicembre 2019 (Cass. pen. n. 49773/2019)

In tema di reato colposo, devono intendersi norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro – la cui violazione integra le circostanze aggravanti di cui all’art. 589, secondo comma, e 590, terzo comma, cod. pen. – non soltanto quelle contenute nelle leggi specificamente dirette ad essa, ma anche tutte le altre che, direttamente o indirettamente, perseguono il fine di evitare incidenti sul lavoro o malattie professionali e che, in genere, tendono a garantire la sicurezza del lavoro in relazione all’ambiente in cui esso deve svolgersi. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure il riconoscimento, operato dalla sentenza impugnata, della circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’art. 589 cod. pen. in relazione al decesso di un operaio, incaricato della riparazione di un autoclave dal proprietario di un’abitazione, verificatosi in conseguenza della mancanza nell’impianto elettrico del cd. “salvavita”, precisando che il d.m. 22 gennaio 2008, n. 37, reca prescrizioni volte a garantire la sicurezza dei lavori attinenti agli impianti, sia per i lavoratori che per gli utilizzatori). (Conf. n. 1146/1984, Rv. 167681). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 33244 del 24 luglio 2019 (Cass. pen. n. 33244/2019)

Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26906 del 18 giugno 2019 (Cass. pen. n. 26906/2019)

In caso di affidamento di lavori in appalto o a lavoratori autonomi, l’obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contemporaneamente, di cui all’art. 7 D.L.vo 17 settembre 1994, n. 626, grava sul datore di lavoro committente, cioè su colui che ha la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo. (Fattispecie relativa al decesso di lavoratori di un autolavaggio, durante le operazioni di pulizia di una cisterna, a causa dell’inalazione di residui di zolfo presenti al suo interno, in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva affermato la sola responsabilità del titolare dell’autolavaggio, escludendo quella del titolare della società trasportatrice, che conduceva in locazione finanziaria la cisterna di cui aveva commissionato le operazioni di bonifica a soggetto privo della necessaria idoneità tecnica e professionale, senza informarlo dei rischi connessi alla presenza dei residui di zolfo, e quella del titolare della società produttrice di acido solforico che per il trasporto dello stesso aveva pattuito con la società trasportatrice l’uso di tale cisterna, previa bonifica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12876 del 25 marzo 2019 (Cass. pen. n. 12876/2019)

In tema di omicidio colposo, in relazione alla formulazione dell’art. 589 cod. pen. come risultante dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv. in legge 24 luglio 2008, n. 125 – anteriore all’introduzione, ex art. 1, comma 1 e 2, legge 23 marzo 2016, n. 41, delle nuove fattispecie autonome dell’omicidio stradale e delle lesioni personali stradali gravi e gravissime – è configurabile il concorso materiale tra l’omicidio colposo qualificato dalla circostanza aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale, quando detta violazione dia di per sé luogo ad un illecito contravvenzionale, e le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze stupefacenti . Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32221 del 13 luglio 2018 (Cass. pen. n. 32221/2018)

La condotta di guida in stato di ebbrezza alcolica costituisce circostanza aggravante dei delitti di omicidio stradale e di lesioni stradali gravi o gravissime, dovendosi conseguentemente escludere, in applicazione della disciplina del reato complesso, che gli stessi possano concorrere con la contravvenzione di cui all’art. 186 cod. strada. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26857 del 18 giugno 2018 (Cass. pen. n. 22022/2018)

In tema di reato colposo, per norme sulla disciplina per la prevenzione di infortuni sul lavoro si intendono sia quelle contenute nelle leggi specificamente dirette ad essa, sia quelle che, direttamente o indirettamente, perseguono il fine di prevenire malattie professionali e che, in genere, tendono a garantire i lavoratori in relazione ad agenti nocivi presenti nell’ambiente di lavoro. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 22022 del 18 maggio 2018 (Cass. pen. n. 22022/2018)

Il medico in posizione apicale che abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, non risponde dell’evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto col principio costituzionale di personalità della responsabilità penale. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha escluso la responsabilità penale di un primario di reparto per l’omicidio colposo di un paziente che non aveva visitato personalmente, verificatosi nell’arco di dieci giorni, senza che in tale ambito temporale gli fosse segnalato nulla dai medici della struttura). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18334 del 26 aprile 2018 (Cass. pen. n. 18334/2018)

In tema di distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente e con riferimento ad eventi lesivi connessi alla circolazione stradale, occorre rifuggire dalla tendenza a ricondurre nel fuoco del dolo ogni comportamento improntato a grave azzardo, quasi che la distinzione tra dolo e colpa fosse basata su un dato “quantitativo” correlato alla maggiore o minore sconsideratezza alla guida (nel senso che alla maggiore sconsideratezza corrisponderebbe un maggiore tasso di rappresentazione e volizione), dovendo invece detta distinzione basarsi essenzialmente su un accurato esame delle specificità del caso concreto, attraverso il quale pervenire al dato differenziale di fondo, ossia l’attribuibilità o meno al soggetto attivo di un atteggiamento di volizione dell’evento lesivo o mortale, inteso (tale atteggiamento) in senso ampio, ossia comprensivo dell’accettazione consapevole della concreta eventualità del verificarsi di quell’evento in conseguenza della condotta posta in essere. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha escluso che potesse sanzionarsi a titolo di dolo eventuale anziché di colpa cosciente la condotta di un soggetto che, avendo imboccato contromano e ad alta velocità, in ora notturna, una strada buia, così esponendosi a gravi pericoli anche per la propria incolumità, aveva investito un pedone, cagionandone la morte). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 14663 del 30 marzo 2018 (Cass. pen. n. 14663/2018)

In tema di omicidio colposo, sussiste il nesso di causalità tra l’intempestiva diagnosi di una malattia tumorale e il decesso del paziente, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove dal giudizio controfattuale risulti l’alta probabilità logica che la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie atte a incidere positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che la morte si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 50975 del 8 novembre 2017 (Cass. pen. n. 44622/2017)

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico subentrante nel turno che, omettendo di consultare la cartella clinica informatizzata, in un caso di “riferita ingestione di osso di pollo”, ometteva di disporre l’esame endoscopico del paziente, poi deceduto per shock emorragico provocato dal corpo estraneo infisso nella parete dell’esofago). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 44622 del 27 settembre 2017 (Cass. pen. n. 44622/2017)

Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 43476 del 21 settembre 2017 (Cass. pen. n. 43476/2017)

In tema di responsabilità colposa da sinistri stradali, l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ragionevolmente prevedibile la presenza, di sera, in una strada cittadina poco illuminata, in un punto situato nei pressi di una fermata della metropolitana, di persone intente all’attraversamento pedonale nonostante l’insistenza “in loco” di apposito sottopassaggio). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25552 del 23 maggio 2017 (Cass. pen. n. 25552/2017)

In tema di omicidio colposo, la fattispecie disciplinata dall’art. 589 u.c. (morte di più persone, ovvero morte di una o più persone e lesioni di una o più persone) non costituisce un’autonoma figura di reato complesso, né dà luogo alla previsione di circostanza aggravante rispetto al reato previsto dall’art. 589, comma primo, cod. pen., ma prevede un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo “quoad poenam”, con la conseguenza che ogni fattispecie di reato conserva la propria autonomia e distinzione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 20340 del 28 aprile 2017 (Cass. pen. n. 20340/2017)

In tema di infortuni sul lavoro, ai sensi dell’art. 299, D.Lgs. n. 81 del 2008, la posizione di garanzia grava anche su colui che, non essendone formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicchè l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per il decesso di un lavoratore perchè assumendo il compito di organizzare e dirigere un sopralluogo, per conto del datore di lavoro, aveva assunto anche l’obbligo di garantire la sicurezza dei partecipi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18090 del 10 aprile 2017 (Cass. pen. n. 18090/2017)

In tema di infortuni sul lavoro, in presenza di patologie neoplastiche multifattoriali, la sussistenza del nesso causale non può essere esclusa sulla sola base di un ragionamento astratto di tipo deduttivo, che si limiti a prendere atto della ricorrenza di un elemento causale alternativo di innesco della malattia, dovendosi procedere ad una puntuale verifica – da effettuarsi in concreto ed in relazione alle peculiarità della singola vicenda – in ordine all’efficienza determinante dell’esposizione dei lavoratori a specifici fattori di rischio nel contesto lavorativo nella produzione dell’evento fatale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12175 del 14 marzo 2017 (Cass. pen. n. 12175/2017)

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nell’ipotesi di noleggio “a caldo” di macchinari anche il noleggiatore risponde delle conseguenze dannose derivanti dall’inosservanza delle norme antinfortunistiche relative all’utilizzo del macchinario noleggiato. (In applicazione del suddetto principio la S.C. ha ritenuto configurabile la concorrente responsabilità dell’imputato, titolare dell’impresa, che, a conoscenza dei lavori da eseguire, aveva noleggiato un mezzo inadeguato). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38071 del 13 settembre 2016 (Cass. pen. n. 38071/2016)

L’appaltatore di lavori, in base al principio del “neminem laedere”, deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare danni alle persone, non soltanto nel periodo di esecuzione delle opere appaltate, ma anche nella fase successiva, permanendo l’obbligo di non lasciare senza custodia le situazioni di grave pericolo che gli siano note. (Fattspecie nella quale la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo, pronunciata a carico del titolare della ditta appaltatrice che, dopo aver eseguito alcuni lavori nel vano ascensore di uno stabile, ancora privo della cabina elevatrice, aveva omesso di predisporre cautele idonee ad impedirvi l’accesso, determinando la caduta ed il decesso di un minore). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24692 del 14 giugno 2016 (Cass. pen. n. 24692/2016)

La relazione causale tra la violazione delle prescrizioni dirette a garantire la sicurezza degli ambienti di lavoro e gli infortuni che concretizzano i fattori di rischio avuti di mira dalle prescrizioni violate sussiste indipendentemente dall’attualità della prestazione lavorativa, e quindi anche nei momenti di pausa, riposo o sospensione dell’attività. (Nella fattispecie, relativa alla morte di un lavoratore determinata dallo smottamento delle pareti di una trincea scavata per la posa in opera di tubi fognari, la Corte ha ritenuto la rilevanza causale del mancato allestimento delle armature prescritte dal piano di sicurezza e dalle norme di legge, nonostante lo smottamento si fosse verificato quando la vittima era scesa nello scavo per soddisfare un bisogno fisiologico). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 42501 del 16 ottobre 2013 (Cass. pen. n. 42501/2013)

In tema di omicidio colposo in danno di lavoratori esposti ad amianto, non è sufficiente per ritenere sussistente il nesso di causalità affermare che l’esposizione a polveri di amianto viene indicata da leggi scientifiche universali e probabilistiche come causa dell’asbestosi, del tumore polmonare, del mesoltelioma pleurico e delle placche pleuriche, essendo, invece necessario accertare che la malattia che ha afflitto il singolo lavoratore sia insorta, si sia aggravata o si sia manifestata in un più breve periodo di latenza per effetto dell’esposizione a rischio, così come verificata. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di assoluzione di un dirigente di un’azienda per non essere stato provato il nesso di causalità tra la sua condotta, omissiva delle misure a tutela dei lavoratori esposti ad amianto, e l’evento morte di un operaio, avendo il predetto dirigente assunto la posizione di garanzia per appena sei mesi ed in un periodo in cui vi era anche stata contrazione dell’orario di lavoro, rispetto alla durata complessiva dell’esposizione alle polveri di amianto del lavoratore deceduto). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 30206 del 12 luglio 2013 (Cass. pen. n. 30206/2013)

In tema di omicidio colposo, rispondono della morte per annegamento di un minore sia l’educatrice addetta all’accompagnamento dello stesso, la quale, in violazione del dovere di costante vigilanza, si sia allontanata dalla piscina per attendere momentaneamente alle esigenze di altro minore facente parte del gruppo affidatole, omettendo la cautela di farlo uscire dall’acqua, sia l’assistente bagnanti dell’impianto sportivo, che, con inosservanza di doverose regole di accortezza comportamentale, non si sia posizionata adeguatamente per tenere sotto controllo tutta l’area sottoposta alla sua vigilanza, non accorgendosi, pertanto, del malore della vittima. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24165 del 4 giugno 2013 (Cass. pen. n. 24165/2013)

In tema di omicidio, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di contrafattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo) Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18573 del 24 aprile 2013 (Cass. pen. n. 18573/2013)

In tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità di un motociclista per l’investimento di un anziano pedone i cui movimenti erano agevolmente avvistabili). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10635 del 7 marzo 2013 (Cass. pen. n. 10635/2013)

In tema di delitti contro la persona, il criterio distintivo tra la fattispecie di interruzione colposa della gravidanza e quella di omicidio colposo si individua nell’inizio del travaglio e, dunque, nel raggiungimento dell’autonomia del feto. (Fattispecie nella quale, ai fini dell’integrazione del reato di omicidio colposo, è stato ritenuto che la morte era sopraggiunta a travaglio iniziato quando il feto, benché ancora nell’utero, aveva raggiunto una propria autonomia con la rottura del sacco contenente il liquido amniotico). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7967 del 19 febbraio 2013 (Cass. pen. n. 7967/2013)

In tema di omicidio colposo, la fattispecie disciplinata dall’art. 589 u.c. non costituisce un’autonoma figura di reato complesso, né dà luogo alla previsione di circostanza aggravante rispetto al reato previsto dall’art. 589, comma primo, c.p., ma prevede un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo ‘quoad poenam’, con la conseguenza che ogni fattispecie di reato conserva la propria autonomia e distinzione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35805 del 3 ottobre 2011 (Cass. pen. n. 35805/2011)

Risponde dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose il funzionario della polizia di Stato che, nonostante la pericolosità del richiedente, evidenziata da numerosi atti del commissariato da lui diretto, abbia rilasciato la licenza di porto d’armi ad un soggetto resosi successivamente autore di una sparatoria che abbia provocato la morte di due persone e il ferimento di altre quattro. (La Corte ha precisato che la discrezionalità del potere di valutazione del funzionario trova un limite insuperabile di ragionevolezza nelle situazioni di chiara ed evidente incompatibilità tra il profilo comportamentale del richiedente e la necessità assoluta che il medesimo soggetto sia fornito di una capacità di autocontrollo tale da scongiurare ogni abuso dell’arma). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34748 del 27 settembre 2010 (Cass. pen. n. 17601/2010)

I soci e gli amministratori di una ditta di autotrasporti rispondono di omicidio colposo qualora il conducente di uno degli autocarri di proprietà della ditta provochi un incidente mortale determinato dalla stanchezza, perché non sono stati rispettati i tempi massimi di guida dei conducenti loro sottoposti, creando così condizioni tali da rendere “prevedibile” il verificarsi di incidenti, determinati da colpi di sonno o da inefficienza fisica del conducente. (Nella specie, l’autotrasportatore si era fermato a fari spenti sulla corsia di sorpasso, a causa di un colpo di sonno, dovuto a serrati turni di lavoro, cagionando la morte del conducente di un’autovettura che sopraggiungeva). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21810 del 8 giugno 2010 (Cass. pen. n. 17601/2010)

In materia di omicidio colposo, l’automobilista il quale per colpa – consistita in violazione di regole di prudenza e delle norme sulla circolazione, sbandi ripetutamente e si arresti, alla fine, ponendosi di traverso sulla carreggiata di una strada (tanto più se a rapido scorrimento) – pone in essere, con la sua condotta, una condizione necessaria dell’arresto del traffico e delle successive eventuali collisioni sempre che non sia ravvisabile l’intervento di fattori anomali, eccezionali ed atipici che interrompano il legame di imputazione del fatto alla sua condotta colposa sì da relegarlo a mera occasione. In tal caso, il conducente pone in essere un fattore causale originario di rischio (ostruzione della carreggiata) dei successivi eventi collisivi, e l’eventuale condotta colposa (eccessiva velocità o mancato rispetto della distanza di sicurezza) dei guidatori dei veicoli sopraggiunti, seppure sinergica, non può ritenersi da sola sufficiente a determinare l’evento non essendo qualificabile come atipica ed eccezionale ma potendo, bensì, collocarsi nell’ambito della prevedibilità.

