Art. 498 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Usurpazione di titoli o di onori

Articolo 498 - codice penale

Chiunque, fuori dei casi previsti, dall’articolo 497 ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi (1) di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato (348), ovvero indossa abusivamente in pubblico l’abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 154 a € 929.
Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente.
Per le violazioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta la violazione con le modalità stabilite dall’articolo 36 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Articolo 498 - Codice Penale

Chiunque, fuori dei casi previsti, dall’articolo 497 ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi (1) di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato (348), ovvero indossa abusivamente in pubblico l’abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 154 a € 929.
Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente.
Per le violazioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta la violazione con le modalità stabilite dall’articolo 36 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Note

(1) Le parole: «Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi» sono state così sostituite dalle attuali: «Chiunque, fuori dei casi previsti, dall’articolo 497 ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi» dall’art. 1 ter, comma 2, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, nella L. 21 febbraio 2006, n. 49.

Massime

L’art. 498 c.p. considera due distinte ipotesi delittuose; mentre quella di usurpazione di titolo del primo comma richiede per la sua punibilità la pubblicità (… abusivamente portata in pubblico, … indossa abusivamente in pubblico) in quanto tutela la pubblica fede che può essere tratta in inganno da false apparenza determinate da comportamenti esternati in pubblico, per l’ipotesi di cui al secondo comma non è necessario l’estremo della pubblicità del comportamento in considerazione del termine usato «si arroga» che si riferisce essenzialmente al fatto di attribuirsi indebitamente o illegittimamente titoli od onori. (Fattispecie in cui l’imputato, trovato in possesso di un biglietto da visita recante la propria foto tessera in divisa da carabiniere, con relativa dicitura e timbro datario, di manette, fondina ascellare, pistola a salve priva del tappo rosso e cartucce inesplose, era stato assolto in quanto non aveva fatto mostra in pubblico del titolo o della qualità da esso documentato; la Suprema Corte ha annullato con rinvio affinché il giudice di merito valutasse se il possesso dei detti oggetti potesse integrare o meno l’abusiva attribuzione della qualità di carabiniere). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5534 del 3 maggio 1999 (Cass. pen. n. 5534/1999)

È insindacabile in cassazione, se sorretta da congrua motivazione, la valutazione dei giudici di merito di insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 498 c.p. nel fatto dell’apposizione di targa all’ingresso di uno studio professionale di un dottore in giurisprudenza, iscritto all’albo dei ragionieri, recante la dicitura di «dottor ragioniere» nella prima riga, e nella seconda, di commercialista. (Nella fattispecie i giudici d’appello non avevano ritenuto provata la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, rappresentato dalla volontà di ingannare la pubblica fede, ingenerando l’erronea opinione di avere la qualifica di dottore commercialista, in contrapposizione all’eventualità della buona fede dell’agente, in correlazione all’uso corrente del termine commercialista, in riferimento ad attività svolta nel campo del diritto commerciale). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11224 del 16 novembre 1995 (Cass. pen. n. 11224/1995)

Nel delitto di cui all’art. 496 c.p. (come anche in quello previsto dall’art. 495 c.p.) l’inganno è rivolto alla pubblica amministrazione e consiste in false risposte (o attestazioni) su qualità personali giuridicamente rilevanti. Si ha invece il delitto di cui all’art. 498 c.p. quando la fede della generalità dei cittadini viene tratta in inganno sia mediante la pubblica esibizione di segni distintivi di particolari uffici pubblici o di professioni protette (per le quali cioè è richiesta una speciale abilitazione dello Stato), sia mediante la pubblica auto-attribuzione di particolari titoli conferiti dalla potestà pubblica o di qualità inerenti ad alcuno degli indicati uffici o professioni. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 4033 del 29 aprile 1985 (Cass. pen. n. 4033/1985)

Il reato di usurpazione di titoli o di onori, di cui all’art. 498 c.p., non può considerarsi assorbito da quello di abusivo esercizio di una professione, di cui all’art. 348 stesso codice. I due reati, infatti, possono concorrere materialmente poiché le due norme tutelano distinti beni giuridici. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3072 del 4 aprile 1985 (Cass. pen. n. 3072/1985)

Nel caso di procedimento penale per usurpazione di titoli, di cui all’art. 498 c.p., qualora attraverso inserzioni su di un giornale, si sia mascherato l’esercizio della prostituzione, annunciando di esercitare l’attività di massaggiatrice e fisioterapista, il sindacato italiano terapisti della riabilitazione è legittimato a costituirsi parte civile. Infatti alle associazioni sindacali nazionali compete una legittimazione propria alla tutela giudiziaria dell’interesse collettivo del sindacato ed esse sono legittimate alla costituzione di parte civile nel procedimento penale per un reato dal quale sia derivato loro un danno anche solo morale. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 313 del 11 aprile 1984 (Cass. pen. n. 313/1984)

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