Integra il reato di calunnia la condotta di colui che, pur sapendolo innocente, accusi un altro soggetto di aver reso una falsa denuncia (c.d. calunnia di calunnia), anche nel caso in cui le accuse asseritamente false da quest’ultimo formulate si rivelino, per accertamenti successivi, vere, assumendo esclusivo rilievo l’aver attribuito al calunniato un fatto non corrispondente al vero. (Fattispecie in cui la Corte, sottolineando la natura della calunnia quale reato di pericolo, ha annullato con rinvio l’assoluzione dell’imputato che, sapendoli innocenti, aveva accusato il difensore e il consulente tecnico di averlo indotto ad accusare dell’omicidio della nipote la propria figlia, poi effettivamente condannata per tale reato, rilevando l’ininfluenza di tale ultima circostanza e dovendo invece essere accertato se il predetto, nel formulare le accuse nei confronti di tali professionisti, avesse riferito o meno una circostanza falsa). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 30639 del 3 novembre 2020 (Cass. pen. n. 30639/2020)
In tema di calunnia indiretta, quando per il tenore della falsa denunzia i reati presupposti siano genericamente individuati è irrilevante che taluni di essi siano procedibili a querela, a condizione che le circostanze falsamente rappresentate siano comunque idonee a determinare l’avvio di un procedimento penale per fatti potenzialmente perseguibili d’ufficio. (Fattispecie relativa a una falsa denunzia di smarrimento di un assegno in precedenza utilizzato per estinguere un’obbligazione, potenzialmente idonea ad instaurare un procedimento penale per il reato di ricettazione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13702 del 6 maggio 2020 (Cass. pen. n. 13702/2020)
Non integra il delitto di calunnia l’utilizzo di una carta di identità falsificata, presentata allo sportello di un istituto bancario per commettere una truffa, in quanto la fattispecie di calunnia cd. reale, consistente nel simulare a carico di qualcuno le tracce di un reato, si realizza solo nell’ambito del rapporto con l’autorità giudiziaria o con altra autorità che a quella abbia l’obbligo di riferire. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 42032 del 14 ottobre 2019 (Cass. pen. n. 42032/2019)
Integra il delitto di calunnia la condotta dell’appartenente alle forze dell’ordine che redige un’annotazione di servizio con la quale riferisce la commissione di più episodi delittuosi, pur essendo consapevole della falsità di alcuni di essi. (Fattispecie in cui venivano segnalati una pluralità di episodi di cessione di stupefacenti, uno solo dei quali non veritiero). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 45821 del 10 ottobre 2018 (Cass. pen. n. 45821/2018)
Configura il delitto di calunnia la falsa incolpazione di reati procedibili a querela e questa sia stata presentata tardivamente, qualora per l’accertamento dell’insussistenza della causa di procedibilità si renda comunque necessario l’avvio del procedimento penale e lo svolgimento di accertamenti che richiedano apposite indagini. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22309 del 18 maggio 2018 (Cass. pen. n. 22309/2018)
Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia diverso e più grave di quello effettivamente commesso dalla persona incolpata, dovendo invece escludersi il reato quando il fatto sia diverso da quello accertato soltanto per modalità secondarie della sua realizzazione, che non ne modificano l’aspetto strutturale e non incidono sulla sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. (Fattispecie relativa ad una denuncia per detenzione di stupefacenti a carico di un solo soggetto, che dinanzi al giudice aveva ammesso le proprie responsabilità a titolo di concorso; in applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza di condanna). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 32673 del 24 luglio 2015 (Cass. pen. n. 32673/2015)
Il giudizio nel procedimento per reato di calunnia è del tutto autonomo rispetto a quello concernente il reato ascritto al calunniato e, pertanto, la sentenza di proscioglimento, anche se irrevocabile, pronunciata nel processo eventualmente instaurato nei confronti dell’incolpato, non fa stato in quello contro il calunniatore, nel quale è consentito al giudice di rivalutare, ai fini dell’accertamento della falsità o meno della “notitia criminis”, i fatti che hanno già formato oggetto di esame nel giudizio contro l’incolpato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 53614 del 23 dicembre 2014 (Cass. pen. n. 53614/2014)
Non sussiste il concorso apparente di norme tra il reato di calunnia e il reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico e non è, pertanto, applicabile il principio di specialità di cui all’art. 15 cod. pen., stante la diversità del fatto tipico – avuto riguardo al confronto strutturale tra le fattispecie astratte dei due reati delineate rispettivamente dall’art. 368 cod. pen. e 479 cod. pen. – costituito quanto alla calunnia dall’incolpazione di un reato e quanto al falso dall’attestazione in atto pubblico, con la conseguenza che le due fattispecie incriminatrici si pongono in rapporto di mera interferenza, essendo il falso solo uno dei possibili strumenti di calunnia. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 39822 del 25 settembre 2014 (Cass. pen. n. 39822/2014)
In tema di calunnia, non sussiste il dolo quando la falsa incolpazione consegue ad un convincimento dell’agente in ordine a profili essenzialmente valutativi o interpretativi della condotta denunciata, sempre che tale valutazione soggettiva non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato con riferimento a denuncia, sporta dal sindaco e dai componenti di una giunta comunale mediante delibera inviata alla Procura della Repubblica nella quale i medesimi avevano accusato il responsabile dell’ufficio tecnico del reato di omissione di atti d’ufficio in relazione agli obblighi nascenti da una ordinanza dello stesso sindaco, sulla base di un convincimento di cui era data ampia giustificazione nell’atto collegiale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37654 del 12 settembre 2014 (Cass. pen. n. 37654/2014)
In tema di calunnia, la prova dell’elemento soggettivo può desumersi dalle concrete circostanze e modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà di un’accusa mendace nell’ambito di una piena rappresentazione del fatto attribuito all’incolpato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per aver presentato la denuncia di smarrimento di un assegno, da lui precedentemente affidato ad altro soggetto affinchè, in sua vece, lo consegnasse ad un terzo). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10289 del 4 marzo 2014 (Cass. pen. n. 10289/2014)
Integra il delitto di calunnia la denuncia con la quale si rappresentino circostanze vere, astrattamente riconducibili ad una determinata figura criminosa, celando, però, consapevolmente la concorrenza di una causa di giustificazione. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato nella denuncia contenente un’accusa verso persone intervistate da un’emittente televisiva di aver mentito con intenzioni diffamatorie, essendo il denunciante, invece, consapevole della verità dei fatti dichiarati). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1255 del 14 gennaio 2014 (Cass. pen. n. 1255/2014)
Ai fini della configurabilità del reato di calunnia, la falsa accusa può anche realizzarsi tacendo artatamente alcuni elementi della fattispecie, così da fornire una rappresentazione del fatto fuori del suo contesto e far apparire quindi come illeciti i comportamenti realmente tenuti dall’accusato. (Fattispecie in cui l’imputato aveva denunciato un avvocato per avere incassato un assegno relativo ad un credito della sua ditta, omettendo di riferire, però, di essere stato preventivamente informato dall’avvocato che l’assegno sarebbe stato trattenuto a compensazione di crediti professionali). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22928 del 27 maggio 2013 (Cass. pen. n. 22928/2013)
In tema di calunnia, non esorbita dai limiti del diritto di difesa l’imputato che attribuisce un determinato fatto di reato ad altra persona, che pure sa innocente, soltanto per negare la propria responsabilità e ciò faccia nell’immediatezza dell’accertamento o nella sede processuale propria. (Nella specie, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di calunnia nei confronti di un soggetto che, dopo aver ricevuto una contestazione di guida senza patente, il giorno successivo si era recato presso l’ufficio dei verbalizzanti, asserendo falsamente non essere stato lui alla guida dell’auto e, quindi, accusando di falso ideologico l’estensore del verbale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15928 del 5 aprile 2013 (Cass. pen. n. 15928/2013)
Configura il delitto di calunnia l’indicazione, nel momento di acquisizione della notizia di reato e da parte del suo autore, delle generalità di altra persona effettivamente esistente, semprechè la reale identità fisica del reo non sia contestualmente ed insuperabilmente acquisita al procedimento attraverso altre modalità quali, ad esempio, rilievi dattiloscopici. (Nella specie, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di concorso in calunnia sia nei confronti dell’autore del reato di guida in stato di ebbrezza, privo di documenti, che aveva fornito ai verbalizzanti le generalità del fratello, sia del soggetto presente nell’auto che aveva confermato le false generalità). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6150 del 7 febbraio 2013 (Cass. pen. n. 6150/2013)
Integra il delitto di calunnia la condotta oggettivamente idonea a determinare l’avvio di un procedimento penale nei confronti di una persona che si sa innocente, non essendo necessario che i fatti siano esposti secondo lo schema tipico di una determinata fattispecie delittuosa, né che siano corredati dalla qualificazione giuridica appropriata. (Fattispecie relativa ad una denuncia presentata nei confronti di alcuni collaboratori di giustizia accusati di essersi accordati tra loro per rendere false dichiarazioni nei confronti di un parlamentare e di altro soggetto, in cui la S.C., nonostante il tenore letterale della denuncia avesse prospettato solo un mero accordo tra i collaboratori, ha ritenuto sussistente la calunnia, perchè l’agente, al momento della presentazione della denuncia, era consapevole del fatto che i collaboratori ingiustamente accusati avevano già reso le loro dichiarazioni all’A.G.). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 32944 del 21 agosto 2012 (Cass. pen. n. 32944/2012)
