Art. 414 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Istigazione a delinquere

Articolo 414 - codice penale

Chiunque pubblicamente (266) istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione (115, 302, 303, 322, 415, 580):
1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;
2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a € 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.
Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel n. 1.
Alla pena stabilita nel n. 1 soggiace anche chi pubblicamente (266) fa l’apologia (1) di uno o più delitti (115, 272, 302, 303). La pena prevista dal presente comma nonché dal primo e dal secondo comma è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (2).
Fuori dei casi di cui all’articolo 302, se l’istigazione o l’apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità la pena è aumentata della metà. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (3) (4).

Articolo 414 - Codice Penale

Chiunque pubblicamente (266) istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione (115, 302, 303, 322, 415, 580):
1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;
2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a € 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.
Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel n. 1.
Alla pena stabilita nel n. 1 soggiace anche chi pubblicamente (266) fa l’apologia (1) di uno o più delitti (115, 272, 302, 303). La pena prevista dal presente comma nonché dal primo e dal secondo comma è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (2).
Fuori dei casi di cui all’articolo 302, se l’istigazione o l’apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità la pena è aumentata della metà. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (3) (4).

Note

(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 65 del 4 maggio 1970, ha dichiarato che l’apologia punibile ai sensi dell’art. 414, è quella che per le sue modalità integra un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti trascendendo la pura e semplice manifestazione del pensiero.
(2) Questo periodo è stato aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 1), del D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, nella L. 17 aprile 2015, n. 43.
(3) Questo periodo è stato aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 2), del D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, nella L. 17 aprile 2015, n. 43.
(4) Questo comma è stato aggiunto dall’art. 15, comma 1 bis, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, nella L. 31 luglio 2005, n. 155.

Tabella procedurale

Arresto: primo comma, n. 1, facoltativo in flagranza; primo comma, n. 2, non consentito.381 c.p.p.
Fermo di indiziato di delitto: non consentito.
Misure cautelari personali: primo comma, n. 1, consentite; primo comma, n. 2, non consentite.280287 c.p.p.
Autorità giudiziaria competente: Tribunale monocratico.33 ter c.p.p.
Procedibilità: d’ufficio.50 c.p.p.

Massime

Il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall’art. 414 cod. pen., è reato di pericolo concreto e non presunto e richiede di conseguenza per la sua configurazione un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio “ex ante”, a provocare la commissione di delitti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il reato dalla pubblicazione di alcuni opuscoli con cui si affermava che “i C.I.E. si chiudono con il fuoco” da parte di un gruppo che aveva organizzato in precedenza attentati incendiari contro alcuni C.I.E.). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 48247 del 27 novembre 2019 (Cass. pen. n. 48247/2019)

Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’articolo 414, terzo comma, cod. pen., non basta l’esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, ma occorre che il comportamento dell’agente sia tale per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, da determinare il rischio effettivo della consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato l’esito proscioglitivo del giudizio di merito, in relazione alla pubblicazione su un sito internet, da parte dell’agente, di scritti contenenti espressioni offensive nei confronti della vittima di un attentato terroristico, rivendicato da un gruppo di area anarco-insurrezionalista, unitamente a generiche manifestazioni di solidarietà verso “i compagni arrestati” ed incitamenti all’azione diretta). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31562 del 17 luglio 2019 (Cass. pen. n. 31562/2019)

Integra il reato di apologia di delitti di terrorismo, previsto dall’art. 414, comma quarto, cod. pen., la diffusione di documenti di contenuto apologetico – nella specie consistenti in tre “playlist” inneggianti al martirio per lo Stato islamico (IS), alle attività terroristiche dell’Isis ed alla figura del suo portavoce Al Adnani – mediante il loro inserimento sulla piattaforma internet denominata “Soundcloud”, in considerazione sia della natura di organizzazioni terroristiche, rilevanti ai sensi dell’art. 270-bis cod.pen., delle consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale, sia della potenzialità diffusiva indefinita di tale modalità comunicativa. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1970 del 16 gennaio 2019 (Cass. pen. n. 1970/2019)

