Art. 578 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale

Articolo 578 - codice penale

La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono (110) nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita (65) da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 del codice penale.

Articolo 578 - Codice Penale

La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono (110) nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita (65) da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 del codice penale.

Approfondimenti

Tabella procedurale

Arresto: primo comma, facoltativo in flagranza; secondo comma, obbligatorio in flagranza.381 c.p.p.; 380 c.p.p.
Fermo di indiziato di delitto: consentito.384 c.p.p.
Misure cautelari personali: consentite.280287 c.p.p.
Autorità giudiziaria competente: primo comma, Tribunale collegiale; secondo comma, Corte di assise.33 bis c.p.p.; 5 c.p.p.
Procedibilità: d’ufficio.50 c.p.p.

Massime

L’integrazione della fattispecie criminosa di infanticidio non richiede che la situazione di abbandono materiale e morale rivesta un carattere di oggettiva assolutezza, trattandosi di un elemento oggetto da leggere in chiave soggettiva, in quanto è sufficiente anche la percezione di totale abbandono avvertita dalla donna nell’ambito di una complessa esperienza emotiva e mentale quale quella che accompagna la gravidanza e poi il parto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 40993 del 22 novembre 2010 (Cass. pen. n. 40993/2010)

Per la configurabilità del reato di infanticidio di cui all’art. 578 c.p. è necessario che la madre sia lasciata in balia di se stessa, senza alcuna assistenza e nel completo disinteresse dei familiari, in modo che venga a trovarsi in uno stato di isolamento totale che non lasci prevedere alcuna forma di soccorso o di aiuto finalizzati alla sopravvivenza del neonato. (Nel caso di specie, la Corte di cassazione ha ritenuto corretta la qualificazione come omicidio volontario della condotta della madre, che, nonostante fosse assistita anche economicamente da un genitore e potesse inoltre contare sull’aiuto di altri parenti, dopo aver occultato la gravidanza, aveva causato la morte del neonato). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24903 del 26 giugno 2007 (Cass. pen. n. 24903/2007)

In tema di delitti contro la persona, l’elemento distintivo delle fattispecie di soppressione del prodotto del concepimento è costituito anche dal momento in cui avviene l’azione criminosa. La condotta di procurato aborto, prevista dall’art. 19 L. 22 maggio 1978, n. 194, si realizza in un momento precedente il distacco del feto dall’utero materno; la condotta prevista dall’art. 578 c.p. si realizza invece dal momento del distacco del feto dall’utero materno, durante il parto se si tratta di un feto o immediatamente dopo il parto se si tratta di un neonato. Di conseguenza, qualora la condotta diretta a sopprimere il prodotto del concepimento sia posta in essere dopo il distacco, naturale o indotto, del feto dall’utero materno, il fatto, in assenza dell’elemento specializzante delle condizioni di abbandono materiale e morale della madre, previsto dall’art. 578 c.p., configura il delitto di omicidio volontario di cui agli artt. 575 e 577 n.1 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 46945 del 2 dicembre 2004 (Cass. pen. n. 46945/2004)

La fattispecie criminosa delineata dall’art. 578 c.p., postula uno stato di abbandono della madre inteso non come fatto contingente legato al momento culminante della gravidanza, bensì come condizione di vita, che si sostanzia nell’isolamento materiale e morale della donna dal contesto familiare e sociale (situazione d’indigenza e difetto di assistenza pubblica e privata; solitudine causata da insanabili contrasti con parenti e amici e conseguente allontanamento spontaneo o coatto, dal nucleo originario di appartenenza, e così via) produttivo di un profondo turbamento spirituale, che si aggrava grandemente, sfociando in una vera e propria alterazione della coscienza, in molte partorienti immuni da processi morbosi mentali e tuttavia coinvolte psichicamente al punto da smarrire almeno in parte il lume della ragione. (Fattispecie relativa a ritenuta configurabilità di omicidio volontario nella soppressione, subito dopo la nascita, del figlio da parte della madre). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1387 del 4 febbraio 2000 (Cass. pen. n. 1387/2000)

