Integra il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria di cui all’art. 374-bis cod. pen. la falsa dichiarazione, proveniente dal condannato, in ordine a “condizioni” o “qualità personali” rilevanti nell’ambito del procedimento di riabilitazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che la falsa dichiarazione di non essere in condizioni di adempiere alle obbligazioni nascenti dal reato, pur non avendo efficacia probatoria, impedisce al Tribunale di sorveglianza di pronunciare immediatamente sull’istanza, in tal modo pregiudicando il buon andamento dell’amministrazione giudiziaria). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31599 del 27 giugno 2017 (Cass. pen. n. 31599/2017)
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 374 bis cod. pen. (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati alla autorità giudiziaria), deve aversi riguardo non all’autenticità materiale dell’atto ma all’inveridicità dei suoi contenuti e all’idoneità dello stesso ad adempiere alla funzione probatoria cui è preordinato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al reato previsto dall’art. 374 bis cod. pen. la condotta dell’imputato che, già in stato di detenzione domiciliare, aveva prodotto al magistrato di sorveglianza una dichiarazione materialmente falsa, apparentemente proveniente dal proprio datore di lavoro, relativa ai propri orari lavorativi, al fine di ottenere una estensione del periodo di autorizzazione ad assentarsi dal domicilio). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 23547 del 7 giugno 2016 (Cass. pen. n. 23547/2016)
Il reato di cui all’art. 374 bis cod. pen., se aggravato dal fatto di essere stato commesso da un pubblico ufficiale, si pone in rapporto di specialità rispetto al delitto di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici, in quanto si differenzia da questo per la destinazione dell’atto all’autorità giudiziaria. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13425 del 4 aprile 2016 (Cass. pen. n. 13425/2016)
Il delitto previsto dall’art. 374 bis cod.pen. costituisce reato di pericolo che si consuma anche a prescindere dalla presentazione della documentazione all’autorità giudiziaria, a condizione che la destinazione delle false dichiarazioni ad essere prodotte all’A.G. possa essere desunta dal giudice da ogni elemento emergente dalla situazione concreta esaminata, sia testuale che contestuale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6062 del 10 febbraio 2015 (Cass. pen. n. 6062/2015)
Integra il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria (art. 374 bis c.p.), la donazione di titoli di credito destinati a non essere incassati – depositato in allegato ad atto di appello avverso sentenza di condanna per corruzione – in quanto l’attestazione notarile della donazione conferisce ad essa natura di atto pubblico e dalla falsità dell’esistenza della provvista discende la falsità di quanto compiuto dinanzi al notaio, inoltre, si tratta di atto falso che ha avuto sin dalla nascita la naturale destinazione al suo impiego in sede giudiziaria, sia pure non diretta in modo esclusivo verso uno specifico e predeterminato obiettivo fraudolento. (Nella specie la S.C. ha censurato la decisione con cui il Tribunale del riesame ha annullato l’ordinanza applicativa di misura di custodia cautelare in carcere, escludendo, tra gli altri, la configurabilità del reato di cui all’art. 374 bis c.p., per l’insussistenza della natura di atto pubblico della donazione simulata, poiché faceva fede della consegna degli assegni ma non del fatto che sarebbero stati incassati e negando che un atto compiuto nel 2004 fosse destinato alla produzione in un processo penale, cinque anni dopo). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 29262 del 21 luglio 2011 (Cass. pen. n. 29262/2011)
Ai fini della configurabilità del delitto di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, rientrano nella previsione della norma incriminatrice la certificazione di dati clinici non veri o l’attestazione di condizioni inesistenti, mentre nessun rilievo possono assumere gli apprezzamenti e le valutazioni che un medico abbia compiuto relativamente alla gravità delle condizioni cliniche del soggetto esaminato, traendone un giudizio di incompatibilità con il regime carcerario. (Fattispecie relativa a valutazioni compiute da un consulente tecnico di parte in merito al livello di gravità e al rischio di aggravamento della patologia oculare di un soggetto detenuto). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5284 del 11 febbraio 2011 (Cass. pen. n. 5284/2011)
Sussiste la causa di giustificazione dello stato di necessità nell’ipotesi in cui il soggetto che abbia reso alla polizia giudiziaria sommarie informazioni, in ordine agli autori di un reato oggetto di investigazioni, successivamente le ritratti in seguito alle minacce alla propria incolumità fisica rivoltegli da soggetti appartenenti al medesimo ambiente mafioso di quelli da lui accusati nelle precedenti dichiarazioni. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 42928 del 2 dicembre 2010 (Cass. pen. n. 42928/2010)
