L’elemento del pericolo, nella fattispecie criminosa di pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento, deve derivare direttamente dalla condotta di danneggiamento, esulando dalla sfera applicativa della norma incriminatrice la condotta di chi si serva delle cose da esso danneggiate per intraprendere una diversa ed ulteriore azione. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso il reato nella condotta di chi, dopo avere divelto poggiatesta, posacenere e telai dal vagone su cui viaggiava, li aveva lanciati contro altro treno in corsa).
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Nel delitto di pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento l’accertamento della probabilità di verificazione del disastro va effettuato tenendo conto, in forza di una prognosi “ex post” a base totale, di tutte le circostanze, ivi comprese quelle conosciute anche successivamente. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 44563 del 20 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 44563/2010)
Il pericolo di disastro ferroviario consiste in un fatto da cui è probabile che derivi effettivamente danno notevole per i trasporti e gli addetti ai servizi o per le persone che, comunque, si trovino negli impianti ferroviari; deve, perciò, essere concreto ed apprezzabile e il danno temuto deve essere di tale entità da interessare un certo numero di persone e attivare la commozione della comunità al punto che le sue dimensioni si riferiscano e concretino un effettivo pericolo per la incolumità pubblica. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 13727 del 5 dicembre 1986 (Cass. pen. n. 13727/1986)
Per la realizzazione dei delitti previsti dagli artt. 431 – 433 c.p. non è necessaria la produzione di un effettivo danneggiamento, in quanto questo rileva soltanto come elemento di dolo specifico o come condizione di punibilità (pericolo dell’evento) o è addirittura estraneo ai requisiti essenziali o eventuali del reato. Pertanto, ove alla commissione degli atti integrativi di un delitto contro la pubblica incolumità sia conseguito un danneggiamento, ricorre l’ipotesi del concorso formale di reati e non quella dell’assorbimento prevista dall’art. 84 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1569 del 27 novembre 1968 (Cass. pen. n. 1569/1968)