Art. 495 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri

Articolo 495 - codice penale

(1) (2) Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
La reclusione non è inferiore a due anni:
1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile (483, 567);
2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato (567) o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale (686 c.p.p.) una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

Articolo 495 - Codice Penale

(1) (2) Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
La reclusione non è inferiore a due anni:
1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile (483, 567);
2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato (567) o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale (686 c.p.p.) una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

Note

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. b ter), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125.
(2) Si veda l’art. 25 della L. 21 novembre 1967, n. 1185, recante norme sui passaporti.

Tabella procedurale

Arresto: facoltativo in flagranza.381 c.p.p.
Fermo di indiziato di delitto: non consentito.
Misure cautelari personali: consentite.280287 c.p.p.
Autorità giudiziaria competente: Tribunale monocratico.33 ter c.p.p.
Procedibilità: d’ufficio.50 c.p.p.

Massime

In riferimento alla fattispecie aggravata di cui all’art. 495, comma secondo, n. 2, cod. pen., l’attenuante del ravvedimento attivo, di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., non può essere applicata nell’ipotesi in cui le mendaci dichiarazioni circa la propria identità personale siano state trasfuse in una sentenza di condanna pronunziata nei confronti del soggetto del quale siano state declinate falsamente le generalità in quanto le condotte riparatorie, eventualmente poste in essere dall’autore del reato, non sarebbero idonee concretamente ad elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5723 del 13 febbraio 2020 (Cass. pen. n. 5723/2020)

Integra il delitto di cui all’art. 495 cod. pen. (falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri) la condotta del privato che attesti falsamente, al fine di essere ammesso a colloquio con un soggetto detenuto, di essere legato allo stesso da un rapporto di convivenza, vertendo tale dichiarazione sull’accertamento dei connotati della persona, integrativi o sostitutivi della identità o dello status del dichiarante, ovvero di situazioni di fatto cui l’ordinamento collega effetti giuridici, quali presupposti o condizioni di legittimazione nei rapporti intersoggettivi. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 44111 del 29 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 44111/2019)

Nella nozione di qualità personali, cui fa riferimento l’art. 495, comma primo, cod. pen., rientrano gli attributi ed i modi di essere che servono ad integrare l’individualità di un soggetto e, cioè, sia le qualità primarie, concernenti l’identità e lo stato civile delle persone, sia le altre qualità che pure contribuiscono ad identificare le persone, quali la professione, la dignità, il grado accademico, l’ufficio pubblico ricoperto, una precedente condanna e simili. (Fattispecie in cui la falsa informazione di ricoprire il titolo di alto ufficiale dell’esercito è stata ritenuta rientrare nelle qualità secondarie). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 19695 del 8 maggio 2019 (Cass. pen. n. 19695/2019)

Integra il delitto di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale di cui all’art. 495 cod. pen. la condotta di colui che declini generalità false al “controllore” di un’azienda di trasporto urbano, in quanto le dichiarazioni del privato sono destinate ad incidere direttamente sulla formazione dell’atto pubblico costituito dal verbale di accertamento dell’infrazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che il “controllore” riveste la qualità di pubblico ufficiale in ragione dell’attribuzione di poteri autoritativi e certificativi individuati nelle funzioni di accertamento dell’infrazione, di identificazione personale dell’autore della violazione e di redazione del relativo verbale di accertamento, attribuiti dalle norme di legge, regionale e nazionale). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 25649 del 6 giugno 2018 (Cass. pen. n. 25649/2018)

In tema di reati contro la fede pubblica, costituiscono generalità ufficiali di identificazione, da parte dell’ordinamento italiano, quella che il soggetto extra-comunitario dichiara all’atto della richiesta di asilo politico, in relazione alle quali gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari, con la conseguenza che successive, diverse declinazioni delle proprie generalità integrano il reato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 36904 del 25 luglio 2017 (Cass. pen. n. 36904/2017)

Integra il reato di falsa attestazione o dichiarazione a un P.U. sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 cod. pen.) la condotta di colui che rende molteplici dichiarazioni, tutte fra loro diverse, in ordine alle proprie generalità, non rilevando, a tal fine, il fatto che non sia stato possibile accertare le vere generalità del dichiarante e che questi, in una sola delle molteplici occasioni, possa, eventualmente, avere detto il vero. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 29874 del 15 giugno 2017 (Cass. pen. n. 29874/2017)

