Integra il reato di falso per soppressione l’occultamento dell’appendice ad una polizza assicurativa prodotta agli atti di gara da un soggetto concorrente ad un appalto pubblico, in quanto documento funzionale alla verifica da parte della pubblica amministrazione dei requisiti di partecipazione. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 6206 del 17 febbraio 2021 (Cass. pen. n. 6206/2021)
Il delitto di falso per soppressione di un atto pubblico non richiede il dolo specifico, ossia l’intenzione di frustrare o eliminare, in tutto o in parte, l’efficacia probatoria dell’atto o il fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno – richiesto, invece, quando si tratti di scritture private – essendo sufficiente la consapevolezza che, in conseguenza della condotta illecita, l’atto soppresso, occultato o distrutto non sarà in condizione di adempiere alla funzione di prova che gli è propria ovvero la consapevolezza di creare, con la propria condotta, una situazione di pericolo per il normale svolgimento del traffico giuridico. (Nella specie, i componenti della commissione incaricata della selezione del direttore generale di un’azienda speciale avevano distrutto i “curricula” e le prove scritte dell’esame svolto nel contesto della procedura selettiva). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 45351 del 7 novembre 2019 (Cass. pen. n. 45351/2019)
Costituisce atto pubblico il registro di passaggio di un ufficio pubblico, trattandosi di atto interno preordinato all’esercizio di una pubblica funzione, attinente all’esigenza di documentare l’attività del personale addetto a ricevere gli atti, con la conseguenza che integra il delitto di falso per soppressione la condotta del pubblico ufficiale che abbia occultato o distrutto detto registro. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 16208 del 31 marzo 2017 (Cass. pen. n. 16208/2017)
Integra gli estremi del reato di cui all’art. 490 cod. pen., in relazione agli artt. 477 e 482 dello stesso codice, la condotta di distruzione, soppressione od occultamento delle targhe di un autoveicolo poiché queste costituiscono certificazioni amministrative, trattandosi di documenti che attestano la immatricolazione e l’iscrizione al pubblico registro automobilistico. (Fattispecie relativa all’occultamento della targa di una vettura mediante terriccio, in cui la S.C. ha escluso l’applicabilità della contravvenzione di cui all’art. 102 Cod. Strad., riservata alle ipotesi in cui l’occultamento della targa sia stato determinato da fattori occasionali). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11072 del 16 marzo 2015 (Cass. pen. n. 11072/2015)
Integra il delitto di falso per soppressione di certificati commesso da privato (art. 477, 482 e 490 c.p.), la condotta di colui che, disponendo di animali bovini regolarmente muniti di marchio identificativo auricolare e del corrispondente passaporto cartaceo – attestante l’avvenuta sottoposizione ai prescritti controlli sanitari – abbini abusivamente tali documenti ad altri animali destinati alla macellazione ed al successivo impiego alimentare, non sottoposti ai summenzionati controlli. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 17979 del 19 aprile 2013 (Cass. pen. n. 17979/2013)
Integra l’elemento soggettivo del delitto di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (art. 490 c.p. ), la consapevolezza che la condotta nella specie, taglio della parte superiore, in cui sia indicata la data, di alcune bolle di accompagnamento utilizzate successivamente in giudizio per ottenere il pagamento delle relative forniture impedisce all’atto di adempiere alla funzione di prova con la specifica intenzione, nel caso in cui l’atto sia una scrittura privata, di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, che può consistere in un vantaggio qualsiasi, di natura economica o anche soltanto morale e persino legittimo e giuridicamente lecito, sicchè non è affatto necessaria a tal fine la prova di un profitto ingiusto. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 31061 del 24 luglio 2008 (Cass. pen. n. 31061/2008)
Integra il delitto di falso in atto pubblico per soppressione (art. 490 c.p.), la distruzione di riproduzioni fotografiche — nella specie di rilievo dello stato dei luoghi e di verifica di prosecuzione dei lavori — eseguite da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni e che documentino i risultati di un accertamento compiuto dal p.u. redigente o comunque abbiano una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, che sono atti pubblici ancorché destinate ad essere allegate, con autonoma capacità probatoria e dimostrativa, alla informativa di reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 41552 del 19 dicembre 2006 (Cass. pen. n. 41552/2006)