In tema di calunnia, l’erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude il dolo del denunciante, laddove vi siano state un’effettiva verifica o una corretta rappresentazione dei fatti storici su cui l’errore si è fondato, in quanto l’ingiustificata attribuzione come vero di un fatto di cui non si è accertata la realtà presuppone la certezza della sua non attribuibilità “sic et simpliciter” all’incolpato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 26819 del 9 luglio 2012 (Cass. pen. n. 26819/2012)
Integra il reato di calunnia la condotta del privato che denunci lo smarrimento di assegni bancari dopo averli consegnati in pagamento ad altro soggetto, simulando, così, ai danni del prenditore del titolo le tracce del reato di furto o di ricettazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12810 del 4 aprile 2012 (Cass. pen. n. 12810/2012)
Si configura un unico reato di calunnia nel caso in cui con un’unica denuncia taluno venga falsamente incolpato di una pluralità di reati. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31378 del 5 agosto 2011 (Cass. pen. n. 31378/2011)
Per la configurabilità del reato di calunnia è necessario che la falsa accusa possa dare adito ad un procedimento penale per un reato che non sia stato in precedenza portato a conoscenza della autorità. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 29579 del 22 luglio 2011 (Cass. pen. n. 29579/2011)
Integra il delitto di calunnia colui che predisponga maliziosamente quanto occorre perchè taluno possa essere incriminato di un determinato reato, qualora a seguito di tale comportamento venga sporta denunzia all’autorità giudiziaria da un altro soggetto tenuto a farlo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16161 del 22 aprile 2011 (Cass. pen. n. 15583/2011)
Integra la fattispecie del concorso esterno in associazione di tipo mafioso, e non quella di favoreggiamento continuato, la condotta reiterata e continuativa di rivelazione a membri del sodalizio criminale di notizie relative ad indagini svolte nei loro confronti dall’autorità. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 15583 del 19 aprile 2011 (Cass. pen. n. 15583/2011)
Non integra il delitto di calunnia l’esposizione di circostanze di fatto inidonee ad indicare taluno come colpevole di fatti costituenti reato, anche quando il soggetto attivo, sulla base dei dati prospettati all’autorità giudiziaria, manifesti l’erronea convinzione di denunciare un reato, sia pure in forma dubitativa e generica.(Fattispecie in cui un avvocato, nel patrocinare gli interessi del proprio cliente nell’ambito di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva aspramente contestato la legittimità di tale provvedimento, lamentando il “comportamento anomalo” del giudice e le “possibili illegittime connivenze” del difensore della controparte). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37795 del 25 ottobre 2010 (Cass. pen. n. 37795/2010)
Non integra il delitto di calunnia colui che al momento dell’arresto fornisce agli operanti false generalità, attribuendosi l’identità di altra persona realmente esistente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34696 del 24 settembre 2010 (Cass. pen. n. 34696/2010)
Ai fini della configurabilità del reato di calunnia – che è di pericolo – non è richiesto l’inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile; cosicché soltanto nel caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare – perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso – la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l’elemento materiale del delitto di calunnia. (Nella specie si è ritenuta configurabile la calunnia nell’esposto presentato da un avvocato nei confronti di un magistrato, accusato di palese e sistematico ostracismo verso le sue tesi difensive, e perciò implicitamente del reato di abuso di ufficio, in ordine al quale, peraltro, non era stata iniziata l’azione penale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 32325 del 26 agosto 2010 (Cass. pen. n. 32325/2010)
Il delitto di calunnia ha natura plurioffensiva, nel senso che oltre a ledere l’interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia, offende anche l’onore dell’incolpato, il quale è conseguentemente legittimato all’opposizione alla richiesta di archiviazione del relativo procedimento. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 21789 del 8 giugno 2010 (Cass. pen. n. 21789/2010)
Integra l’elemento materiale del delitto di calunnia, quale “denunzia”, anche il disconoscimento di scrittura privata nel procedimento civile, ai sensi dell’art. 214 c.p.p., quando la parte non si limiti ad esercitare tale potere in termini espliciti e formali, al fine di sottrarsi agli effetti pregiudizievoli derivanti dal riconoscimento anche tacito della scrittura prodotta, ma aggiunge incolpazioni esplicite o implicite di un reato contro la fede pubblica, tali da essere idonee ad attivare un procedimento penale nei confronti di un soggetto individuabile in base al contesto dell’atto. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7643 del 25 febbraio 2010 (Cass. pen. n. 7643/2010)
In tema di calunnia, perché possa escludersi la consapevolezza dell’innocenza del denunciato, occorre accertare che il denunciante abbia agito basandosi su circostanze di fatto non solo veritiere, ma la cui forza rappresentativa sia tale da indurre una persona di normale cultura e capacità di discernimento a ritenere la colpevolezza dell’accusato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3964 del 29 gennaio 2010 (Cass. pen. n. 3964/2010)
In tema di calunnia, la scriminante della legittima difesa non è invocabile quando la falsa denuncia di smarrimento di titoli di credito sia avvenuta per la paventata necessità di non subire gli effetti negativi di un’azione delittuosa (nel caso di specie, una truffa) di cui il denunciante sarebbe rimasto vittima. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2417 del 20 gennaio 2010 (Cass. pen. n. 2417/2010)
Ai fini della prova del delitto di calunnia è necessario che sia accertata non già la mera non verosimiglianza delle dichiarazioni con le quali altri sia incolpato di un reato, ma la sicura falsità delle stesse. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 32841 del 12 agosto 2009 (Cass. pen. n. 32841/2009)
Non sussiste il dolo del delitto di calunnia se non si ha intenzione di accusare una persona che si sa innocente, e ci si limita alla formulazione di addebiti temerari. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16645 del 17 aprile 2009 (Cass. pen. n. 16645/2009)
La falsa denuncia di smarrimento di un assegno, presentata dopo la consegna del titolo da parte del denunciante ad altro soggetto, integra il delitto di calunnia cosiddetta formale o diretta, mentre, ove la denuncia di smarrimento venga presentata prima della suddetta consegna, integra il delitto di calunnia cosiddetta reale o indiretta, a condizione, tuttavia, che risulti dimostrata la sussistenza di uno stretto e funzionale collegamento, oggettivo e soggettivo, tra la falsa denuncia e la successiva negoziazione, diversamente integrandosi il meno grave illecito di simulazione di reato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3910 del 28 gennaio 2009 (Cass. pen. n. 3910/2009)
Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia diverso e più grave di quello effettivamente commesso dalla persona incolpata. Questa condizione non si verifica allorché la diversità, non incidendo sull’essenza del fatto, riguardi soltanto modalità secondarie di realizzazione del fatto, che non ne modifichino l’aspetto strutturale e non incidano sulla sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di calunnia in relazione ad una denuncia che, pur avendo enfatizzato la dinamica dei fatti, descrivendoli nelle loro modalità esecutive in maniera particolarmente allarmante, non aveva inciso sull’essenza degli illeciti denunciati, ed in particolare sulla loro identificazione e qualificazione giuridica ). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 35339 del 15 settembre 2008 (Cass. pen. n. 35339/2008)
In tema di calunnia, ai fini dell’integrazione dell’elemento psicologico non assume alcun rilievo la forma del dolo eventuale, in quanto la formula normativa «taluno che egli sa innocente» risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell’innocenza dell’incolpato. (Fattispecie nella quale gli imputati, nel formulare una dichiarazione di ricusazione, avevano delineato una falsa accusa a carico di un magistrato, nella soggettiva, anche se oggettivamente infondata, convinzione di avere subito gli effetti negativi di una irregolare gestione della procedura esecutiva di cui erano parti). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34881 del 14 settembre 2007 (Cass. pen. n. 34881/2007)
Non è configurabile il delitto di calunnia nella condotta del titolare della potestà genitoriale su un minore, che ne denunci l’illecita sottrazione ad opera della madre naturale (che al momento del parto abbia chiesto di non comparire nella dichiarazione di nascita), in quanto l’azione della madre integra gli estremi del reato di cui all’art. 574 c.p. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini della sussistenza del reato di calunnia, che il denunciante abbia acquisito la potestà genitoriale a seguito di una procedura illecita di riconoscimento). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 21343 del 31 maggio 2007 (Cass. pen. n. 21343/2007)
In tema di calunnia, perché si realizzi il dolo, è necessario che colui che falsamente accusa un’altra persona di un reato abbia la certezza dell’innocenza dell’incolpato, in quanto l’erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude l’elemento soggettivo, da ritenere integrato solo nel caso in cui sussista una esatta corrispondenza tra momento rappresentativo (sicura conoscenza della non colpevolezza dell’accusato) e momento volitivo (intenzionalità dell’incolpazione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 17992 del 10 maggio 2007 (Cass. pen. n. 17992/2007)
Il reato di calunnia concorre con quello di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale nella propria identità (art. 495 comma terzo n. 2 c.p.), qualora il soggetto, nell’ambito di un procedimento penale a suo carico, dichiari all’autorità giudiziaria false generalità corrispondenti a quelle di una persona effettivamente esistente e tale dichiarazione abbia creato il pericolo dello svolgimento di indagini nei confronti di quest’ultima. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12847 del 29 marzo 2007 (Cass. pen. n. 12847/2007)
Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia essenzialmente diverso da quello realmente accaduto, ovvero quando al denunciato sia attribuito un reato diverso per titolo e più grave. Questa condizione non si realizza allorché la diversità, non incidendo sull’essenza del fatto, comporti soltanto la configurazione di circostanze aggravanti che non ne alterino la gravità oggettiva. (Fattispecie nella quale l’agente aveva falsamente riferito, nel denunciare un oltraggio effettivamente subito, di essere stato minacciato e la Corte ha stabilito che i profili di falsità accertati non costituivano un’effettiva, diversa gravità del fatto realmente accaduto e denunciato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2805 del 25 gennaio 2007 (Cass. pen. n. 2805/2007)
È configurabile il delitto di calunnia nella condotta di chi incolpi taluno di avere indebitamente posto all’incasso un assegno o una cambiale in spregio del patto di non farne tale uso, qualora l’accusa non risulti corrispondente alla realtà, in quanto la violazione dell’accordo di non negoziare il titolo di credito consegnato a fini di garanzia dà luogo a un’interversione del possesso della cosa che determina l’appropriazione indebita della stessa e del danaro in cui essa si converte. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 757 del 16 gennaio 2007 (Cass. pen. n. 757/2007)
Il delitto di calunnia, che è reato di pericolo per la cui integrazione è sufficiente anche la possibilità dell’inizio di un procedimento penale, non si configura quando la falsa accusa ha ad oggetto fatti per i quali l’esercizio dell’azione penale è paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità, ed in particolare dall’effetto preclusivo derivante dalla decisione irrevocabile di un precedente giudizio sugli stessi fatti. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 15559 del 4 maggio 2006 (Cass. pen. n. 24572/2005)
Non è idonea a rendere configurabile il delitto di calunnia ma solo quello di false generalità (eventualmente aggravato ove si realizzi la condizione di cui al terzo comma, n. 2, dell’art. 495 c.p.), la condotta di chi, nell’ambito di un procedimento penale a proprio carico, si attribuisca le generalità di altra persona, pur se effettivamente esistente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 24572 del 4 luglio 2005 (Cass. pen. n. 24572/2005)
In tema di calunnia, è irrilevante, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia presentata non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell’accusa sia implicitamente ma agevolmente individuabile. (Nella specie l’imputato aveva denunciato lo smarrimento o la sottrazione, a opera di ignoti, di un assegno bancario posto all’incasso, in tal modo incolpando di furto o ricettazione il beneficiario cui l’assegno era stato effettivamente consegnato dal denunciante). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 696 del 17 gennaio 2005 (Cass. pen. n. 696/2005)
Integra il delitto di calunnia la falsa denuncia di smarrimento di cambiali già sottoscritte, successiva alla loro consegna a terzi in adempimento di una obbligazione, anche in assenza di querela per i reati che eventualmente la richiedano, posto che con tale denuncia viene comunque prospettata la consumazione di delitti perseguibili di ufficio, quali il furto o la ricettazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 41960 del 27 ottobre 2004 (Cass. pen. n. 41960/2004)
Per la sussistenza del delitto di calunnia occorre che la falsa incolpazione sia portata a conoscenza della autorità giudiziaria o di altra autorità che ad essa ha l’obbligo di riferire. Ne consegue che non è configurabile il predetto reato in relazione a dichiarazioni rese da un confidente ad un ufficiale di P.G., che, in violazione dell’art. 203 c.p.p., sia stato poi costretto a rivelarne la fonte. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 39232 del 7 ottobre 2004 (Cass. pen. n. 13309/2004)
Ricorrono gli estremi del reato di calunnia quando l’imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra la sua condotta e la confutazione dell’imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere altri, di cui conosce l’innocenza, nella incolpazione, specifica e circostanziata, di un fatto concreto e da ciò derivi la possibilità di inizio di un’indagine penale da parte dell’autorità. (Nella specie, l’indagato, sospettato per il reato di omicidio, aveva affermato, in un interrogatorio reso al P.M., di avere restituito, la sera prima dell’uccisione, a persona che sapeva innocente, il possesso di un’automobile che recava tracce di un conflitto a fuoco, formulando indirettamente, in tal modo, a suo carico, la falsa accusa di omicidio. La Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato diretto ad ottenere l’applicazione dell’esimente prevista dall’art. 51 c.p. confermando che le dichiarazioni dell’imputato non avevano alcuna rilevanza ai fini del diritto di difesa). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13309 del 18 marzo 2004 (Cass. pen. n. 13309/2004)
Ai fini della configurabilità del reato di calunnia, la falsa accusa può anche realizzarsi sottacendo artatamente alcuni elementi della fattispecie, così da fornire una rappresentazione del fatto fuori del suo contesto e far apparire quindi come fatti illeciti o maggiormente lesivi di quanto essi effettivamente siano i comportamenti realmente tenuti dall’accusato. Deve quindi trattarsi di una omissione narrativa tale da influire sul reato addebitato nel senso che, in sua mancanza, il reato sarebbe escluso ovvero sarebbe di specie diversa (e meno grave) di quello che appare nel racconto. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che detta condizione non fosse riconoscibile nel solo fatto che l’imputato — al quale si addebitava di aver calunniosamente accusato alcuni appartenenti all’Arma dei Carabinieri di averlo sottoposto ad un «pestaggio», dopo averlo condotto, a seguito di un controllo, presso il loro comando — avesse taciuto di essersi trovato, nell’occasione, in stato di ubriachezza e di aver dato, all’atto del suddetto controllo, in escandescenze, colpendo uno dei militari con un pugno). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7722 del 23 febbraio 2004 (Cass. pen. n. 7722/2004)
Il delitto di calunnia si configura come reato di pericolo e, quindi, è sufficiente ad integrare l’elemento oggettivo una falsa accusa che, essendo astrattamente configurabile come notitia criminis in quanto a prima vista non manifestamente inverosimile, sia pertanto idonea all’apertura delle indagini preliminari, risultando del tutto irrilevante il fatto che le stesse si siano successivamente concluse con un decreto di archiviazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 48525 del 18 dicembre 2003 (Cass. pen. n. 48525/2003)
La presentazione di successivi atti di incolpazione, aventi ad oggetto lo stesso reato e lo stesso incolpato, integra la commissione di più reati di calunnia quando il successivo atto contenga una prospettazione che si risolva in una specificazione ed in un approfondimento della vicenda tale da costituire un apprezzabile novum rispetto alla originaria accusa. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 43018 del 11 novembre 2003 (Cass. pen. n. 43018/2003)
Integra il reato di calunnia la condotta del privato che denunci lo smarrimento di assegni bancari dopo averli consegnati in pagamento ad altro soggetto, simulando, ai danni del prenditore del titolo il reato di furto o di ricettazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37017 del 26 settembre 2003 (Cass. pen. n. 37017/2003)
Integra il reato di calunnia l’indicazione delle circostanze di fatto diverse e più gravi di quelle realmente verificatesi. (Fattispecie in cui la moglie aveva accusato il marito di non aver mai in alcun modo contribuito al mantenimento dei figli minori a partire dal 1985, epoca del divorzio, mentre invece si era accertato che i coniugi, pur formalmente divorziati, avevano continuato a vivere nella stessa abitazione, messa a disposizione dal marito, fino al 1994). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 36364 del 12 settembre 2003 (Cass. pen. n. 36364/2003)
L’ipotesi criminosa prevista dall’art. 368 c.p. (calunnia) si realizza anche quando il reato attribuito all’innocente è estinto per prescrizione al momento della denuncia. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34481 del 14 agosto 2003 (Cass. pen. n. 34481/2003)
In tema di reato di calunnia, la prospettazione di false accuse in sede di informazioni assunte dal pubblico ministero alla presenza di terzi (appartenenti alla polizia giudiziaria), quando si risolva nella mera reiterazione di precedenti dichiarazioni già rilevanti come fatti di calunnia, non determina una nuova ed autonoma violazione dell’art. 368 c.p., e neppure integra il delitto di false informazioni (art. 371 bis c.p.) o quello di diffamazione (art. 595 c.p.), posto che rispetto a tali fattispecie l’ipotesi della calunnia si pone in rapporto di specialità. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 26994 del 20 giugno 2003 (Cass. pen. n. 26994/2003)
Quando la simulazione oggettiva di un reato sia diretta a prospettare una falsa incolpazione dello stesso in danno di una persona determinata, si realizza un reato progressivo, ove il disvalore della simulazione è assorbito da quello della calunnia, e resta dunque escluso il concorso tra i due delitti. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 26114 del 18 giugno 2003 (Cass. pen. n. 26114/2003)
Risponde del reato di calunnia, e non di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, colui il quale dichiari falsamente al pubblico ufficiale lo smarrimento di un assegno, atteso che, in questo modo, accusa implicitamente il portatore del titolo di credito di essersene impossessato fraudolentemente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 26110 del 18 giugno 2003 (Cass. pen. n. 26110/2003)
Non ricorre il delitto di calunnia se i profili di falsità della denuncia sporta dal soggetto attivo non incidono sul giudizio di sussistenza del fatto e sulla relativa qualificazione giuridica, anche se da essi possa derivare l’indebita contestazione di circostanze aggravanti. (Fattispecie nella quale l’agente aveva falsamente riferito, nel denunciare lesioni effettivamente subite, che le stesse erano state provocate mediante un coltello, del quale in realtà il denunciato non aveva fatto uso). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 25901 del 16 giugno 2003 (Cass. pen. n. 25901/2003)
Il dolo nel delitto di calunnia va escluso nel caso in cui un soggetto si limiti a riferire obiettivamente e fedelmente notizie apprese dalla voce pubblica o di pubblico dominio, tra cui vanno certamente comprese le risultanze di indagini eventualmente conosciute, purché non si aggiungano altre circostanze ed elementi personali che immutino i fatti riferiti in modo consapevolmente difforme dal vero. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 20955 del 12 maggio 2003 (Cass. pen. n. 20955/2003)