La condotta di chi esalta un fatto di reato al fine di spronare altri all’imitazione integra il delitto di istigazione a delinquere quando, per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, sia effettivamente idonea a determinare il rischio concreto della commissione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato. (Nella specie, è stata ravvisata la sussistenza del delitto nella condotta dell’agente che, sfruttando la propria posizione di “Imam” di un centro di accoglienza per richiedenti asilo, invitava gli ospiti ad azioni violente, esaltava gli attentati terroristici già avvenuti e il martirio suicidario e minacciava di morte chi mostrava di non aderire all’attività di istigazione). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 26315 del 8 giugno 2018 (Cass. pen. n. 26315/2018)

In tema di apologia di reato, premesso che il requisito della pubblicità è ravvisabile anche nel caso in cui il messaggio apologetico venga inserito in un sito internet privo di vincoli di accesso, deve ritenersi configurabile il reato nella condotta consistita nel postare sul proprio profilo personale “facebook” messaggi di esaltazione dei metodi e delle finalità di una organizzazione terroristica di ispirazione “jihadista”, quale deve qualificarsi quella costituita dall’ISIS (acronimo significante Islamic State of Irak and Syria). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24103 del 15 maggio 2017 (Cass. pen. n. 24103/2017)

L’esaltazione di un fatto di reato, finalizzata a spronare altri all’imitazione integra il delitto di istigazione a delinquere quando, per le sue modalità, sia concretamente idonea a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza del reato nell’esposizione, in occasione di un incontro di calcio, di uno striscione con la scritta “sotto l’ombra del cappello non ti fa capire se tira fuori il suo coltello o ti chiede come stai” con in calce la sigla B.I.S.L., dal significato “basta infami solo lame”). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 25833 del 4 luglio 2012 (Cass. pen. n. 25833/2012)

A seguito della sentenza interpretativa della Corte cost. n. 65/70, l’apologia di reato punita dall’art. 414 ultimo comma c.p. deve considerarsi reato a pericolo concreto; pertanto la condotta di chi compia l’esaltazione di un fatto o del suo autore al fine di spronare altri all’imitazione o anche solo per negare la ripugnanza del fatto o del suo autore, deve tradursi in un comportamento che abbia probabilità di un effetto suggestivo tenuto conto della qualità dell’agente e della massa generalizzata di persone potenziali recettrici delle espressioni apologetiche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che configurasse il reato de quo la condotta di un sindaco che relativamente ad un omicidio compiuto ai danni di un tunisino, aveva affermato al telegiornale di una emittente televisiva nazionale che «nella medesima situazione anche lui avrebbe fatto lo stesso» e che «così il tunisino non poteva più nuocere a nessuno» e, in due quotidiani, che anche lui avrebbe fatto altrettanto, «anzi avrebbe ammazzato lo spacciatore con le sue mani. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 26907 del 3 luglio 2001 (Cass. pen. n. 26907/2001)

È atta ad integrare la fattispecie di cui all’art. 414 c.p. (istigazione a delinquere) sotto il profilo in particolare, dell’idoneità dell’azione a suscitare consensi, la condotta di chi, nel corso di una attività identificativa condotta dalle forze di polizia nei confronti di un gruppo di persone rispetto alle quali egli rivesta un ruolo «di riferimento», inciti pubblicamente i componenti del gruppo anzidetto a non ottemperare alla richiesta di fornire le generalità ed a commettere, quindi, in tal modo il reato di cui all’art. 651 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16041 del 19 aprile 2001 (Cass. pen. n. 16041/2001)

L’espressione «chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati» di cui all’art. 414 c.p. va interpretata nel senso che l’istigazione deve avvenire in luogo pubblico o aperto al pubblico e deve rivolgersi a una pluralità indeterminata di persone. (Nella specie la Corte Suprema ha escluso la fattispecie delittuosa nell’operato di un agente di polizia giudiziaria che, incaricato di svolgere indagini in un negozio in cui era stato consumato il furto di parte della merce, aveva istigato due suoi colleghi a impossessarsi della merce residua non asportata, sia in considerazione del fatto che l’episodio si era verificato all’interno del negozio, fuori dell’orario di apertura e in occasione di indagini di polizia giudiziaria, sia perché l’istigazione non era stata indirizzata nei riguardi di un numero indeterminato di persone). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8850 del 30 luglio 1998 (Cass. pen. n. 8850/1998)