Risponde di omicidio colposo, il capo cantoniere dell’A.n.a.s., addetto alla sorveglianza di un tratto di strada statale, che, in violazione dei compiti previsti dall’art. 8 D.P.R. 11 dicembre 1981, n. 1126, ometta di provvedere in relazione alla presenza di un albero posto a meno di sei metri dal confine stradale, cagionando così la morte di un automobilista, che fuoriuscito dalla sede stradale andava ad impattare contro il suddetto ostacolo fisso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 17601 del 7 maggio 2010 (Cass. pen. n. 17601/2010)

In materia di omicidio colposo, l’automobilista il quale per colpa – consistita in violazione di regole di prudenza e delle norme sulla circolazione, sbandi ripetutamente e si arresti, alla fine, ponendosi di traverso sulla carreggiata di una strada (tanto più se a rapido scorrimento) – pone in essere, con la sua condotta, una condizione necessaria dell’arresto del traffico e delle successive eventuali collisioni sempre che non sia ravvisabile l’intervento di fattori anomali, eccezionali ed atipici che interrompano il legame di imputazione del fatto alla sua condotta colposa sì da relegarlo a mera occasione. In tal caso, il conducente pone in essere un fattore causale originario di rischio (ostruzione della carreggiata) dei successivi eventi collisivi, e l’eventuale condotta colposa (eccessiva velocità o mancato rispetto della distanza di sicurezza) dei guidatori dei veicoli sopraggiunti, seppure sinergica, non può ritenersi da sola sufficiente a determinare l’evento non essendo qualificabile come atipica ed eccezionale ma potendo, bensì, collocarsi nell’ambito della prevedibilità. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10676 del 18 marzo 2010 (Cass. pen. n. 10676/2010)

In tema di colpa professionale, il medico, che all’interno di una struttura sanitaria ospedaliera, venga chiamato per un consulto specialistico, ha gli stessi doveri professionali del medico che ha in carico il paziente presso un determinato reparto, non potendo esimersi da responsabilità adducendo di essere stato chiamato solo per valutare una specifica situazione. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui due anestesisti chiamati ad intervenire per la presenza di una epiglottide, dopo aver visitato la paziente, richiedevano l’intervento dell’otorino e si allentavano dal reparto, omettendo di intubare la paziente per prevenire il rischio di completa ostruzione delle vie respiratorie). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3365 del 26 gennaio 2010 (Cass. pen. n. 3365/2010)

In tema di circolazione stradale, il conducente che impegna un incrocio senza diritto di precedenza può invocare, come esimente di responsabilità per il sinistro causato, la precedenza cronologica, cosiddetta “di fatto”, a condizione che sussistessero le condizioni per effettuare l’attraversamento con assoluta sicurezza e senza porre in essere alcun rischio per la circolazione. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto la responsabilità del guidatore gravato dall’obbligo di precedenza poichè aveva continuato ad impegnare l’incrocio anche dopo che l’altro mezzo era entrato nel suo campo visivo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38671 del 5 ottobre 2009 (Cass. pen. n. 38154/2009)

Risponde di omicidio colposo il cardiologo, che attesti l’idoneità alla pratica sportiva agonistica di un atleta, in seguito deceduto nel corso di un incontro ufficiale di calcio a causa di una patologia cardiologia (nella specie, “cardiomiopatia ipertrofica”), non diagnosticata dal sanitario per l’omessa effettuazione di esami strumentali di secondo livello che, ancorché non richiesti dai protocolli medici, dovevano ritenersi necessari in presenza di anomalie del tracciato elettrocardiografico desumibili dagli esami di primo livello. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 38154 del 29 settembre 2009 (Cass. pen. n. 38154/2009)

Si configura una responsabilità per omicidio colposo, a carico del soggetto che assiste al parto per la perdita della vita del feto, pur se la fase espulsiva non sia ancora terminata, quando la morte sia causata da imprudenza, negligenza o imperizia, perché l’autonoma vita biologica ha inizio con la rottura del sacco delle acque amniotiche. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35027 del 9 settembre 2009 (Cass. pen. n. 25437/2009)

Il gestore di un ristorante non risponde del delitto di omicidio colposo in relazione all’annegamento di un cliente che si sia tuffato nella piscina dell’esercizio, nonostante questa, palesemente, non fosse fruibile nelle ore serali per assenza di illuminazione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25437 del 17 giugno 2009 (Cass. pen. n. 25437/2009)

La responsabilità penale di ciascun componente di una “equipe” medica per il decesso del paziente sottoposto ad intervento chirurgico non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito alla “equipe” nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di verifica, in concreto, dei limiti oltre che del suo operato, anche di quello degli altri. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 19755 del 8 maggio 2009 (Cass. pen. n. 19755/2009)

In tema di colpa nella circolazione stradale, il conducente tenuto a cedere la precedenza deve astenersi dall’intraprendere una manovra di esito incerto ed attendere il momento più propizio per eseguirla, con la conseguenza che ogni errore di calcolo deve essere posto a suo carico. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10788 del 11 marzo 2009 (Cass. pen. n. 1866/2009)

In tema di colpa professionale medica, ai fini dell’affermazione di responsabilità penale, in relazione al decesso di una paziente, dei medici operanti – non in posizione apicale – all’interno di una struttura sanitaria complessa, a titolo di colpa omissiva, è priva di rilievo la mera instaurazione del c.d. rapporto terapeutico, occorrendo accertare la concreta organizzazione della struttura, con particolare riguardo ai ruoli, alle sfere di competenza ed ai poteri-doveri dei medici coinvolti nella specifica vicenda. (Fattispecie nella quale si contestava a due medici di guardia in servizio presso una struttura sanitaria operante all’interno di una Casa circondariale, succedutisi nel compimento di singoli atti diagnostici o terapeutici, di non avere diagnosticato per tempo la tubercolosi dalla quale era affetta una detenuta, avendo omesso di eseguire gli accertamenti diagnostici e la visita infettivologica prescritti da un medico consulente esterno). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1866 del 19 gennaio 2009 (Cass. pen. n. 1866/2009)

In tema di colpa medica, il componente dell’equipe incaricato di eseguire un intervento chirurgico è titolare di una posizione di garanzia, e deve essere effettivamente presente in sala operatoria, onde avere una visione diretta dell’intervento e garantire una più attenta percezione delle problematiche eventualmente insorte. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta inadeguata la partecipazione dell’ “assistente di campo” del chirurgo ad un intervento eseguito in laparoscopia, da una sala posta accanto alla sala operatoria). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 47490 del 22 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 47490/2008)

Integra il reato di omicidio colposo la condotta del direttore di un albergo che non inibisca materialmente ai clienti l’accesso alla piscina negli orari in cui non è garantito il servizio di salvataggio, ma si limiti ad esporre il regolamento di utilizzo della medesima contenente un divieto in tal senso, qualora degli ospiti vi anneghino facendo il bagno nell’orario non consentito. (In motivazione la Corte ha precisato che l’avventato comportamento dei clienti doveva ritenersi prevedibile dal direttore dell’albergo, che dunque non poteva ritenere assolto l’obbligo connesso alla sua posizione di garanzia attraverso l’affidamento nella scrupolosa osservanza del regolamento della piscina da parte dei medesimi). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 45698 del 10 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 45698/2008)

Il legale rappresentante della società che gestisce un complesso turistico in cui è presente una piscina è titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità degli utilizzatori della medesima e pertanto risponde del reato di omicidio colposo nel caso di annegamento di un minore a causa della insufficiente manutenzione dell’impianto e della non predisposizione di un presidio di salvataggio continuativo durante il funzionamento dello stesso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 45006 del 3 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 45006/2008)

Integra il reato di omicidio colposo la condotta dell’amministratore della società proprietaria di uno stabile e del soggetto incaricato della manutenzione del medesimo i quali omettano di predisporre le cautele necessarie a rendere palese un’insidia presente nell’immobile, la cui mancata visibilità determini la caduta di uno degli inquilini cagionandone la morte. (In motivazione la Corte ha precisato che, pur non operando agli effetti penali il disposto di cui all’art. 2051 c.c., in assenza di specifiche norme cautelari la pertinenza della cosa produttiva dell’evento lesivo alla normale disponibilità di colui che ne abbia la custodia impone una valutazione particolarmente attenta dell’osservanza da parte del medesimo degli obblighi cautelari sanciti dalle regole di comune prudenza ). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 40243 del 28 ottobre 2008 (Cass. pen. n. 40243/2008)

Il medico è titolare di una posizione di garanzia a tutela della salute dei pazienti affidati alle sue cure, che non può ritenersi in alcun modo ridimensionata dall’eventualità che in concreto il paziente sia a sua volta un medico e che il medesimo abbia cercato di influenzare il collega sulla diagnosi da adottare. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37992 del 3 ottobre 2008 (Cass. pen. n. 37992/2008)

Integra il reato d’omicidio colposo la condotta di colui cui è rimessa la custodia di un luogo che, ancorchè in seguito ad un ordine legittimamente impartitogli, se ne allontani senza aver predisposto le cautele necessarie a prevenire in sua assenza i pericoli che ivi sussistano per l’incolumità delle persone, qualora, in conseguenza dell’omissione, nel medesimo luogo si verifichi la morte di una persona. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità, per la morte di un bambino caduto nella vasca di raccolta delle acque di un mattatoio, del custode del luogo, che, allontanatosi su ordine del superiore gerarchico per svolgere accertamenti ispettivi presso una macelleria, non aveva provveduto a dotare il coperchio della vasca di un accorgimento di chiusura idoneo ad impedirne il sollevamento in sua assenza ). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34771 del 8 settembre 2008 (Cass. pen. n. 34771/2008)

In tema di circolazione stradale, il conducente del veicolo tenuto a cedere la precedenza nell’impegnare un crocevia deve usare la prudenza e diligenza necessarie ad eseguire in sicurezza la manovra di attraversamento, non potendo fare affidamento sul fatto che i veicoli favoriti siano a loro volta gravati dall’obbligo di rallentare in prossimità dell’incrocio, giacché l’eccessiva velocità di questi ultimi, se non costituisce un fatto sopravvenuto, può rappresentare soltanto una causa concorrente dell’incidente eventualmente occorso, di per sé non sufficiente ad escludere la responsabilità dello stesso conducente. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 33385 del 12 agosto 2008 (Cass. pen. n. 26131/2008)

In tema di responsabilità da sinistri stradali, l’utente della strada deve regolare la propria condotta in modo che essa non costituisca pericolo per la sicurezza di persone e cose, tenendo anche conto della possibilità di comportamenti irregolari altrui, sempre che questi ultimi non risultino assolutamente imprevedibili. (Nella specie, è stata esclusa la colpa generica del conducente dell’autovettura coinvolta in un sinistro stradale cui era seguita la morte della persona trasportata, perché si è ritenuto che i conducente dell’altra autovettura aveva provocato imprevedibilmente l’incidente, ponendosi alla guida in stato d’etilismo acuto che non gli consentiva di controllare adeguatamente la marcia del proprio veicolo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 26131 del 30 giugno 2008 (Cass. pen. n. 26131/2008)

In tema di colpa medica, la preparazione del composto medicinale da somministrare rientra tra i compiti del medico chirurgo, che deve controllarne la correttezza anche nel caso in cui ne deleghi l’esecuzione materiale a persona competente. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24360 del 16 giugno 2008 (Cass. pen. n. 24360/2008)

In tema di colpa professionale, il medico ha l’obbligo di assumere dal paziente ovvero, se ciò non è possibile, da altre fonti affidabili, tutte le informazioni necessarie al fine di garantire la correttezza del trattamento chirurgico praticato allo stesso paziente. (Fattispecie in tema di riconosciuta responsabilità per omicidio colposo per il medico intervenuto per porre rimedio ad un trauma subito dal paziente alla gamba senza aver previamente assunto le opportune informazioni sulle preesistenti patologie sofferte dallo stesso e interferenti sulla scelta terapeutica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 19527 del 15 maggio 2008 (Cass. pen. n. 19527/2008)

Nell’accertamento della colpa del reato di omicidio colposo conseguente allo scontro tra più veicoli non può trovare applicazione la presunzione di concorso di colpa a carico di ciascuno dei conducenti posta dall’art. 2054, comma secondo, c.c., atteso che la stessa comporta una distribuzione degli oneri probatori incompatibile con i principi dettati in materia di prova per il giudizio penale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16464 del 22 aprile 2008 (Cass. pen. n. 16464/2008)

Va esclusa, ai sensi degli artt. 32, comma secondo, e 13 della Costituzione, e dell’art. 33 L. n. 833 del 1978, la possibilità di accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questi è in grado di prestare il suo consenso e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ; ricorrendo queste condizioni, nessuna responsabilità è configurabile a carico del medico curante in ordine al decesso del paziente nolente. (Fattispecie nella quale il paziente, poi deceduto a causa di una emorragia epidurale, sottodurale e subaracnoidea, aveva rifiutato, dopo la caduta, di essere trasportato in ospedale e sottoposto ai necessari approfondimenti diagnostici ). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16375 del 21 aprile 2008 (Cass. pen. n. 8615/2008)

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero, assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi dal medico che lo ha preceduto nel turno circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. (Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico che, in mancanza di ragguagli in merito da parte del collega «smontante» non si era informato presso il medesimo circa le necessarie modalità di somministrazione di una trasfusione di sangue disposta in precedenza e la cui errata esecuzione aveva in seguito cagionato la morte del paziente). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8615 del 27 febbraio 2008 (Cass. pen. n. 8615/2008)

In tema di infortuni sul lavoro, nel caso in cui i lavori siano stati affidati in appalto, risponde a garanzia della prevenzione infortunistica anche il committente il quale si ingerisca nell’organizzazione del lavoro, così partecipando all’obbligo di controllare la sicurezza del cantiere. (Nella fattispecie, si trattava di lavori sulla sede stradale e l’imputato era risultato concreto e operativo referente della ditta sub-appaltatrice dei lavori). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 46383 del 13 dicembre 2007 (Cass. pen. n. 46383/2007)

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’obbligo di assicurarsi della stabilità del carico incombe sul manovratore della gru, il cui giudizio sull’opportunità di effettuare la manovra di sollevamento è del tutto indipendente ed autonomo, potendo e dovendo egli rifiutarsi di procedervi qualora, secondo la sua valutazione non sussistano le condizioni di sicurezza. (Fattispecie in tema di affermata responsabilità del gruista per il decesso di un addetto allo scarico di alcune travi da un rimorchio, il quale veniva travolto da una di queste a seguito della scelta dell’imputato di iniziare il varo delle medesime dalla più esterna, senza prima essersi sincerato dell’effettiva stabilità del carico). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 41294 del 9 novembre 2007 (Cass. pen. n. 41294/2007)

Il pubblico amministratore committente non perde, in conseguenza dell’appalto dei lavori di manutenzione e sorveglianza delle strade, l’obbligo di vigilanza la cui omissione è fonte di responsabilità qualora concorrano le circostanze della conoscenza del pericolo, dell’evitabilità dell’evento lesivo occorso a terzi e dell’omissione dell’intervento diretto all’eliminazione del rischi. (Nella fattispecie la Corte ha confermato la pronunzia di merito che aveva ritenuto il dirigente comunale colpevole di omicidio colposo ai danni del conducente di un ciclomotore caduto a causa del cattivo stato della strada, posto che era stato accertato che l’imputato aveva omesso di effettuare il controllo sui lavori di manutenzione dal Comune dati in appalto ad una ditta privata). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37589 del 12 ottobre 2007 (Cass. pen. n. 37589/2007)

Ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589, comma secondo, c.p., non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice stradale, essendo sufficiente l’inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza. (In motivazione la Corte ha precisato che tali regole devono ritenersi far parte integrante della disciplina della circolazione stradale, come si desume dal disposto dell’art. 140 c.s., la cui violazione, dunque, assume lo stesso valore della violazione di una disposizione specifica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35665 del 28 settembre 2007 (Cass. pen. n. 35665/2007)

L’installatore di uno scaldabagno alimentato a gas metano risponde per colpa della morte dell’utente conseguita al cattivo funzionamento della canna fumaria, ancorchè preesistente, della quale al momento dell’installazione egli non abbia verificato appieno la funzionalità, se non nei limiti impostigli dalla normativa vigente, in quanto la peculiarità del lavoro affidatogli e la pericolosità dell’opera oggetto del medesimo impediscono di ritenere circoscrivibile alla mera indicazione normativa la condotta necessariamente prudenziale e diligente che egli deve osservare, essendogli invece imposto di porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare eventi dannosi prevedibili. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 34115 del 6 settembre 2007 (Cass. pen. n. 34115/2007)

In tema di circolazione stradale, l’osservanza della regola cautelare imposta dalla legge non vale sempre ad esonerare dalla responsabilità per il reato colposo quando esistano concrete circostanze che la rendano inidonea, nel caso concreto, a garantire la tutela del bene cui la tutela è preordinata. (Fattispecie in tema di omicidio colposo da incidente stradale in cui è stata ritenuta insufficiente, ai fini di escludere la responsabilità dell’imputato, la circostanza che egli avesse rispettato i limiti di velocità, avendo egli omesso di ridurre ulteriormente la velocità adeguandola alle concrete condizioni della strada, che, nel tratto interessato, era bagnata, con un restringimento della carreggiata e una curva che ostacolava la visuale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24823 del 26 giugno 2007 (Cass. pen. n. 24823/2007)

Integra il reato di omicidio colposo la condotta del militare che lasci, all’interno di un mezzo militare, il proprio fucile mitragliatore dal quale sia partita una « scarica di colpi» che abbiano attinto altro militare mentre sistemava l’arma nell’apposito alloggiamento, cagionandone la morte. In tal caso va ravvisata la colpa generica per la violazione della norma di « elementare prudenza militare» della quale le reclute fin dal primo giorno del loro approccio alle armi sono resi edotti e cioè che l’arma ricevuta in dotazione non deve essere mai abbandonata e posta al di fuori dell’immediata sorveglianza e signoria del militare che la ha ricevuta. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 19337 del 18 maggio 2007 (Cass. pen. n. 19337/2007)

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il soggetto cui siano stati affidati i compiti del servizio di prevenzione e protezione, quali previsti dall’art. 9 D.L.vo 19 settembre 1994 n. 626, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, può, tuttavia, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio (nella specie, mortale) ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere, nel sistema elaborato dal legislatore, che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15226 del 17 aprile 2007 (Cass. pen. n. 15226/2007)

Configura il delitto di omicidio colposo la condotta dei proprietari di un appartamento che l’abbiano locato con una caldaia per il riscaldamento in pessimo stato di manutenzione, cosicché, durante il funzionamento, si era determinata la fuoriuscita di monossido di carbonio che aveva mortalmente intossicato gli occupanti dell’immobile, giacché il proprietario di un immobile si trova in «posizione di garanzia» nei confronti dell’affittuario, in virtù della quale il primo deve consegnare al secondo un impianto di riscaldamento revisionato, in piena efficienza e privo di carenze funzionali e strutturali. (Nell’occasione la Corte ha sottolineato che le componenti essenziali della posizione di garanzia sono costituite, da un lato, da una fonte normativa di diritto privato o pubblico, anche non scritta, o da una situazione di fatto per precedente condotta illegittima, che costituisca il dovere di intervento; dall’altro lato, dall’esistenza di un potere giuridico, ma anche di fatto attraverso il corretto uso del quale il soggetto garante sia in grado, attivandosi, di impedire l’evento). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32298 del 29 settembre 2006 (Cass. pen. n. 32298/2006)

In tema di omicidio colposo, l’istruttore di un gruppo di subacquei che organizzi un’immersione è titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei partecipanti all’immersione, con la conseguenza che, correttamente, viene ravvisata la sua responsabilità per il decesso di uno dei partecipanti, allorché siano accertate colpevoli inosservanze delle norme cautelari generiche o specifiche. (Nella specie, era stato accertato, in sede di merito, che il subacqueo deceduto era stato coinvolto, senza adeguata assistenza e senza le necessarie cautele, in un’immersione pericolosa, in ragione della profondità che doveva essere raggiunta, avendo altresì l’istruttore omesso di verificare le modalità di risalita, per impedire quegli errori tecnici cui era risultato riconducibile l’evento letale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24201 del 13 luglio 2006 (Cass. pen. n. 24201/2006)

È ravvisabile il concorso di colpa tra coloro che partecipano ad una gara automobilistica, in relazione ad un incidente stradale che veda coinvolto un automobilista estraneo alla competizione, quando ciascuna condotta — sia che la si voglia ricondurre alla cooperazione sia che la si voglia assumere quale causa indipendente — è qualificabile come colposa, essendo caratterizzata dalla violazione di una norma cautelare. (In applicazione di tali principi la Corte confermava la sentenza di merito, che aveva ritenuto la responsabilità colposa degli imputati, i quali, alla guida delle rispettive autovetture, avevano dato vita ad una gara di velocità, ponendo in essere plurime violazioni del codice della strada ed aderendo alla condotta colposa di un altro, che aveva materialmente cagionato il violento impatto,a seguito del quale era deceduto un automobilista, proveniente dalla opposta direzione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21476 del 21 giugno 2006 (Cass. pen. n. 21476/2006)

In materia antinfortunistica devono ritenersi destinatari delle disposizioni di prevenzione coloro che presiedono direttamente o per delega alla organizzazione aziendale; non sono invece responsabili dell’incidente derivante dalla mancanza o dalla insufficienza di cautele e mezzi antinfortunistici coloro ai quali — non esplicando essi un potere di supremazia e di direzione nell’organizzazione del lavoro — spetta unicamente l’onere di vigilare sull’osservanza dei precetti imposti. Al preposto (destinatario delle norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro, ma svolgente attività sussidiaria), peraltro, può essere delegato l’apprestamento delle misure preventive, ma non anche quei compiti affidati in via esclusiva dalla legge ai dirigenti o all’imprenditore. Ne consegue che la delega non scagiona dalla responsabilità penale l’imprenditore o il direttore dei lavori, in quanto il preposto non è tenuto ad assumere da solo l’obbligo di predisporre, far realizzare e pretendere in concreto la utilizzazione delle norme protettive previste dalla legge. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 44650 del 7 dicembre 2005 (Cass. pen. n. 44650/2005)

In tema di violazione stradale, il conducente di un veicolo è tenuto a vigilare al fine di avvistare il pedone, implicando il relativo avvistamento la percezione di una situazione di pericolo, in presenza della quale il conducente è tenuto a porre in essere una serie di accorgimenti (in particolare, moderare la velocità e, all’occorrenza, arrestare la marcia del veicolo) al fine di prevenire il rischio di un investimento. Da ciò consegue che, nel caso di investimento di un pedone, perché possa essere affermata la colpa esclusiva di costui per le lesioni subite o per la morte, rileva la sua «avvistabilità» da parte del conducente del veicolo investitore. È cioè necessario che quest’ultimo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido ed inatteso; occorre, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento del conducente del veicolo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 40908 del 10 novembre 2005 (Cass. pen. n. 40908/2005)

L’obbligo di eliminare la fonte di pericolo su una pubblica via o di apprestare adeguate protezioni, ripari, cautele ed opportune segnalazioni sorge nel momento in cui la strada presenti situazioni tali da costituire un’insidia o un trabocchetto per gli utenti, sicché venga a costituire una fonte di pericolo inevitabile con l’uso della normale diligenza; invece, qualora adottando la normale diligenza che si richiede a chi usi una strada pubblica, la situazione di pericolo sia conoscibile e superabile, la causazione di un eventuale infortunio non può che far capo esclusivamente e direttamente a chi non abbia adottato la diligenza imposta. (Nella fattispecie la Corte, decidendo in ordine alle statuizioni civili rese dal giudice di appello, ha annullato con rinvio, rilevando l’insufficienza della motivazione dalla quale non risultava compiutamente accertato se alla mancanza di guard-rail lungo la strada potesse ricondursi — sotto il profilo dell’esistenza di un’insidia — l’evento dannoso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 31302 del 19 agosto 2005 (Cass. pen. n. 20559/2005)

Il legale rappresentante della società, quale responsabile della sicurezza, risponde dell’infortunio del lavoratore anche se avvenuto fuori dell’orario di lavoro, in quanto le norme antinfortunistiche sono poste a tutela di tutti coloro che si trovano a contatto degli ambienti di lavoro, a prescindere dall’orario di servizio. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto il datore di lavoro responsabile, a titolo di colpa, per la morte del lavoratore, rimasto folgorato dalla dispersione di elettricità provocata dalla macchina idropulitrice, appartenente alla ditta e utilizzata, fuori dall’orario di servizio, per il lavaggio della propria autovettura). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 20559 del 1 giugno 2005 (Cass. pen. n. 20559/2005)

In tema di responsabilità medica, con riferimento all’ipotesi di intervento effettuato da un’équipe chirurgica, il principio di affidamento non opera quando colui che si affida sia in colpa per aver violato norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte confidando che altri, succedendo nella posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio all’omissione: ne consegue che l’eventuale evento dannoso, derivante anche dall’omissione del successore, avrà due antecedenti causali, non potendo la seconda condotta configurarsi come fatto eccezionale e sopravvenuto, di per sé sufficiente a produrre l’evento. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto l’intera équipe operatoria colpevole delle lesioni provocate al paziente nel cui addome era stata lasciata una pinza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18568 del 18 maggio 2005 (Cass. pen. n. 18568/2005)

In tema di infortuni sul lavoro, risponde a titolo di colpa della morte del lavoratore — avvenuta durante l’esecuzione dell’attività — l’imprenditore che abbia dato disposizione di imbracare un compressore e di sollevarlo con la gru alla fine della giornata di lavoro così da prevenirne il furto durante la notte: tale pratica infatti integra non solo la violazione delle previsioni poste a tutela dei lavoratori in relazione al sollevamento di carichi nei cantieri, ma anche le norme di diligenza e prudenza, posto che essa implica una situazione di pericolo per le persone a fronte di una mero interesse patrimoniale. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18552 del 18 maggio 2005 (Cass. pen. n. 18552/2005)

In tema di colpa professionale, nel caso di équipe chirurgica e più in generale in quello in cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18548 del 18 maggio 2005 (Cass. pen. n. 18548/2005)

La posizione di garanzia dell’équipe chirurgica nei confronti del paziente non si esaurisce con l’intervento, ma riguarda anche la fase post operatoria, gravando sui sanitari un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato; ne consegue che dalla violazione di tale obbligo, fondato anche sul contratto d’opera professionale, può discendere la responsabilità penale dei medici qualora l’evento dannoso sia causalmente connesso ad un comportamento omissivo ex art. 40 comma secondo c.p. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per il reato di cui all’art. 589 c.p. dei componenti l’equipe chirurgica, colpevoli di aver fatto rientrare il paziente nel reparto dopo l’intervento, anzichè sottoporlo a terapia intensiva, sottovalutando elementi significativi, quali l’incremento progressivo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, che rendevano prevedibile un’insufficienza respiratoria). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12275 del 30 marzo 2005 (Cass. pen. n. 12275/2005)

In tema di responsabilità professionale del medico, il capo dell’équipe operatoria è titolare di un’ampia posizione di garanzia nei confronti del paziente che si estende alla fase dell’assistenza post-operatoria, che il chirurgo ha il dovere di controllare e seguire direttamente, anche attraverso interposta persona. (Nella fattispecie — decesso della vittima nella fase successiva all’intervento chirurgico — il medico è stato ritenuto, insieme agli altri operatori sanitari imputati, responsabile del decesso proprio in quanto, nella sua qualità, avrebbe dovuto assicurarsi che la vittima fosse adeguatamente assistita dopo l’operazione da personale idoneo e presente in numero adeguato, cui egli avrebbe dovuto anche fornire tutte le indicazioni terapeutiche necessarie: a maggior ragione per il fatto che il chirurgo stesso aveva imprudentemente deciso di praticare un intervento altamente specialistico nell’ultimo turno pomeridiano così precostituendo le condizioni di quella prevedibile carenza di assistenza notturna successiva che avrebbe determinato la morte del paziente). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9739 del 11 marzo 2005 (Cass. pen. n. 9739/2005)

È configurabile il delitto di omicidio colposo nella condotta del figlio, anche temporaneamente convivente con il padre, che per negligenza ometta di adottare tempestivamente ogni adeguata iniziativa volta ad assicurare la necessaria assistenza sanitaria all’anziano genitore malato, in presenza di un progressivo aggravamento delle sue condizioni di salute, e a prevenire il verificarsi di possibili e prevedibili eventi dannosi, sempreché sia accertato il nesso di causalità tra la condotta omissiva dell’agente e l’evento morte. (Fattispecie in cui la Corte: a) ha ritenuto non censurabile la decisione dei giudici d’appello, che avevano ravvisato profili di colpa, sotto lo specifico profilo della grave negligenza, nella condotta del figlio che, nonostante le gravi condizioni patologiche dell’anziano genitore e il progressivo aggravarsi delle sue condizioni di salute sin dal giorno antecedente il decesso, non aveva chiesto l’intervento di un medico e il giorno in cui poi si era verificata la morte lo aveva lasciato solo in casa; b) ha annullato con rinvio la pronunzia di secondo grado limitatamente all’omesso accertamento, sulla base delle concrete emergenze processuali, del nesso di causalità tra la condotta omissiva attribuita all’imputato e il decesso del padre). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9386 del 9 marzo 2005 (Cass. pen. n. 3455/2005)

In tema di infortuni sul lavoro, poichè le norme di prevenzione mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adozione delle misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile e opinabile e tale, dunque, da presentare i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, sempre che l’infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza, nel qual caso nessuna efficienza causale può essere attribuita alla condotta del lavoratore che abbia dato occasione all’evento. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3455 del 2 febbraio 2005 (Cass. pen. n. 3455/2005)

Il titolare della ditta individuale che organizza l’attività sportiva di rafting e l’istruttore addetto alla guida del gommone, in quanto titolari di una posizione di garanzia (o di «protezione») nei confronti dei soggetti che a loro si rivolgono per praticare tale attività sportiva pericolosa, rispondono del reato di omicidio colposo per la morte di uno dei partecipanti all’esercitazione a seguito dell’incidente verificatosi nel corso della discesa lungo il fiume. (Nella specie, la Corte ha individuato concreti elementi di colpa sia nella condotta del titolare della ditta, per aver consentito la discesa lungo il fiume malgrado la notevole intensità della corrente, che nei confronti dell’istruttore, per non aver interrotto la discesa e per non essere stato in grado di governare l’imbarcazione ed evitare l’impatto con una roccia, impatto che causava il rovesciamento del mezzo e l’annegamento del passeggero). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3446 del 2 febbraio 2005 (Cass. pen. n. 3446/2005)