Integra gli estremi del delitto di cui all’art. 490 c.p. (soppressione, distruzione e occultamento di atti veri) la condotta del pubblico ufficiale che custodisca un atto giuridicamente rilevante in modo tale da renderlo, sia pure temporaneamente, irreperibile. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito ha ritenuto integrata la fattispecie di cui all’art. 490 c.p. nella condotta del Sindaco che, ricevuta, in tale qualità, una missiva che gli comunicava l’esistenza di una dichiarazione di fallimento a suo carico, la protocollava personalmente, impedendo all’impiegato addetto al protocollo ed al segretario comunale di prenderne visione, per poi consegnarla solo successivamente a quest’ultimo in modo da rendere nota la causa di ineleggibilità, conseguente a detta sentenza di fallimento, quando essa non poteva essere più dichiarata, essendo decorso il termine quinquennale, ex art. 1 L. n. 15 del 1992). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 9611 del 20 marzo 2006 (Cass. pen. n. 9611/2006)
È configurabile il reato di falso per occultamento di atto pubblico nella condotta del primario ospedaliero il quale sottragga dagli atti dell’ente ospedaliero, occultandola quindi nella propria abitazione, una cartella clinica relativa al ricovero di un paziente, sia pure al dichiarato (e realizzato) scopo di sostituirla con un’altra contenente una più precisa ed accurata descrizione dell’intervento chirurgico subito, durante il ricovero, dal medesimo paziente. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 48086 del 14 dicembre 2004 (Cass. pen. n. 48086/2004)
Ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 490 c.p. (soppressione, distruzione e occultamento di atti veri), è necessaria la consapevolezza di frustrare la funzione probatoria dell’atto distrutto, occultato o soppresso. Ne deriva che difetta detta consapevolezza allorché l’agente — risentitosi per ostacoli burocratici al rinnovo del proprio passaporto — reagisca in modo plateale, recuperando immediatamente il passaporto e, quindi, revocando la richiesta di rinnovo, strappandolo in alcune parti nell’evidente convinzione di poter disporre liberamente del documento una volta rientratone in possesso, negandogli, quale esclusivo dominus, la funzione probatoria condizionata al rinnovo di validità. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 31742 del 21 luglio 2004 (Cass. pen. n. 31742/2004)
Sono configurabili, e concorrono tra loro, i reati di contraffazione di sostanze alimentari (art. 440 c.p.), commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.) e falso per soppressione di certificati commesso da privato (artt. 477, 482 e 490 c.p.), nella condotta di chi, disponendo di animali bovini regolarmente muniti di marchio identificativo auricolare e del corrispondente «passaporto» cartaceo, attestanti l’avvenuta sottoposizione ai prescritti controlli sanitari, asporti il suddetto marchio per applicarlo, abbinandolo al relativo «passaporto» ad altri animali destinati alla macellazione ed al successivo impiego alimentare, non sottoposti ai summenzionati controlli. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 20999 del 4 maggio 2004 (Cass. pen. n. 20999/2004)
Non può ritenersi assorbito nel delitto di riciclaggio il delitto di falso per soppressione della targa e della carta di circolazione di un’autovettura (art. 490 c.p.), perché il fatto costituente tale reato non è contemplato tra gli estremi del reato di cui all’art. 648 bis c.p., giacchè ai fini della configurazione del reato complesso (art. 84 c.p.) è, necessario che una norma di legge operi la fusione in unica figura criminosa di fatti costituenti reati autonomi. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 47684 del 12 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 47684/2003)
Ai fini della sussistenza del reato di falso per soppressione, di cui all’art. 490 c.p., non è rilevante la qualificazione dell’atto, in quanto la norma in questione riguarda sia atti pubblici che scritture private, con la sola condizione che si tratti di atti veri. Dunque, integra gli estremi del reato in questione anche la condotta di soppressione di una scrittura privata, intendendosi per tale qualsiasi documento redatto senza l’assistenza del pubblico ufficiale, nel quale sia racchiusa una dichiarazione di volontà o di scienza avente rilevanza giuridica, cioè riguardante qualsiasi circostanza idonea a spiegare effetti nell’ambito di un rapporto giuridico. (Nel caso di specie, la S.C. ha qualificato come scrittura privata una domanda di ferie di un pubblico dipendente, con riferimento però al periodo di tempo precedente al deposito ed alla registrazione, e non anche a quello successivo all’apposizione sullo stesso documento del «nulla osta» del segretario comunale e del provvedimento del sindaco, che, in quanto atti amministrativi per oggetto, contenuto e provenienza da pubblico ufficiale, erano tali da conferire all’intero documento carattere di atto pubblico). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22522 del 22 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 22522/2003)
