L’istigazione al suicidio costituisce reato commesso con violenza morale contro la persona, giacchè l’istigazione rappresenta una forma subdola di coartazione della volontà, idonea a sopraffare – o comunque a condizionare – l’istinto di conservazione della persona (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che, in caso di reato di istigazione al suicidio, la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero deve essere notificata alla persona offesa, e la decisione del giudice non può intervenire prima della scadenza del temine entro cui la persona offesa può proporre impugnazione). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 48360 del 23 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 48360/2018)
Non è configurabile il tentativo del delitto di istigazione al suicidio nel caso di invio di messaggi telefonici ad un minore nell’ambito del gioco noto come “Blue Whale Challenge”, pur se contenenti l’invito a compiere atti potenzialmente pregiudizievoli. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 57503 del 22 dicembre 2017 (Cass. pen. n. 57503/2017)
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 580 c.p., sotto il profilo del rafforzamento dell’altrui proposito suicida, occorre sia la dimostrazione dell’obiettivo contributo all’azione altrui di suicidio, sia la prefigurazione dell’evento come dipendente dalla propria condotta. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità dell’imputato, in ordine al reato di cui all’art. 580 c.p., “presumendo una speculare intelligenza del rapporto reciproco dell’autore del reato e del suicida in termini di azione-reazione così assorbendo la prova del dolo in quella della causalità). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 22782 del 15 giugno 2010 (Cass. pen. n. 22782/2010)
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 580 c.p., sotto il profilo del rafforzamento dell’altrui proposito suicida, pur essendo richiesto, quanto all’elemento psicologico, il solo dolo generico, è però necessario che sussista, nell’agente, la consapevolezza della obiettiva serietà del suddetto proposito. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata esclusa, dal giudice di merito, la sussistenza del reato a carico del fidanzato di una ragazza il quale, a fronte del manifestato — e poi attuato — proposito della stessa di suicidarsi mediante precipitazione da un balcone, per reazione ad una scenata di gelosia, l’aveva verbalmente incoraggiata a porre in essere il detto proposito, nel presumibile convincimento che, come già avvenuto in passato, esso non avrebbe avuto seguito). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3924 del 1 febbraio 2007 (Cass. pen. n. 3924/2007)
Il discrimine tra il reato di omicidio del consenziente e quello di istigazione o aiuto al suicidio va individuato nel modo in cui viene ad atteggiarsi la condotta e la volontà della vittima in rapporto alla condotta dell’agente: si avrà omicidio del consenziente nel caso in cui colui che provoca la morte si sostituisca in pratica all’aspirante suicida, pur se con il consenso di questi, assumendone in proprio l’iniziativa, oltre che sul piano della causazione materiale, anche su quello della generica determinazione volitiva; mentre si avrà istigazione o agevolazione al suicidio tutte le volte in cui la vittima abbia conservato il dominio della propria azione, nonostante la presenza di una condotta estranea di determinazione o di aiuto alla realizzazione del suo proposito, e lo abbia realizzato, anche materialmente, di mano propria. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3147 del 12 marzo 1998 (Cass. pen. n. 3147/1998)