Nel caso di arresto in flagranza di reato, non integra il delitto di calunnia rendere false generalità, atteso che tale condotta della persona arrestata non è idonea a determinare l’avvio di indagini o il promuovimento dell’azione penale nei confronti di detta persona. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 18364 del 17 aprile 2003 (Cass. pen. n. 18364/2003)
La calunnia è reato di pericolo e pur essendo sufficiente ad integrarne gli estremi anche la astratta possibilità dell’inizio di un procedimento penale, tale possibilità è esclusa quando la falsa accusa abbia ad oggetto un reato per il quale difetti con immediata evidenza la condizione di procedibilità prevista per l’esercizio dell’azione penale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 18359 del 17 aprile 2003 (Cass. pen. n. 18359/2003)
In tema di calunnia (art. 368 c.p.), la falsa attribuzione di un fatto costituente reato integra l’elemento materiale della fattispecie criminosa, e come tale deve essere apprezzata con riferimento al momento consumativo, non influendo in ordine alla sussistenza della fattispecie modifiche legislative incidenti sulla definizione del reato presupposto, che nulla hanno a che vedere con il principio stabilito dall’art. 2 c.p. (Fattispecie in cui i reati presupposto del delitto di calunnia configuravano un abuso d’ufficio e un interesse privato in atti d’ufficio, delitti entrambi modificati dalla L. 234/1997). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14352 del 27 marzo 2003 (Cass. pen. n. 14352/2003)
Integra il delitto di calunnia la condotta dell’imputato che non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico ma rivolga all’accusatore, di cui conosce l’innocenza, accuse specifiche e idonee a determinare la possibilità dell’inizio di un’indagine penale nei suoi confronti, in quanto non ricorrono le condizioni richieste perché si configuri il legittimo esercizio del diritto di difesa e quindi la causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9929 del 4 marzo 2003 (Cass. pen. n. 9929/2003)
In tema di calunnia, va esclusa la ricorrenza dell’elemento materiale del reato quando venga denunciato un fatto accaduto realmente ma non riconducibile ad alcuna previsione criminosa, nonostante l’eventuale qualificazione propostane dal denunciante con riguardo ad una fattispecie di reato, posto che manca in tali casi un’alterazione della realtà suscettibile di determinare l’indebita incolpazione dell’accusato. (Fattispecie nella quale era stata denunciata, con corredo di documentazione fotografica, la commercializzazione di prodotti con segni mendaci; in motivazione la Corte ha posto in luce la produzione da parte dello stesso denunciante degli elementi di fatto utilizzabili dal giudice per escludere nel procedimento a carico del preteso calunniato la effettiva somiglianza dei marchi quale presupposto della frode sulla provenienza del prodotto). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1638 del 15 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 1638/2003)
Il privato che presenti una falsa denuncia di smarrimento di un assegno firmato in bianco e negoziato a favore di una ben individuata persona non risponde del delitto di simulazione di reato, ma bensì del delitto di calunnia in danno del soggetto negoziatore del titolo di credito. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 38814 del 19 novembre 2002 (Cass. pen. n. 38814/2002)
In tema di calunnia, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell’accusa sia implicitamente, ma agevolmente individuabile, integra il delitto una falsa denuncia di smarrimento di un assegno, la quale, sebbene non contenga una notizia di reato, preavverte l’autorità che la riceve su possibili reati commessi da chi verrà scoperto a detenerlo. La falsa denuncia costituisce, in tal caso, l’espediente per bloccare la circolazione del titolo e il denunziante è consapevole di simulare una circostanza idonea a far sì che il soggetto, al quale ha trasmesso l’assegno e che in buona fede lo girerà o lo porrà all’incasso, potrà essere perseguito d’ufficio per furto aggravato o per ricettazione e che la simulazione posta in essere non si esaurisce in tracce del reato di appropriazione di cosa smarrita. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 33556 del 8 ottobre 2002 (Cass. pen. n. 33556/2002)
In tema di calunnia, l’accusa della commissione di un reato può essere formulata in qualunque atto rivolto ad una pubblica autorità che sia tenuta, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., a denunciare all’autorità giudiziaria la notizia di reati perseguibili d’ufficio, e non soltanto attraverso una denuncia al giudice penale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile l’elemento oggettivo della calunnia nel contenuto di una istanza di ricusazione di alcuni giudici di procedure esecutive presso il tribunale di Torino, accusati di plurime condotte di favoreggiamento della controparte, istanza che era stata ritualmente trasmessa al pubblico ministero per l’esercizio dell’azione penale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 30297 del 10 settembre 2002 (Cass. pen. n. 30297/2002)
Non integra il delitto di calunnia (art. 368 c.p.) la condotta di colui il quale denunci un fatto realmente accaduto, qualificato con un preciso nomen iuris, ma non corrispondente ad alcuna fattispecie astratta di reato, atteso che nell’azione indicata difetta l’alterazione, in tutto o in parte, della verità, dalla quale possa derivare l’incolpazione per il denunciato, non avendo rilievo che il denunciante si sia proposto di provocare l’apertura di un procedimento penale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 33855 del 18 settembre 2001 (Cass. pen. n. 33855/2001)
Premesso che nel delitto di calunnia l’incolpazione del soggetto può essere anche di tipo indiretto, può cioè riguardare una persona che, pur non espressamente indicata, sia tuttavia individuabile in modo implicito ma inequivoco, sussiste il reato de quo qualora taluno, dopo aver legittimamente consegnato un assegno ad estinzione di un debito, sporga, successivamente, una falsa denunzia di smarrimento dello stesso titolo di credito, in quanto tale comportamento simula a carico del prenditore, facilmente individuabile ed unico soggetto in grado di commetterli, reati quali il furto (all’epoca dei fatti perseguibile d’ufficio) o la ricettazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22636 del 1 giugno 2001 (Cass. pen. n. 10150/2000)
Nel delitto di calunnia il dolo non è integrato dalla mera coscienza e volontà della denuncia, ma richiede, da parte dell’agente, l’immanente consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato, non ravvisabile nei casi di dubbio o di errore ragionevole. Ne deriva che, escluso il dolo nell’autore della calunnia, il fatto non può ritenersi offensivo dell’interesse tutelato dalla norma penale, atteso che il nocumento di tale interesse, attinente al pericolo di deviazioni nell’amministrazione della giustizia, è correlato dalla norma non già a qualsiasi denuncia che risulti in prosieguo infondata, ma ad una incolpazione orientata a procurare siffatta deviazione in forza della consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10150 del 26 settembre 2000 (Cass. pen. n. 10150/2000)
In tema di calunnia, perché sia integrato il dolo occorre che colui che formula la fasa accusa abbia la certezza della innocenza dell’incolpato. Ne deriva che la erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude l’elemento soggettivo del reato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9853 del 19 settembre 2000 (Cass. pen. n. 9853/2000)
L’assunzione da parte del colpevole di un reato delle generalità di altra persona effettivamente esistente, dopo che egli sia stato arrestato, non integra il delitto di calunnia, di cui all’art. 369 c.p., perché in tal caso non si verifica alcun pericolo di avvio delle indagini e di promovimento dell’azione penale nei confronti dell’altra persona. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8769 del 2 agosto 2000 (Cass. pen. n. 8769/2000)
Per la configurabilità del reato di calunnia non è indispensabile un’espressa attribuzione di fatti costituenti reato a carico di una persona attraverso una formale denuncia, essendo sufficiente che l’agente porti a conoscenza dell’autorità giudiziaria o di altra autorità che ad essa ha l’obbligo di riferire, con malizia, notizie, assertivamente apprese da altri o di pubblico dominio, su circostanze di fatto idonee a fare individuare taluno come colpevole di un reato che non ha commesso. (Nella specie, è stata ritenuta configurabile la calunnia nel comportamento di un magistrato che, invitato da ispettori ministeriali a esporre fatti a sua conoscenza sul conto di colleghi, si era riferito a «voci» correnti nella cittadina, confermandone l’attendibilità con significativi commenti sul tenore di vita di detti colleghi, sulla consistenza dei loro patrimoni e sulla contiguità ad ambienti politici, circa il compimento da parte di costoro di fatti costituenti reato, rivelatisi inesistenti alla stregua delle risultanze dell’ispezione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6574 del 2 giugno 2000 (Cass. pen. n. 6574/2000)
Il reato di calunnia è integrato anche qualora la responsabilità penale di un terzo sia maliziosamente prospettata in forma dubitativa e anche riferendo informazioni apprese da altri, sempre che il denunciante sia consapevole della innocenza di chi viene indicato come possibile reo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3489 del 17 marzo 2000 (Cass. pen. n. 3489/2000)
La calunnia è reato istantaneo, la cui consumazione si esaurisce con la comunicazione all’autorità di una falsa incolpazione a carico di persona che si sa essere innocente. Le eventuali, successive dichiarazioni di conferma — senza sostanziali aggiunte o variazioni che comportino nuove o diverse incriminazioni — non possono considerarsi ulteriori violazioni della stessa norma. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9961 del 5 agosto 1999 (Cass. pen. n. 9961/1999)
In tema di calunnia, la falsa attribuzione di un fatto costituente reato è un elemento materiale della fattispecie e come tale va apprezzato al momento consumativo, senza che sulla configurabilità del reato possano influire modifiche legislative incidenti sulla definizione del reato presupposto, che nulla hanno a che vedere con il principio stabilito dall’art. 2 c.p. (Fattispecie in cui il reato falsamente attribuito configurava un abuso di ufficio ex art. 323 c.p., per il quale dal ricorrente era stata invocata la modifica introdotta dalla legge n. 234 del 1997 e, in relazione a tale evento, il sopravvenuto venir meno della punibilità della contestata calunnia).