Integra l’elemento materiale del reato di occultamento di atto vero la condotta del pubblico ufficiale che ometta di protocollare un documento, dal momento che l’agente, in tal modo, ha reso fisicamente inesistente l’atto stesso sottraendolo alla conoscenza del destinatario, né l’eventuale reperimento del documento quando le indagini di polizia giudiziaria siano state avviate vale ad escludere o neutralizzare l’avvenuto occultamento, rappresentando un post factum irrilevante. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8989 del 10 agosto 2000 (Cass. pen. n. 8989/2000)
In tema di falso per soppressione, dalla formulazione della norma di cui all’art. 490 c.p. si ricava che il legislatore con i termini alternativi “distrugge”, “sopprime”, “occulta” ha voluto indicare diverse modalità di un’azione di sottrazione, la quale per sua natura si consuma nel momento nel quale viene posta in essere, togliendo il documento dalla disponibilità della pubblica amministrazione: in tale senso l’espressione “occulta” va intesa nel significato di prendere e collocare l’atto in luogo ignoto all’avente diritto e non invece in quello di mantenere nascosto lo stesso. Ne consegue il carattere istantaneo del reato anche qualora venga realizzato tramite occultamento. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3404 del 16 marzo 2000 (Cass. pen. n. 3404/2000)
In tema di soppressione ed occultamento di atti veri, si realizza l’ipotesi dell’occultamento, non solo quando lo scritto sia stato nascosto, ma anche ogniqualvolta esso sia stato custodito in modo tale da renderlo, anche temporaneamente, irreperibile. (Nella fattispecie, la Corte ha riconosciuto gli estremi della norma incriminatrice di cui all’art. 490 c.p. nel comportamento del sindaco che aveva consentito che l’originale di un esposto, recante segnalazioni di presunti favoritismi in campo edilizio, fosse conservato, con modalità tali da non renderlo temporaneamente rintracciabile, all’occorrenza). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2907 del 3 marzo 1999 (Cass. pen. n. 2907/1999)
L’azione di un dipendente che strappi e disperda una lettera di contestazione di addebiti disciplinari, precedentemente sottoscritta per ricevuta, e della quale ottenga la disponibilità precaria con una scusa, integra il reato di falso per distruzione previsto dall’art. 490 c.p., dato il valore probatorio del suddetto scritto. Ne consegue che la reazione del datore di lavoro, il quale, nel tentativo di evitare che il reato venga commesso, procuri una lesione personale al dipendente afferrandolo per il polso, realizza, se contenuta nei limiti della finalità perseguita, l’esimente di cui all’art. 52 c.p. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1577 del 11 febbraio 1998 (Cass. pen. n. 1577/1998)
In tema di falso documentale, le planimetrie catastali che siano state allegate alla domanda di voltura e presentate al competente ufficio assumono la natura di atti pubblici, in quanto costituiscono atti fondamentali attraverso i quali l’amministrazione finanziaria dello Stato determina la consistenza e la destinazione dell’immobile a vari fini. Ne consegue che l’alterazione degli originali di tali documenti ovvero la loro soppressione integra i delitti di cui agli artt. 476 e 490 c.p. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9209 del 11 ottobre 1997 (Cass. pen. n. 9209/1997)
Risponde di falso per soppressione il direttore di un istituto penitenziario che induce un detenuto a distruggere il registro dei colloqui dei detenuti, la cui tenuta obbligatoria è prescritta dall’art. 35, quattordicesimo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, nonché altra documentazione relativa alla vita dell’istituto, quale i registri perquisizioni familiari detenuti, i registri entrata-uscita detenuti colloqui, i registri colloqui prolungati, data la natura di atto pubblico ricollegabile a tale documentazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8893 del 3 ottobre 1996 (Cass. pen. n. 8893/1996)
Le bollette di accompagnamento emesse da funzionario Aima nell’esercizio delle funzioni demandategli ai fini del controllo previsto dal D.M. 31 marzo 1979 sono atti pubblici, in quanto attestano una personale attività di verifica e controllo da parte del pubblico ufficiale e fanno parte di un iter amministrativo che ha come esito finale l’erogazione dei premi Aima. Ne consegue che la loro distruzione integra il reato previsto dall’art. 490 c.p. (Fattispecie relativa a sparizione, dal bollettario ricevuto in consegna da funzionario Aima, di copie di bollette, relativamente alle quali la S.C. ha ritenuto infondato l’assunto difensivo della non punibilità — basato sul rilievo che la tutela penale avrebbe riguardato solo gli originali — osservando che le cosiddette «copie» delle bollette in questione nella realtà tali non sono, giacché esse sono emesse a norma dell’art. 1 del D.M. 29 novembre 1978, in più originali o duplicati, dei quali la copia che resta nel bollettario dell’ufficio ha la stessa natura giuridica dell’originale). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 2780 del 15 marzo 1996 (Cass. pen. n. 2780/1996)
