L’art. 445 c.p. prevede e punisce un reato proprio che può essere commesso soltanto da chi esercitando (anche abusivamente) il commercio di medicinali li somministri indebitamente a terzi non anche da chi somministri medicinali per un titolo diverso ovvero senza averne fatto commercio. (Nell’affermare il principio la S.C. ha precisato che la nozione di commercio va intesa come attività di intermediazione nella circolazione di beni svolta con professionalità o continuità ed avvalendosi di una sia pur rudimentale organizzazione di mezzi rivolta ad una cerchia indeterminata di soggetti utilizzatori o a loro volta intermediari per la successiva distribuzione). Cass. pen. sez. II 31 maggio 2007 n. 21324
Tra il reato di commercio di sostanze dopanti attraverso canali diversi da farmacie e dispensari autorizzati punito dall’art. 9 comma settimo L. 14 dicembre 2000 n. 376 (disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping) e quelli di cui agli art. 348 c.p.(esercizio abusivo della professione di farmacista) e 445 c.p. (somministrazione di medicinali in totale difformità dalle indicazioni terapeutiche previste ed autorizzate) sussiste un rapporto di specialità atteso che colui che senza essere in possesso della prescritta abilitazione professionale commercia farmaci e sostanze dopanti esercita abusivamente attraverso la medesima condotta la professione di farmacista e qualora le sostanze medicinali vengano commerciate in specie qualità o quantità non corrispondenti alle ordinazioni mediche pone in essere il medesimo comportamento sanzionato dal citato art. 445 c.p. Cass. pen. Sezioni Unite 25 gennaio 2006 n. 3087
Il reato previsto dall’art. 445 c.p. si riferisce quanto al concetto di “specie” alla vendita di “aliud pro alio” attuata nell’ambito della somministrazione di medicinali non già al caso della vendita di un medicinale in luogo di una sostanza diversa e più pericolosa che sia stata richiesta. (Fattispecie nella quale erano state somministrate compresse medicinali normalmente usate per la cura del raffreddore in luogo di compresse di “Ecstasy” che asseritamente erano offerte in vendita. Nell’enunciare il principio di cui in massima la S.C. ha escluso che tale condotta potesse integrare il reato di cui all’art. 445 c.p.). Cass. pen. sez. I 26 maggio 2000 n. 6150
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 445 c.p. nel caso di farmacista che somministri dei medicinali in quantità non corrispondente all’ordinazione medica si deve accertare se la diversità quantitativa della somministrazione ha avuto un effetto sensibile positivo o negativo sulla salute del malato. Se la diversità quantitativa non ha avuto alcuna ripercussione sulla salute viene meno la stessa oggettività giuridica del delitto in esame che è quella di un reato contro la salute pubblica. Cass. pen. 4 dicembre 1952