Art. 422 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Strage

Articolo 422 - codice penale

Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con [la morte (1)].
Se è cagionata la morte di una sola persona, si applica l’ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni.

Articolo 422 - Codice Penale

Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con [la morte (1)].
Se è cagionata la morte di una sola persona, si applica l’ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni.

Note

(1) Si veda la nota 1 sub art. 9.

Tabella procedurale

Arresto: obbligatorio in flagranza.380 c.p.p.
Fermo di indiziato di delitto: consentito.384 c.p.p.
Misure cautelari personali: consentite.280287 c.p.p.
Autorità giudiziaria competente: Corte d’assise.5 c.p.p.
Procedibilità: d’ufficio.50 c.p.p.

Massime

Il delitto di devastazione di cui all’art. 419 cod. pen. può concorrere con quello di strage di cui all’art. 422 cod. pen., non sussistendo tra i due alcun rapporto di specialità. (In motivazione, la Corte ha precisato che diversi sono i beni giuridici protetti dalle rispettive norme incriminatrici, le condotte di aggressione agli stessi e l’elemento soggettivo, in quanto, con riferimento alla devastazione, il bene giuridico si identifica con l’ordine pubblico, la condotta consiste in atti di violenza contro beni patrimoniali e l’elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, mentre, con riferimento alla strage, il bene giuridico si identifica con l’incolumità pubblica, la condotta consiste in atti di violenza contro la persona e l’elemento soggettivo è integrato dal dolo specifico di uccidere). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9520 del 10 marzo 2020 (Cass. pen. n. 9520/2020)

In tema di strage, deve escludersi la configurabilità del tentativo trattandosi di reato istantaneo per la cui consumazione è sufficiente che l’agente abbia esposto a concreto pericolo l’incolumità di più persone, a prescindere dalla verificazione di uno o più eventi letali. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che potesse qualificarsi come desistenza volontaria la condotta del ricorrente che, due ore dopo aver volontariamente determinato una fuoriuscita di gas nel proprio appartamento e averne chiuso le finestre, aveva allertato un amico). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 7835 del 20 febbraio 2019 (Cass. pen. n. 7835/2019)

Nel reato di strage il dolo consiste nella coscienza e volontà di porre in essere atti idonei a determinare pericolo per la vita e l’integrità fisica della collettività mediante violenza, con la possibilità che dal fatto derivi la morte di una o più persone, al fine di cagionare la morte di un numero indeterminato di persone, e va desunto dalla natura del mezzo usato e da tutte le modalità dell’azione. (Nella fattispecie la S.C. ha confermato la sentenza di condanna per il delitto di strage, atteso che era stato utilizzato un fucile a pompa calibro 12 caricato a pallettoni ed esplosione in sequenza di 5 colpi, in uno spazio non particolarmente ampio e visibilmente affollato da un numero consistente di altri individui, nove dei quali erano stati colpiti e, tra questi, uno mortalmente). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 43681 del 29 ottobre 2015 (Cass. pen. n. 43681/2015)

Il delitto di strage previsto dall’art. 422 c.p. non è punibile a titolo di colpa, non essendo ricompresa nel richiamo operato dall’art. 449 c.p., sia per la formulazione della norma che per l’incompatibilità della fattispecie colposa con il dolo specifico (il «fine di uccidere») che caratterizza la fattispecie dolosa. Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 4675 del 6 febbraio 2007 (Cass. pen. n. 4675/2007)

In tema di delitti contro l’incolumità pubblica, poiché l’eventualità della morte di uno o più soggetti si configura come un’aggravante del delitto di strage, il delitto di omicidio resta in esso assorbito Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 16801 del 8 aprile 2004 (Cass. pen. n. 16801/2004)

Si configura il delitto di strage allorché gli atti compiuti siano tali da porre in pericolo la pubblica incolumità e non siano limitati ad offendere soltanto la vita di una singola persona. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto correttamente qualificato il reato di strage nell’esplosione violenta di un’autovettura imbottita di tritolo e posteggiata presso un’abitazione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 33459 del 7 settembre 2001 (Cass. pen. n. 33459/2001)