In materia di colpa medica, la rottura, durante un’operazione chirurgica all’addome, del margine della pinza e il suo scivolamento nell’addome del paziente costituiscono condotta colpevole da parte dei sanitari sotto il profilo dell’omesso conteggio dei ferri dopo la sutura della ferita e della conseguente omessa rimozione del corpo estraneo: regole semplici di diligenza, di prudenza e di perizia impongono infatti che quel controllo (mancato nella fattispecie) sia effettuato anche dopo la sutura in modo tale da poter porre rimedio immediatamente all’eventuale errore. (La Corte ha ulteriormente specificato che il controllo della rimozione dei ferri spetta all’intera équipe operatoria, cioè ai medici, che hanno la responsabilità del buon esito dell’operazione anche con riferimento a tutti gli adempimenti connessi, e non può essere delegato al personale paramedico, avendo gli infermieri funzioni di assistenza ma non di verifica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 39062 del 6 ottobre 2004 (Cass. pen. n. 39062/2004)

La specificazione dei doveri che incombono sul lavoratore ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 implica che al lavoratore non è riconosciuta alcuna autonomia decisionale o iniziativa personale in ordine alla prevenzione infortuni, ma solo il compito di attenersi fedelmente alle istruzioni e alle direttive che gli provengono dai soggetti indicati nell’art. 4 dello stesso decreto. Pertanto, il lavoratore dipendente non ha il dovere di rifiutare la prestazione di lavoro ove l’imprenditore non adempia alle disposizioni delle leggi di prevenzione degli infortuni: la posizione di soggetto più debole del rapporto contrattuale impedisce la possibilità concreta di opporre un simile rifiuto, e nessuna responsabilità penale può ipotizzarsi a suo carico qualora abbia usato una macchina priva dei prescritti dispositivi di sicurezza quando tali dispositivi non gli siano stato forniti dal suo datore di lavoro. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 32925 del 29 luglio 2004 (Cass. pen. n. 32925/2004)

La condotta del guidatore che ostruisce la carreggiata stradale (tanto più se a rapido scorrimento), ponendosi di traverso, non interrompe il nesso di casualità in ordine agli eventi collisivi verificatisi a causa della condotta colposa (per eccessiva velocità o mancato rispetto della distanza di sicurezza) dei conducenti dei veicoli nel frattempo sopraggiunti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24079 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24079/2004)

In materia di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori – figura introdotta dall’art. 5 D.L.vo n. 494 del 1996 in attuazione della Direttiva 92/57/CEE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei o mobili – deve assicurare, nel caso della effettuazione dei lavori, il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione ed ha il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, di vigilanza sul rispetto del piano stesso e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. Ne consegue che egli è responsabile delle conseguenze derivanti dalla violazione di tale posizione di garanzia. (Nella fattispecie l’imputato, coordinatore dei lavori, non aveva impedito una modifica del piano di sicurezza in esito alla quale il crollo del solaio aveva determinato la morte di un operaio). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 24010 del 26 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24010/2004)

L’ostetrica, che abbia sotto la propria assistenza e controllo una partoriente, deve sollecitare tempestivamente l’intervento del medico appena emergano fattori di rischio per la madre e comunque in ogni caso di sofferenza fetale. (Nella fattispecie, relativa ad omicidio colposo del nascituro, la Corte ha affermato la responsabilità dell’ostetrica la quale, quantunque il monitoraggio cardiotocografico della paziente indicasse una progressiva sofferenza fetale, aveva ritardato di avvertire i sanitari con la conseguenza del decesso del feto. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 21709 del 7 maggio 2004 (Cass. pen. n. 21709/2004)

Sussiste la responsabilità del direttore dei lavori della ditta incaricata della collocazione di un impianto di distribuzione di gas metano per la morte di un pedone caduto all’interno di una voragine formatasi lungo la strada, nel punto in cui sono stati effettuati i lavori per la sistemazione della conduttura di metano, in quanto l’evento è dipeso dal difettoso ripristino del manto stradale, consistito, in particolare, nell’aver sistemato le tubazioni ad una profondità di interramento inferiore a quella prevista dalla normativa vigente (D.M. 24 novembre 1984). (La Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato ritenendo immune da vizi logici la sentenza con cui il giudice di merito aveva escluso che la pioggia abbondante, caduta al momento del fatto, potesse aver rappresentato una causa sopravvenuta, idonea ad escludere il nesso causale ai sensi dell’art. 41 comma secondo c.p., individuando nella inidonea ricopertura del manto stradale la concausa dell’apertura improvvisa della buca). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18641 del 22 aprile 2004 (Cass. pen. n. 18641/2004)

Risponde di omicidio colposo per inosservanza del regolamento per la disciplina dei servizi in economia dell’ANAS, approvato con il D.P.R. 423/1980, il capo-centro di manutenzione di una sezione che ometta l’adozione delle procedure d’urgenza previste dal citato regolamento per la realizzazione di opere di sicurezza stradale e, specificamente, per la installazione di nuove barriere obbligatorie,atte a contenere i veicoli in carreggiata in caso d’urto in sostituzione delle precedenti danneggiate ed inservibili. (In motivazione la Corte ha precisato che l’art. 1 del D.P.R. 423/1980 ha carattere aggiuntivo — e pertanto ampliativo — del D.P.R. 25.5.1895 n. 350, che, all’art. 2, elenca i lavori relativi a strade e autostrade che possono essere eseguiti in economia, tra essi comprendendo le riparazioni ordinarie e straordinarie le cui opere siano urgenti e indispensabili nell’interesse della sicurezza delle strade, concernenti opere di di presidio o di difesa ovvero opere di sicurezza stradale). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 46011 del 28 novembre 2003 (Cass. pen. n. 46011/2003)

La colpa del medico, che è una delle cosiddette colpe speciali o professionali, proprie delle attività giuridicamente autorizzate perché socialmente utili anche se rischiose per loro natura, ha come caratteristica l’inosservanza di regole di condotta, le leges che, hanno per fine la prevenzione del rischio non consentito, vale a dire dell’aumento del rischio. La prevedibilità consiste nella possibilità di prevedere l’evento che conseguirebbe al rischio non consentito e deve essere commisurata al parametro del modello di agente, dell’homo eiusdem professionis et condicionis, arricchito dalle eventuali maggiori conoscenze dell’agente concreto. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto legittima l’affermazione del giudice di merito circa la sussistenza della colpa grave di un ginecologo che, nell’alternativa, aveva scelto la manovra di «disancoramento» del feto meno corretta e più rischiosa per far nascere il neonato, con conseguenti lesioni gravi di quest’ultimo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37473 del 2 ottobre 2003 (Cass. pen. n. 37470/2003)

In materia di infortuni sul lavoro, il principio in forza del quale il datore di lavoro può trasferire la propria posizione di garanzia circa gli obblighi di prevenzione e sorveglianza imposti dalla normativa antinfortunistica solo attraverso un provvedimento formale di delega ad altro soggetto subentrante con esplicita indicazione delle funzioni ed esplicita accettazione, va contemperato — quando tale principio debba trovare attuazione in un’impresa di grandi dimensioni — con la necessità di accertare, in concreto, l’effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all’interno delle posizioni di vertice, così da verificare la predisposizione, da parte del datore di lavoro di adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’imprenditore da responsabilità di livello intermedio e finale. (Nella fattispecie la Corte ha accolto il ricorso dell’imputato imprenditore censurando la condanna sotto il profilo della insufficiente motivazione circa la valutazione della complessità della struttura aziendale in ragione della quale il difetto formale di delega al sostituto non appariva sufficiente a sostenere il giudizio di responsabilità). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37470 del 2 ottobre 2003 (Cass. pen. n. 37470/2003)

Nell’ipotesi di successive cessione di sostanza stupefacente, il nesso di causalità materiale tra la prima cessione e la morte dell’ultimo cessionario, sopraggiunta quale conseguenza non voluta dell’assunzione della droga, non è interrotto per effetto delle successive cessioni, né delle modalità in cui è avvenuta l’assunzione, trattandosi di fattori concausali sopravvenuti, non anormali o eccezionali, ma del tutto ragionevolmente prevedibili; pertanto, risponde del reato di cui agli artt. 586 e 589 c.p. non solo colui che ha ceduto direttamente alla vittima la sostanza, ma anche l’originario fornitore (nel caso di specie, la Corte ha escluso che l’assunzione di alcool, contestuale all’ingestione di cinque pasticche di ecstasy da parte della vittima, possa considerarsi uan concausa sopravvenuta, non prevedibile e tale da interrompere il nesso causale tra la prima cessione e l’evento morte). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31760 del 28 luglio 2003 (Cass. pen. n. 31760/2003)

In materia di responsabilità colposa per fatti lesivi o mortali derivanti da violazione delle norme sulla circolazione stradale, deve ritenersi che la presenza di veicoli fermi sulla corsia di sorpasso di un’autostrada costituisce un evento del tutto imprevedibile, che si pone in contrasto, oltre che con le norme anzidette, anche con quelle della convivenza civile. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stato escluso, nonostante che si trattasse di fatto avvenuto in ora diurna, in tratto rettilineo ed in condizioni di ottima visibilità, il concorso di colpa del conducente di un autoveicolo il quale aveva tamponato, riportando lesioni di esito mortale, l’autoveicolo dell’imputato, fermo sulla corsia di sorpasso a seguito di precedente collisione con altra autovettura, da cui erano derivati solo danni alle cose). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25962 del 17 giugno 2003 (Cass. pen. n. 25962/2003)

Qualora più autovetture diano luogo, lungo una pubblica via, ad una gara di velocità, il fatto che una delle stesse, dopo aver effettuato l’ultimo sorpasso, venga tamponata da un’altra e il conducente del primo mezzo perda perciò il controllo del veicolo, non esclude la sua concorrente responsabilità in ordine ai fatti lesivi o mortali da ciò derivati, ove non risulti che con la suddetta manovra di sorpasso la gara di velocità fosse effettivamente cessata. (Nella specie, in applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la decisione di merito che aveva assolto il conducente del veicolo tamponato senza spiegare come l’eccessiva velocità da lui mantenuta dopo aver effettuato il sorpasso potesse conciliarsi con la ritenuta cessazione della gara). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 25923 del 17 giugno 2003 (Cass. pen. n. 25923/2003)

In tema di circolazione stradale, il conducente di un veicolo che venga a trovarsi in una situazione di pericolo improvvisa e dovuta a condotta di guida illecita altrui, non risponde a titolo di colpa per non aver posto in essere una manovra di emergenza adeguata ad evitare l’incidente. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 18782 del 18 aprile 2003 (Cass. pen. n. 18782/2003)

In tema di nesso causale nei reati omissivi, non può escludersi la responsabilità del medico il quale non si attivi e non porti il paziente a conoscenza della recidiva di una malattia tumorale, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove, nel giudizio controfattuale, vi è l’altissima probabilità che il ricorso ad altri rimedi terapeutici (oltre a quello, radioterapico, già praticato all’esordio della malattia) avrebbe determinato un allungamento della vita, che è un bene giuridicamente rilevante anche se temporalmente non molto esteso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 17379 del 14 aprile 2003 (Cass. pen. n. 4827/2003)

Il soggetto che assuma il compito di guida-accompagnatore di un gruppo di escursionisti, attesa “la posizione di garanzia” di cui deve ritenersi investito, risponde del delitto di omicidio colposo in relazione alla morte di un escursionista, il quale, sia pure contravvenendo al generico, previo avvertimento di non allontanarsi dal gruppo, si sia avventurato, non imprevedibilmente, in un passaggio la cui particolare pericolosità non era stata in precedenza segnalata. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13323 del 24 marzo 2003 (Cass. pen. n. 4827/2003)

In tema di responsabilità professionale, il medico che, sia pure a titolo di consulto, accerti l’esistenza di una patologia ad elevato ed immediato rischio di aggravamento, in virtù della sua posizione di garanzia ha l’obbligo di disporre personalmente i trattamenti terapeutici ritenuti idonei ad evitare eventi dannosi ovvero, in caso d’impossibilità di intervento, è tenuto ad adoperarsi facendo ricoverare il paziente in un reparto specialistico, portando a conoscenza dei medici specialistici la gravità e urgenza del caso ovvero, nel caso di indisponibilità di posti letto nel reparto specialistico, richiedendo che l’assistenza specializzata venga prestata nel reparto dove il paziente si trova ricoverato specie laddove questo reparto non sia idoneo ad affrontare la patologia riscontrata con la necessaria perizia professionale. (Fattispecie relativa ad un chirurgo vascolare che, richiesto di un consulto dal sanitario del pronto soccorso, dopo aver diagnosticato un sospetto aneurisma dell’aorta addominale retropancreatica, aveva omesso l’immediato ricovero nel reparto, gli immediati approfondimenti diagnostici, il ricovero nel reparto di chirurgia vascolare, l’immediato intervento chirurgico o, comunque, la segnalazione dell’immediata necessità dello stesso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4827 del 3 febbraio 2003 (Cass. pen. n. 4827/2003)

Nell’omicidio preterintenzionale l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona. Ne consegue che se la morte della vittima è del tutto estranea alll’area di rischio attivato con la condotta iniziale, che era intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni ed è invece conseguenza di un comportamento successivo, posto in essere a seguito dell’erroneo convincimento della già avvenuta produzione dell’evento mortale, quest’ultimo non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di percosse o lesioni dolose. (In base a tale principio è stata annullata con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto responsabile di omicidio preterintenzionale un uomo che, avendo spinto a terra una donna provocandole la perdita dei sensi, l’aveva creduta morta e, per simularne il suicidio, le aveva posto un cuscino sul volto e aveva staccato il tubo del gas, cagionando con tali ulteriori condotte la morte della stessa per soffocamento). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3946 del 28 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 3946/2003)

In tema di circolazione stradale, è rinvenibile una condotta colposa del conducente che, versando in una situazione di pericolo per fatto altrui, non ponga in essere una manovra di emergenza, solo ove questa sia utilmente ed agevolmente percepibile (tenuto conto dei tempi di avvistamento, della repentinità o meno della condotta del soggetto antagonista, degli spazi di manovra, dei necessari tempi di reazione psico-fisica) e possa essere attuata, oltre che in tempo utile, anche senza esporre a pericoli il conducente medesimo e altri terzi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1031 del 14 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 1031/2003)

La posizione di garanzia attribuita al responsabile di uno spazio da lui aperto al pubblico, nella sua qualità di proprietario, aggravata dalla frequentazione di minori, nonché la facile prevedibilità che attrezzature presenti nella stessa area, seppure non funzionanti, ma di per sè pericolose per la loro peculiarità meccanica, possano essere fonte di insidie per i giovani frequentatori, configurano un nesso di causalità tra il comportamento colpevole c.d. «omissivo improprio» e l’evento mortale verificatosi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1019 del 14 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 1019/2003)

Nel caso di imprese gestite da società di capitali, gli obblighi concernenti l’igiene e la sicurezza del lavoro gravano su tutti i componenti del consiglio di amministrazione. La delega di gestione in proposito conferita ad uno o più amministratori, se specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega. (Fattispecie relativa ad impresa il cui processo produttivo, riguardando beni realizzati anche con amianto, aveva esposto costantemente i lavoratori al rischio di inalazione delle relative polveri. La Corte ha ritenuto, pur a fronte dell’esistenza di amministratori muniti di delega per l’ordinaria amministrazione, e dunque per l’adozione di misure di protezione concernenti i singoli lavoratori od aspetti particolari dell’attività produttiva, che gravasse su tutti i componenti del consiglio di amministrazione il compito di vigilare sulla complessiva politica della sicurezza dell’azienda, il cui radicale mutamento — per l’onerosità e la portata degli interventi necessari — sarebbe stato indispensabile per assicurare l’igiene del lavoro e la prevenzione delle malattie professionali). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 988 del 14 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 988/2003)

