È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 452-bis cod. pen. per contrasto con gli artt. 25 Cost. e 7 CEDU sotto il profilo della sufficiente determinatezza della fattispecie, in quanto le espressioni utilizzate per descrivere il fatto vietato sono sufficientemente univoche, sia per quanto riguarda gli eventi che rimandano ad un fatto di danneggiamento e per i quali la specificazione che devono essere “significativi” e “misurabili” esclude che vi rientrino quelli che non incidono apprezzabilmente sul bene protetto, sia per quanto attiene all’oggetto della condotta precisamente descritto ai nn. 1) e 2) della norma incriminatrice. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9736 del 11 marzo 2020 (Cass. pen. n. 9736/2020)
In caso di concorso tra le contravvenzioni previste dagli artt. 7 e 8 d.lgs. 9 gennaio 2012, n. 4, che puniscono, “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, le condotte lesive dell’ambiente marino e quelle di pesca illegale, e il delitto previsto dall’art. 452-bis cod. pen. trova applicazione quest’ultima disposizione che incrimina la compromissione o il deterioramento, significativi e misurabili, di uno dei profili del bene ambiente, come descritti dalla medesima disposizione al comma 1, nn. 1 e 2. (Fattispecie relativa alla pesca di corallo rosso in assenza di titolo abilitativo e con modalità vietate) Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9079 del 6 marzo 2020 (Cass. pen. n. 9079/2020)
Il delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis cod, pen., introdotto dalla legge n. 68 del 2015, è un reato di danno, che non tutela la salute pubblica, ma l’ambiente in quanto tale e presuppone l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato, secondo i limiti di rilevanza determinati dalla nuova fattispecie incriminatrice, che non richiedono la prova della contaminazione del sito nel senso indicato dagli artt. 240 e segg. d.lgs 3 aprile 2006, n. 152. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 50018 del 6 novembre 2018 (Cass. pen. n. 50018/2018)
Ai fini dell’integrazione del reato di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis cod. pen., le condotte di “deterioramento” o “compromissione” del bene non richiedono l’espletamento di specifici accertamenti tecnici. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure il provvedimento di conferma del sequestro di impianti idraulici utilizzati per prelievi idrici da un lago, che aveva escluso la necessità di un accertamento tecnico, avendo dato atto dell’elemento oggettivo costituito dal rilevante abbassamento delle acque del lago). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 28732 del 21 giugno 2018 (Cass. pen. n. 28732/2018)
Ai fini della configurabilità del reato di inquinamento ambientale, di cui all’art. 452-bis cod. pen., non è richiesta una tendenziale irreversibilità del danno; ne consegue che le condotte poste in essere successivamente all’iniziale deterioramento o compromissione del bene non costituiscono un “post factum” non punibile, ma integrano invece singoli atti di un’unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione, sino a quando la compromissione o il deterioramento diventano irreversibili, o comportano una delle conseguenze tipiche previste dal successivo reato di disastro ambientale di cui all’art. 452-quater dello stesso codice.
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Il delitto di inquinamento ambientale, di cui all’art. 452-bis cod. pen., è reato di danno, integrato da un evento di danneggiamento che, nel caso del “deterioramento”, consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile, il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della “compromissione”, consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto l’evento di danno perfezionato nella ridotta utilizzazione di un corso d’acqua in conformità alla sua destinazione, quale diretta conseguenza della condotta di inquinamento).
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La condotta “abusiva” di inquinamento ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all’art. 452-bis cod. pen., comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorchè non strettamente pertinenti al settore ambientale – ovvero di prescrizioni amministrative; ne consegue che, ai fini della integrazione del reato, non è necessario che sia autonomamente e penalmente sanzionata la condotta causante la compromissione o il deterioramento richiesti dalla norma. (Fattispecie di inquinamento di corso d’acqua cagionato da un accumulo di reflui – penalmente irrilevanti singolarmente considerati, essendo inferiori ai valori limite stabiliti nel D.L.vo n. 152 del 2006 – provenienti da impianto di depurazione privo di autorizzazione allo scarico). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 15865 del 30 marzo 2017 (Cass. pen. n. 15865/2017)
La condotta “abusiva” di inquinamento ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all’art. 452-bis cod. pen. (disposizione introdotta dalla legge 22 maggio 2015, n. 68), comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorchè non strettamente pertinenti al settore ambientale – ovvero di prescrizioni amministrative. (Fattispecie di inquinamento di acque marine, derivante da un’attività di bonifica di fondali effettuata in spregio delle relative prescrizioni progettuali). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 46170 del 3 novembre 2016 (Cass. pen. n. 46170/2016)