L’attività di smaltimento di rifiuti è da considerare un “servizio di pubblica necessità” e, pertanto, integra il reato di interruzione di un servizio di pubblica necessità l’inadempimento di tale attività che alteri il funzionamento del servizio nel suo complesso. (Fattispecie relativa alla ritenuta insussistenza del reato in relazione alla condotta dell’esercente di un centro di raccolta che aveva occasionalmente impedito lo scarico nel sito di rifiuti ospedalieri all’impresa che li aveva prelevati nei luoghi di produzione e con la quale aveva in tal senso stipulato un accordo contrattuale). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 30749 del 23 luglio 2009 (Cass. pen. n. 30749/2009)
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 331 c.p. è necessario che sia interrotto o turbato nel suo complesso il servizio pubblico o di pubblica necessità, restando esclusa dalla previsione normativa la condotta limitata a singole utenze che incida solo marginalmente sul volume dell’attività svolta e che non sia in grado di comprometterne in modo apprezzabile il funzionamento. (Fattispecie in tema di interruzione di un’utenza telefonica, comprese le chiamate verso i numeri di emergenza, a seguito di controversia sorta a seguito di mancato pagamento di una fattura). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37083 del 8 ottobre 2007 (Cass. pen. n. 37083/2007)
Il reato di interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità di cui all’art. 331 c.p. è reato proprio che si qualifica per il soggetto che lo può realizzare (imprenditore, in senso lato); quando manchi tale requisito soggettivo (titolarità di un’impresa esercente il suddetto servizio) non è configurabile il reato in questione, bensì quello meno grave previsto dall’art. 340 c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5994 del 13 giugno 1996 (Cass. pen. n. 5994/1996)