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Nel caso di calunnia indiretta o reale, di cui alla seconda ipotesi del comma primo dell’art. 368 c.p., che si consuma con la simulazione delle tracce di un reato a carico del soggetto passivo, è ipotizzabile il tentativo, come quando l’agente sia sorpreso nell’atto della simulazione o comunque quando questa non sia portata a compimento per fatto indipendente dalla volontà dell’agente, trattandosi di condotta diretta alla commissione del reato di calunnia e connotata dei requisiti della idoneità e univocità. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8827 del 9 luglio 1999 (Cass. pen. n. 8827/1999)
In tema di calunnia, la semplice conferma, da parte di taluno, della denuncia calunniosa già sporta da un altro non dà luogo a responsabilità penale per il medesimo reato, né in via autonoma né a titolo di concorso. Tale principio, tuttavia, non opera allorquando la successiva denuncia abbia per oggetto un fatto specifico, ben inquadrato nei suoi particolari oggettivi e soggettivi e non rapportabile, ictu oculi, al fatto o ai fatti di cui alla denuncia precedente (nella specie, è stato quindi ritenuto configurabile il reato di calunnia a carico di soggetto il quale, in presenza di precedente denuncia presentata dal di lui padre per l’asserito «furto di numerosi assegni», ne aveva presentata un’altra per furto o appropriazione indebita di un assegno ben individuato, fra quelli in precedenza solo genericamente indicati). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8183 del 24 giugno 1999 (Cass. pen. n. 4068/1999)
In tema di calunnia, è irrilevante, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia presentata non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell’accusa sia implicitamente ma agevolmente individuabile (nella specie l’imputato aveva denunciato lo smarrimento o la sottrazione a opera di ignoti di un assegno bancario posto all’incasso, in tal modo incolpando di furto o ricettazione il beneficiario cui l’assegno era stato effettivamente consegnato dal denunciante in pagamento di merci). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4068 del 30 marzo 1999 (Cass. pen. n. 4068/1999)
Nel delitto di calunnia lo Stato assume la posizione di soggetto passivo primario ma non esclusivo, giacché l’offesa colpisce anche l’onore dell’incolpato, bene proprio del privato, tutelato dalla stessa norma. E poiché nel caso del delitto in questione vi è immedesimazione nella stessa persona delle due posizioni di «danneggiato» e di «offeso dal reato», consegue che il calunniato denunciante ha diritto di ottenere, quale persona offesa, la notificazione dell’avviso della richiesta di archiviazione da parte del P.M. al Gip, se ne abbia fatto richiesta. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3507 del 11 dicembre 1998 (Cass. pen. n. 3507/1998)
Ricorrono gli estremi del reato di calunnia quando l’imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra la sua condotta e la confutazione dell’imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere altri, di cui conosce l’innocenza, nella incolpazione, specifica e circostanziata, di un fatto concreto e da ciò derivi la possibilità di inizio di un’indagine penale da parte dell’autorità. (Nella specie, l’indagato, sospettato per il reato di omicidio, aveva affermato, in un interrogatorio reso al P.M., di avere restituito, la sera prima dell’uccisione, a persona che sapeva innocente, il possesso di un’automobile che recava tracce di un conflitto a fuoco, formulando indirettamente, in tal modo, a suo carico, la falsa accusa di omicidio. La Cassazione, ha riformato la sentenza dei giudici di merito, che avevano ritenuto le dichiarazioni non esorbitanti dal diritto di difesa, affermando, invece, la sussistenza del reato di calunnia). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5574 del 13 maggio 1998 (Cass. pen. n. 5574/1998)
In tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, nel corso del procedimento instaurato a suo carico l’imputato può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli ed in tal caso l’accusa di calunnia, implicita in tale condotta, integra legittimo esercizio del diritto di difesa e si sottrae perciò alla sfera di punibilità penale in applicazione della causa di giustificazione prevista dall’art. 51 c.p. Quando però l’imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra tale sua condotta e la confutazione dell’imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l’accusatore — di cui pure conosce l’innocenza — nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto, sicché da ciò derivi la possibilità dell’inizio di una indagine penale da parte dell’autorità, si è al di fuori del mero esercizio del diritto di difesa e si realizzano, a carico dell’agente, tutti gli elementi costitutivi del delitto di calunnia. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1333 del 4 febbraio 1998 (Cass. pen. n. 1333/1998)
Ai fini della configurazione del delitto di calunnia non è richiesta una denunzia in senso formale contenente l’addebito specifico di una determinata fattispecie criminosa ma è sufficiente anche una semplice insinuazione a carico di persona, che si sa innocente, di fatti dai quali si possa desumere l’esistenza di un reato. Peraltro l’elemento materiale del delitto consiste nell’incolpare falsamente taluno di un reato, di un fatto cioè che alla stregua della prospettazione fattane dall’agente corrisponda in ogni suo estremo ad una ben determinata fattispecie legale di delitto o di contravvenzione, di guisa che non si può ravvisare il delitto di calunnia nel fatto di colui che, denunziandola all’autorità giudiziaria o ad altra che a questa abbia obbligo di riferire, attribuisca ad una persona una condotta non corrispondente ad alcuna fattispecie legale di reato e tanto finanche quando il denunziante abbia dato un preciso nomen juris al fatto addebitato all’incolpato e si sia proposto di provocare l’apertura di un procedimento penale nei suoi confronti. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10125 del 10 novembre 1997 (Cass. pen. n. 10125/1997)
La calunnia (art. 368 c.p.) è reato di pericolo, e ad integrarne gli estremi è sufficiente la anche astratta possibilità dell’inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata. Una possibilità del genere è esclusa soltanto nella ipotesi in cui la falsa accusa abbia ad oggetto fatti manifestamente e a prima vista inverosimili, sì che l’accertamento della sua infondatezza non abbisogni di alcuna indagine; ovvero quando l’esercizio dell’azione penale sia paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità, purché tale difetto sia a sua volta evidente ed escluda immediatamente la possibilità di un seguito alla notizia di reato. Ciò non avviene quando la causa di improcedibilità emerga da un accertamento che postuli più o meno complesse indagini. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2715 del 21 marzo 1997 (Cass. pen. n. 2715/1997)
In tema di calunnia, anche il dubbio nella responsabilità della persona nei confronti della quale vengono rivolte le false accuse vale ad escludere il dolo, ma tale situazione comporta l’assoluzione dell’imputato con la formula «il fatto non costituisce reato».
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Stante il carattere istantaneo del delitto di calunnia, che si consuma nel momento in cui la falsa incolpazione viene comunicata all’autorità, determinando così la possibilità di inizio dell’esame penale a carico di persona innocente, le eventuali successive dichiarazioni di conferma da parte dell’agente non possono considerarsi come nuova violazione della stessa disposizione di legge ai fini dell’applicabilità della continuazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1126 del 6 febbraio 1997 (Cass. pen. n. 1126/1997)
Il privato che dichiari falsamente al pubblico ufficiale lo smarrimento di un assegno non risponde del delitto di falsità ideologica commessa da privati in atto pubblico, ma, in quanto accusa implicitamente il portatore di essersi fraudolentemente procurato il titolo, risponde di calunnia. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10683 del 12 dicembre 1996 (Cass. pen. n. 10683/1996)
Non è consentito dedurre in modo automatico la sussistenza della calunnia a carico dell’accusatore dall’intervenuto proscioglimento nel merito per il reato di cui un soggetto era stato coscientemente incolpato e il giudicato, sia pure definitivo, rispetto al reato oggetto di incolpazione deve essere valutato autonomamente e liberamente nel giudizio per la calunnia. Non esiste infatti nell’ordinamento processuale nessuna disciplina in ordine alla efficacia del giudicato nell’ambito di un altro procedimento penale, a differenza di quanto avviene per i rapporti fra il giudizio civile, amministrativo e disciplinare, mentre l’art. 238 bis c.p.p. consente l’acquisizione in dibattimento di sentenze divenute irrevocabili, ma dispone che siano valutate a norma degli artt. 197 e 192 comma 3. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5513 del 4 giugno 1996 (Cass. pen. n. 5513/1996)
La nullità dell’interrogatorio non inficia la sostanza delle dichiarazioni rese e quindi non esclude il delitto di calunnia quando le dichiarazioni stesse, per il loro tenore e l’organo che le abbia ricevute, siano idonee a costituire la falsa incolpazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5343 del 28 maggio 1996 (Cass. pen. n. 5343/1996)
Requisito necessario per la sussistenza del delitto di calunnia è l’idoneità della falsa denuncia a determinare l’inizio di un procedimento penale o, comunque, di indagini da parte dell’autorità giudiziaria nei confronti del denunciato. Il reato di calunnia, pertanto, non è configurabile allorché l’incolpazione si profili immediatamente con carattere di inverosimiglianza, caratteristica subito verificabile quando è riferibile (come nel caso di specie) a documentazione già in possesso dell’autorità giudiziaria, relativamente alla quale il denunziante si limiti a fornire spunti interrogativi, sia pure infondati, nel quadro di una attività difensiva di indagato. (Nella specie risultava dalla semplice lettura dell’atto di denuncia che l’intento del denunciante era quello di contestare vivacemente le indagini a suo carico, evidenziando la superficialità della condotta dell’ufficiale di polizia giudiziaria, che egli incolpava di aver dato acritica adozione alla tesi della persona che aveva presentato denunce contro l’esponente, ed inoltre alcune lacune nelle indagini, eccesso di zelo nella richiesta di provvedimenti cautelari, incapacità nello svolgimento delle funzioni di polizia). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3983 del 17 aprile 1996 (Cass. pen. n. 3983/1996)