Il delitto di falso per soppressione non richiede il dolo specifico, ossia l’intenzione di frustrare o eliminare, in tutto o in parte, l’efficacia probatoria dell’atto, o il fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno (che invece è richiesto quando si tratta di scritture private), essendo sufficiente la consapevolezza che, in conseguenza della condotta illecita, l’atto soppresso, distrutto od occultato non sarà in condizione di adempiere alla funzione di prova che gli è propria ovvero la consapevolezza di creare, con la propria condotta, una situazione di pericolo per il normale svolgimento del traffico giuridico. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2658 del 19 marzo 1993 (Cass. pen. n. 2658/1993)
Non integra il delitto di falso per occultamento previsto dall’art. 490 c.p. il rifiuto, comunque motivato, di rendere accessibile un determinato documento agli aventi diritto, poiché in siffatto comportamento non è ravvisabile un attentato alla fede pubblica. (Fattispecie relativa al rifiuto opposto dal preside di un istituto tecnico agli insegnanti che avevano chiesto di consultare il registro dei verbali del consiglio di istituto e quello dei verbali del collegio dei docenti, allo scopo di salvaguardarne l’integrità e non per sottrarli alla loro funzione). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2436 del 15 marzo 1993 (Cass. pen. n. 2436/1993)
La soppressione, la distruzione e l’occultamento della dichiarazione dei redditi ai fini della tassazione concernente l’Irpef o l’Irpeg, dopo che sia stata presentata all’ufficio delle imposte e sia stata controllata con apposita attestazione protocollare dai funzionari del predetto ufficio, sono punibili ai sensi dell’art. 490 in relazione all’art. 476 c.p. Nella dichiarazione dei redditi, infatti, quando essa sia stata già presentata all’ufficio delle imposte e controllata con apposita attestazione protocollare, nonché liquidata dai funzionari dell’ufficio, coesistono due atti: l’uno di natura privata (la dichiarazione sottoscritta dal contribuente) e l’altro avente carattere attestativo-probatorio (verifica dei requisiti formali dell’atto ed assegnazione ad esso di un corrispondente numero di protocollo), oltre che certificativo-dispositivo (accertamento della imposta da iscrivere a ruolo), che, redatto dal pubblico ufficiale, in esplicazione di una funzione tipicamente pubblica, rientra nel novero degli atti pubblici. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8816 del 15 giugno 1990 (Cass. pen. n. 8816/1990)
In linea di principio è perfettamente configurabile il concorso formale del delitto di furto di un documento con il delitto di falsità per soppressione, dato che le relative norme sanzionatorie tutelano diversi beni giuridici: il patrimonio nel primo caso, la pubblica fede nel secondo; il concorso tra il delitto di furto con quello di falso in parola si configura in concreto tutte le volte in cui la sottrazione non è avvenuta al solo scopo di eliminare il valore probatorio del documento pubblico, ma al fine di trarre dal suo possesso un’utilità specifica e diretta; in tal caso, alla consapevolezza che, per effetto della condotta illecita, l’atto soppresso o occultato non sarà in condizione di adempiere alla funzione di prova che gli è propria, si accompagna, nell’animo dell’agente, il fine di trarre il profitto tipico del delitto di furto, realizzandosi, pertanto, quella particolare figura di connessione sostanziale data da una pluralità di reati con azione unica. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4041 del 21 marzo 1990 (Cass. pen. n. 4041/1990)
Scopo della norma posta dall’art. 490 c.p. è la tutela della fede pubblica attraverso la conservazione di atti pubblici o scritture private per il loro insostituibile valore documentale. Ne consegue che la lesione o messa in pericolo dell’interesse tutelato si realizzano soltanto quando l’eliminazione di un documento, non riproducibile nella stessa forma, natura o condizione, fa venir meno la prova di un determinato accadimento o di una particolare situazione che il contenuto del documento stesso tendeva a rappresentare, mentre non si verificano quando la destinazione probatoria non è compromessa oppure l’atto o la scrittura vengono ricostruiti con equivalenza formale e sostanziale. (La Corte ha affermato il principio, annullando senza rinvio, perché il fatto non sussiste, l’impugnata sentenza di condanna per il delitto di cui all’art. 490 c.p. Nella fattispecie erano stati distrutti i verbali di commissione degli esami di maturità contenuti nel registro delle adunanze, in quanto di comune accordo i commissari avevano deciso di eliminare dal testo alcune frasi di contenuto personale ed estraneo alle operazioni di esame, e l’attività svolta dalla commissione era stata riprodotta nel nuovo registro senza alterazione della verità dei fatti, cosicché era stato redatto un nuovo originale, perfettamente uguale al primo per contenuto e sottoscrizione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16687 del 29 novembre 1989 (Cass. pen. n. 16687/1989)