Non sussiste il reato di cui agli artt. 48 e 479 cod. pen. nel caso del conservatore dei registri immobiliari che proceda alla trascrizione del certificato di successione, formato dall’Agenzia delle Entrate, fondato su di una falsa dichiarazione di successione dell’imputato, poichè in detta ipotesi il pubblico ufficiale non compie alcuna autonoma attestazione in merito alla veridicità del contenuto della dichiarazione di successione, ma si limita ad annotare un atto pubblico redatto da altro pubblico ufficiale. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3832 del 25 gennaio 2017 (Cass. pen. n. 3832/2017)

Integra il reato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 cod. pen.), nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, la condotta di chi dichiari un falso nome nel corso di una perquisizione, essendo tale dichiarazione destinata ad essere trasfusa in un atto pubblico. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 36834 del 5 settembre 2016 (Cass. pen. n. 36834/2016)

Integra il reato di falsa attestazione o dichiarazione a un P.U. sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 cod. pen.) la condotta di colui che rende molteplici dichiarazioni, tutte fra loro diverse, in ordine alle proprie generalità, non rilevando, a tal fine, il fatto che non sia stato possibile accertare le vere generalità del dichiarante e che questi, in una sola delle molteplici occasioni, possa, eventualmente, avere detto il vero. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7712 del 19 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 7712/2015)

Integra il reato di cui all’art. 495 cod. pen., la condotta di colui che, privo di documenti di identificazione, fornisca ai carabinieri, nel corso di un controllo stradale, false dichiarazioni sulla propria identità, considerato che dette dichiarazioni – in assenza di altri mezzi di identificazione – rivestono carattere di attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali, e, quindi, ove mendaci, ad integrare la falsa attestazione che costituisce l’elemento distintivo del reato di cui all’art. 495 cod. pen., nel testo modificato dalla legge n. 125 del 2008, rispetto all’ipotesi di reato di cui all’art. 496 cod. pen. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7286 del 18 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 7286/2015)

Integra il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale di cui all’art. 495 cod. pen., la condotta di chi fornisce false generalità alla polizia ferroviaria all’atto della redazione di un verbale di identificazione, in quanto tali dichiarazioni diventano parte integrante del predetto verbale che costituisce atto pubblico. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5622 del 5 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 5622/2015)

In tema di falsità personali, la nozione di “altra qualità della propria o altrui persona”, cui si riferisce la norma dell’art. 495 cod. pen., comprende soltanto le indicazioni che concorrono a stabilire le condizioni della persona, ad individuare il soggetto e a consentire la sua identificazione. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che la falsa affermazione di essere proprietario di un immobile non integra la condotta del delitto previsto dall’art. 495 cod. pen.). Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 30192 del 12 luglio 2013 (Cass. pen. n. 30192/2013)

Il reato di falsa attestazione di qualità personali (art. 495 c.p.) resta assorbito nella ipotesi delittuosa di indebita percezione di erogazioni pubbliche in danno dello Stato quando esso integri un elemento essenziale per la configurazione di quest’ultima e ne costituisca la modalità tipica di consumazione. (Fattispecie in cui l’imputato straniero aveva presentato falsa dichiarazione sostitutiva di certificazione in cui attestava l’inesistente possesso della cittadinanza italiana al fine di ottenere l’erogazione del contributo assistenziale del ” bonus bebè”). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44230 del 14 novembre 2012 (Cass. pen. n. 44230/2012)

In tema di false attestazioni di generalità, una volta che l’indicazione di generalità false risulti accertata quanto meno per taluna delle occasioni oggetto di contestazione, l’incertezza sul “tempus commissi delicti” rileva solo ai fini della prescrizione del reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10938 del 16 marzo 2011 (Cass. pen. n. 10938/2011)