In tema di circolazione stradale, l’art. 177, comma 2, c.s. autorizza i conducenti dei veicoli adibiti a servizi urgenti di polizia a non osservare obblighi, divieti e prescrizioni relativi alla circolazione, ma impone pur sempre l’obbligo di rispettare le regole di comune prudenza e diligenza, al fine di non creare ingiustificate situazioni di rischio per altre persone. (Applicando tale principio, la Corte ha annullato ai fini civili la sentenza che aveva assolto il conducente di un veicolo dell’Arma dei carabinieri dall’accusa di omicidio colposo, erroneamente interpretando l’art. 177 c.s. come giustificativo di tutti i comportamenti di guida salvo i casi di macroscopica violazione dei canoni di prudenza e diligenza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 37263 del 7 novembre 2002 (Cass. pen. n. 37263/2002)

In tema di responsabilità per colpa, risponde dell’evento secondo le regole ordinarie sulla causalità omissiva il soggetto cui incombe, anche contrattualmente, l’obbligo della verifica periodica di funzionalità o della manutenzione di impianto (nella fattispecie, una giostra) la cui rottura risulti dovuta a difetti di progettazione e costruzioni macroscopici (o comunque evidenti a chi sia in possesso di cognizioni tecniche), atteso che, in questo caso, egli ha l’obbligo, adempiendo alle regole di diligenza e di perizia richieste dall’attività svolta, di non autorizzare (o consentire, ove sia nei suoi poteri) l’uso dell’impianto pericoloso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4699 del 7 febbraio 2002 (Cass. pen. n. 4699/2002)

Ai fini dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, il fatto a questi addebitato dev’essere ricostruito dal giudice in termini di assoluta certezza, intendendosi, tuttavia, per tale, anche una probabilità vicina alla certezza, mentre non può ritenersi sufficiente una probabilità qualificabile semplicemente come «elevata», pur quando essa raggiunga la soglia del 90%. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la decisione di merito con la quale era stata affermata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di lesioni colpose, connesso a violazione di norme sulla prevenzione, sulla base di una ricostruzione della causa tecnica dell’evento in termini definiti di «elevata probabilità»). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1585 del 16 gennaio 2002 (Cass. pen. n. 27019/2001)

Correttamente viene configurato il reato di omicidio colposo a carico di soggetto il quale, minacciando a taluno un male ingiusto, produca, come conseguenza non voluta, il decesso di altra persona per lo spavento da questo subito, quando un tale evento sia da considerare non imprevedibile, avuto riguardo alla natura ed alla gravità della minaccia ed all’età della persona offesa. (Nella specie la minaccia era consistita nel brandire un martello contro una persona, nel corso di un alterco derivato da un sinistro stradale, e la persona deceduta, presente al fatto e legata alla prima da rapporto di coniugio, era dell’età di 66 anni). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1201 del 14 gennaio 2002 (Cass. pen. n. 27019/2001)

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di reati colposi conseguenti all’inosservanza delle relative norme, la responsabilità del committente o di chi lo rappresenta si configura a condizione che egli si ingerisca nell’organizzazione del lavoro ovvero risulti mancante in concreto un appaltatore fornito della capacità tecnica e professionale necessaria per assumere su di sè la responsabilità dell’attuazione delle prescrizioni contenute nelle suddette norme; ipotesi, quest’ultima, nella quale si determina a carico del committente il diritto-dovere di concretta ingerenza nel processo lavorativo, mediante verifica del’esecuzione dei lavori e svolgimento del compito di direzione del cantiere. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 35823 del 3 ottobre 2001 (Cass. pen. n. 27019/2001)

L’art. 589, comma 3, c.p. (morte e lesioni colpose in danno di più persone) non prevede un’autonoma figura di reato complesso, ma integra un’ipotesi di concorso formale di reati, nella quale l’unificazione è sancita unicamente quoad poenam, con la conseguenza che ciascun reato resta autonomo e distinto ai fini della determinazione del giudice competente per materia. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto la competenza del tribunale in composizione monocratica, sul rilievo che l’art. 33 bis c.p.p. richiama espressamente l’art. 4 dello stesso codice, a norma del quale, per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita per legge per ciascun reato consumato o tentato, e non a quella risultante dall’applicazione delle norme sulla continuazione e sul concorso formale di reati). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 27019 del 4 luglio 2001 (Cass. pen. n. 27019/2001)

In materia di infortuni sul lavoro, le responsabilità del datore di lavoro relative a società di rilevanti dimensioni, possono concernere solo i profili organizzativi nell’ambito dei quali sono da comprendere anche la predisposizione di adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’imprenditore da responsabilità di livello intermedio e finale. (In applicazione di tale principio la S.C. ha escluso la responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione di una società di rilevanti dimensioni, in ordine ad infortunio mortale occorso ad un operaio, addebitatogli senza che vi fossero censure in ordine all’organizzazione del lavoro ed essendo l’infortunio stesso avvenuto all’interno di uno stabilimento diretto da funzionario idoneo e capace). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 20176 del 8 maggio 2001 (Cass. pen. n. 20176/2001)

In tema di omicidio colposo commesso mediante omissione, qualora sussistano, relativamente alla stessa situazione di pericolo, più soggetti in posizione di garanzia, sia pure a titolo diverso, ciascuno di essi è per intero destinatario del compito di tutela demandatogli dalla legge ed autonomamente responsabile qualora ad esso non adempia.

Risponde di omicidio colposo, in quanto titolare di una posizione di garanzia riconducibile alla previsione di cui all’art. 2051 c.c., il direttore di un oratorio dotato di attrezzature sportive destinate all’uso, ancorché gratuito, dei frequentatori, quando l’evento mortale sia derivato dall’utilizzazione di dette strutture ritenute, nella specie, carenti sotto il profilo della sicurezza.

Sussiste la responsabilità per colpa in capo a colui il quale, dirigendo un oratorio con attrezzature sportive destinate ai giovani, non preveda la possibilità di un utilizzo assolutamente inconsueto delle strutture medesime da parte dei giovani frequentatori dell’oratorio, essendo il comportamento di questi ultimi generalmente contrassegnato da vivacità ed imprevedibilità. (Nella specie, le lesioni mortali erano derivate dal fatto che la vittima, nel corso della lezione di educazione fisica che si svolgeva nell’oratorio alla presenza dell’insegnante, si era aggrappata alla traversa della porta del campo di calcetto e quest’ultima, non ancorata al terreno, si era ribaltata provocando il decesso del giovane). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6816 del 12 febbraio 2001 (Cass. pen. n. 6816/2001)

Il committente risponde penalmente degli eventi dannosi subiti dai dipendenti dell’appaltatore quando si sia ingerito nell’esecuzione dell’opera mediante una condotta che abbia determinato o concorso a determinare l’inosservanza di norme di legge, regolamento o prudenziali poste a tutela degli addetti, esplicando così un effetto sinergico nella produzione dell’evento di danno; non può invece essere considerata ingerenza, e non è pertanto idonea ad estendere all’appaltante obblighi e responsabilità proprie del datore di lavoro, la condotta del committente che consista nella sollecitazione ad osservare le misure di sicurezza, ad adottare i presidi di tutela a comportarsi con prudenza e cautela. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3516 del 30 gennaio 2001 (Cass. pen. n. 3516/2001)

La responsabilità per colpa generica, per imprudenza, imperizia e negligenza, a carico del datore di lavoro per lesioni colpose al lavoratore rimasto vittima di infortunio sul lavoro, non può essere esclusa dalla semplice osservanza di norme tecniche, ossia nel caso in cui egli abbia adottato una delle misure di prevenzione previste dalla legge (nella specie, cinture di sicurezza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2217 del 22 gennaio 2001 (Cass. pen. n. 2217/2001)

Il reato di omicidio colposo plurimo non è configurabile come reato unico, ma come concorso formale di più reati con unificazione soltanto quoad poenam, sicché il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento a ciascun evento di morte o di lesioni, dal momento in cui ciascuno di essi si è verificato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12472 del 1 dicembre 2000 (Cass. pen. n. 12472/2000)

In tema di causalità c.d. «omissiva» il rapporto eziologico tra condotta omissiva ed evento — di per sè non suscettibile di essere basato sulla sola esistenza di una «posizione di garanzia» della quale l’imputato sia titolare — deve sempre avere carattere di certezza, potendo essere impostato in termini probabilistici il solo ragionamento ipotetico (cioè quello che ipotizza la condotta in relazione al probabile non verificarsi di un determinato evento), mentre, una volta che si parta dall’evento realmente accaduto, questo deve necessariamente riconnettersi causalmente all’omissione (non più ipotetica, tanto che è dedotta di imputazione) con giudizio di certezza. Il giudice deve cioè, nell’analizzare la causa dell’evento, individuarla con certezza nell’omissione, sia pure procedendo ad una valutazione probabilistica circa l’esito che l’omessa condotta assunta come doverosa avrebbe potuto avere (principio affermato, nella specie, con riguardo a responsabilità per colpa medica). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7993 del 7 luglio 2000 (Cass. pen. n. 7993/2000)

Rientra nella nozione di «strada» ai sensi del nuovo codice della strada, quale area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali, anche una strada interpoderale, destinata a soddisfare le esigenze di una comunità indifferenziata, restando escluse da tale nozione solo le strade riservate all’uso esclusivo di privati proprietari. (Fattispecie di incidente stradale avvenuto in una strada interpoderale in cui la Corte ha annullato la decisione che aveva escluso l’aggravante dell’art. 589, comma 2, c.p.). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3169 del 10 maggio 2000 (Cass. pen. n. 3169/2000)

In tema di responsabilità per omicidio colposo, colui che conduce un trattore agricolo cui è agganciata una fresatrice non solo è tenuto a prestare l’ovvia attenzione a quanto accade nel proprio campo visivo, ma è anche obbligato dalle regole della prudenza ad evitare che la parte maggiormente pericolosa della macchina complessa con cui opera, posta a rimorchio del trattore, che la fa avanzare e ne aziona il movimento rotatorio, non costituisca fonte di pericolo per persone e cose. Se in prossimità della macchina in movimento si trovi o si porti un bambino, l’operatore non può limitarsi a rimbrottarlo o scacciarlo ma, prima di continuare la sua opera, è tenuto ad assicurarsi che il bambino si sia effettivamente e definitivamente allontanato dal raggio di azione complessivo della macchina, essendo peraltro perfettamente prevedibile che il minore, per immaturità, curiosità, disattenzione o per naturale incapacità di valutare il rischio, si avvicini pericolosamente alla macchina fino ad entrare nel raggio di azione della stessa. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4557 del 13 aprile 2000 (Cass. pen. n. 4557/2000)

Le norme antinfortunistiche sono poste a tutela non di qualsivoglia persona che si trovi fisicamente presente sul luogo ove si svolge l’attività lavorativa, magari per curiosità o addirittura abusivamente, ma di coloro che versino quanto meno in una situazione analoga a quella dei lavoratori e che si siano introdotti sul luogo del lavoro per qualsiasi ragione purché a questo connessa. (Fattispecie di ingresso abusivo di tre ragazzi in un’area recintata). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7924 del 18 giugno 1999 (Cass. pen. n. 2440/1999)

In tema di omicidio colposo, il medico aiuto primario chiamato dal ginecologo di turno al capezzale di una partoriente, che, visitata all’atto del ricovero e sottoposta ad indagini strumentali, aveva presentato una situazione di notevole anomalia, ha l’obbligo di attivarsi immediatamente e direttamente anche eseguendo personalmente nuovi accertamenti per assicurarsi dello stato della partoriente e del feto, sicché, ove si sia astenuto dal disporre ed effettuare altre indagini ed abbia trattato il caso con indolenza anziché con l’urgenza imposta dallo stato del feto, egli versa in colpa addirittura più grave di quella dell’assistente per la morte del neonato. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2440 del 25 febbraio 1999 (Cass. pen. n. 2440/1999)

Ai fini della responsabilità per colpa professionale del medico, deve essere considerato obbligatorio un intervento terapeutico che, pur avendo scarse probabilità di successo, non è comunque dannoso per il paziente. Tuttavia dalla doverosità dell’intervento non si può far derivare la necessaria imputazione dell’evento dannoso, dovendosi accertare la sussistenza del nesso di causalità tra l’omissione addebitata all’imputato e l’evento. (Fattispecie di annullamento con rinvio della sentenza di merito per omessa motivazione sul punto relativo al nesso di causalità tra l’applicazione di una sonda nasale per effettuare lo svuotamento gastrico ed il decesso della paziente avvenuto a seguito di sommersione interna per reflusso di materiale alimentare). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6613 del 4 giugno 1998 (Cass. pen. n. 10436/1997)

In tema di subappalto, qualora il committente, accertandosi della capacità tecnica e professionale dell’appaltatore, apprenda che questi è tecnicamente affidabile, è senz’altro autorizzato a ritenere che l’adeguatezza tecnica sia anche adeguatezza dei presidi tecnici antinfortunistici richiesti dalla legge. Ne consegue, pertanto, che, qualora l’appaltatore abbia agito in totale autonomia, il committente, in caso di decesso di un dipendente dell’appaltatore per violazione delle norme antinfortunistiche, non risponde di omicidio colposo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10436 del 18 novembre 1997 (Cass. pen. n. 10436/1997)

Il medico ospedaliero che termina il suo turno di lavoro ha lo specifico dovere di fare le consegne a chi gli subentra in modo da evidenziare a costui la necessità di un’attenta osservazione e di un controllo costante dell’evoluzione della malattia del paziente che sia soggetto a rischio di complicanze. (Fattispecie in tema di omicidio colposo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4211 del 9 maggio 1997 (Cass. pen. n. 4211/1997)

In tema di attività professionale medica, deve ritenersi colposa per imperizia la condotta mediante la quale non vengono osservate le leges artis scritte o non scritte finalizzate alla prevenzione non del rischio consentito dall’ordinamento, connesso alle scelte tra interventi terapeutici, ma di un ulteriore rischio non consentito nell’esercizio dell’attività stessa. Per quanto riguarda la misura del rischio consentito, in mancanza di predeterminazione legislativa delle regole cautelari o di autorizzazioni amministrative subordinate al rispetto di precise norme precauzionali, la valutazione del limite di tale rischio resta affidata al potere discrezionale del giudice il quale dovrà tenere conto che la prevedibilità e la prevenibilità vanno determinate in concreto, avendo presente tutte le circostanze in cui il soggetto si trova ad operare ed in base al parametro relativistico dell’agente modello, dell’homo eiusdem condicionis et professionis, considerando le specializzazioni ed il livello di conoscenze raggiunto in queste. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2139 del 6 marzo 1997 (Cass. pen. n. 2139/1997)

Il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza ed, in caso di sua resistenza, anche a rifiutarne il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia. Ciò a prescindere dall’obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura. (Nella fattispecie, relativa ad omicidio colposo in danno di persona trasportata, l’imputato si era doluto del mancato riconoscimento del concorso di colpa della vittima a causa dell’omesso uso da parte di questa della cintura di sicurezza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9904 del 20 novembre 1996 (Cass. pen. n. 9904/1996)

In tema di infortuni sul lavoro, l’ingerenza rilevante ai fini della responsabilità del committente dei lavori non s’identifica con qualsiasi atto o comportamento posto in essere da quest’ultimo ma deve considerarsi in un’attività di concreta interferenza sul lavoro altrui tale da modificarne le modalità di svolgimento e da stabilire comunque con gli addetti ai lavori un rapporto idoneo ad influire sull’esecuzione degli stessi. (Nella fattispecie, l’intervento del committente si era di fatto limitato ad un mero consiglio verbale, per altro neppure seguito dai soggetti incaricati di eseguire i lavori). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 856 del 21 maggio 1996 (Cass. pen. n. 4257/1996)

Poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altri comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sè condotta negligente. (Nella fattispecie, la ricorrente aveva dedotto che, giunta con l’auto in prossimità dell’incrocio a velocità moderata e, comunque, nei limiti della norma e della segnaletica, aveva confidato che l’autista del mezzo che sopraggiungeva arrestasse la sua corsa in ossequio all’obbligo di concedere la precedenza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4257 del 23 aprile 1996 (Cass. pen. n. 4257/1996)

In tema di responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni sul lavoro, l’esistenza di un contratto di appalto di mere prestazioni di lavoro, vietato dalla L. 23 ottobre 1960, n. 1369, non determina il venir meno di ogni responsabilità del sub-appaltatore che dovrà rispondere dei danni riportati dai propri dipendenti (che l’ultimo comma dell’art. 1 della legge citata considera a tutti gli effetti dipendenti dell’imprenditore che effettivamente ha utilizzato le loro prestazioni) tenendo conto dei termini concreti dell’accordo raggiunto tra appaltante e sub-appaltatore e la sua responsabilità concorre con quella del primo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4196 del 22 aprile 1996 (Cass. pen. n. 4196/1996)

In caso di cessione di lavori in appalto, non possono assumere rilievo, agli effetti dell’osservanza delle norme antinfortunistiche, le clausole di trasferimento del rischio e del conseguente onere di tutela della sicurezza dei lavoratori dal cedente al cessionario, essendo tali norme di diritto pubblico, non derogabili da fatti privati, quando l’attività produttiva del manufatto non sia stata devoluta interamente all’appaltatore, quando non si sia verificato a carico di questi il trasferimento intero dell’organizzazione del cantiere; stante l’assunzione dell’esecuzione solo di una parte dell’opera, quando sia rimasto al committente il diritto-dovere di concreta ingerenza nel processo lavorativo anche attraverso l’esercizio del potere di verifica dell’esecuzione dei lavori e lo svolgimento del compito di direzione del cantiere. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 106 del 5 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 106/1996)

Qualora all’interno di un ospedale vengano eseguiti lavori dell’impianto di erogazione dei gas medicali e di anestesia afferenti ad una sala operatoria, l’obbligo di verificare il corretto funzionamento del detto impianto, al fine di garantire la ripresa dell’attività chirurgica senza pericolo per i pazienti in dipendenza dei lavori realizzati, incombe, oltre che sul responsabile tecnico amministrativo della struttura sanitaria e sui soggetti ai quali è demandata la materiale esecuzione dei lavori detti, sul primario ospedaliero responsabile del reparto di anestesia che deve, prima di consentire la ripresa dell’attività nella sala operatoria, accertare, direttamente o delegando un medico o un paramedico, che l’erogazione avvenga regolarmente. (Fattispecie relativa a decesso di paziente, cui era stato somministrato nella fase di risveglio post-operatorio potassiolo di azoto anziché ossigeno, causato dal fatto che, nel corso dei lavori eseguiti nei giorni precedenti sull’impianto di erogazione dei gas medicali e di anestesia, erano stati invertiti i tubi di derivazione afferenti alla sala operatoria con conseguente inversione dei gas erogati dalle bocchette). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4385 del 26 settembre 1995 (Cass. pen. n. 4385/1995)

Il titolare dell’impresa risponde, per culpa in eligendo, del comportamento del preposto inesperto alla direzione dei lavori che lo stesso titolare abbia mantenuto in servizio, malgrado la sua manifesta incompetenza e l’altrettanto palese inadeguatezza del suo metodo di lavoro. (Fattispecie relativa ad inammissibilità di ricorso avverso sentenza di condanna, per il reato di lesioni colpose con esiti permanenti cagionate, a seguito di infortunio sul lavoro, ad operaio, il quale cadeva da un’altezza di circa due metri). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7569 del 6 luglio 1995 (Cass. pen. n. 6486/1995)

In tema di sicurezza antinfortunistica, il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta la «sicurezza del lavoro», è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alle misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l’imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi a assolvere normalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro. Inoltre lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se è necessario nei confronti dei dipendenti dell’impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente e delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6486 del 3 giugno 1995 (Cass. pen. n. 6486/1995)

All’imprenditore che abbia soddisfatto l’obbligo impostogli dall’art. 17 D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, di nominare un preposto per sovraintendere determinate specifiche operazioni, designando una persona capace ed idonea a sostenere il ruolo assegnatogli, non può essere addebitato l’evento dannoso che si sia verificato per inosservanza di una delle disposizioni che regolano quelle specifiche operazioni, sul rispetto delle quali doveva vigilare il preposto per questo nominato. L’imprenditore neanche ha il dovere di conferire ulteriori deleghe, poiché i poteri connessi all’espletamento dell’incarico vengono direttamente dalla legge, sicché, solo la prova di una fittizia preposizione o dell’esautoramento di fatto del preposto può fondare un’affermazione di responsabilità nei suoi confronti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4432 del 24 aprile 1995 (Cass. pen. n. 4432/1995)

Qualora lavori ricevuti in subappalto vengano, a loro volta, in parte subappaltati ad altro che operi, con mezzi artigianali, con pochi dipendenti e senza essere dotato di strutture tali da consentire una completa autonomia operativa, mentre è ancora in funzione il cantiere per la realizzazione dell’intera opera subappaltata ed avvalendosi delle attrezzature in questo installate da chi ha ricevuto e dato il subappalto, incombono anche a quest’ultimo, che è responsabile dell’organizzazione del cantiere e del lavoro che ivi si svolge, obblighi di vigilanza in ordine al rispetto delle norme antinfortunistiche e all’osservanza dei comuni precetti di prudenza, perizia e diligenza. (Nella fattispecie, una società subappaltatrice dei lavori di realizzazione di un prefabbricato aveva dato in subappalto l’impermeabilizzazione del solaio dell’edificio ad altra ditta, un dipendente della quale era rimasto vittima di un infortunio, essendo precipitato al suolo, mentre era intento alla impermeabilizzazione della copertura, senza indossare cinture di sicurezza o, comunque, senza essere in altro modo assicurato al solaio, sprovvisto di protezione verso l’esterno. Il decesso è stato addebitato anche al responsabile della società subappaltatrice dei lavori di impermeabilizzazione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4248 del 20 aprile 1995 (Cass. pen. n. 4248/1995)

Il primario (nella specie, facente funzioni) di una divisione di chirurgia di un ospedale ha compiti di indirizzo, di direzione e di verifica dell’attività diagnostica e terapeutica. A lui, pertanto, spettano le scelte operative congruenti all’evoluzione della condizione nosologica della persona ricoverata. (Fattispecie relativa a morte di una paziente per un versamento pleurico mal diagnosticato).

In tema di colpa professionale, sussiste responsabilità del medico che colposamente ometta un intervento chirurgico necessario, quando anche esso non sia tale da garantire in termini di certezza la sopravvivenza del paziente, se vi sia una limitata, purché apprezzabile, probabilità di successo, indipendentemente da una determinazione matematica percentuale di questa. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 360 del 18 gennaio 1995 (Cass. pen. n. 360/1995)

Poiché, a norma dell’art. 11 della L. 26 luglio 1975, n. 354, l’assistenza sanitaria è prestata nel corso della permanenza del detenuto nell’istituto penitenziario con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati, e poiché il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedano particolari indagini e cure specialistiche, qualora muoia per Aids un detenuto che, all’atto dell’ingresso in carcere, era indicato solo quale sieropositivo da Hiv, e non già come affetto da Aids conclamato, e che si era rifiutato di sottoporsi a visite, chiudendosi in volontario isolamento, è responsabile del reato di omicidio colposo il sanitario che, per un certo periodo di tempo (superiore a due mesi), non abbia visitato il detenuto detto qualora, risultando documentalmente le condizioni per l’evoluzione del male a breve scadenza, sia stato in possesso di elementi per valutare adeguatamente i sintomi e per rendersi conto che il detenuto non poteva più essere considerato solo un sieropositivo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13077 del 30 dicembre 1994 (Cass. pen. n. 13077/1994)

Qualora un’impresa edile incaricata dell’esecuzione di opere concernenti uno stabile si rivolga per l’allestimento della necessaria impalcatura ad una ditta che invii sul posto operai specializzati, gli obblighi imposti dalle norme antinfortunistiche a tutela dei lavoratori incombono anche sul datore di lavoro dei detti operai, pur se momentaneamente distaccati presso il cantiere di altra impresa. Né i poteri-doveri del datore di lavoro potrebbero essere validamente trasferiti ad altro imprenditore, in quanto eventuali accordi sarebbero privi di efficacia, appartenendo le norme antinfortunistiche al diritto pubblico ed essendo le stesse inderogabili in forza di atti privati. (Nella fattispecie, l’operaio, che lavorava privo di cintura di sicurezza perché quella posta a disposizione dal datore di lavoro non era regolare, era caduto dal ponteggio in costruzione, anche a seguito della rottura della tavola la quale era stata fornita, insieme con i tubi, dall’impresa presso il cui cantiere era stato distaccato. Del reato di omicidio colposo erano stati ritenuti responsabili sia il datore di lavoro della vittima che l’imprenditore, titolare del cantiere). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10043 del 22 settembre 1994 (Cass. pen. n. 10043/1994)

Il controllo e la vigilanza perché l’attività lavorativa venga svolta con modalità e mezzi idonei a tutelare la sicurezza dei dipendenti devono essere continui e non occasionali, in quanto lo scopo delle norme di prevenzione è quello di impedire comunque l’insorgenza di pericoli in qualsiasi fase del lavoro. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10021 del 22 settembre 1994 (Cass. pen. n. 10021/1994)

Il datore di lavoro e il preposto devono provare in modo rigoroso e sicuro di avere compiuto atti specifici intesi ad evitare che l’attività lavorativa si svolga in modo difforme dalle norme di sicurezza non essendo sufficiente la dimostrazione di non avere voluto l’esecuzione del lavoro in contrasto con le norme dette. (Nella fattispecie, relativa ad omicidio colposo nei confronti di operaio rimasto schiacciato nel crollo di una struttura metallica da adibire a palco, durante i lavori di montaggio, l’imputato era a capo di una squadra che aveva il compito di provvedere, tra l’altro, a manovre di innalzamento della copertura. Tali manovre non si erano svolte sotto la direzione del prevenuto, allontanatosi per consumare il pranzo, senza provvedere ad impedire che altri, in sua assenza, potessero surrogarsi a lui e alla sua squadra nell’esecuzione della stessa, con intervento sui sistemi di comando dei sofisticati impianti. La causa del crollo era stata individuata dalla corte di appello nell’effettuazione di pericolose manovre intraprese da operatori estranei e non preparati). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10014 del 22 settembre 1994 (Cass. pen. n. 10014/1994)

In materia di infortuni sul lavoro, il cancello di chiusura di uno dei depositi di uno stabilimento rientra nella generale previsione dell’art. 374 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, concernente l’obbligo di mantenimento in buono stato di stabilità, conservazione ed efficienza, esteso a ricomprendere gli edifici, le opere, i servizi, gli impianti, le macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli strumenti e gli apprestamenti di difesa, al fine della «necessità» della sicurezza del lavoro perseguita con lo strumento normativo in esame. (Fattispecie in tema di omicidio colposo in danno di un operaio rimasto schiacciato sotto un cancello di ferro che chiudeva l’ingresso ad un deposito di ghisa). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9842 del 13 settembre 1994 (Cass. pen. n. 9842/1994)

Il conducente che abbia assunto il servizio scolastico di trasporto di bambini, pur dovendo usare speciale prudenza e diligenza nella condotta di guida e nelle fasi di salita dei bambini sul pulmino e di loro discesa, assicurando che anche tali operazioni si svolgano senza pericoli per la loro incolumità, risponde delle sole situazioni pericolose per l’incolumità personale dei minori trasportati che egli stesso abbia determinato con una condotta colposa inerente le fasi di trasporto come sopra indicate, ma non anche di quelle situazioni di pericolo che nelle fasi precedenti o successive al trasporto medesimo, siano determinate da causa diversa attribuibile alla vittima o a terzi e non ricollegabile, se non occasionalmente, all’attività del conducente medesimo. (Nella specie la Corte ha escluso la responsabilità per colpa di un autista di trasporto scolastico in relazione al decesso di un minore trasportato che, disceso senza pregiudizio dal mezzo e raggiunto incolume il marciapiede, era stato successivamente investito, nel corso dell’attraversamento della strada, da altro automobilista di passaggio). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9228 del 26 agosto 1994 (Cass. pen. n. 9228/1994)

Per la funzione della struttura ospedaliera, è da escludere che ciascun reparto da cui questa è composta costituisca un’entità a sé stante, implicante una divisione tale da impedire quella reciproca comunicazione di notizie attinenti ai malati i quali vengano trasferiti da un reparto a un altro, indispensabile soprattutto nei casi di urgenza, ai fini di una visione completa del quadro patologico da prendere in considerazione. (Nella fattispecie, relativa ad omicidio colposo in pregiudizio di ricoverato in ospedale che era stato trasferito dal reparto di chirurgia a quello di medicina generale, era stato dedotto che le notizie annotate nella cartella clinica della divisione di medicina generale in ordine al verificarsi di fatti concernenti il paziente accaduti nell’altro reparto non erano state riferite al redattore della cartella da un sanitario del reparto di chirurgia al momento del trasferimento del malato, ma erano frutto di supposizioni del redattore stesso). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5029 del 2 maggio 1994 (Cass. pen. 5029/1994)

Qualora un’apparecchiatura di fabbricazione straniera e conforme alle norme di sicurezza vigenti dove è stata progettata e costituita venga commercializzata e messa in opera in Italia, trova applicazione la normativa antinfortunistica ivi in vigore. Pertanto, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro connesso al funzionamento di una tale apparecchiatura risultata non conforme alla disciplina normativa del nostro paese, a nulla rileva che il collaudo sia stato effettuato all’estero, in conformità della legislazione locale in materia di misure di sicurezza del lavoro, poiché tale operazione conclude l’iter esecutivo del manufatto progettato e realizzato nel paese di fabbricazione mentre la vendita e l’installazione in Italia integrano una diversa situazione pienamente autonoma sotto l’aspetto giuridico. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5009 del 2 maggio 1994 (Cass. pen. n. 3497/1994)

Qualora il proprietario di un fabbricato conferisca al titolare di una impresa edile artigiana, iscritta nell’albo presso la Camera di commercio, incarico di eseguire lavori di ristrutturazione del tetto e delle grondaie, l’imprenditore artigiano è tenuto ad approntare tutte le misure di sicurezza e le cautele che le norme vigenti e il tipo di lavoro impongono, in particolare a provvedere alle impalcature e alle cinture di sicurezza che la legge prescrive in casi in cui vi sia il pericolo di caduta dall’alto. Nessun dovere di intervento ha il committente che si rivolga a persona capace, in grado di realizzare l’opera, peraltro di modesta entità, con rischi prevedibili ed eludibili con una ordinaria professionalità e diligenza. Neppure è ipotizzabile a carico del committente l’obbligo di segnalazione al lavoratore autonomo dei rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro in cui siano chiamati a prestare la loro opera, di cui all’art. 5, D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, qualora il luogo di lavoro non presenti insidie occulte o pericoli non immediatamente percepibili. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3497 del 23 marzo 1994 (Cass. pen. n. 3497/1994)