Il reato di occultamento di atti veri, di cui all’art. 490 c.p., si realizza anche con la sottrazione, di atti giuridicamente rilevanti, per un tempo minimo e strettamente necessario all’esecuzione di un controllo o di un’ispezione da parte dell’organo a ciò preposto, senza che abbiano rilevanza giuridica sulla sussistenza del reato il proposito di restituire gli atti occultati e l’effettiva restituzione di essi dopo un certo tempo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14525 del 27 ottobre 1989 (Cass. pen. n. 14525/1989)
Il delitto di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, di cui all’art. 490 c.p., allorché concerna cambiali od altri titoli di credito trasmissibili per girata od al portatore, deve ritenersi incluso nel provvedimento di amnistia concesso con D.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865, poiché alla disposizione di cui all’art. 1, lett. d) di tale provvedimento, che prevede l’applicabilità dell’amnistia al delitto di falso previsto dall’art. 491 c.p., deve darsi un’interpretazione estensiva. Infatti, il legislatore, con l’art. 491, cit., ha equiparato il falso in testamento olografo o in titoli di credito — quoad poenam e a tal fine soltanto — al falso in atto pubblico, riconoscendone, tuttavia, la minore gravità allorché abbia per oggetto i titoli di credito, comprendendolo nell’amnistia: ne deriva che una tale ratio e la equiparabilità del falso per soppressione, di cui all’art. 490 c.p., al falso materiale, induce a ritenere che nella formula della lett. d) egli abbia inteso comprendere anche il primo reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 12872 del 25 settembre 1989 (Cass. pen. 12872/2019)
Ai fini della configurabilità del dolo del reato di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, è sufficiente la sola consapevolezza che l’atto non sarà in grado di adempiere più a quella funzione probatoria di cui era dotato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 9080 del 3 luglio 1989 (Cass. pen. n. 9080/1989)
Il delitto di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, di cui all’art. 490 c.p., allorché concerna cambiali od altri titoli di credito trasmissibili per girata od al portatore, deve ritenersi incluso nel provvedimento di amnistia concesso con D.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744, poiché alla disposizione di cui all’art. 1 lett. d) di tale provvedimento, che prevede l’applicabilità della amnistia al delitto di falso previsto dall’art. 491 c.p., deve darsi una interpretazione estensiva. Infatti, il legislatore, con l’art. 491 citato, ha equiparato il falso in testamento olografo o in titoli di credito — quoad poenam e a tal fine soltanto — al falso in atto pubblico, riconoscendone, tuttavia, la minore gravità allorché abbia per oggetto i titoli di credito, comprendendolo nell’amnistia: ne deriva che una tale ratio e la equiparabilità del falso per soppressione, di cui all’art. 490 c.p., al falso materiale, induce a ritenere che nella formula della lett. d) egli abbia inteso comprendere anche il primo reato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3763 del 22 marzo 1988 (Cass. pen. n. 3763/1988)
I rapporti di polizia, e quindi anche quelli sottoscritti dagli agenti di custodia nell’ambito della loro specifica competenza, sono atti pubblici, la cui soppressione integra l’ipotesi criminosa di cui all’art. 490 c.p. (Fattispecie in tema di verbale redatto da vigilatrice penitenziaria nell’esercizio dei poteri di coercizione e di controllo rientranti nell’ambito della polizia penitenziaria). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2878 del 4 marzo 1988
Il fine specifico di procurare a sé o ad altri un vantaggio è richiesto quale componente essenziale dell’elemento psicologico del reato di cui all’art. 490 c.p., solo quando il documento si identifica in una scrittura privata, in quanto il falso avente ad oggetto la scrittura privata assurge a giuridica rilevanza solo in presenza di una delle due finalità indicate dall’art. 485 c.p. (procurare a sé o ad altri un vantaggio, ovvero recare ad altri un danno), ma non già quando l’attività delittuosa ha avuto ad oggetto un atto pubblico.