Correttamente il giudice di merito ritiene la sussistenza del delitto di strage e non di quello di omicidio volontario plurimo nel comportamento di appartenenti a un’associazione criminosa che, dopo avere fatto irruzione in un luogo aperto al pubblico, situato nel centro cittadino e frequentato da molte persone, abbia aperto il fuoco in maniera indiscriminata sia contro avversari non preventivamente designati sia contro persone estranee alla cosca avversaria, non rilevando che non si sia fatto ricorso a mezzi di natura tale (bombe o esplosivi) da cagionare la morte di un numero indeterminato di persone. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3333 del 15 marzo 1999 (Cass. pen. n. 3333/1999)

L’elemento materiale caratterizzante il delitto di strage è rappresentato dal compimento di atti aventi, obiettivamente, l’idoneità a determinare pericolo per la vita e l’integrità fisica della collettività mediante violenza (evento di pericolo), con la possibilità che dal fatto derivi la morte di una o più persone (evento di danno); l’elemento psicologico consiste nella coscienza e volontà di tali atti, con la finalità (dolo specifico) di cagionare la morte di un numero indeterminato di persone, e va desunto dalla natura del mezzo usato e da tutte le modalità dell’azione. Pertanto, al fine di stabilire se l’uccisione di più soggetti integri il delitto di strage ovvero quello di omicidio volontario plurimo, l’indagine di fatto deve essere globale, con speciale riguardo ai mezzi usati, alle modalità esecutive del reato ed alle circostanze ambientali che lo caratterizzano. (Nella specie la Corte ha ritenuto la sussistenza del delitto di omicidio volontario plurimo nell’aggressione posta in essere dagli appartenenti ad un’associazione criminosa nei confronti dei membri di un clan rivale, compiuta all’interno di un locale pubblico concentrando il fuoco delle armi utilizzate per il delitto solo contro gli avversari e senza il ricorso a mezzi di natura tale (bombe a mano o esplosivi) da indicare con sicurezza la volontà degli imputati di cagionare la morte di un numero indeterminato di persone). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1695 del 13 maggio 1994 (Cass. pen. n. 1695/1994)

Il criterio distintivo tra il delitto di strage e quello di incendio e gli altri delitti contro la pubblica incolumità è costituito dal fine di uccidere: l’incendio, quando sia stato determinato dal fine di uccidere, integra sempre il delitto di cui all’art. 422 c.p., anche quando non sia stata cagionata la morte di alcuno. La sussistenza del fine di uccidere, inoltre, esclude, per definizione, che il fatto integri la fattispecie del delitto di danneggiamento mediante incendio, nel quale il dolo è costituito dal fine – che deve essere esclusivo – di danneggiare la cosa altrui.

Il delitto di strage consiste nel fatto di chi, al fine di uccidere, compie atti concretamente idonei a porre in pericolo la pubblica incolumità, intesa come il bene della sicurezza della vita e dell’integrità fisica, riferita non già ad una o più persone, ma alla collettività nel suo insieme, come bene di tutti e di ciascuno. Nel delitto di strage il pericolo per la pubblica incolumità, contrariamente a quanto si afferma dal ricorrente, costituisce l’evento del delitto, è elemento essenziale del reato e, in quanto tale, deve essere previsto e voluto dall’agente, come conseguenza degli atti – commissivi od omissivi – posti in essere, (dolo generico). Pertanto non è condizione oggettiva di punibilità che è fatto esterno al reato, il cui verificarsi è del tutto indipendente dalla volontà dell’agente, e ne condiziona esclusivamente la punibilità.

Il delitto di strage si realizza con il verificarsi del pericolo per la pubblica incolumità, che ne costituisce l’evento, mentre la morte di una o più persone è una circostanza aggravante, ed influisce esclusivamente sul quantum di pena.

Il reato di strage è un reato a consumazione anticipata, che non ammette il tentativo: per la consumazione del delitto è sufficiente che il colpevole compia atti che abbiano l’idoneità a cagionare una situazione di concreto pericolo per il bene tutelato e, quindi, si considera come delitto consumato un comportamento, che, senza tale specifica previsione normativa, potrebbe configurare una ipotesi di tentativo. In altre parole, la fattispecie consumata del delitto di strage presenta la stessa struttura del delitto tentato, ma è punita come delitto consumato, in considerazione dell’importanza degli interessi, che essa tende a tutelare.

