Chiunque viola una tomba, un sepolcro o un’urna è punito con la reclusione da uno a cinque anni (410).
Arresto: facoltativo in flagranza. | 381 c.p.p. |
Fermo di indiziato di delitto: non consentito. | |
Misure cautelari personali: consentite. | 280, 287 c.p.p |
Autorità giudiziaria competente: Tribunale monocratico. | 33 ter c.p.p. |
Procedibilità: d’ufficio. | 50 c.p.p. |
In tema di violazione di sepolcro, la sussistenza del reato non è esclusa dalla circostanza che il sepolcro, la tomba o l’urna oggetto della violazione non si trovino in un cimitero consacrato, posto che la fattispecie di cui all’art. 407 c.p. tutela il sentimento della pietà verso i defunti, il quale è suscettibile di offesa a prescindere dalla situazione in cui si trova il luogo violato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 34145 del 11 agosto 2003 (Cass. pen. n. 34145/2003)
Il termine «violazione» usato dal legislatore, in relazione al sepolcro, esprime un concetto anche normativo e non soltanto materiale, sicché non ogni alterazione vale ad integrare l’elemento materiale del reato, ma solo quella che lede l’interesse giuridico tutelato dalla norma e cioè il sentimento di pietà verso i defunti. Perché possa parlarsi di violazione di sepolcro (o di tomba o di urna) è necessario che il fatto sia illegittimo e tale illegittimità non può essere considerata che in rapporto agli scopi specifici della tutela di cui all’art. 407 c.p. Ond’è che la mancanza del requisito della illiceità, pur potendo dar luogo alla materialità del fatto, non può concretarsi in una «violazione» in senso giuridico, penalmente sanzionabile. (Fattispecie relativa ad estumulazione, effettuata da custode – necroforo di cimitero, decorso il decennio d’inumazione, ai sensi del regolamento di polizia mortuaria). Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 690 del 1 aprile 1971 (Cass. pen. n. 690/1971)
Ai fini della tutela apprestata con le norme di cui agli artt. 407, 413 c.p., nel concetto di «cadavere» deve non soltanto comprendersi il corpo umano inanimato nel suo complesso e nelle singole parti, ma anche lo scheletro dopo che sia quindi avvenuta la completa dissoluzione degli elementi putrescibili. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 1198 del 6 giugno 1969 (Cass. pen. n. 1198/1969)
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