Integra il reato di cui all’art. 495 cod. pen., la condotta di colui che, privo di documenti di identificazione, fornisca ai carabinieri, nel corso di un controllo stradale, false dichiarazioni sulla propria identità, considerato che dette dichiarazioni – in assenza di altri mezzi di identificazione – rivestono carattere di attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali, e, quindi, ove false, ad integrare la falsa attestazione che costituisce l’elemento distintivo del reato di cui all’art. 495, nel testo modificato dalla legge n. 125 del 2008, rispetto all’ipotesi di reato di cui all’art. 496 cod. pen.. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3042 del 27 gennaio 2011 (Cass. pen. n. 3042/2011)

Integra il reato di falsa attestazione o dichiarazione a un P.U. sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 c.p.) la condotta di colui che renda molteplici dichiarazioni, tutte fra loro diverse, in merito alle proprie generalità; né rileva, a tal fine, il fatto che non sia stato possibile accertare le vere generalità del soggetto e che questi, in una sola delle molteplici occasioni, possa, eventualmente, avere detto il vero. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 34894 del 27 settembre 2010 (Cass. pen. n. 34894/2010)

Integra il delitto previsto dall’art. 495 c.p. la presentazione di dichiarazione sostitutiva di certificazione antimafia ai sensi dell’art. 46 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 attestante falsamente l’insussistenza in capo al dichiarante di cause di divieto, di decadenza o di sospensione relative alle iscrizioni indicate nell’art. 10, L. 31 maggio 1965 n. 575. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 22603 del 11 giugno 2010 (Cass. pen. n. 22603/2010)

Integra il reato di cui all’art. 496 c.p. (false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o di altri) – e non quello di cui all’art. 495 c.p. (falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) – la condotta di colui che dichiari falsamente, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, presentata al fine di conseguire il passaporto, di non avere precedenti penali, in quanto, in tal caso, la dichiarazione del privato, ancorché preordinata ad ottenere una autorizzazione amministrativa, non è destinata ad incidere, direttamente o indirettamente, anche sulla formazione di un atto pubblico. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 35447 del 11 settembre 2009 (Cass. pen. n. 35447/2009)

La mancata indicazione, nell’apposito modulo di richiesta del passaporto, dell’esistenza di precedenti penali dà luogo alla configurabilità del reato di cui all’art. 495, ultimo comma, c.p., trattandosi di implicita, falsa attestazione inerente ad una qualità personale del dichiarante, con esclusione, quindi, tanto del reato di cui all’art. 483 c.p. (poiché la falsa attestazione non ha per oggetto «fatti»), quanto di quello di cui all’art. 496 c.p., configurabile solo in via residuale quando la falsità non abbia alcuna attinenza, né diretta né indiretta, con la formazione di un atto pubblico, inteso in senso lato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4420 del 29 gennaio 2008 (Cass. pen. n. 4420/2008)

È configurabile il reato di cui all’art. 405 c.p. e non l’illecito, attualmente depenalizzato, previsto dall’art. 25 della legge 21 novembre 1967 n. 1185, nel caso di falsa attestazione circa l’assenza di precedenti penali contenuta nell’autocertificazione prodotta a corredo della richiesta di rinnovo del passaporto. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4415 del 29 gennaio 2008 (Cass. pen. n. 4415/2008)

Integra il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 495 c.p., e non il reato di false dichiarazioni sulla propria identità, di cui all’art. 496 c.p., la condotta di chi fornisce false generalità alla polizia giudiziaria all’atto della redazione di un verbale di identificazione, in quanto tali dichiarazioni diventano parte integrante del predetto verbale e del cartellino fotosegnaletico. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 43718 del 23 novembre 2007 (Cass. pen. n. 43718/2007)

Non risponde del reato di calunnia, ma esclusivamente del reato previsto dall’art. 495 comma terzo n. 2 c.p., il soggetto che nell’ambito di un procedimento penale a suo carico dichiari all’autorità giudiziaria false generalità, corrispondenti a quelle di una persona effettivamente esistente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 24572 del 4 luglio 2005 (Cass. pen. n. 24572/2005)

Integra il reato di cui all’art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e non il diverso reato di cui all’art. 479 c.p.) la condotta consistita in una dichiarazione di vendita, al pubblico registro automobilistico, con indicazioni non veritiere in ordine all’acquirente, in quanto detta condotta si traduce nell’attestare falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 12447 del 4 aprile 2005 (Cass. pen. n. 12447/2005)

