In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la circostanza aggravante prevista dall’art. 319-bis cod. pen., relativa alla stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione, è applicabile anche all’incaricato di pubblico servizio, in quanto il richiamo operato dall’art. 320 cod. pen. all’art. 319 cod. pen. implicitamente contiene anche quello all’art. 319-bis, trattandosi, quest’ultima, di norma accessoria a quella di cui all’art. 319 citato. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 17295 del 19 aprile 2019 (Cass. pen. n. 17295/2019)
La circostanza aggravante ad effetto speciale prevista dall’art. 7 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. con mod. dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, nella sua forma agevolativa, è configurabile anche quando lo scopo di favorire il gruppo criminale costituisce un movente solo concorrente dell’azione criminosa, mentre non è sufficiente che il risultato di vantaggio per la cosca si ponga esclusivamente come una conseguenza accettata della condotta. (Nella specie, relativa al delitto di corruzione contestato ad un sottufficiale dei Carabinieri per aver rivelato notizie su indagini in corso e aver prestato consulenze su come eludere queste ultime, a fronte della dazione di danaro ed altri beni, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva motivato la sussistenza dell’aggravante sulla sola base della consapevolezza, in capo all’agente, della caratura criminale del suo interlocutore). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 29311 del 9 luglio 2015 (Cass. pen. n. 29311/2015)
La circostanza aggravante prevista dall’art. 319 bis c.p. (avere conferito pubblici impieghi, stipendi o pensioni o stipulato contratti interessanti la P.A. di appartenenza) si applica anche ai dirigenti di aziende municipalizzate in relazione ai contratti che essi abbiano stipulato in loro nome. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 38698 del 22 novembre 2006 (Cass. pen. n. 38698/2006)
In tema di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, l’art. 319 bis (introdotto dall’art. 8, L. 26 aprile 1990, n. 86) ha definito diversamente l’ambito di applicazione dell’aggravante già prevista nel precedente testo dell’art. 319 cpv., n. 1, c.p., legando l’aumento di pena non più al verificarsi del risultato bensì all’oggetto dell’accordo criminoso. La L. n. 86/1990 non ha, pertanto, abrogata, ma soltanto modificata la predetta aggravante, per cui il giudice, ai sensi dell’art. 2, comma 3, c.p., deve applicare la disposizione più favorevole al reo. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9927 del 28 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9927/1995)