La rilevanza della condotta – il delitto di strage è un reato a forma libera – è determinata esclusivamente dall’effettiva idoneità a porre in pericolo la pubblica incolumità. Le modalità dell’azione possono essere le più varie, e ricomprendono anche quelle condotte che potrebbero integrare gli estremi di altri delitti. Il delitto di strage richiede, come esattamente ha ritenuto la sentenza gravata, anche, il dolo specifico, consistente nella finalità di uccidere una o più persone e costituisce l’elemento che consente di distinguere tale delitto, da quello di incendio o di altri reati che potrebbero essere integrati dalla condotta dell’agente.

Nell’ipotesi delittuosa prevista dall’art. 422 c.p. il giudice può ritenere il delitto di strage quando, per i mezzi usati, per la loro potenzialità offensiva e per le specifiche modalità di impiego di essi, e alla stregua di tutti gli elementi di prova acquisiti al processo, l’incendio sia chiaramente rivelatore dell’intenzione di causare la morte di una o più persone, perché, in tal caso, il fine di uccidere può ritenersi, indipendentemente dal fine ultimo dell’azione: in tale ipotesi, infatti, non si tratta di ritenere sufficiente il dolo eventuale – che è incompatibile con quella forma di dolo che è il dolo specifico – ma di desumere la prova di un fattore interno e soggettivo, quale è la finalità di uccidere, dalle caratteristiche estrinseche della condotta criminosa. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11394 del 13 novembre 1991 (Cass. pen. n. 11394/1991)

Ai fini della configurabilità del delitto di strage, il fine di uccidere — proprio perché integra il dolo specifico del reato — non può mai essere surrogato da forme degradate con quella del dolo eventuale. Ne consegue che la morte di una o più persone deve sempre rappresentare lo scopo specificamente perseguito dell’agente e non un evento che il soggetto, nel volerne un altro meno grave, si sia rappresentato come probabile o possibile conseguenza della propria determinazione, agendo anche a costo di provocarlo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5914 del 23 aprile 1990 (Cass. pen. n. 5914/1990)

In tema di strage, l’ipotesi-base è configurabile nel semplice compimento di atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità, mentre costituisce circostanza aggravante la morte di una o più persone. Requisito essenziale poi è la idoneità dell’azione, da accertarsi con giudizio ex ante, a minacciare la vita e l’integrità di un numero indeterminato di persone. Detta idoneità è ravvisabile nell’uso di mezzi dotati di peculiari requisiti di diffusività del danno alle persone. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13988 del 24 ottobre 1989 (Cass. pen. n. 13988/1989)

Il delitto di cui all’art. 285 c.p. si differenzia da quello di cui all’art. 422 c.p. unicamente per la presenza, nel primo, del dolo specifico costituito dalla intenzione che l’evento si ripercuota sulle istituzioni statuali come lesione anche alla personalità giuridica dello Stato. Il dolo specifico costituito dalla intenzione di uccidere, richiesto dall’art. 422 c.p., non può essere surrogato dal dolo eventuale che riguarda il dolo generico e che, essendo indiretto, è ontologicamente incompatibile con quello specifico. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10233 del 19 ottobre 1988 (Cass. pen. n. 10233/1988)

L’elemento soggettivo del reato deve essere desunto, sul piano della concretezza processuale, cioè della prova, principalmente (quando manchino le ammissioni) dalle azioni che, estrinsecando le intenzioni, sono sintomatiche della volontà in tal modo esteriorizzata. Pertanto, in relazione al delitto di strage, caratterizzato dal dolo specifico costituito dal fine di uccidere, tale fine può essere desunto dagli elementi probatori, concreti e non meramente ipotetici, i quali diano sicura certezza della presenza di siffatto tipo di dolo. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso con il quale il P.M. sosteneva la sussistenza del delitto di strage, la S.C. ha rilevato che nella motivazione della sentenza impugnata sono stati tenuti presenti numerosi fattori i quali non consentivano di ritenere «con certezza la previsione e l’accettazione del rischio di uccidere»; che tale giudizio è stato espresso pur tenendo conto dell’impiego di benzina sull’unica porta di una abitazione molto piccola occupata da otto persone, in preda al sonno, sì da determinare una situazione di grave ed effettivo pericolo, ma con condotta che, per plurimi ed indicati motivi ben precisi, portò la morte soprattutto a causa di una serie di fattori concomitanti, in gran parte indipendenti dalla volontà e dalla stessa conoscenza degli attentatori). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4851 del 21 aprile 1988 (Cass. pen. n. 4851/1988)