È configurabile il reato di cui all’art. 495 c.p. nella condotta di chi, in sede di formazione di un atto pubblico di compravendita immobiliare, attesti falsamente al notaio rogante di essere coniugato in regime di separazione dei beni, nulla rilevando, sotto il profilo psicologico, l’eventuale errore dell’agente circa la disciplina civilistica di riferimento, trattandosi di errore di diritto da considerare incidente su di un elemento normativo della fattispecie penale. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 24699 del 31 maggio 2004 (Cass. pen. n. 24699/2004)

L’esercizio abusivo della professione legale non implica necessariamente la spendita, al cospetto del giudice o di altro pubblico ufficiale, della qualità indebitamente assunta, per cui il reato si perfeziona per il solo fatto che l’agente curi pratiche legali dei clienti e predisponga ricorsi, anche senza comparire in udienza qualificandosi come avvocato. Ne deriva che quando quest’ultima condotta si accompagni alla prima, viene leso anche il bene giuridico della fede pubblica tutelato dall’art. 495 c.p., e si configura il concorso di tale reato con quello di cui all’art. 348. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 18898 del 22 aprile 2004 (Cass. pen. n. 18898/2004)

In tema di falsa dichiarazione o attestazione circa l’identità o qualità propria della persona, destinata ad essere riportata in un atto pubblico, va esclusa la sussistenza del reato di cui all’art. 495 c.p., nei suoi profili materiali, quando il mendacio riguardi una qualità della persona del tutto ininfluente rispetto alle finalità per le quali l’atto pubblico deve essere redatto, di talché non rileva la falsa giustificazione fornita per motivare l’esercizio di una facoltà che la legge riconosce indiscriminatamente all’interessato. (Fattispecie nella quale l’agente, nell’esercitare la facoltà di non sottoscrivere un processo verbale relativo alla contestazione di violazioni del codice della strada, aveva dichiarato ai militari procedenti di «non essere in grado di apporre la firma» sull’atto). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 30809 del 22 luglio 2003 (Cass. pen. n. 30809/2003)

In tema di falsità personale, deve ritenersi punibile ai sensi dell’art. 495 c.p. (falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri) e non dell’art. 374 bis c.p. (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria), la condotta di chi allo scopo di essere ammesso a colloquio con un detenuto, dichiari falsamente di essere legato a quest’ultimo da un rapporto di convivenza. (La Corte nell’affermare il principio, ha precisato che la tutela penale della fede pubblica deve intendersi estesa, oltre che ai connotati della persona che valgono in ogni caso ad integrare la sua identità o il suo status, anche ad ogni altro aspetto cui una determinata norma colleghi effetti giuridici). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10123 del 12 marzo 2002 (Cass. pen. n. 10123/2002)

I cartellini segnaletici — redatti dagli organi di polizia nel corso dell’attività destinata a raccogliere le generalità degli stranieri sottoposti al loro controllo — costituiscono atti pubblici in quanto formati nell’esercizio di un potere autoritativo conferito dalla legge. Ne consegue che le dichiarazioni mendaci rese al pubblico ufficiale integrano gli estremi del reato di cui all’art. 495 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37868 del 22 ottobre 2001 (Cass. pen. n. 37868/2001)

In tema di prova, un fatto costituente reato non può ritenersi insussistente, allorquando, benché sia incerta la data della sua commissione, ne sia però sicura ed indiscussa la perpetrazione. Invero il “tempus commissi delicti”, una volta che sia certa la consumazione del reato, può rilevare solo ai fini della prescrizione dello stesso. (Nella fattispecie, la Cassazione, su ricorso del P.M., ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di merito, che, in tema di false attestazioni di generalità, avendo l’imputato, in due diverse occasioni, declinato differenti generalità, lo aveva assolto con la formula della insussistenza del fatto, sul rilievo che, rimaste ignote le sue reali generalità, non era possibile stabilire quando e se ne avesse fornito di false. La Corte, nell’enunciare il principio di cui sopra, ha osservato che, indubbiamente, l’imputato, almeno una volta, aveva fornito false generalità). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1074 del 1 febbraio 2000 (Cass. pen. n. 1074/2000)