L’elemento oggettivo dell’apologia di uno o più reati punibile ai sensi dell’art. 414, comma terzo, c.p., non si identifica nella mera manifestazione del pensiero, diretta a criticare la legislazione o la giurisprudenza o a promuovere l’abolizione della norma incriminatrice o a dare un giudizio favorevole sul movente dell’autore della condotta illecita, ma consiste nella rievocazione pubblica di un episodio criminoso diretta e idonea a provocare la violazione delle norme penali, nel senso che l’azione deve avere la concreta capacità di provocare l’immediata esecuzione di delitti o, quanto meno, la probabilità che essi vengano commessi in un futuro più o meno prossimo. (Fattispecie relativa alla pubblicazione, in un periodico di ispirazione anarchica, di tre articoli dedicati alla descrizione di altrettanti attentati a impianti di pubblica utilità, nonché a stabilimenti industriali, e connotati da una forte esaltazione dei fatti, capace di far sorgere il pericolo di ulteriori reati e di turbare l’ordine pubblico). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11578 del 15 dicembre 1997 (Cass. pen. n. 11578/1997)

Affinché possa ravvisarsi la materialità del delitto di istigazione a delinquere di cui all’art. 414 c.p., occorre che sia posta in essere pubblicamente la propalazione di propositi aventi ad oggetto comportamenti rientranti in specifiche previsioni delittuose, effettuata in maniera tale da poter indurre altri alla commissione di fatti analoghi: di talché è indefettibile l’idoneità dell’azione a suscitare consensi ed a provocare “attualmente e concretamente” — in relazione al contesto spazio-temporale ed economico-sociale ed alla qualità dei destinatari del messaggio — il pericolo di adesione al programma illecito. La valutazione circa la sussistenza di quest’ultimo requisito non può prescindere dalle stesse modalità del comportamento tenuto dal soggetto attivo, sì che il giudice di merito deve individuare il perché la condotta incriminata — assistita dal c.d. dolo istigatorio, consistente nella coscienza e volontà di turbare l’ordine pubblico o la personalità dello Stato — sia da ritenersi dotata di forza suggestiva e persuasiva tale da poter stimolare nell’animo dei destinatari la commissione dei fatti criminosi propalati o esaltati. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna oggetto del ricorso proposto dall’imputato, avendo rilevato la mancanza, da parte del giudice di merito, di una esaustiva indagine sulla pericolosità concreta ed immediata — nel senso precisato in massima — della condotta posta in essere dall’imputato medesimo, il quale aveva postulato nell’atto di appello l’assenza di uno specifico turbamento dell’ordine pubblico, dimostrata dall’esplicito dissenso manifestato dai destinatari del messaggio, lavoratori e studenti, al programma illecito dallo stesso propalato mediante la diffusione di volantini incitanti alla diserzione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 10641 del 22 novembre 1997 (Cass. pen. n. 10641/1997)

Attesa l’inquadrabilità del delitto di pubblica istigazione a delinquere (art. 414 c.p.), fra i reati di pericolo, per i quali non è ammissibile la figura del tentativo, deve escludersi la legittimità del sequestro di cose che si assumano riferibili ad un illecito penale costituito dal tentativo di commettere il suddetto reato. (Nella specie trattavasi di sciarpe che, nel corso di un servizio di prevenzione, erano state trovate in possesso ad alcuni sostenitori di una squadra di calcio e dalle cui caratteristiche si era ritenuto di desumere che esse fossero idonee a costituire incoraggiamento alla violenza, provvedendosi pertanto, da parte della polizia giudiziaria, al loro sequestro, ai sensi dell’art. 354 c.p.p.). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6004 del 19 gennaio 1996 (Cass. pen. n. 6004/1996)