L’aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro prevista dall’art. 589, comma 2, c.p., sussiste anche quando la contestazione abbia ad oggetto la violazione dell’art. 2087 c.c., in forza del quale l’imprenditore è tenuto ad adottare tutte le misure che, in relazione al tipo di lavoro da espletare, sono necessarie a tutelare la integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3495 del 23 marzo 1994 (Cass. pen. n. 3495/1994)

Poiché l’esercizio del diritto di precedenza non può considerarsi illimitato, dovendo essere sempre subordinato al principio del neminem laedere, ove un pedone attraversi la carreggiata fuori delle apposite strisce, il conducente del veicolo è tenuto a rallentare la velocità e, addirittura, ad interrompere la marcia al fine di evitare incidenti che potrebbero derivare proprio da mancata cessione della precedenza a suo favore. Se ciò non faccia, la responsabilità per l’eventuale evento colposo verificatosi è sempre a lui attribuibile, pur se al comportamento del pedone possa, secondo le condizioni del caso, attribuirsi una efficienza causale concorsuale in base all’apprezzamento motivato del giudice di merito. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3347 del 18 marzo 1994 (Cass. pen. n. 3347/1994)

In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, l’appaltatore non è responsabile dell’evento verificatosi quando, avendo subappaltato i lavori, si astenga in concreto dall’interessarsi della loro esecuzione. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3338 del 18 marzo 1994 (Cass. pen. n. 2502/1994)

Il contratto di appalto importa che del rispetto delle norme antinfortunistiche risponda, di norma, l’appaltatore, spettando a costui, per l’esecuzione dell’opera avuta in appalto, l’organizzazione del lavoro e, nell’ambito di questa, la predisposizione delle misure per evitare infortuni. Anche il committente diventa destinatario delle norme antinfortunistiche qualora si ingerisca e riduca l’autonomia dell’appaltatore, in quanto, ai fini dell’obbligo di rispettare tali misure, rileva, oltre la posizione «istituzionale», l’assunzione in concreto di un certo ruolo di supremazia, di dirigenza. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2502 del 25 febbraio 1994 (Cass. pen. n. 2502/1994)

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’imprenditore principale, il quale si è avvalso di altra impresa per realizzare l’opera in cooperazione, ha sempre il dovere di provvedere alle misure a tutela dei lavoratori. L’obbligo di adottare le misure di prevenzione grava pure sul subappaltatore o sul coappaltatore, il quale svolga l’attività con pari autonomia, specialmente quando non vi è stata permanenza del rischio soltanto a carico della prima impresa, non vi è stata specifica ed analitica ripartizione dei compiti e non è intervenuta formale e comprovata delega dall’uno all’altro rappresentante per la realizzazione di quelle misure antinfortunistiche che la legge esige siano adottate in ogni caso. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1992 del 18 febbraio 1994 (Cass. pen. n. 1992/1994)

Il direttore dei lavori nominato dal committente è responsabile dell’infortunio sul lavoro quando gli viene affidato il compito di sovrintendere all’esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini alle maestranze sia per convenzione, cioè per una particolare clausola introdotta nel contratto di appalto, sia quando per fatti concludenti risulti che egli si sia in concreto ingerito nell’organizzazione del lavoro. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1559 del 8 febbraio 1994 (Cass. pen. n. 1559/1994)

In tema di prevenzione infortuni sul lavoro, l’obbligo dell’imprenditore — che si avvalga per l’esecuzione di opere accessorie di un lavoratore autonomo in base ad un contratto d’opera — di renderlo edotto dei rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro in cui è chiamato ad operare, non si estende anche ai rischi propri dell’attività professionale o del mestiere che il lavoratore autonomo è incaricato di prestare. Ed invero, con il contratto d’opera il prestatore assume ogni rischio inerente all’esecuzione dei lavori ed a lui compete l’obbligo di munirsi dei mezzi antinfortunistici previsti dalla legge e farne uso, senza che possa ravvisarsi una qualche corresponsabilità del committente in caso di incidente a causa della mancata osservanza di tale obbligo. (Fattispecie in cui era stata accertata la sussistenza di un contratto di subappalto in favore di un montatore artigiano, dotato di proprie attrezzature e, in particolare, di cinture di sicurezza). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10468 del 16 novembre 1993 (Cass. pen. n. 10468/1993)

Ai fini della prevenzione degli infortuni sul lavoro sono da rispettare non soltanto le norme specifiche contenute nelle speciali leggi antinfortunistiche ma anche quelle che, se pure stabilite da leggi generali, sono ugualmente dirette a prevenire gli infortuni stessi, come l’omissione di impianti o di segnali destinati a tale scopo di cui all’art. 437 c.p. Tale omissione, pertanto, anche se ascritta come reato autonomo, opera altresì come circostanza aggravante del concorrente reato di omicidio colposo, essendo distinti e giuridicamente autonomi gli interessi offesi, rispettivamente la pubblica incolumità e la vita della persona, il che giustifica l’applicabilità al reato ex art. 589 c.p. della circostanza aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al secondo comma del detto articolo, che pure costituisce la condotta tipica descritta dall’art. 437 c.p.

Poiché la disposizione di cui all’art. 589, terzo comma, c.p., in caso di morte di più persone, non prevede una circostanza aggravante ma un’ipotesi di concorso formale di più reati di omicidio colposo, unificati semplicemente ai fini della pena, sono sufficienti per rispondere di tutte le morti, e in conseguenza del corrispondente reato complesso, la consapevolezza e la volontà della condotta illecita e la prevedibilità dell’evento rispetto alle persone coinvolte. Non è, pertanto, invocabile la regola di cui all’art. 59, secondo comma, c.p.

Qualora dall’omissione dolosa di impianti diretti a prevenire disastri o infortuni su lavoro sia derivato un disastroso incendio nel quale abbiano perso la vita alcuni operai mentre espletavano attività lavorative, sussiste concorso formale tra il reato di cui all’art. 437, secondo comma, c.p. e quello previsto dall’art. 589, secondo e terzo comma, c.p. Tali previsioni normative, infatti, considerano distinte situazioni tipiche, vale a dire la dolosa omissione di misure antinfortunistiche con conseguente disastro e la morte non voluta di una o più persone, e tutelano interessi differenti, cioè la pubblica incolumità e la vita umana. Poiché il danno alla persona non è compreso nell’ipotesi complessa di cui all’art. 437, secondo comma, c.p., costituendo effetto soltanto eventuale e non essenziale del disastro o dell’infortunio, causato dall’omissione delle cautele, la morte, sia pure in conseguenza dell’omissione stessa, non viene assorbita dal reato ex art. 437, secondo comma, c.p., ma costituisce reato autonomo. La punizione dell’uno e dell’altro reato, pertanto, non comporta duplice condanna per lo stesso fatto e, quindi, non viola il principio del ne bis in idem. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 10048 del 8 novembre 1993 (Cass. pen. n. 10048/1993)

In tema di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, la colpa per omessa vigilanza di una persona preposta alla sorveglianza sul rispetto delle dette norme, la quale sia inesperta, non esclude quella del titolare dell’impresa in ordine alla scelta di personale tecnico non idoneo e non resta esclusa dall’obbligo dell’osservanza delle misure antinfortunistiche da parte della vittima, soprattutto quando, identificandosi questa con il soggetto da proteggere contro i rischi, la vigilanza su tale rispetto gravi su altri. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9335 del 12 ottobre 1993 (Cass. pen. n. 9335/1993)

Il datore di lavoro è destinatario delle norme antinfortunistiche proprio per evitare che il dipendente compia scelte irrazionali che, se effettuate, possono pregiudicarne l’integrità psico-fisica. Egli, pertanto, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia eccezionale, imprevedibile, tale da non essere preventivamente immaginabile, e non già quando l’irrazionalità della condotta del dipendente sia controllabile, pensabile in anticipo, risolvendosi nel fare l’esatto contrario di quel che si dovrebbe fare per non incorrere in infortuni. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8962 del 30 settembre 1993 (Cass. pen. n. 8962/1993)

La manovra di retromarcia va eseguita con estrema cautela, lentamente e con il completo controllo dello spazio retrostante. Pertanto, il conducente, qualora si renda conto di avere dietro alle spalle una strada che non rende percepibile l’eventuale presenza di un pedone, se non può fare a meno di effettuare la manovra, deve porsi nelle condizioni di controllare la strada, ricorrendo, se del caso, alla collaborazione di terzi che, da terra, lo aiutino per consentirgli di fare retromarcia senza pericolo per gli altri utenti della strada. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8600 del 21 settembre 1993 (Cass. pen. n. 8600/1993)

È ravvisabile colpa nel comportamento del sanitario il quale non si astiene da un intervento che la comune cultura nel settore ritiene oltremodo rischioso e giudica utile solo in caso di certezza di una determinata diagnosi, che non era in condizione di avere.


Nel caso in cui la scienza medica assegni qualche speranza di salvezza al ricovero in ospedale e nessuna al non ricovero, il sanitario, che si ispiri al cosiddetto modello di agente dal quale la comunità si aspetta preparazione e oculatezza, non può non sfruttare quella speranza, vale a dire la residua probabilità di salvezza, e, qualora non lo faccia, versa in colpa. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8599 del 21 settembre 1993 (Cass. pen. n. 8599/1993)

I destinatari delle specifiche norme antinfortunistiche sono tenuti ad una continua sorveglianza allo scopo di prevenire gli infortuni sul lavoro e di evitare che si verifichino imprudenze da parte dei lavoratori dipendenti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6717 del 7 luglio 1993 (Cass. pen. n. 5064/1993)

L’imprenditore può allargare o circoscrivere le competenze del preposto ma, qualora la limitazione dei poteri sia ex post ritenuta tale da incidere negativamente sul corretto e puntuale svolgimento del lavoro, responsabile degli eventuali effetti della non corretta e non puntuale esecuzione dei lavori deve essere considerato colui che quei poteri ha circoscritto, e non già colui al quale tali poteri sono stati sottratti.

L’imprenditore, i dirigenti e i preposti, nell’organizzazione del lavoro, non devono spingersi oltre certi ragionevoli limiti dettati dalla natura, dalla qualità del lavoro da eseguire. La ragionevolezza dei limiti significa che i responsabili destinino anzitutto all’esecuzione del lavoro, tenuto conto della sua particolarità e delicatezza, persone che siano senza riserve all’altezza dello stesso; ribadiscano, in secondo luogo, nonostante la collaudata esperienza degli addetti, le dovute istruzioni sul perfetto modo di eseguirlo e, soprattutto, nel caso che i disagi, quali per esempio l’ora notturna, possano compromettere la felice realizzazione del lavoro, ne prevedano l’esecuzione da un numero di addetti qualificati tale da consentire di superare agevolmente quei disagi. (Fattispecie in tema di incendio colposo e di omicidio colposo plurimo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5064 del 17 maggio 1993 (Cass. pen. n. 5064/1993)

Anche i terzi, quando si trovino esposti ai pericoli derivanti da un’attività lavorativa da altri svolta nell’ambiente di lavoro, devono ritenersi destinatari delle misure di prevenzione. Sussiste, pertanto, un cosiddetto rischio aziendale connesso all’ambiente, che deve essere coperto da chi organizza il lavoro.

La disposizione di cui all’art. 2087 c.c., se prevede un’obbligazione a carico del datore di lavoro, valevole nei rapporti fra le parti ed integrativa di quella strettamente contrattuale, tende nel contempo a realizzare la tutela di un interesse di carattere generale, quale quello della sicurezza e dell’igiene del lavoro. Il dovere di sicurezza va inteso quale esigenza primaria che si realizza o attraverso l’attuazione delle specifiche provvidenze imposte tassativamente dalla legge o, in mancanza, con l’adozione di quei mezzi idonei a prevenire ed evitare i sinistri, assunti con il sussidio dei dati di comune esperienza. L’ambiente di lavoro, pertanto, deve essere reso sicuro in tutti i luoghi nei quali chi è chiamato ad operare possa comunque accedere, per qualsiasi motivo, anche indipendentemente da esigenze strettamente connesse allo svolgimento delle mansioni disimpegnate. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6686 del 4 maggio 1993 (Cass. pen. n. 6686/1993)

L’obbligo dei datori di lavoro, dei dirigenti, dei preposti di vigilare al fine di esigere, come stabilisce l’art. 4 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, che i lavoratori dipendenti osservino le norme di sicurezza per la prevenzione degli infortuni non può essere addebitato fino al punto di imporre una presenza continua sul luogo di lavoro né può essere esteso fino a dovere impedire eventi dipendenti da comportamenti anomali, imprevedibili e violatori degli ordini ricevuti, posti in essere dagli operai subordinati. (Nella fattispecie, relativa a morte per folgorazione di un operaio mentre attendeva alla elettrificazione della pompa di un pozzo artesiano, è stata esclusa la responsabilità del datore di lavoro il quale, pur non presente a dirigere i lavori al momento del sinistro, aveva dato disposizioni di attendere il suo arrivo prima di effettuare i collegamenti con la rete elettrica, procedendo alla sola stesura del cavo di alimentazione). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3495 del 8 aprile 1993 (Cass. pen. n. 3495/1993)

Per l’applicabilità dell’aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale di cui all’art. 589 cpv. c.p. non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice della strada, ma è sufficiente la contravvenzione alle regole di comune prudenza. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2335 del 10 marzo 1993 (Cass. pen. n. 2335/1993)

Rettamente è affermata la responsabilità per omicidio colposo aggravato dalla inosservanza delle norme che disciplinano la circolazione stradale di un automobilista che pur avendo tempestivamente avvistato due pedoni che si stavano spostando a sinistra verso il centro della strada per superare un’auto in sosta sulla destra, non eseguiva alcuna manovra per segnalare il suo sopraggiungere o per evitare di investirne uno, che a seguito del sinistro decedeva. Infatti nello scorgere i due pedoni l’automobilista avrebbe dovuto ridurre al minimo la velocità, sino a fermarsi, come prescritto dell’art. 102 c.s., essendo comunemente prevedibile che i pedoni non si sarebbero fermati dietro l’auto in sosta ma l’avrebbero superata, con ciò spostandosi verso sinistra ed invadendo parte del centro della strada, sì da interferire con la traiettoria di marcia del veicolo. Invero ogni conducente ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1207 del 5 febbraio 1993 (Cass. pen. n. 1207/1993)

In materia di omicidio colposo per infortunio sul lavoro, il committente è corresponsabile con l’appaltatore o col direttore dei lavori, qualora l’evento si colleghi causalmente anche alla sua colposa azione od omissione. Ciò, avviene sia quando egli abbia dato precise direttive o progetti da realizzare e le une e gli altri siano già essi stessi fonte di pericolo ovvero quando egli abbia commissionato o consentito l’inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose. Il margine più o meno ampio di discrezionalità eventualmente conferito ai soggetti innanzi indicati (appaltatore e direttore dei lavori) non esclude di per sé la sua colpa concorrente sotto il profilo eziologico. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8134 del 21 luglio 1992 (Cass. pen. n. 8134/1992)

Rettamente è affermata la responsabilità per il reato di cui all’art. 589 c.p. di un maestro incaricato di svolgere un corso di sci fuori pista, che abbia accompagnato in una zona nella quale era previsto il pericolo di valanghe alcuni allievi che siano poi stati investiti ed uccisi da una massa di neve staccatasi dall’anticima di un monte. Gli insegnanti, infatti, sono tenuti a vigilare sull’incolumità dei loro allievi nel periodo in cui si esercitano sotto la loro guida. Tale obbligo trova il suo fondamento in primo luogo nell’uso e nella prassi consolidata che deve ritenersi tacitamente richiamata ogni qualvolta si stipula un contratto, anche verbale, di insegnamento tra una scuola o un maestro ed un allievo. Al di fuori del contratto, l’obbligo trova fondamento anche nell’art. 2043 c.c. che impone di non provocare danni ingiusti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 9665 del 18 settembre 1991 (Cass. pen. n. 9665/1991)