Non sono configurabili i reati di cui agli artt. 495 e 498 c.p. nei confronti di soggetto il quale, qualificandosi come «Rev. sac.» in una richiesta di rilascio di passaporto, ed allegando a tale richiesta una propria fotografia in clergyman, abbia omesso di specificare la propria appartenenza alla chiesa denominata «Syro-Antiochena», volta che non risulti dimostrata, da parte dell’accusa, né la oggettiva inesistenza di una tale confessione religiosa (nulla rilevando che quest’ultima non figuri fra quelle i cui rapporti con lo Stato sono regolati con legge, ai sensi dell’art. 8, comma terzo, Cost.), né la non appartenenza del richiedente alla detta confessione, in qualità di «ecclesiastico» (posta la riconoscibilità di tale qualità a chi faccia parte del clero di una qualsiasi chiesa, anche se diversa dalla cattolica) e neppure l’assenza, fra i sacerdoti della confessione medesima, dell’uso del clergyman. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2847 del 2 marzo 1999 (Cass. pen. n. 2847/1999)

Secondo quanto prevede l’art. 4 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, l’ufficiale d’anagrafe deve ordinare «gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti denunciati dagli interessati, relativi alle loro posizioni anagrafiche». Ne consegue che gli interessati hanno un obbligo di veridicità nelle proprie dichiarazioni anagrafiche e che integra gli estremi del reato previsto dall’art. 495 c.p. ogni falsa dichiarazione relativa all’effettivo luogo di residenza. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11885 del 16 novembre 1998 (Cass. pen. n. 11885/1998)

Nella nozione di qualità personali, cui fa riferimento l’art. 495, primo comma, c.p., rientrano gli attributi ed i modi di essere che servono ad integrare l’individualità di un soggetto, e cioè sia le qualità primarie, quali sono quelle concernenti l’identità e lo stato civile delle persone, sia le altre qualità che pure contribuiscono ad identificare le persone, quali la professione, la dignità, il grado accademico, l’ufficio pubblico ricoperto, una precedente condanna e simili. Tra le indicazioni che concorrono a stabilire le condizioni della persona, individuandola nella comunità sociale, rientra la qualità di allevatore di ovini che un soggetto si attribuisca, contrariamente al vero, in una dichiarazione rilasciata ad un funzionario incaricato dal sindaco.

Perché si realizzi la condotta delittuosa prevista dall’art. 495, primo comma, c.p., occorre che il soggetto agente si attribuisca espressamente in una dichiarazione rilasciata al pubblico ufficiale, una qualità di cui non è in possesso. Nella nozione di qualità personali rientrano quegli attributi e modi di essere che servono ad integrare l’individualità di un soggetto. In proposito si distingue tra qualità primarie, quali sono quelle concernenti l’identità e lo stato civile delle persone, ed altre qualità, che pure contribuiscono ad identificare le persone, quali la professione, la dignità, il grado accademico, l’ufficio pubblico ricoperto, una precedente condanna e simili. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha ravvisato il reato di falsa dichiarazione a pubblico ufficiale su qualità personali nella condotta dell’imputato attribuitosi falsamente la qualità di allevatore di ovini). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4426 del 21 ottobre 1998 (Cass. pen. n. 4426/1998)

Oggetto della tutela del reato di falsità personale, di cui all’art. 495 c.p., è un contrassegno personale della persona fisica e non anche delle persone giuridiche che abbiano a qualificarsi nei confronti della pubblica amministrazione. Le false attestazioni sulle persone giuridiche, quali falsità ideologiche, vanno inquadrate nella fattispecie astratta dell’art. 483 c.p. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8909 del 31 luglio 1998 (Cass. pen. n. 8909/1998)

Il reato di falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulle proprie qualità personali, destinata a essere riprodotta in un atto pubblico, di cui all’art. 495, secondo comma, c.p., si consuma nel momento in cui le false dichiarazioni vengono rese, indipendentemente dalle circostanze che il pubblico ufficiale possa accertare o meno la qualità personale del dichiarante, ovvero che il pubblico ufficiale — constatata la falsità delle dichiarazioni — non le inserisca nell’atto o le inserisca con la menzione delle opportune verifiche.