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Nella nozione di atti pubblici rientrano non solo quelli produttivi di effetti rispetto a situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, ma anche quelli che si caratterizzano per la sola documentazione di attività o di dichiarazioni avvenute in presenza del pubblico ufficiale o da lui percepite. Sono pertanto compresi in quella nozione anche gli atti nei quali si concretizza la corrispondenza tra uffici autonomi o strutturati gerarchicamente, i cosiddetti «atti interni», perché anche questi possono assumere rilevanza giuridica nella documentazione di fatti inerenti all’attività funzionale del pubblico ufficiale. (Fattispecie relativa a delitto di cui agli artt. 476, 490 c.p. per lacerazione di una segnalazione che un vigile urbano aveva inviato al sindaco, con la quale si segnalava, a seguito di verbale di accertamento di lavori riscontrati non conformi a concessione edilizia, che il contravventore, all’atto dell’accertamento dell’infrazione, aveva dichiarato che a quell’opera era personalmente interessato lo stesso sindaco). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 12109 del 3 dicembre 1987 (Cass. pen. n. 12109/1987)
La soppressione, distruzione o occultamento, da parte di privati, di targhe automobilistiche — ossia di documenti a contenuto meramente dichiarativo, con i quali si attestano, ai fini dell’immediata individuazione di ciascun autoveicolo, i dati di identificazione dello stesso, che risultano da preesistenti atti della pubblica amministrazione — riferendosi ad una certificazione amministrativa e non già ad un atto pubblico, integra il delitto di cui al combinato disposto degli artt. 477, 482, 490 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4193 del 7 maggio 1985 (Cass. pen. n. 4193/1985)
Ai fini della configurabilità del delitto di cui agli artt. 476 e 490 c.p. non occorre alcun dolo specifico, essendo sufficiente la consapevolezza che l’atto soppresso non sarà in condizioni di adempiere alla funzione di prova che gli è propria, in quanto la norma penale tutela il documento non per il suo contenuto ma per la sua attitudine probatoria. Né occorre che dalla distruzione discenda un vantaggio personale per il suo autore o un danno effettivo per la pubblica amministrazione: il nocumento potenziale è inerente, infatti, alla circostanza che l’ente pubblico resti privo della materiale disponibilità del documento. In proposito, quindi, non ha rilevanza, per la sussistenza del reato, il fatto che si possa provvedere, anche in tempi brevi, alla riproduzione del documento. (Fattispecie in tema di distruzione di registri delle presenze compilati dalla segreteria di una scuola pubblica). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3518 del 17 aprile 1985 (Cass. pen. n. 3518/1985)
Ai fini dell’ipotizzabilità del reato di falso per soppressione è sufficiente un’azione idonea cosciente e volontaria; non hanno invece alcuna rilevanza le modalità di realizzazione dell’azione medesima, poiché la scelta di queste, fra le tante possibili, attiene alle motivazioni interne del soggetto, le quali restano al di fuori dello schema tipico e degli elementi essenziali del reato.
