Art. 580 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Istigazione o aiuto al suicidio

Articolo 580 - codice penale

(1) Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima (583).
Le pene sono aumentate (64) se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d’intendere o di volere (85), si applicano le disposizioni relative all’omicidio (572, 575 ss., 586, 589).

Articolo 580 - Codice Penale

(1) Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima (583).
Le pene sono aumentate (64) se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d’intendere o di volere (85), si applicano le disposizioni relative all’omicidio (572, 575 ss., 586, 589).

Note

(1) La Corte costituzionale, con sentenza, n. 242 del 22 novembre 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo articolo, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione –, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

Tabella procedurale

Arresto: facoltativo in flagranza; obbligatorio in flagranza nell’ipotesi relativa alla persona istigata minore degli anni quattordici o incapace d’intendere e volere, qualora il suicidio avvenga.381 c.p.p.; 380 c.p.p.
Fermo di indiziato di delitto: primo comma, prima ipotesi consentito, seconda ipotesi non consentito; secondo comma, seconda ipotesi consentito.384 c.p.p.; 384 c.p.p.
Misure cautelari personali: consentite.280287 c.p.p.
Autorità giudiziaria competente: Corte di assise; nell’ipotesi del tentativo, Tribunale collegiale.5 c. p.p.; 33 bis c.p.p.
Procedibilità: d’ufficio.50 c.p.p.

Massime

L’istigazione al suicidio costituisce reato commesso con violenza morale contro la persona, giacchè l’istigazione rappresenta una forma subdola di coartazione della volontà, idonea a sopraffare – o comunque a condizionare – l’istinto di conservazione della persona (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che, in caso di reato di istigazione al suicidio, la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero deve essere notificata alla persona offesa, e la decisione del giudice non può intervenire prima della scadenza del temine entro cui la persona offesa può proporre impugnazione). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 48360 del 23 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 48360/2018)

Non è configurabile il tentativo del delitto di istigazione al suicidio nel caso di invio di messaggi telefonici ad un minore nell’ambito del gioco noto come “Blue Whale Challenge”, pur se contenenti l’invito a compiere atti potenzialmente pregiudizievoli. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 57503 del 22 dicembre 2017 (Cass. pen. n. 57503/2017)

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 580 c.p., sotto il profilo del rafforzamento dell’altrui proposito suicida, occorre sia la dimostrazione dell’obiettivo contributo all’azione altrui di suicidio, sia la prefigurazione dell’evento come dipendente dalla propria condotta. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità dell’imputato, in ordine al reato di cui all’art. 580 c.p., “presumendo una speculare intelligenza del rapporto reciproco dell’autore del reato e del suicida in termini di azione-reazione così assorbendo la prova del dolo in quella della causalità). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 22782 del 15 giugno 2010 (Cass. pen. n. 22782/2010)

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 580 c.p., sotto il profilo del rafforzamento dell’altrui proposito suicida, pur essendo richiesto, quanto all’elemento psicologico, il solo dolo generico, è però necessario che sussista, nell’agente, la consapevolezza della obiettiva serietà del suddetto proposito. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata esclusa, dal giudice di merito, la sussistenza del reato a carico del fidanzato di una ragazza il quale, a fronte del manifestato — e poi attuato — proposito della stessa di suicidarsi mediante precipitazione da un balcone, per reazione ad una scenata di gelosia, l’aveva verbalmente incoraggiata a porre in essere il detto proposito, nel presumibile convincimento che, come già avvenuto in passato, esso non avrebbe avuto seguito). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3924 del 1 febbraio 2007 (Cass. pen. n. 3924/2007)

Il discrimine tra il reato di omicidio del consenziente e quello di istigazione o aiuto al suicidio va individuato nel modo in cui viene ad atteggiarsi la condotta e la volontà della vittima in rapporto alla condotta dell’agente: si avrà omicidio del consenziente nel caso in cui colui che provoca la morte si sostituisca in pratica all’aspirante suicida, pur se con il consenso di questi, assumendone in proprio l’iniziativa, oltre che sul piano della causazione materiale, anche su quello della generica determinazione volitiva; mentre si avrà istigazione o agevolazione al suicidio tutte le volte in cui la vittima abbia conservato il dominio della propria azione, nonostante la presenza di una condotta estranea di determinazione o di aiuto alla realizzazione del suo proposito, e lo abbia realizzato, anche materialmente, di mano propria. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3147 del 12 marzo 1998 (Cass. pen. n. 3147/1998)

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