È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 110 e 416-bis cod. pen., sollevata per asserito contrasto con gli artt. 25, comma secondo, e 117 della Costituzione, quest’ultimo in riferimento all’art. 7 della Convenzione EDU, per violazione del principio di legalità, nella parte in cui le due disposizioni di legge ordinarie attribuiscono rilevanza penale alla fattispecie di “concorso esterno” in associazioni di tipo mafioso, poichè quest’ultima non costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale, bensì conseguenza della generale funzione incriminatrice dell’art. 110 cod. pen., e la sua configurabilità trova una conferma testuale nella disposizione di cui all’art. 418, comma primo, cod. pen. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 18132 del 2 maggio 2016 (Cass. pen. n. 18132/2016)
Il delitto di assistenza agli associati previsto dall’art. 418 cod. pen. presuppone l’estraneità dell’agente rispetto al sodalizio criminale e la coincidenza temporale dell’attività di assistenza con l’operatività dell’associazione criminale; mentre la fornitura di vitto o rifugio compiuta in favore dei singoli associati dopo la cessazione del sodalizio può integrare eventualmente il delitto di favoreggiamento personale di cui all’art. 378 cod. pen. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13085 del 20 marzo 2014 (Cass. pen. n. 13085/2014)
L’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 419 c.p. (devastazione e saccheggio) consiste, nell’ipotesi della commissione di fatti di devastazione, in qualsiasi azione, con qualsivoglia modalità posta in essere, produttiva di rovina, distruzione o anche danneggiamento, che sia comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, sì da determinare non solo un pregiudizio del patrimonio di uno o più soggetti e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprietà privata, ma anche offesa e pericolo concreti dell’ordine pubblico inteso in senso specifico come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l’opinione e in senso della tranquillità e della sicurezza. (Fattispecie relativa all’assalto di un circolo giovanile organizzato da giovani di opposte tendenze politiche muniti di armi proprie e improprie, che si era risolto in aggressione a cose e persone con danni di notevole entità). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 22633 del 14 giugno 2010 (Cass. pen. n. 22633/2010)
L’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 419 c.p. (devastazione e saccheggio) consiste, nell’ipotesi della commissione di fatti di devastazione, in qualsiasi azione, con qualsivoglia modalità posta in essere, produttiva di rovina, distruzione o anche danneggiamento, che sia comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, sì da determinare non solo un pregiudizio del patrimonio di uno o più soggetti e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprietà privata, ma anche offesa e pericolo concreti dell’ordine pubblico inteso in senso specifico come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l’opinione e in senso della tranquillità e della sicurezza. (Fattispecie relativa all’assalto di un circolo giovanile organizzato da giovani di opposte tendenze politiche muniti di armi proprie e improprie, che si era risolto in aggressione a cose e persone con danni di notevole entità). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 16553 del 29 aprile 2010 (Cass. pen. n. 16553/2010)
Integra il delitto di cui all’art. 418 c.p., e non quello di favoreggiamento, chi fornisce rifugio o vitto agli associati, se non sono in corso investigazioni o ricerche da parte dell’autorità giudiziaria, per non essere stata ancora accertata l’esistenza del gruppo criminale, giacchè il delitto di assistenza agli associati previsto dall’art. 418 c.p. presuppone la coincidenza temporale dell’attività di assistenza prestata dal soggetto attivo con l’operatività dell’associazione criminale, in quanto l’aiuto prestato agli associati dopo la cessazione del sodalizio criminoso, sotto forma di rifugio o fornitura di vitto, può eventualmente integrare il delitto di favoreggiamento personale di cui all’art. 378 c.p., configurabile anche durante la permanenza del vincolo associativo, in quanto gli elementi che differenziano le due fattispecie sono la finalità e gli effetti della condotta. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 17704 del 16 aprile 2004 (Cass. pen. n. 17704/2004)
L’esistenza del delitto di concorso esterno in associazione mafiosa non è esclusa dalla presenza nell’ordinamento del reato di cui all’art. 378 comma 2 c.p. (favoreggiamento personale aggravato), che concerne solo una particolare forma di aiuto, prestato per agevolare l’elusione delle investigazioni e la sottrazione alle ricerche della autorità, né del reato di cui all’art. 418 c.p. che incrimina solo l’assistenza agli associati, né, infine, dalla previsione di cui all’art. 7 del decreto legge 13 maggio 1991 n. 152, che è circostanza relativa ai singoli reati, diversi da quello associativo. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 15756 del 3 aprile 2003 (Cass. pen. n. 15756/2003)
Il delitto di assistenza agli associati, di cui all’art. 418 c.p., presuppone la coincidenza temporale dell’attività di assistenza con la operatività dell’associazione criminale, in quanto l’aiuto prestato agli associati dopo la cessazione del sodalizio criminoso, sotto forma di rifugio o di fornitura di vitto, può integrare eventualmente il delitto di favoreggiamento personale di cui all’art. 378 c.p. Quest’ultimo delitto, peraltro, può ben configurarsi anche durante la permanenza del reato associativo, costituendo il discrimine tra i due reati la finalità e gli effetti della condotta. Integra pertanto il reato di cui all’art. 418 c.p., e non quello di favoreggiamento, la condotta di chi fornisce rifugio o vitto agli associati qualora, essendo tuttora operante l’associazione per delinquere, non siano in corso investigazioni o ricerche da parte dell’autorità giudiziaria per non esserne stata ancora accertata la sua esistenza. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9879 del 4 novembre 1997 (Cass. pen. n. 9879/1997)