Il delitto di calunnia può essere commesso non solo nella forma diretta, cioè attraverso una denuncia presentata all’autorità giudiziaria, ma anche in forma indiretta, cioè attraverso una segnalazione del fatto-reato a un’altra autorità che a quella giudiziaria ha l’obbligo di riferire; ed è configurabile non solo quando si riferiscono fatti dei quali si assume di aver avuto una diretta percezione, ma anche allorquando si rappresentano quei fatti come oggetto di altrui conoscenze o addirittura predisponendo maliziosamente quanto sia sufficiente perché possa profilarsi la necessità di avviare determinate indagini nei confronti di soggetti della cui innocenza si è così certi da dover ricorrere all’artificiosa creazione della prova della loro responsabilità. (Fattispecie nella quale il ricorrente, nel quale doveva identificarsi la fonte di una notizia calunniosa fatta pervenire ai servizi di sicurezza, lamentava l’impossibilità di configurare a suo carico il delitto di cui all’art. 368 c.p., sul rilievo — ritenuto, peraltro, corretto dalla S.C. — che, a norma dell’art. 9, comma terzo, della legge 24 ottobre 1977 n. 801, soltanto i direttori dei servizi di sicurezza, e non altri, sono obbligati a fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativi ai fatti configurabili come reato). Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 2110 del 23 febbraio 1996 (Cass. pen. n. 2110/1996)
La calunnia è reato formale ed istantaneo che si consuma nel momento in cui viene presentata la denuncia all’autorità giudiziaria ovvero ad autorità che a quella abbia obbligo di riferire. La ritrattazione, pertanto, non impedendo il perfezionamento del reato, è inidonea a farlo degradare all’ipotesi di delitto tentato e, parallelamente a configurare recesso attivo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10896 del 3 novembre 1995 (Cass. pen. n. 10896/1995)
In tema di calunnia, il concorso nel reato non è escluso ove sussistano discrepanze fra le versioni dei concorrenti, trattandosi di eventualità che si verifica frequentemente nei casi di accuse sostenute da correi, specie se non concordate da vicino. (Fattispecie nella quale la ricorrente aveva svolto attività istigatoria nei confronti del coimputato, inducendo quest’ultimo ad inviare falsi memoriali ed approvandone poi l’operato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9903 del 27 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9903/1995)
Sussiste un unico reato di calunnia anche quando, con una sola denuncia calunniosa, taluno è incolpato di una pluralità di reati. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9340 del 5 settembre 1995 (Cass. pen. n. 7932/1995)
Il delitto di calunnia si può commettere anche riferendo ciò che si è appreso da altri ovvero voci o maldicenze correnti, qualora il denunciante abbia la coscienza che l’incolpato non ha commesso il fatto: in tale ipotesi l’elemento psicologico del delitto ne esce addirittura rafforzato, per l’effetto di maggiore credibilità attribuibile alla falsa accusa da parte di chi riceve la denuncia. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7932 del 18 luglio 1995 (Cass. pen. n. 7932/1995)
Nel delitto di calunnia il dolo non è integrato dalla coscienza e volontà della denuncia, ma richiede l’immanente consapevolezza da parte dell’agente dell’innocenza dell’incolpato, consapevolezza non ravvisabile nei casi di dubbio o di errore ragionevole. Pertanto, escluso il dolo nell’autore della calunnia, il fatto stesso non può ritenersi offensivo dell’interesse tutelato dalla norma penale. Difatti, il nocumento di tale interesse, attinente al pericolo di deviazioni nell’amministrazione della giustizia, è correlato alla norma non già a qualsiasi denuncia che risulti in prosieguo infondata, ma ad una incolpazione orientata a procurare siffatta deviazione in forza della consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato. Ove l’autore della pretesa calunnia sia stato assolto proprio a cagione del dubbio sulla consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato e, quindi, in forza di una non risolvibile equivocità relativa alla sussistenza della coscienza e volontà di recare offesa all’interesse tutelato, non può ritenersi, all’opposto, colpevole colui al quale sia riferita la mera partecipazione al delitto ipotizzato, sulla base della ritenuta consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato e, quindi, della volontà di determinare l’inizio a suo carico di indagini e di dar luogo ad eventuali esiti processuali. Tale partecipazione anche soggettiva può risultare apprezzabile penalmente soltanto ove coincidente con analogo stato soggettivo di colui che è stato l’autore del fatto-reato previsto dall’art. 368 c.p. (Nella fattispecie la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna di un avvocato, in qualità di concorrente, partecipe-istigatore, del delitto di calunnia, mentre era stato assolto l’autore materiale della denuncia calunniosa per mancanza di prova sulla sussistenza del dolo). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6990 del 17 giugno 1995 (Cass. pen. n. 6990/1995)
La nullità per violazione del diritto di difesa di un interrogatorio in cui un imputato (o indagato) abbia mosso accuse calunniose a carico di un terzo, preclude che dell’interrogatorio si tenga conto in quanto tale e cioè come atto tipico di contestazione del reato per cui si procede a carico dell’imputato stesso, ma non toglie validità ed efficacia all’atto per la parte per cui esso non ha valore di interrogatorio ma di denuncia di reato — se del caso calunniosa — nei confronti del terzo estraneo. La nullità dell’atto come interrogatorio non può, infatti, sopprimere il dato storico della notitia criminis falsamente denunciata che ha una sua autonomia concettuale, essendo ius receptum che il diritto dell’imputato di respingere da sé l’accusa e se del caso di mentire (ius defendendi) non si estende fino a giustificare le false accuse a carico di persone innocenti. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9307 del 26 agosto 1994 (Cass. pen. n. 9307/1994)
La sola denuncia di un fatto realmente accaduto, che non contenga gli estremi di un reato, di per sé non costituisce calunnia, essendo necessario, perché questo reato possa configurarsi, l’alterazione in tutto o in parte della verità dalla quale possa derivare incolpazione per il denunciato. Né tale incolpazione deve nascere dalla qualificazione giuridica data ai fatti dal denunciante, ma deve essere contenuta negli elementi portati a conoscenza dell’autorità giudiziaria o di organi che abbiano obbligo di riferire a questa. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11013 del 30 novembre 1993 (Cass. pen. n. 11013/1993)
La ratio dell’incriminazione del fatto previsto dall’art. 368 c.p. risiede nella necessità di scongiurare il pericolo, anche se lieve o remoto, che si proceda a carico di un soggetto per un reato che egli non abbia commesso. Di conseguenza integra l’elemento materiale del reato in esame qualunque deposizione calunniosa, che non si manifesti infondata o inverosimile sulla base del suo stesso contenuto. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3040 del 26 marzo 1993 (Cass. pen. n. 3040/1993)
In materia di calunnia, il termine «denuncia» di cui all’art. 368 c.p. va inteso nel senso di informazione contenente fatti criminosi, idonea a attivare un procedimento penale. Ne consegue che costituisce «denuncia» anche il disconoscimento di scrittura privata nel procedimento civile, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., quando la parte non si limiti ad esercitare tale potere in termini espliciti e formali, al fine di sottrarsi agli effetti pregiudizievoli derivanti dal riconoscimento anche tacito della scrittura prodotta, ma aggiunge incolpazioni esplicite o implicite di un reato contro la fede pubblica, tali da essere idonee ad attivare un procedimento penale contro persona indicata o determinabile dal testo dell’atto. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1974 del 3 marzo 1993 (Cass. pen. n. 10570/1992)
In caso di falsa incolpazione di più soggetti innocenti con unica denuncia, si configurano tanti distinti reati di calunnia, unificati ai sensi dell’art. 81 primo comma c.p., quanti sono gli incolpati. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10570 del 3 novembre 1992 (Cass. pen. n. 10570/1992)
Poiché il principale bene tutelato dall’art. 368 c.p. è il corretto funzionamento della giustizia, che viene comunque ad essere turbato, anche quando venga attribuito all’incolpato un reato diverso da quello da lui effettivamente commesso, indipendentemente dalla diversa gravità o meno dell’uno rispetto all’altro, deve ritenersi configurabile il delitto di calunnia anche a carico di chi, avendo subito un reato di estorsione, denunzi il responsabile per il diverso reato di rapina. (Nella specie si trattava di estorsione seguita a un rapporto omosessuale, che la vittima aveva inteso, per vergogna, tenere nascosto). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10361 del 29 ottobre 1992 (Cass. pen. n. 10361/1992)
Per ritenere insussistente l’elemento psicologico del reato di calunnia è necessario che il convincimento della colpevolezza del denunciato, anche se erroneo, sia fondato su elementi seri e concreti e non su mere congetture o supposizioni.
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Perché venga integrato l’elemento soggettivo del reato di calunnia nessun rilievo assumono — almeno in linea di massima — i motivi a delinquere. I detti motivi, peraltro, possono acquistare valore sintomatico ai fini della valutazione della prova dell’elemento soggettivo di tale reato. (Nella specie, trattandosi di falsa denuncia proveniente da persona esperta di diritto, la Suprema Corte ha osservato che, ai fini della prova, l’analisi dei motivi a delinquere può assumere rilievo decisivo, per la possibilità che il colpevole si precostituisca una via di uscita allo scopo di sfuggire a responsabilità penale, così da prospettare ragioni diverse da quelle normalmente conseguenti ad una falsa incolpazione).