Per la configurabilità del delitto di cui all’art. 414 c.p. è sufficiente la formulazione di un giudizio favorevole del fatto delittuoso, trattandosi di una figura di reato con evento di pericolo presunto. (Fattispecie relativa ad apologia dei reati di strage e di omicidio fatta in aula di giustizia). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2997 del 27 ottobre 1994 (Cass. pen. n. 2997/1994)

Quando l’istigazione a delinquere viene contestata come commessa con il mezzo della stampa, non dall’autore dell’articolo incriminato, bensì dal direttore responsabile per fatto proprio, può pervenirsi all’affermazione della responsabilità di quest’ultimo dopo aver approfondito ed accertato non soltanto l’omesso controllo sul periodico ma anche — e per prima cosa — l’idoneità dello scritto a turbare l’ordine pubblico, che è il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all’art. 414 c.p. Siffatta valutazione va compiuta tenendo conto che la libertà di pensiero, il diritto di cronaca e quello di critica non sono assoluti: essi trovano limiti nella necessità di proteggere altri beni costituzionalmente tutelati e nell’esigenza di prevenire o far cessare quei turbamenti della sicurezza pubblica, la cui salvaguardia costituisce finalità immanente al sistema. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 350 del 15 gennaio 1991 (Cass. pen. n. 350/1991)

Condizione di punibilità del delitto di apologia di reato, di cui all’art. 414, terzo comma del codice penale, è che il fatto sia stato commesso pubblicamente. Pertanto, ai sensi del quarto comma, n. 2 dell’art. 266, c.p., è sufficiente che il fatto medesimo sia commesso in luogo aperto al pubblico, come il salone di un barbiere, in cui chiunque può accedere per i servizi che esso offre, e in presenza di più persone (almeno due, come nella specie).

Le ipotesi previste dall’art. 414, primo comma, n. 1 (istigazione a delinquere) e dal terzo comma (apologia di reato), anche se equivalenti rispetto alla pena e sostanzialmente simili, sono strutturalmente autonome, non tanto nel contenuto, costituito nell’una e nell’altra ipotesi dalla esaltazione del delitto, quanto nel significato direzionale. Infatti, nell’ipotesi di «istigazione», la spinta al reato è diretta alla persona, mentre nell’ipotesi di «apologia» la spinta è indiretta, essendo affidata al contenuto apologetico, che può, peraltro, produrre i medesimi risultati dell’istigazione diretta. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13541 del 3 dicembre 1986 (Cass. pen. n. 13541/1986)

L’elemento soggettivo del reato previsto dall’ultimo comma dell’art. 414 c.p. si identifica nel dolo generico e nella cosciente volontà di commettere il fatto in sé, con la intenzione di fare l’apologia di uno o più delitti, ed è irrilevante l’indagine sul fine particolare del colpevole e sui motivi del fatto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 13534 del 3 dicembre 1986 (Cass. pen. n. 13534/1986)

Fare «apologia» agli effetti della sussistenza del reato preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 414 c.p. significa esprimere un giudizio positivo di valore rispetto ad un comportamento che la legge, invece, prevede come delitto ed il pericolo derivante dall’apologia dei delitti è presunto dal legislatore e, perciò, ne è superfluo l’accertamento. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8600 del 25 agosto 1986 (Cass. pen. n. 8600/1986)

L’elemento soggettivo del reato di istigazione a delinquere, di cui all’art. 414 c.p., è costituito dal dolo generico, ossia dalla coscienza e volontà di incitamento o di esaltazione suggestiva a commettere determinati fatti delittuosi, anche soltanto come reazione ad un provvedimento che si ritiene oggettivamente ingiusto. (Nella specie, nel corso di riunioni avvenute in un cantiere di escavazione, gli imputati avevano istigato le maestranze a continuare l’attività di estrazione di inerti dal fiume, anche di notte, nonostante la revoca della concessione amministrativa). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2252 del 8 ottobre 1985 (Cass. pen. n. 2252/1985)

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