Integra il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria non solo la falsa diagnosi di patologie inesistenti, ma anche la falsa diagnosi di una maggiore gravità di patologie esistenti. (Fattispecie in cui un consulente medico psichiatra e un dirigente di un istituto carcerario, d’intesa con un detenuto, hanno attestato patologie inesistenti ai fini della dichiarazione di incompatibilità con il regime carcerario). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 19802 del 9 maggio 2009 (Cass. pen. n. 19802/2009)
Il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, previsto dall’art. 374 bis c.p., sanziona una pluralità di condotte tutte rientranti nello schema della falsità ideologica, dovendo escludersi che vi siano ricomprese anche ipotesi di falsità materiale. (Nel caso di specie, la Corte non ha ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 374 bis c.p., bensì quello di falsità materiale, in relazione alla formazione e produzione in giudizio di un falso certificato di morte, grazie al quale l’imputato aveva ottenuto la declaratoria di estinzione del reato ex art. 531 c.p. pen.). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 30193 del 12 settembre 2006 (Cass. pen. n. 30193/2006)
La falsità della dichiarazione sostitutiva di notorietà allegata all’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per comprovare lo stato di non abbienza, integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) e non quello di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria (art. 374 bis c.p.), posto che nella suddetta falsità il legislatore non ha ravvisato un pericolo per il corretto svolgimento dell’attività giudiziaria vera e propria, avendo il procedimento di cui alla legge 30 luglio 1990 n. 217 natura accessoria rispetto al processo, quanto un attentato alla fede pubblica documentale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14964 del 27 marzo 2004 (Cass. pen. n. 14964/2004)
Nella fattispecie criminosa prevista dall’art. 374 bis c.p., la destinazione delle false dichiarazioni, o attestazioni, sulle condizioni, qualità personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro, ad essere prodotti all’autorità giudiziaria, può essere desunta dal giudice da ogni elemento emergente dalla situazione concreta esaminata, sia testuale, che contestuale. La ricostruzione e la valutazione del giudice di merito non sono sindacabili in sede di legittimità, quando sono motivate in maniera non manifestamente illogica. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44745 del 20 novembre 2003 (Cass. pen. n. 44745/2003)
In tema di falsità personale, deve ritenersi punibile ai sensi dell’art. 495 c.p. (falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri) e non dell’art. 374 bis c.p. (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria), la condotta di chi allo scopo di essere ammesso a colloquio con un detenuto, dichiari falsamente di essere legato a quest’ultimo da un rapporto di convivenza. (La Corte nell’affermare il principio, ha precisato che la tutela penale della fede pubblica deve intendersi estesa, oltre che ai connotati della persona che valgono in ogni caso ad integrare la sua identità o il suo status, anche ad ogni altro aspetto cui una determinata norma colleghi effetti giuridici). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10123 del 12 marzo 2002 (Cass. pen. n. 10123/2002)
Il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria previsto dall’art. 374 bis c.p. si configura quando l’attività di documentazione di circostanze non rispondenti al vero è destinata all’autorità giudiziaria — senza che sia necessaria la effettiva presentazione e il conseguimento dello scopo — e sempre che si tratti di scritti i quali, ancorché non provenienti da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, abbiano efficacia dichiarativa di determinati fatti rilevanti nell’ambito del procedimento penale, e si riferiscano a «condizioni» o «qualità personali», tra le quali rientra anche la qualità di imputato in altro procedimento. (In applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto correttamente affermata la penale responsabilità per il reato in questione di un soggetto il quale, allo scopo di ottenere il rinvio della trattazione di un procedimento penale a suo carico, aveva fatto trasmettere al giudice procedente, da altro complice, una comunicazione via fax, facendola apparire proveniente da uno studio legale, con la quale si informava che il suindicato soggetto avrebbe dovuto presentarsi nello stesso giorno, contrariamente al vero, davanti ad altra autorità giudiziaria in qualità di imputato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 32962 del 4 settembre 2001 (Cass. pen. n. 32962/2001)
