Sussiste il delitto di turbativa d’asta e non quello di astensione dagli incanti qualora il destinatario della promessa o dell’offerta non si limiti ad astenersi dal concorrere alla gara in cambio dell’utilità oggetto di dette promessa od offerta, ma partecipi all’accordo illecito finalizzato ad impedire od alterare la gara ovvero ad allontanare o far desistere gli offerenti. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la turbativa in relazione all’esercizio di pressioni sugli offerenti finalizzate, nel contesto di un generalizzato sistema di illecita spartizione delle aggiudicazioni di appalti, ad assicurare il rispetto reciproco dei settori di interesse di ciascun offerente in relazione agli oggetti delle singole gare). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 18125 del 12 giugno 2020 (Cass. pen. n. 18125/2020)
In caso di pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali, ai sensi dell’art. 322 ter c.p.p., può disporsi la confisca «per equivalente» di beni per un importo corrispondente al prezzo o al profitto del reato, il sequestro preventivo funzionale alla futura adozione di detta misura non può eccedere, per ciascuno dei concorrenti, la misura della quota di prezzo o profitto a lui attribuibile. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 25877 del 25 luglio 2006 (Cass. pen. n. 25877/2006)
Non integra gli estremi del reato di turbata libertà degli incanti la condotta di chi, concorrendo a un gara (nella specie, per una vendita fallimentare), proponga ad altro concorrente di riconoscergli il rimborso delle spese sostenute per la partecipazione alla gara in cambio della propria astensione a presentare ulteriori offerte, se la proposta non venga accettata. Tale condotta non integra, invero, alcuno dei comportamenti tipici indicati nella norma e non configura neppure gli estremi del tentativo punibile, ai sensi degli artt. 56 e 353 c.p., del reato, sub specie della collusione, mancando, nell’ipotesi considerata, l’accordo fraudolento delle parti. Nel caso, neanche è configurabile un tentativo del reato previsto dal successivo art. 354 c.p. (astensione dagli incanti): in quest’ultima fattispecie, invero, il reato presuppone l’accordo delle parti sull’astensione (quale antefatto non punibile) cui segua l’astensione (che rappresenta il momento consumativo); trattandosi, peraltro, di reato omissivo proprio, la stessa struttura del delitto non rende configurabile il tentativo. Nel comportamento anzidetto non può, pertanto, che riscontrarsi l’istigazione a commettere un reato, non punibile ex art. 115 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 705 del 19 gennaio 2000 (Cass. pen. n. 705/2000)
La fattispecie di astensione dagli incanti, di cui all’art. 354 c.p., costituisce un’ipotesi singolare di concorso mediante fatti omissivi nel delitto di turbata libertà degli incanti, previsto dall’art. 353 c.p., che il legislatore, in deroga alle norme stabilite negli artt. 110 ss. c.p., ha configurato come ipotesi speciale ed autonoma di reato, per non lasciar dubbi in ordine alla punibilità di una condotta meramente negativa, invece che di collaborazione collusiva con il soggetto attivo, ed al bisogno di punirla con una pena minore di quella comminata per il delitto attivo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 911 del 23 gennaio 1998 (Cass. pen. n. 911/1998)