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Perché venga realizzato l’elemento oggettivo del reato di calunnia non è necessario che l’agente delinei i contorni, più o meno precisi, di una fattispecie penalmente rilevante, indicandone anche l’esatto nomen juris, ma è sufficiente che siano portate a conoscenza dell’autorità giudiziaria circostanze di fatto idonee ad integrare un’ipotesi di reato. Spetta, infatti, all’autorità giudiziaria — in primo luogo al pubblico ministero e quindi al giudice — individuare l’esatto inquadramento giuridico dei fatti portati al suo giudizio. Quale possa essere, poi, la qualificazione ad opera del giudice del reato denunciato — anche se in contrasto con la qualificazione adottata dal pubblico ministero — rimane ferma la condotta, essenziale al delitto di calunnia, consistente nell’aver portato a conoscenza dell’autorità giudiziaria o di altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, circostanze idonee ad indicare taluno come colpevole di un fatto costituente reato in forme tali da rendere possibile (ciò è sufficiente, integrando la calunnia una fattispecie di reato di pericolo) l’espletamento delle indagini. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2389 del 14 ottobre 1992 (Cass. pen. n. 2389/1992)
In tema di calunnia, e con riguardo all’elemento soggettivo del reato, la certezza dell’innocenza dell’incolpato costituisce l’essenza del dolo e deve essere piena e assoluta nel momento in cui l’incolpazione ha luogo. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8411 del 28 luglio 1992 (Cass. pen. n. 8142/1992)
Il delitto di calunnia si configura come reato di pericolo e, quindi, è sufficiente, per la sua integrazione, la possibilità che l’autorità giudiziaria dia inizio al procedimento per accertare il reato incolpato con danno per il normale funzionamento della giustizia. Ne consegue che il delitto deve escludersi soltanto quando il reato incolpato sia perseguibile a querela di parte e questa non sia stata presentata, mentre ne va affermata la sussistenza quando il fatto oggetto dell’incolpazione non costituisca più reato o diventi perseguibile a querela per sopravvenuta innovazione legislativa, ovvero risulti coperto da una causa estintiva, come la prescrizione e l’amnistia. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8142 del 22 luglio 1992 (Cass. pen. n. 8142/1992)
In tema di calunnia, qualora risulti dimostrato il convincimento, ancorché erroneo o dubitativo, dell’accusatore, in ordine alla colpevolezza degli accusati, deve pronunziarsi il proscioglimento del predetto con la più ampia formula liberatoria. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7441 del 26 giugno 1992 (Cass. pen. n. 7441/1992)
Il delitto di calunnia sussiste anche quando l’incolpazione venga formulata attraverso la simulazione a carico di una persona, non specificamente indicata ma identificabile, delle tracce di un determinato reato — nella forma, cioè, della incolpazione cosiddetta reale o indiretta — purché la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti all’inizio dell’azione penale nei confronti di un soggetto univocamente e agevolmente identificabile. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto sussistente l’elemento materiale del reato previsto dall’art. 368 c.p. nella denuncia di smarrimento di un assegno preordinata a far convergere su una persona identificabile l’accusa del reato di furto o di ricettazione). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3784 del 2 aprile 1992 (Cass. pen. n. 3784/1992)
L’incolpazione implicita integra il delitto di calunnia allorché dal suo tenore e dal contesto delle circostanze in cui viene formulata emerga la volontaria attribuzione di un fatto costituente reato a carico di persona che si sa innocente, che sebbene non indicata nella sua precisa individuazione sia peraltro determinabile sulla base degli elementi contenuti nella dichiarazione accusatoria o a questa agevolmente riferibili. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1743 del 18 febbraio 1992 (Cass. pen. n. 1743/1992)
In tema di calunnia, l’individuazione del richiesto dolo generico — cioè la consapevolezza da parte del denunciante dell’innocenza del calunniato, che è coscienza della lesività concreta del fatto attribuito all’incolpato — è evidenziato, di norma, dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l’azione criminosa, dalle quali, con processo logico deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto. Il problema dell’accertamento del dolo consiste, quindi, nella considerazione e nella valutazione delle circostanze e delle modalità della condotta, che sono espressione dell’atteggiamento psichico dell’agente ed indicative della esistenza di una rappresentazione e di una voluta motivazione del fatto. Ne deriva che la motivazione in ordine alla sussistenza del dolo si immedesima con l’accertamento di quelle circostanze che evidenziano la cosciente volontà della condotta dell’agente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8722 del 6 agosto 1991 (Cass. pen. n. 8722/1991)
Per la sussistenza del delitto di calunnia è necessaria la dimostrazione che l’imputato abbia acquisito la certezza dell’innocenza dell’incolpato. Di conseguenza, non può essere addebitato tale delitto allorché sussistano elementi tali da far sorgere, nell’animo del denunciante, anche soltanto ragionevoli dubbi in ordine alla colpevolezza di colui nei cui confronti la denuncia è diretta. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13349 del 11 ottobre 1990 (Cass. pen. n. 13349/1990)
Nel reato di calunnia il convincimento della colpevolezza del denunciato esclude l’elemento psicologico del reato se esso, anche se erroneo, si basa su elementi seri e concreti e non su semplici supposizioni. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3127 del 3 marzo 1990 (Cass. pen. n. 3062/1990)
Per la sussistenza dell’elemento materiale nel reato di calunnia, è sufficiente che siano portate a conoscenza dell’autorità giudiziaria circostanze di fatto idonee ad indicare taluno come colpevole di fatti costituenti reato da lui non commessi, poiché ciò che ha rilievo è che siano riferiti determinati fatti o comportamenti la cui valutazione — in ordine all’identificazione dei reati eventualmente configurabili e all’idoneità della denuncia a determinare indagini giudiziarie — va effettuata, con criterio oggettivo, dall’autorità giudiziaria. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3062 del 3 marzo 1990 (Cass. pen. n. 3062/1990)
Per il delitto di calunnia, non può mai essere concessa l’attenuante di cui all’art. 62, n. 2 del c.p., quale che sia stata la finalità perseguita dal reo, posto che l’ordinamento giuridico non può ammettere o riconoscere alcuna positiva valenza alla falsa incolpazione di un innocente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3025 del 3 marzo 1990 (Cass. pen. n. 16644/1989)
Non sussiste il reato di calunnia se la falsa incolpazione concerne un reato punibile a querela di parte e tale atto non sia stato ritualmente proposto. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16644 del 28 novembre 1989 (Cass. pen. n. 16644/1989)
L’elemento psicologico del reato di calunnia è costituito dal dolo generico, e cioè dalla consapevolezza del denunciante della innocenza del calunniato, né vale addurre, per escludere l’elemento psicologico del predetto reato, il fatto che l’agente sia caratterizzato da inettitudine e dabbenaggine. A tali condizioni psico-attitudinali, seppure ad esse possa corrispondere un minore coefficiente psichico in relazione al concreto sviluppo del soggetto, non può riconoscersi alcuna incidenza sulla imputabilità, non realizzando una situazione patologica tale da alterare i processi della intelligenza e della volontà giuridicamente rilevante. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15550 del 11 novembre 1989 (Cass. pen. n. 15550/1989)
In tema di sussistenza del reato di calunnia, colui il quale sottoscrive un assegno, conoscendone la provenienza da delitto, con il nome di una persona vivente, simula a carico di essa le tracce di reati. Né il dolo di calunnia può essere escluso dall’intento di scagionarsi, essendo sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo del delitto de quo la consapevolezza che l’uso del nome di un terzo (in un delitto di falsità materiale) non può non mettere in moto un meccanismo inquisitorio nei confronti dello stesso. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13719 del 14 ottobre 1989 (Cass. pen. n. 13719/1989)
L’assunzione da parte del vero colpevole di generalità proprie di altra persona, in relazione ad un procedimento penale svolgentesi a suo carico, integra il delitto di calunnia e non quello di false dichiarazioni sulla propria identità. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2048 del 28 luglio 1989 (Cass. pen. n. 10260/1989)
Per la sussistenza del delitto di calunnia non è richiesto che la persona incolpata sia nominativamente indicata, essendo sufficiente che vengano offerti all’autorità giudiziaria elementi che ne consentano l’identificazione. (Nella specie è stato ritenuto che anche il semplice disconoscimento della propria firma, poi accertata autentica, su di un atto può integrare il reato di calunnia quando il soggetto sappia di avere apposto la sottoscrizione che assume falsificata ed è consapevole che la persona indiziabile del reato denunciato è del tutto incolpevole). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10260 del 12 luglio 1989 (Cass. pen. n. 10260/1989)
L’animus defendendi esclude il dolo del reato di calunnia solo quando l’imputato si limiti a negare la propria reità e non quando aggiunga accuse contro terzi, incolpandoli di uno specifico reato, pur conoscendone l’innocenza. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8403 del 13 giugno 1989 (Cass. pen. n. 8403/1989)
Per quanto la sentenza pronunciata nel procedimento a carico dell’incolpato non faccia stato in quello contro il calunniatore, essendovi completa autonomia fra i due giudizi, il giudice della calunnia può riesaminare i fatti oggetto del procedimento a carico dell’incolpato stesso al fine di accertarne la falsità. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8401 del 13 giugno 1989 (Cass. pen. n. 8401/1989)
Commette più reati di calunnia chi, sia pure mediante un’unica dichiarazione, attribuisce ad altra persona, sapendola innocente, una pluralità di reati. Ed invero, a ciascuna delle false incolpazioni corrisponde uno specifico evento, consistente nel pericolo dell’esercizio dell’azione penale nei confronti di un innocente per ogni reato ad esso falsamente attribuito. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2030 del 11 febbraio 1989 (Cass. pen. n. 2030/1989)