Integra gli estremi del reato di falsa dichiarazione sulle proprie qualità, destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, di cui all’art. 495, comma secondo c.p., e non quella di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p., il comportamento del privato che, al fine di evitare le conseguenze di un incidente stradale nel quale era rimasto coinvolto e l’elevazione di verbali di contravvenzione a suo carico, dichiari al vigile urbano che stava eseguendo gli accertamenti del caso, qualità proprie del tutto insussistenti, perché, considerati i compiti che il pubblico ufficiale stava svolgendo, le affermazioni fatte erano destinate ad essere riportate nei redigenti verbali di contravvenzione. (Nella specie, l’imputato aveva falsamente dichiarato di essere ufficiale della guardia di finanza). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7515 del 24 giugno 1998 (Cass. pen. n. 7515/1998)

In tema di false dichiarazioni a pubblico ufficiale (art. 495 c.p.) è affetta da vizio logico di motivazione la sentenza che escluda l’elemento psicologico del reato per ignoranza da parte dell’imputato di una precedente sentenza dichiarativa di fallimento a suo carico, sulla base del suo allontanamento dal luogo di residenza e degli incarichi ricoperti in altre società, dal momento che ai sensi dell’art. 17 l. fall. la sentenza dichiarativa di fallimento viene resa pubblica mediante affissione e pertanto si presume conosciuta dall’imprenditore. (Fattispecie in cui l’imputato nell’assumere la carica di amministratore unico di s.r.l. aveva falsamente dichiarato a pubblico ufficiale che non esistevano a suo carico cause di ineleggibilità o incompatibilità). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 389 del 14 gennaio 1998 (Cass. pen. n. 389/1998)

La differenza tra le ipotesi di reato previste dagli artt. 495 e 496 c.p. consiste nel fatto che nel primo caso le false dichiarazioni – in ordine ad identità o qualità della persona – devono essere rese al Pubblico Ufficiale in un atto pubblico (art. 495, primo comma c.p.) o destinate ad essere riprodotte in esso (art. 495 secondo comma c.p.), mentre nel secondo le false dichiarazioni, sempre rese a Pubblico Ufficiale non hanno alcuna attinenza – né diretta né indiretta – con la formazione di atto pubblico. Il verbale di arresto costituisce un atto pubblico, in quanto destinato a costituire la prova di attività rientrante nella pubblica funzione dell’Ufficiale di Polizia giudiziaria che la svolge. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11808 del 17 dicembre 1997 (Cass. pen. n. 11808/1997)

In tema di falso, la differenza fra il reato previsto dall’art. 567, comma 2, c.p. e quello di cui all’art. 495 c.p. va ravvisata nel fatto che quest’ultima norma punisce l’immutazione del vero in se stessa, mentre quella di cui all’art. 567 cpv. punisce l’immutazione del vero in quanto da essa derivi la perdita del vero stato civile del neonato: i due reati hanno in comune l’elemento del falso ideologico documentale, mentre il reato di cui all’art. 567 ha in più l’elemento dell’alterazione di stato, atteggiandosi come reato complesso. Cassazione penale, Sez. VI, ordinanza n. 9938 del 14 settembre 1994 (Cass. pen. n. 9938/1994)

Le previsioni di cui all’art. 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, con riferimento cioè a false attestazioni compiute nell’esercizio delle sue competenze e delle sue funzioni) sono nettamente distinte da quelle degli artt. 483 e 495 c.p. relativi rispettivamente alle falsità ideologiche commesse dal privato in atti pubblici ed alle false attestazioni o dichiarazioni del privato al pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie od altrui. La prima fattispecie si differenzia dai reati previsti dagli artt. 483 e 495 c.p. con riguardo alla provenienza della falsa attestazione, ricorrendo la falsità ideologica prevista dall’art. 479 c.p. soltanto in relazione a ciò che attesta nel documento, per propria scienza, il pubblico ufficiale che ne è l’autore. Invece, i reati di cui agli artt. 483 e 495 ricorrono in riferimento alle false dichiarazioni dei soggetti privati, asseverate per il tramite dell’atto redatto dal pubblico ufficiale: il falso di cui all’art. 483 quando si tratta in generale di fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità; quello di cui all’art. 495, quando si tratta di dichiarazioni inerenti all’identità, allo stato od ad altra qualità della propria o dell’altrui persona.