In tema di colpa professionale del medico, per il principio consacrato nell’art. 41, primo comma c.p., accelerare il momento della morte di una persona destinata a soccombere equivale a cagionarla. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3185 del 22 marzo 1991 (Cass. pen. n. 1509/1990)

Il secondo comma dell’art. 589 c.p. (omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) non integra un reato autonomo, bensì un’aggravante speciale che impone il giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69 c.p. (Fattispecie relativa a rigetto di richiesta di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, poiché, ritenuta la equivalenza con le attenuanti generiche, era rimasto immutato il massimo della pena in anni cinque). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3871 del 17 marzo 1990 (Cass. pen. n. 1509/1990)

Chi coinvolge nel proprio lavoro pericoloso un’altra persona, in base a un rapporto non di lavoro subordinato, ma di amicizia e riconoscenza, è egualmente tenuto alla adozione di tutte le necessarie cautele antinfortunistiche e, in caso di omissione a cui consegua il decesso a seguito di infortunio della persona coinvolta, risponde di omicidio colposo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3273 del 7 marzo 1990 (Cass. pen. n. 1509/1990)

I delitti di omicidio colposo e di disastro colposo concorrono fra loro poiché la morte di una o più persone non è considerata dalla legge come elemento costitutivo né come circostanza aggravante del reato di disastro, che costituisce un’autonoma figura criminosa. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1686 del 8 febbraio 1990 (Cass. pen. n. 1509/1990)

Il caso di omicidio plurimo colposo in dipendenza di un’unica condotta, previsto dall’art. 589, comma terzo, c.p., non costituisce un reato unico, ma un concorso formale di più reati. (La Cassazione ha evidenziato che, integrando i reati commessi in concorso formale un’ipotesi di connessione ai sensi dell’art. 45, n. 3, c.p.p., nel caso in cui gli stessi, di pari gravità, siano stati commessi in pari numero in circoscrizioni diverse della stessa corte d’appello, la competenza a conoscere di essi appartiene al giudice designato dalla sezione istruttoria, ai sensi dell’art. 48, comma primo, c.p.p., precisando, peraltro, che, nel caso in cui erroneamente non sia stata richiesta la designazione del giudice competente alla predetta sezione ed il procedimento sia pervenuto senza contestazioni al dibattimento, la competenza deve ritenersi radicata nel giudice che ha proceduto al giudizio). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1509 del 2 febbraio 1990 (Cass. pen. n. 1509/1990)

Il gestore contitolare di un albergo ha l’obbligo di verificare, prima di consentirne l’uso, che lo scaldabagno — fonte potenziale di pericolo per il quale vige una specifica normativa atta a limitarne l’insorgenza, prevista dalla L. 6 dicembre 1971, n. 1083 — non costituisca insidia per i frequentatori del locale. Né tale obbligo viene meno per effetto dell’intervento, nelle operazioni di installazione, del contitolare dell’esercizio, a tanto delegato, in quanto tale contegno abdicativo, in relazione alla specifica normativa antinfortunistica, integra negligenza rilevante pur in ipotesi di cooperazione colposa. (Fattispecie in tema di omicidio colposo a carico di contitolari di albergo in cui un cliente, intento a fare la doccia, moriva per esalazione di ossido di carbonio). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 15145 del 4 novembre 1989 (Cass. pen. n. 15145/1989)

In tema di responsabilità per colpa, il produttore di una elettrocoperta risponde della morte di una bambina, rimasta ustionata per eccessivo calore, quando si accerti che il predetto manufatto era privo di dispositivo idoneo a provocare la disattivazione dell’alimentazione elettrica nel caso di eccesso di riscaldamento. Invero, il costruttore ha l’obbligo ben preciso di progettare e costruire tali indumenti in modo che nell’uso abituale vi sia sicurezza, anche nel caso di un eventuale uso negligente da parte dell’acquirente, tenuto conto che un prodotto, destinato ad una generalità di utenti, non può essere posto in vendita senza l’adozione di cautele idonee ad evitare rischi di danni per le persone e le cose; né rilievo assume la circostanza che (all’epoca della vendita) la progettazione e la costruzione di elettrocoperte non era regolamentata da alcuna disposizione di legge, ciò implicando maggior onere di cautela e attenzione da parte del fabbricante. (Fattispecie di bambina [diciassette mesi] lasciata in culla avvolta in elettrocoperta alimentata dalla corrente elettrica di rete. Nell’assenza del genitore, mancando un congegno termostatico in grado di disinserire l’alimentazione, a regime raggiunto, a causa dell’eccessivo calore e per i gas sprigionatisi, la piccola venne a morte. Oltre al genitore, fu chiamato a rispondere del triste evento il costruttore dell’indumento, cui fu addebitato quanto riassunto in massima). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2274 del 14 febbraio 1989 (Cass. pen. n. 2274/1989)

In caso di investimento conseguente alla circolazione stradale, seguito da morte della persona, già ridotta in fin di vita da precedente sinistro, sussiste la responsabilità per omicidio colposo a carico del secondo investitore, quando risulti che la sua azione abbia accelerato la morte del soggetto passivo. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 298 del 14 gennaio 1989 (Cass. pen. n. 12654/1988)

L’assistente di piscina, comunemente detto bagnino, ove operi in struttura privata, altrimenti non regolamentata nelle attribuzioni connesse al suo ruolo, escluso qualsiasi potere-dovere di proibizione e intervento coattivo ovvero di ammonimento, in relazione alla normale fruizione del servizio, nel civile rispetto delle persone e della integrità della struttura, ha dovere di massima vigilanza e di pronto intervento in relazione a situazioni di concreto pericolo che, comunque, coinvolgano i fruitori del servizio, anche qualora radicate in comportamenti imprudenti o negligenti del cliente. Pertanto, il bagnino può essere chiamato a rispondere della morte di un giovane bagnante, colpito da anossia cerebrale in seguito ad eccesso nel nuoto in apnea, solo se omise di vigilare con massima attenzione e di intervenire tempestivamente al manifestarsi dei sintomi del pericolo; non già, per non avere impedito acché il bagnante praticasse (ovvero per non avere ammonito a non praticare) tale genere di nuoto. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12654 del 17 dicembre 1988 (Cass. pen. n. 12654/1988)

In tema di omicidio, si configura la colpa con previsione allorché il soggetto si pone in una concreta situazione di indifferenza rispetto all’evento, sperando che esso non abbia a realizzarsi ritenendolo inevitabile per abilità personale o per intervento di altri fattori. Si configura, invece, il dolo eventuale allorché l’agente si rappresenta due determinate conseguenze della sua condotta, entrambe volute come possibili o probabili come effetto del rischio della sua attività. Ne consegue che risponde di omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento colui il quale, armeggiando con una pistola, per eccitarsi sessualmente, a contatto con il cuoio capelluto della vittima, abbia involontariamente colpito la stessa, cagionandone la morte. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27 del 8 agosto 1988 (Cass. pen. n. 27/1988)

Qualora il reato di omicidio colposo aggravato ai sensi dell’art. 589, secondo comma c.p. sia stato commesso dopo la nuova normativa di cui al D.L. 11 aprile 1974, n. 99 concernente il giudizio di comparazione tra circostanze del reato e all’imputato siano concesse attenuanti dichiarate equivalenti rispetto alla contestata aggravante, il massimo edittale della pena resta determinato in cinque anni e il tempo necessario per maturare la prescrizione è sempre quello di anni dieci, prolungabile ad anni quindici in virtù di atti interruttivi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 3494 del 17 marzo 1988 (Cass. pen. n. 8879/1987)

In tema di prescrizione, quando il reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale o antinfortunistiche, sia attenuato da circostanze dichiarate prevalenti nell’aggravante, deve ritenersi sanzionato con una pena edittale massima inferiore a cinque anni di reclusione, determinandosi, così, il termine di prescrizione di cui all’art. 157, primo comma, n. 4, c.p., prolungabile fino a sette anni e sei mesi a norma dell’art. 160, ultimo cpv., stesso codice. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8879 del 10 agosto 1987 (Cass. pen. n. 8879/1987)

In tema di omicidio colposo, è legittima la dichiarazione di responsabilità quando vengano prospettate dettagliatamente nella motivazione più eventualità della dinamica del fatto, ciascuna delle quali, comunque, indicativa di un atteggiamento antidoveroso degli imputati quale causa immediata e diretta dell’evento di danno. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4041 del 3 aprile 1987 (Cass. pen. n. 4041/1987)

In tema di omicidio colposo, la circostanza aggravante prevista nella seconda ipotesi del secondo comma dell’art. 589 c.p. (fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) deve ritenersi sussistente quando è stata posta in essere una condotta antigiuridica contemplata, anche in forma generica, da qualsiasi norma che comunque sia predisposta alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. (Nella specie, relativa ad affermazione di responsabilità per l’ipotesi aggravata, è stato ritenuto irrilevante il fatto che la vittima non fosse un dipendente dell’imputato, gestore di una cava, o comunque un lavoratore addetto alla cava medesima ove si era verificata la frana). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 588 del 20 gennaio 1987 (Cass. pen. n. 588/1987)

È responsabile di un reato colposo, ai sensi dell’art. 43 c.p., il sindaco che, tempestivamente informato di una situazione di pericolo esistente in una piscina comunale in conseguenza dell’accertato danneggiamento della recinzione, con la possibilità che estranei e specialmente bambini vi entrino facilmente, si limiti a dare al tecnico comunale un impersonale ed indiretto incarico a provvedere alle opere necessarie per eliminarla, omettendo di vigilare in prima persona perché le opere delegate siano effettivamente eseguite. (Nella fattispecie un bambino di 3 anni e mezzo era morto annegato nella piscina, dove era arrivato, passando attraverso un varco, privo di qualsiasi protezione, aperto lungo il muro di cinta della stessa). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2600 del 8 agosto 1986 (Cass. pen. n. 2600/1986)

In caso di decesso per annegamento in una vasca di irrigazione, risponde di omicidio colposo il proprietario del fondo che, avendolo lasciato aperto e accessibile a chiunque, non abbia adottato quelle precauzioni suggerite dalla comune esperienza e dalla normale prudenza idonee ad evitare che lo stato dei luoghi o cose pericolose esistenti nel fondo potessero recare danno a terzi. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 2478 del 26 marzo 1986 (Cass. pen. n. 2478/1986)

La terminologia adoperata negli artt. 589 e 590 c.p. «norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro» è riferibile non solo alle norme inserite nelle leggi specificamente antinfortunistiche, ma anche di tutte quelle che, direttamente o indirettamente, perseguono il fine di evitare incidenti sul lavoro o malattie professionali e che, in genere, tendono a garantire la sicurezza del lavoro in relazione all’ambiente in cui esso deve svolgersi. Ne consegue che anche la violazione di una norma del codice della strada, come quella che riguarda l’obbligo della distanza di sicurezza tra i veicoli, costituisce trasgressione di un precetto antinfortunistico se, verificandosi in ambiente o in occasione di lavoro, integri contravvenzione a misure di sicurezza atte ad evitare pregiudizi per i lavoratori e per gli altri. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1146 del 5 febbraio 1985 (Cass. pen. n. 1146/1985)

I reati di disastro colposo e di omicidio colposo plurimo possono concorrere. Infatti tra essi vi è non già concorso apparente di norme, bensì concorso formale di reati, perché l’imputato con unica condotta colposa determina due distinti eventi: quello di danno per le persone investite e quello di pericolo per la pubblica incolumità. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 321 del 10 gennaio 1985 (Cass. pen. n. 321/1985)

La circostanza aggravante di cui agli artt. 589 comma secondo e 590 comma terzo c.p. sussiste non solo per la violazione di specifiche norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ma anche per l’omessa adozione di ogni idonea misura a protezione dell’integrità fisica dei lavoratori, in violazione dell’art. 2087 c.c. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2825 del 2 aprile 1983 (Cass. pen. n. 1541/1983)

L’ipotesi prevista dal terzo comma dell’art. 589 c.p.p., nella nuova formulazione di cui alla L. 11 maggio 1966, n. 296, in tema di omicidio colposo con morte di più persone ovvero di morte di una o più persone o di lesioni di una o più persone, costituisce una figura di concorso formale di reati unificati solo quoad poenam e non di reato continuato o complesso; pertanto ciascun reato conserva la propria autonomia relativamente alle cause estintive della prescrizione e dell’amnistia. (Nella specie è stata ritenuta l’applicabilità dell’amnistia alle lesioni colpose, ritenute autonome rispetto all’omicidio colposo, contestate ai sensi dell’art. 589, terzo comma c.p.). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1541 del 21 febbraio 1983 (Cass. pen. n. 1541/1983)

In tema di incidenti che si verifichino in occasione dello svolgimento di corse di ciclisti dilettanti, la responsabilità del direttore di corsa è limitata al percorso della gara, ai sensi dell’art. 144 del regolamento tecnico per dilettanti della Federazione ciclistica italiana. Pertanto, qualora un incidente si verifichi oltre il traguardo, sono responsabili gli organizzatori della gara. (Nella specie è stata ritenuta la responsabilità per omicidio colposo del presidente della gara poiché un ciclista, dopo avere tagliato vittoriosamente il traguardo, urtava contro un pedone, che aveva invaso la carreggiata insieme con gli altri spettatori, e cadeva battendo il capo al suolo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1509 del 21 febbraio 1983 (Cass. pen. n. 1508/1983)

È responsabile del delitto di omicidio colposo il locatore che, prima di consegnare l’appartamento al conduttore, ometta di provvedere al controllo ed alla sostituzione di elementi difettosi nei vari impianti, qualora dal funzionamento anormale di essi derivi un evento mortale. (Nella specie la fuoriuscita di ossido di carbonio dal tubo usurato di uno scaldabagno a gas e la mancanza di ventilazione avevano cagionato la morte dell’inquilino mentre questi faceva il bagno). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 1508 del 21 febbraio 1983 (Cass. pen. n. 1508/1983)

Nell’ipotesi di decesso di persona caduta in uno scavo esistente in un fondo, risponde del delitto di omicidio colposo il proprietario del fondo medesimo, qualora egli non abbia adottato tutte le cautele necessarie ad evitare cadute nel fosso (come la recinzione dell’area e l’esposizione di cartelli indicativi del pericolo). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 7588 del 4 agosto 1982 (Cass. pen. n. 6247/1982)

In caso di pluralità di omicidi colposi, commessi con un’unica azione, l’implicazione nei vari reati ai sensi dell’art. 589, terzo comma c.p., così come modificato dalla L. 11 maggio 1966, n. 296, riguarda soltanto l’applicazione della pena, mentre ogni reato conserva la propria autonomia. Ne consegue che, ai fini della maturata prescrizione, il relativo termine va computato in relazione alla pena massima di cinque anni di reclusione prevista per ogni singolo omicidio e non già a quella massima di anni dodici, stabilita nel citato comma dell’art. 589 c.p. (Fattispecie in cui vi è stata condanna per omicidio colposo e concessione delle attenuanti generiche, con conseguente diminuzione della pena). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6247 del 24 giugno 1982 (Cass. pen. n. 6247/1982)

L’art. 589 comma terzo c.p. disciplina una pluralità di eventi, ricollegabili, con un rapporto di causalità materiale, ad una condotta colposa unica. Non prevede cioè un’ipotesi di circostanza aggravante, ma di reati diversi, uniti dal vincolo del concorso formale. Non può trovare pertanto applicazione l’art. 69 c.p. che regola il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 8342 del 24 settembre 1981 (Cass. pen. n. 8342/1981)

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