Nella fattispecie criminosa di cui all’art. 374 bis c.p., l’elemento oggettivo si riferisce all’attività di documentazione, risultante da certificati o da atti, di circostanze non rispondenti al vero e richiede che la suddetta attività documentativa sia realizzata con la finalità specifica della destinazione ad essere prodotta all’autorità giudiziaria, perché eventualmente ne possano derivare effetti favorevoli all’interessato. Trattandosi di reato di pericolo, esso si perfeziona, innanzitutto, per la sola formazione della falsa documentazione, qualora la destinazione dell’atto all’autorità giudiziaria risulti in modo specifico ed univoco dal contesto dell’atto medesimo in ragione del suo tenore oggettivo; in tal caso non occorre anche che la documentazione risulti effettivamente presentata all’autorità giudiziaria, né che lo scopo della utilizzazione giudiziaria sia quello esclusivo dell’atto, ben potendo il falso documento essere predisposto anche per finalità concorrenti. Qualora, invece, l’utilizzazione giudiziaria non emerga dall’atto in ragione del suo contenuto espresso, ma abbia costituito comunque la finalità che l’autore consapevolmente abbia inteso dare al documento, allo scopo di stabilire se ricorra la prevista destinazione occorre che questa venga ad essere in concreto attuata, mediante il comportamento concludente della produzione all’autorità giudiziaria, quale condotta consequenziale. (Fattispecie di annullamento con rinvio della decisione con cui il tribunale della libertà ha escluso la sussistenza del reato, in quanto una volta ammesso che il ricovero in clinica era stato pretestuosamente ideato, in base ad una insussistente situazione di urgenza, per sottrarsi ad un procedimento penale in corso, il tribunale avrebbe dovuto accertare se detta finalità era stata anche prevista e voluta dall’autore del falso e dai concorrenti nel reato, per cui la successiva produzione in giudizio della documentazione veniva a dare concreta rilevanza alla originaria, ancorché non esclusiva, destinazione giudiziale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1789 del 18 settembre 1998 (Cass. pen. n. 1789/1998)
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 374 bis c.p. (false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati alla autorità giudiziaria), è del tutto irrilevante che i documenti prodotti all’autorità giudiziaria siano costituiti da atti pubblici, certificati, scritture private o altro, dovendosi solo aver riguardo alla loro idoneità ad adempiere alla funzione probatoria da essi concretamente svolta. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la configurazione del reato de quo in un caso in cui era stata prodotta all’autorità giudiziaria una dichiarazione di disponibilità all’assunzione di un imputato come dipendente, da parte di un’impresa, recante la firma apocrifa del titolare di quest’ultima). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3084 del 26 settembre 1997 (Cass. pen. n. 3084/1997)
La fattispecie di cui all’art. 374 bis c.p. (false dichiarazioni od attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria) si riferisce a due specifiche attività documentative («dichiarare» e «attestare») e a due specie di documenti («certificati» ed «atti»). Con il certificato si dichiarano dati, fatti e situazioni, di cui si ha cognizione aliunde; con l’atto si attestano fatti compiuti da chi attesta o avvenuti in sua presenza ovvero dichiarazioni da lui ricevute. In entrambi i casi, l’attività è di natura documentativa. Ne consegue che nella parte in cui la consulenza tecnica di parte dichiari o attesti dati, qualità, condizioni essa ha natura certificativa o attestativa: pertanto, ove riporti in modo difforme dal vero detti dati, qualità e condizioni, ricade nella previsione della norma incriminatrice di cui all’art. 374 bis c.p. Per la parte invece nella quale la consulenza tecnica di parte svolge valutazioni e formula pareri o giudizi, detta consulenza non rientra nella previsione della norma incriminatrice dell’art. 374 bis c.p., proprio perché essa non può essere compresa nel novero dei «certificati» e degli «atti». (Nel caso di specie era stato contestato il delitto di cui all’art. 374 bis c.p. ad un medico legale, consulente tecnico di parte, per avere «redatto relazioni sanitarie nelle quali si asseriva falsamente che l’imputato era soggetto a patologia claustrofobica incompatibile con il regime carcerario». La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso del P.M. avverso il provvedimento del tribunale che, in sede di riesame di misura cautelare interdittiva, aveva escluso l’ipotizzabilità del delitto in questione in quanto al medico non era stato contestato di avere certificato dati clinici non veri o di avere attestato condizioni inesistenti, ma di avere fatto una valutazione di maggiore gravità delle condizioni morbose del soggetto esaminato e di avere tratto conseguentemente un giudizio di incompatibilità con il regime carcerario). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3446 del 5 dicembre 1995 (Cass. pen. n. 3446/1995)