La perseguibilità per il delitto di calunnia, già consumato, permane anche se, per intervento legislativo, il fatto oggetto della incolpazione non costituisca più reato o diventi perseguibile a querela e questa non sia stata proposta. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12673 del 17 dicembre 1988 (Cass. pen. n. 12673/1988)
Ai fini della sussistenza del reato di calunnia non è richiesta una denuncia in senso formale, contenente l’addebito specifico di una determinata fattispecie criminosa, essendo sufficiente la semplice insinuazione, a carico di chi si sa innocente, di fatti dai quali possa desumersi l’esistenza di un reato e che quindi siano oggettivamente idonei a provocare il promovimento di un processo penale a carico dell’incolpato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12655 del 17 dicembre 1988 (Cass. pen. n. 12655/1988)
Il delitto di calunnia è a natura plurioffensiva, nel senso che titolari dell’interesse giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sono lo Stato e l’incolpato falsamente, onde impedire, in relazione a quest’ultimo, il pericolo dell’offesa al suo onore e della privazione della sua libertà. Ne consegue che persona offesa dal reato è anche il magistrato calunniato, per cui nell’ipotesi di un procedimento instaurato a seguito di questo reato, in danno, per l’appunto, di un magistrato la competenza non si radica nel locus commissi delicti, ma nel diverso foro territoriale stabilito dall’art. 41 bis c.p.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1880 del 2 agosto 1988 (Cass. pen. n. 1880/1988)
L’imputato di diffamazione può insistere, anche mentendo, nell’affermare la veridicità dei fatti attribuiti alla persona offesa. Egli pertanto non è punibile a titolo di calunnia in danno del soggetto diffamato mediante l’attribuzione di reati, se tale attribuzione avvenga nel corso di interrogatori resi all’autorità giudiziaria, stante la presenza di una causa di esclusione della responsabilità ai sensi dell’art. 51 c.p., purché questo legittimo esercizio del diritto di difesa si svolga, quale necessario strumento di confutazione dell’imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale. Ove, invece, siffatti limiti vengano varcati, come sull’ipotesi in cui, al di fuori di ogni intento difensivo, dopo aver diffamato taluno, l’imputato assuma davanti all’autorità giudiziaria iniziative dirette a far condannare il diffamato per reato di cui egli lo sa essere innocente, si esorbita dall’esercizio del diritto di difesa, e la originaria imputazione per diffamazione concorre con la calunnia in danno del diffamato. (Nella specie, sul rilievo che gli imputati, nel corso degli interrogatori, si erano limitati a difendersi, indicando le fonti cui avevano attinto le notizie riferite, senza neppure asserirne la veridicità, la Suprema Corte, ha ritenuto che esulasse dalla loro condotta qualsiasi intento diverso da quello meramente difensivo a che perciò non potesse essere loro addebitata, oltre alla diffamazione a mezzo stampa, anche la calunnia). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5457 del 6 maggio 1988 (Cass. pen. n. 5457/1988)
L’elemento materiale del delitto di calunnia consiste nell’incolpare falsamente taluno di un reato, di un fatto, cioè, che alla stregua della descrizione fattane dall’agente nella denuncia, corrisponda in ogni suo estremo ad una ben determinabile ipotesi astratta delittuosa o contravvenzionale. Ne consegue che difetta tale elemento, e perciò non sussiste il delitto di calunnia, nell’azione di colui che attribuisca ad una persona, nel denunciarla all’autorità, una condotta non corrispondente ad alcuna fattispecie legale di reato, a nulla rilevando che il denunciante abbia indicato un preciso nomen iuris e si sia proposto di provocare l’apertura di un procedimento penale in pregiudizio dell’incolpato. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1737 del 11 febbraio 1988 (Cass. pen. n. 1737/1988)
Ai fini della sussistenza del delitto di calunnia, l’omessa indicazione di elementi ulteriori, idonei a suffragare la falsa accusa mossa agli incolpati nominativamente indicati, non rende la falsa incolpazione né assurda né inverosimile e non esclude, quindi, la oggettiva idoneità della denuncia a determinare indagini da parte dell’autorità giudiziaria. (Fattispecie relativa a ritenuta irrilevanza di mancato riconoscimento in sede di ricognizione fotografica delle persone falsamente indicate come autori di rapine, trattandosi di fatto successivo alla consumazione del reato, già compiutamente realizzato). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 11455 del 10 novembre 1987 (Cass. pen. n. 11455/1987)
La sentenza che dichiara estinto un reato per amnistia non ha efficacia vincolante nel successivo giudizio a carico dell’imputato di calunnia in relazione a tale reato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10866 del 16 ottobre 1987 (Cass. pen. n. 10866/1987)
In tema di procedimento per reato di calunnia, il giudizio su questo reato è del tutto autonomo da quello concernente il reato ascritto al calunniato, tanto è che la sentenza, anche se irrevocabile, pronunciata nel processo eventualmente instaurato nei confronti dell’incolpato, non fa stato in quello contro il calunniatore, nel quale è consentito al giudice di rivalutare, ai fini dell’accertamento della falsità o meno della notitia criminis i fatti che hanno già formato oggetto di esame nel giudizio contro l’incolpato. (Nella specie, l’imputato deduceva che l’incolpato non era stato sottoposto a procedimento penale e quindi egli imputato era stato illegittimamente condannato). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6636 del 22 maggio 1987 (Cass. pen. n. 6636/1987)
La nullità dell’interrogatorio non inficia la sostanza delle dichiarazioni rese, e quindi non esclude il delitto di calunnia, quando le dichiarazioni medesime, per il loro tenore e per l’organo che le abbia ricevute, siano idonee a costituire la falsa incolpazione. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13907 del 6 dicembre 1986 (Cass. pen. n. 13907/1986)
In tema di calunnia, l’intervenuta abolizione del reato oggetto della falsa incolpazione, a seguito di depenalizzazione, non incide sulla configurabilità del delitto di cui all’art. 368 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13881 del 6 dicembre 1986 (Cass. pen. n. 13881/1986)
Poiché l’innocenza del calunniato costituisce un presupposto del delitto di calunnia, l’accertamento di essa è pregiudiziale al giudizio sulla sussistenza della calunnia, ma tale pregiudizialità inerisce principalmente, sul piano logico, al sillogismo della decisione sull’imputazione di calunnia e non richiede necessariamente, sul piano processuale, l’accertamento nell’ambito di un procedimento penale contro il calunniato al fine di accertare l’inconsistenza o l’infondatezza dell’accusa rivoltagli dal calunniatore. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 13868 del 6 dicembre 1986 (Cass. pen. n. 13868/1986)
Il reato di calunnia non è escluso dall’animus defendendi per cui esso è configurabile anche durante l’interrogatorio dell’imputato allorché questi per discolparsi delle contestazioni a suo carico incolpi taluno sapendolo innocente, usando delle espressioni dubitative che, tuttavia, dal complesso delle incolpazioni false, lasciano desumere una precisa denunzia di fatto costituente reato. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5469 del 12 giugno 1986 (Cass. pen. n. 5469/1986)
In tema di calunnia, pur sussistendo, di norma, un rapporto di pregiudizialità con il procedimento per il reato denunciato, deve procedersi immediatamente contro il calunniatore allorché la falsità della incolpazione si manifesti ab initio con carattere di evidenza. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4394 del 28 maggio 1986 (Cass. pen. n. 4394/1986)
Nel corso di un procedimento instaurato per il reato di calunnia, il giudice che ha la cognizione di questo reato ha pure competenza nel valutare autonomamente e direttamente i fatti oggetto della calunniosa incolpazione, per cui non deve necessariamente attendere un proscioglimento del calunniato, ma può procedere immediatamente contro il calunniatore ed ha anche il potere di valutare in modo del tutto diverso i fatti, qualunque sia stata la decisione passata in giudicato nei confronti dell’incolpato, poiché tale decisione non fa stato nel processo per calunnia, avendo egli piena libertà ed autonomia di giudizio nella valutazione delle risultanze probatorie al fine di determinare l’esistenza o meno di una accusa volontariamente calunniosa. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2102 del 14 marzo 1986 (Cass. pen. n. 2102/1986)
Il reato di calunnia permane anche se, per innovazione legislativa, il fatto oggetto della falsa incolpazione non costituisca più reato, analogamente all’ipotesi di causa estintiva sopravvenuta applicabile al fatto addebitato. (Fattispecie relativa a contravvenzione depenalizzata ai sensi dell’art. 35, L. 24 novembre 1981, n. 689, sulle modifiche al sistema penale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 990 del 29 ottobre 1985 (Cass. pen. n. 990/1985)
In tema di reato di calunnia, il difensore non può essere chiamato a rispondere della sussistenza dei fatti denunziati solo quando la prestazione professionale si limiti ad espletare il mandato nei limiti consentiti dalla legge, e non, invece, quando, si lasci coinvolgere volontariamente nell’azione criminosa posta in essere dal cliente. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3114 del 4 aprile 1985 (Cass. pen. n. 3114/1985)
Non esorbita dai limiti del diritto di difesa l’imputato che, in sede d’interrogatorio di polizia giudiziaria a suo carico, definisca falso il rapporto soltanto per quanto attiene alla veridicità della denunzia in esso contenuta. Egli, pertanto, non è punibile a titolo di calunnia in danno dell’autore di detto rapporto, stante la presenza di una causa di esclusione della pena ex art. 51 c.p., in forza del legittimo esercizio del diritto di difesa, purché questo si svolga quale necessario strumento di confutazione dell’imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale tra l’accusa (implicita o esplicita) formulata dall’imputato e l’oggetto della contestazione nei suoi confronti. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto insussistente il delitto di calunnia nel fatto dell’imputato che, alla lettura del rapporto da parte del pubblico ministero, aveva affermato che le cose scritte sul suo conto erano «tutte fesserie» dovute alla volontà di rovinarlo ed aveva concluso col dire: «per me il maresciallo dei carabinieri ha scritto il falso in questo rapporto»). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8253 del 6 ottobre 1984 (Cass. pen. n. 8253/1984)