Nel caso di riconoscimento di un figlio naturale, effettuato ex art. 254 c.c., in atto pubblico, funzione del pubblico ufficiale è unicamente quella di attestare il compimento della dichiarazione, ma non anche la veridicità della medesima, poiché nessuna norma di legge attribuisce tale compito al pubblico ufficiale. Ne consegue che né il pubblico ufficiale che riceve la dichiarazione né il privato che la compie possono rispondere del reato di cui all’art. 479 c.p., mancando in relazione a detta dichiarazione un’attestazione della sua intrinseca veridicità da parte del pubblico ufficiale. Commette, invece, il reato di cui all’art. 495 c.p. colui che dichiara falsamente al pubblico ufficiale la propria qualità di padre e l’altrui qualità di figlio, in relazione al riconoscimento di paternità compiuto. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8996 del 19 agosto 1994 (Cass. pen. n. 8996/1994)

La differenza tra il reato di falsa dichiarazione sull’identità (art. 495 c.p.) e quello di alterazione di stato (art. 567 cpv. c.p.) consiste in ciò che la prima norma punisce l’immutazione del vero in se stessa, mentre la seconda punisce l’immutazione del vero in quanto da essa derivi la perdita del vero stato civile del neonato. I due reati hanno in comune l’elemento del falso ideologico documentale, ma quello più gravemente sanzionato ha in più l’elemento dell’alterazione di stato, atteggiandosi come reato complesso. Ne consegue che solo la falsità che non incida sul rapporto di procreazione e non cagioni l’alterazione dello status del neonato può integrare il reato, di cui all’art. 495 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6318 del 30 maggio 1994 (Cass. pen. n. 6318/1994)

In virtù dell’art. 60 c.p.p. la qualità di imputato si assume nel momento in cui a taluno viene attribuito un reato nella richiesta di rinvio a giudizio o in altri atti tassativamente indicati da tale norma. Pertanto, la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini preliminari non è qualificabile come «imputato» e, nell’ipotesi di false dichiarazioni sulle proprie qualità personali rese all’autorità giudiziaria, risponde del delitto di cui all’art. 495, comma 1, c.p., e non già di quello, più grave, delineato dal comma 3, n. 2, della suddetta norma. (Fattispecie relativa a false dichiarazioni sulle qualità personali compiute da un indagato al P.M.). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2379 del 25 maggio 1994 (Cass. pen. n. 2379/1994)

Le «altre qualità proprie o dell’altrui persona», cui fa riferimento l’art. 495 c.p., sono soltanto quelle che servono a completare lo stato e l’identità della persona ai fini della sua identificazione. Restano, perciò, fuori della tutela penale le richieste dell’autorità su condizioni personali del soggetto non giustificate da esigenze di identificazione, ma rivolte ad altro fine, quale quello di acquisire elementi di accusa a carico dell’indagato. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, resa ex art. 444 c.p.p., considerando che non integra la materialità del delitto di cui all’art. 495 c.p. la falsa negazione di un rapporto di convivenza). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4639 del 7 maggio 1993 (Cass. pen. n. 4639/1993)

Le mendaci dichiarazioni sulle qualità proprie configurano l’ipotesi prevista dall’art. 496 c.p. ogni qual volta il mendacio non abbia alcuna attinenza, né diretta né indiretta, con la formazione di un pubblico atto. Se le dichiarazioni siano invece destinate ad essere riprodotte in un atto pubblico o vengano ad integrarne il contenuto o siano comunque rilevanti ai fini della formazione di esso, si realizza allora l’ipotesi delittuosa prevista dall’art. 495 c.p. (Fattispecie relativa ad una mendace dichiarazione sul possesso del titolo di studio contenuta in una domanda rivolta dall’imputato al provveditore agli studi per l’inclusione nelle graduatorie provinciali dei bidelli; la Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima ha ritenuto esatto l’assunto dei giudici di appello che avevano ritenuto che il fatto integrava il reato di cui all’art. 495 c.p. sul rilievo che la dichiarazione mendace aveva influito sulla formazione della graduatoria con conseguente assunzione dell’imputato come bidello). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11488 del 17 agosto 1990 (Cass. pen. n. 11488/1990)