Nel delitto di strage il pericolo per la pubblica incolumità deve derivare direttamente dalla condotta e non già da una sua conseguenza, sicché è ininfluente la circostanza della mancata deflagrazione di un ordigno esplosivo per il cattivo funzionamento della miccia. Quanto al dolo, data la genericità della formula «al fine di uccidere», rileva anche la condotta di chi, pur nella consapevolezza di porre in pericolo un numero indeterminato di persone, ha operato per uccidere una sola persona. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3334 del 14 marzo 1988 (Cass. pen. n. 3334/1988)

Il dolo del delitto di strage consiste nella volontà di compiere atti diretti a mettere in pericolo la pubblica incolumità con la consapevolezza di tale pericolo, il quale è elemento essenziale del reato e non mera condizione di punibilità. Il pericolo per la pubblica utilità non può essere considerato, infatti, come condizione estrinseca al fatto, ma va visto come l’essenza stessa del fatto, come il tipico evento del reato. Si richiede, inoltre che gli atti siano posti in essere con il fine di uccidere, inteso come volontà diretta ad attentare alla vita di una o più persone. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4017 del 24 maggio 1986 (Cass. pen. n. 4017/1986)

Ai fini della sussistenza del delitto di strage, di cui all’art. 422 c.p., il fine di uccidere, proprio perché integra il dolo specifico del reato, non può essere mai surrogato del dolo omicida eventuale. Pertanto, la morte di una o più persone deve sempre rappresentare lo scopo specificamente perseguito dall’agente e non un evento che il soggetto, nel volerne un altro meno grave, si sia rappresentato come probabile o possibile conseguenza della propria verificazione e perciò agendo anche a costo di determinarlo.

Non è sufficiente, perché sussista il delitto di strage, di cui all’art. 422 c.p., provocare un incendio al fine di danneggiare, pur prevedendo come possibile conseguenza che il fuoco causi la morte di qualcuno. Solo se il mezzo usato, per la potenzialità offensiva o per le specifiche modalità di impiego, sia chiaramente rivelatore dell’intenzione di causare la morte di più persone — o almeno di una, nella conosciuta situazione oggettiva di pericolo per altre, richiesta dalla norma — il fine di uccidere può ritenersi sussistente, così venendo realizzato il dolo tipico della strage indipendentemente dal fine ultimo dell’azione. In tal caso di tratta non già di ritenere sufficiente il dolo eventuale, ma di desumere la prova di un fattore interno e soggettivo, qual è la finalità di uccidere, dalle caratteristiche estrinseche della condotta criminosa. (Fattispecie di incendio appiccato ad una discoteca frequentata, con una tanica di benzina). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7489 del 26 settembre 1984 (Cass. pen. n. 7489/1984)

Per la sussistenza del delitto di strage non è richiesta la volontà di provocare il pericolo per la pubblica incolumità, poiché questo deve essere considerato oggettivamente, in relazione alla natura dei mezzi adoperati e alle modalità del fatto, mentre è necessario il dolo specifico, cioè il fine di uccidere per il quale è irrilevante il numero delle persone, ben potendo questo fine essere diretto contro una sola persona, sempre che sia attuato con mezzi tali da provocare pericolo per l’incolumità pubblica. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4683 del 21 maggio 1983 (Cass. pen. n. 4683/1983)

La prova del dolo tipico del delitto di strage può anche ricavarsi dalla straordinaria potenzialità del mezzo usato, di per sé indicativa della evidente intenzione di cagionare la morte di più persone. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10845 del 25 ottobre 1976 (Cass. pen. n. 10845/1976)

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