Il delitto di cui all’art. 578 c.p. nella sua attuale formulazione dopo la modifica intervenuta con l’art. 2, L. 5 agosto 1981, n. 442, si differenzia da quello di omicidio ex art. 575 stesso codice perché richiede non solo che la morte del neonato sia stata cagionata «immediatamente dopo il parto», ma anche che il fatto sia stato determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto» (avendo il legislatore abbandonato la precedente ragione dell’incriminazione speciale consistente nel fine di salvare l’onore proprio e di un prossimo congiunto). Le suddette condizioni devono sussistere congiuntamente, cioè le une e le altre; devono esistere oggettivamente e non essere soltanto semplicemente supposte; infine devono essere connesse al parto, nel senso che, in conseguenza della loro oggettiva esistenza, la madre ritenga di non poter assicurare la sopravvivenza del figlio subito dopo il parto. (In motivazione, la Suprema Corte ha chiarito che le condizioni di abbandono materiale e morale possono ritenersi sussistenti solo quando la madre sia lasciata in balia di se stessa e venga a trovarsi al momento del parto, o subito prima o dopo di esso, in uno stato di derelizione ovvero di isolamento tale che non consente l’intervento o l’aiuto di terzi, né un qualsiasi soccorso fisico o morale; e che quando, invece, lo stato di abbandono materiale e morale viene volontariamente creato e mantenuto, se la morte interviene ed è collegata causalmente a tali condizioni che hanno a loro volta determinato l’evento letale, il fatto è riconducibile all’ipotesi legislativa dell’omicidio volontario). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7756 del 18 agosto 1993 (Cass. pen. n. 7756/1993)

Lo stato di abbandono materiale e morale in cui deve versare il colpevole del reato di infanticidio non è ontologicamente incompatibile con la presenza nel territorio, ove il parto si verifica, di strutture socio-sanitarie idonee, sempreché l’agente si trovi nelle condizioni sociali e culturali di utilizzare detti sussidi, secondo una valutazione da compiersi in concreto da parte del giudice di merito, con un giudizio insindacabile in sede di legittimità ove risulti correttamente motivato ed immune da vizi logici. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8489 del 1 agosto 1991 (Cass. pen. n. 8489/1991)

Il delitto di infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale è configurabile soltanto se l’evento letale avviene di turbamento psichico che costituisce la ragione del diverso trattamento sanzionatorio rispetto all’omicidio volontario. Manca tale immediatezza, quando la morte sia cagionata oltre i due giorni dal parto (nella specie è stato ritenuto sussistente il reato di omicidio volontario). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10434 del 17 luglio 1989 (Cass. pen. n. 10434/1989)

Non è configurabile il delitto di infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale, ma quello di omicidio volontario del neonato, qualora lo stato di abbandono predetto sia stato artatamente e volontariamente creato e mantenuto col fine precipuo di farne derivare la morte. In tal caso infatti, il decesso è collegato causalmente a tali condizioni, che hanno a loro volta determinato la causa patologica fisica ultima dell’evento letale. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10413 del 17 luglio 1989 (Cass. pen. n. 10413/1989)

Il delitto di cui all’art. 578 c.p., dopo la modifica intervenuta in virtù dell’art. 2 della L. 5 agosto 1981, n. 442, si differenzia dalla precedente ipotesi criminosa per la qualità del soggetto attivo, che è la madre e non più «chiunque» e sul piano soggettivo perché, quanto alla madre, il «fatto» deve essere stato determinato dalle condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto e, quanto ai correi, in presenza di tali condizioni, perché essi devono agire «al solo scopo di favorire la madre», abbandonandosi, perciò, sul piano normativo, la ragione dell’incriminazione consistente nel fine di salvare l’onore proprio o di un prossimo congiunto. Rispetto alla previgente formulazione immodificato è invece il momento del fatto: immediatamente dopo il parto, trattandosi di un neonato, o durante il parto trattandosi di un feto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3326 del 14 marzo 1988 (Cass. pen. n. 3326/1988)

Il reato di infanticidio di cui all’art. 578 c.p. come modificato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442 non è compatibile con l’aggravante della premeditazione. Nel reato di infanticidio di cui all’art. 578 c.p., come modificato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442, le condizioni di abbandono materiale e morale possono ritenersi sussistenti solo quando la madre venga a trovarsi, al momento del parto, in uno stato di isolamento tale che non consenta l’aiuto di presidi sanitari o di altre persone, e che detto isolamento non sia stato determinato dalla madre stessa per sua incuria o indifferenza. Nel reato di infanticidio di cui all’art. 578 c.p. così come modificato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442, le condizioni di abbandono materiale e morale menzionate dalla norma devono sussistere congiuntamente; esistere oggettivamente; essere connesse al parto nel senso che, in conseguenza della loro oggettiva esistenza, la madre ritenga di non potere assicurare la sopravvivenza del figlio, subito dopo il parto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7997 del 12 settembre 1985 (Cass. pen. n. 7997/1985)

Istituti giuridici

Novità giuridiche