Nel reato di falsa dichiarazione a pubblico ufficiale di qualità personali proprie in relazione ai precedenti penali (art. 495, comma primo e terzo, n. 2, c.p.), il dolo consiste nella coscienza e volontà di alterare una qualità della propria persona (stato di incensuratezza) in una dichiarazione resa ad un pubblico ufficiale in un atto pubblico o destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7232 del 24 maggio 1990 (Cass. pen. n. 7232/1990)

In caso di falsa dichiarazione o attestazione sull’identità o su qualità proprie o di altri, fatta a un pubblico ufficiale in un atto pubblico o destinata ad essere riprodotta in atto pubblico, per la concessione della diminuzione di pena prevista a favore di chi ha dichiarato il falso al fine di farsi rilasciare certificati o autorizzazioni amministrative sotto falso nome è sufficiente che l’agente abbia operato con l’intenzione di ottenere la falsa certificazione o autorizzazione, essendo irrilevante la natura dell’atto in cui sono contenute o trascritte le false dichiarazioni o attestazioni. (Nella fattispecie l’agente aveva dichiarato false generalità in sede di richiesta e sottoscrizione di tessera postale e conseguentemente il pubblico ufficiale addetto al rilascio della tessera aveva redatto un verbale di emissione della tessera, atto pubblico, falso. La Corte di cassazione ha ritenuto che potesse essere concessa la diminuzione di pena di cui all’art. 495 ultimo comma, c.p., affermando il principio in massima). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4531 del 13 aprile 1988 (Cass. pen. n. 4531/1988)

In tema di reati contro la pubblica fede, poiché il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. ha carattere sussidiario, allorquando l’induzione in errore, al fine di vantaggio o di danno, è commessa mediante l’attribuzione di un falso nome, in una dichiarazione resa ad un pubblico ufficiale in un atto pubblico ovvero all’autorità giudiziaria, è configurabile soltanto il più grave reato previsto dall’art. 495 c.p. (falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri), restando assorbito quello sussidiario di sostituzione di persona. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8152 del 7 luglio 1987 (Cass. pen. n. 8152/1987)

L’art. 7 del D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, nel regolare gli adempimenti dei concorrenti e della commissione al termine delle prove scritte nei concorsi per l’assunzione agli impieghi dello Stato, dispone tra l’altro che il candidato, dopo aver scritto il proprio nome e cognome, la data ed il luogo di nascita nel cartoncino, lo deve chiudere in una busta piccola, compiendo altre operazioni e consegnandolo al presidente della commissione o del comitato di vigilanza, od a chi ne fa le veci. È inoltre stabilito, in questo articolo, che il riconoscimento dei candidati deve essere fatto dopo che tutti i lavori siano stati esaminati e giudicati. Queste disposizioni regolamentari significano che la dichiarazione sull’identità della propria persona, scritta sul cartoncino, è destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico; sicché il partecipante al concorso che si attribuisca l’identità di altro partecipante commette il reato di cui all’art. 495 c.p.

Nell’ipotesi in cui la presentazione di un elaborato come proprio in un concorso per l’assunzione agli impieghi dello Stato è realizzata attraverso una falsa dichiarazione sull’identità della propria persona ad un pubblico ufficiale, il reato previsto dalla L. 19 aprile 1925, n. 475 concorre con quello di cui all’art. 495 c.p. essendo inapplicabile il principio di specialità. Infatti il concorso apparente presuppone un medesimo fatto, che è l’imprescindibile termine di paragone delle norme confliggenti. Nel caso, sono diversi i fatti costitutivi delle due ipotesi delittuose; il collegamento strumentale che le unisce non legittima l’assorbimento dell’una nell’altra, imponendo invece l’aggravamento della pena ai sensi dell’art. 61, n. 2 c.p. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4726 del 4 giugno 1986 (Cass. pen. n. 4726/1986)

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