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Ai fini della configurabilità del reato di falso per soppressione non si richiede la materiale distruzione dell’atto, essendo sufficiente che all’azione criminosa consegua una immutazione del vero nel senso che risulti falsamente inesistente l’atto soppresso o occultato. (Nella specie è stato ritenuto ipotizzabile il reato nel comportamento di un direttore di sezione di cancelleria che aveva depositato in archivio numerosi atti e fascicoli processuali non ancora definiti o in attesa di ulteriore corso, omettendo le relative registrazioni ed eliminandoli dai riepiloghi annuali come se fossero stati definiti). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4946 del 28 maggio 1984 (Cass. pen. n. 4946/1984)
La norma di cui all’art. 490 c.p. prevede il falso per soppressione o distruzione di qualsiasi specie di atti provenienti da pubblico ufficiale, ivi comprese le certificazioni e autorizzazioni amministrative, come è dato rilevare sia dalla ivi prevista atto pubblico-scrittura privata comprendente qualsiasi documento pubblico o privato, sia dall’esplicito e inequivocabile richiamo al falso materiale relativo ai certificati e autorizzazioni amministrative, operate con la previsione della sanzione rispettivamente dettata per le ipotesi, di falsi materiali di cui agli artt. 474, 477, 482 e 485 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10580 del 10 dicembre 1983 (Cass. pen. n. 10580/1983)
L’erede testamentario, che sopprima il testamento olografo, risponde del reato punito dall’art. 490 c.p. L’erede infatti, abbia o meno accettato l’eredità, non ha diritto di distruggere il testamento stesso, del quale non ha potere esclusivo di disposizione, ma è tenuto viceversa a provvedere a renderlo pubblico, appena abbia notizia della morte del testatore. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8495 del 17 ottobre 1983 (Cass. pen. n. 8495/1983)
Non osta all’applicazione del principio di specialità fra il reato di danneggiamento e quello di soppressione di atti, la diversità del bene protetto (nel danneggiamento il patrimonio, nel falso per soppressione la fede pubblica), in quanto l’inciso dell’art. 15 c.p. «stessa materia» non può intendersi come «identico bene giuridico», essendo irrilevante soltanto che tra le diverse fattispecie normative esista un rapporto del genere a specie. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6861 del 16 luglio 1983 (Cass. pen. n. 6861/1983)
Ad integrare il reato di cui all’art. 490 c.p. è sufficiente che l’avente diritto sia stato privato anche temporaneamente della disponibilità del documento. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3307 del 20 aprile 1983 (Cass. pen. n. 3307/1983)
L’art. 490 c.p. punisce chiunque distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico o una scrittura privata veri. La scrittura predisposta dal pubblico ufficiale, anche se da lui non sottoscritta perché la dichiarazione inserita a verbale non è stata completata, non può considerarsi giuridicamente inesistente, trattandosi di atto vero anche se incompleto, posto in essere da soggetto pubblico nell’esercizio di una pubblica funzione, con la conseguenza che l’autore della soppresione dell’atto risponde ai sensi dell’art. 490 c.p., pur se assuma che le dichiarazioni siano state erroneamente verbalizzate. (Fattispecie relativa a lacerazione di verbale di interrogatorio da parte dell’imputato, mentre il giudice raccoglieva le dichiarazioni: la Suprema Corte ha rilevato al riguardo che l’imputato ha diritto a farsi rileggere le dichiarazioni rese, apportando rettifiche o precisazioni, ma non può certo sopprimere l’atto mentre è in fase di formazione). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4743 del 8 maggio 1982 (Cass. pen. n. 4743/1982)
Il reato di falso previsto dall’art. 490 c.p. è configurabile anche quando il contenuto del documento possa essere ricostruito attraverso atti originali (duplicati) o sia stato riprodotto in atti derivativi o sia desumibile aliunde. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3716 del 8 aprile 1982 (Cass. pen. n. 3716/1982)
L’oggetto giuridico del delitto di cui all’art. 490 c.p. è la pubblica fede; pertanto se un documento viene distrutto al fine di eliminare la efficacia probatoria non è configurabile il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Questo ultimo, infatti, ha per presupposto che il soggetto agisca per l’esercizio di un preteso diritto e che possa ricorrere al giudice, anziché alla privata violenza, per far valere la sua pretesa. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1272 del 1 dicembre 1970 (Cass. pen. n. 1272/1970)