Ai fini della configurabilità del delitto di partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico, di cui all’art. 270-bis cod. pen., è sufficiente, in presenza di una struttura organizzata, che la condotta di adesione ideologica del soggetto si sostanzi in seri propositi criminali volti a realizzare una delle finalità associative, senza che sia necessario, data la natura di reato di pericolo presunto, l’inizio della materiale esecuzione del programma criminale. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 14704 del 12 maggio 2020 (Cass. Civ. n. 14704/2020)
In tema di associazione con finalità di terrorismo internazionale (nella specie “Al Qaeda”), la mera adesione ideologica alla dottrina integralista islamica non è elemento sufficiente ad integrare la prova del ruolo di partecipe alla stessa, non potendosi prescindere dalla necessità di raccordare il contributo individuale del singolo con l’entità associativa, occorrendo, tuttavia, al fine di riscontrare un’effettiva partecipazione, una meditata analisi delle concrete caratteristiche dell’associazione e dei comportamenti dei singoli, onde coglierne la specifica portata incriminante. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la partecipazione all’associazione da parte di soggetti che, facenti parte di una cellula “figlia” collegata con l’organizzazione centrale “Al Qaeda” mediante un collegamento “strutturale e biunivoco”, gestivano un “forum” di discussione, denominato “I7ur”, con rigida selezione e controllo per la partecipazione dei nuovi adepti ed inserimento di materiale propagandistico e “post” dal contenuto di inequivoco sostegno all’organizzazione terroristica provenienti dai c.d. “canali indipendenti” Al – Fajr e GIMF ed ulteriormente diffusi mediante “forum” di discussione interna, così svolgendo attività di propaganda, apologia e proselitismo, finalizzate a creare emulazione, indirizzare consenso, incitare alla violenza, rafforzando, mediante capillare divulgazione, il proposito criminoso propagandato). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 7808 del 27 febbraio 2020 (Cass. Civ. n. 7808/2020)
Ai fini dell’integrazione del delitto di arruolamento passivo con finalità di terrorismo anche internazionale, di cui all’art. 270-quater, comma secondo, cod. pen., non è necessaria la prova di un “serio accordo” con l’associazione (nella specie, Al Qaeda), ma è sufficiente la dimostrazione della concreta ed incondizionata disponibilità del neo arruolato al compimento di atti terroristici, anche a progettazione individuale, funzionali al raggiungimento degli scopi eversivi di matrice “jihadista” propagandati dall’organizzazione criminale. (In motivazione, la Corte ha precisato che, nella fattispecie in esame, la condotta si caratterizza per la sua connotazione “individuale” ed in quanto l’adesione alla richiesta di arruolamento proveniente dalla rete terroristica non presuppone la prova della sua accettazione da parte della stessa, mentre si verte nella differente ipotesi di cui all’art. 270-bis cod. pen. nel caso in cui il soggetto rivesta un preciso ruolo nell’organigramma dell’associazione terroristica, centrale o delocalizzata che sia, e, dunque, sussista la prova di un contatto operativo, anche flessibile ma concreto, tra il singolo e l’organizzazione che, in tal modo, abbia consapevolezza, anche indiretta, dell’adesione da parte del soggetto agente). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 23168 del 27 maggio 2019 (Cass. Civ. n. 23168/2019)
Integra il delitto di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale ex art. 270-bis cod. pen., e non il delitto di istigazione a delinquere ex art. 414 cod. pen., la condotta di soggetti che, aperti sostenitori del c.d. Stato islamico e rispondenti alla chiamata al jihad, abbiano posto in essere condotte strumentali al consolidamento ed al rafforzamento dell’organizzazione sia mediante atti di propaganda apologetica rilevanti sul piano della concreta incentivazione dell’adesione al progetto criminoso (nella specie, uso del “web” e dei “social media” con pubblicazione di video relativi a gravi attentati terroristici per divulgare la chiamata al jihad; partecipazione a gruppi chiusi di condivisione dell’ideologia jihadista; adesione espressa alla rivista “on line” “Dabiq News” che fornisce consigli sui bersagli da colpire in occidente, sulla fabbricazione di ami e sulle modalità di emigrazione verso i territori conquistati dal c.d. stato islamico), sia con condotte volte ad agevolare il reclutamento e l’autoradicalizzazione (nella specie, evidenziando la conoscenza ed i pregressi contatti con soggetti combattenti nelle zone di guerra e fornendo ausilio a chi intendeva unirsi alle milizie jihadiste), nonché il convogliamento di risorse economiche-finanziarie verso l’organizzazione di matrice islamica. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 22163 del 21 maggio 2019 (Cass. pen. n. 22163/2019)
Il delitto di partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, di cui all’art. 270-bis cod. pen., può realizzarsi anche attraverso la partecipazione ad una “cellula” operativa, ispirata alla condivisione e propaganda dell’ideologia estremistica religiosa di ispirazione “jihadista”, e non richiede necessariamente la commissione di condotte violente, risultando invece sufficienti attività di supporto dell’organizzazione terroristica riconosciuta ed operante come tale, quale il proselitismo, la diffusione di documenti di propaganda, l’assistenza agli associati, la predisposizione o acquisizione di documenti falsi, addestramento ed autoaddestramento ad azioni terroristiche con l’uso della violenza. (Fattispecie relativa alla partecipazione ad una cellula operante in Italia e riferentesi all’organizzazione terroristica internazionale “IS”).
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Non è configurabile, con riferimento al delitto di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, la fattispecie del tentativo, posto che la norma incriminatrice di cui all’art. 270-bis cod. pen., costruita come un reato di pericolo presunto, anticipa la soglia di punibilità sanzionando il proposito di compiere atti di violenza con finalità di eversione, attraverso la costituzione di una struttura associativa formata proprio per attuare il detto proposito. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10380 del 8 marzo 2019 (Cass. pen. n. 10380/2019)
In caso di concorso di persone nel reato commesso in parte all’estero, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana e per la punibilità di tutti i concorrenti è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificata anche solo una frazione della condotta ad opera di uno qualsiasi dei concorrenti, che, seppur priva dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia comunque significativa e collegabile in modo chiaro e univoco alla parte restante realizzata in territorio estero. (Fattispecie in tema di concorso di persone nel reato di cui all’art. 270-bis cod. pen., in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione che aveva ravvisato la giurisdizione italiana in relazione alla condotta dell’imputato che, introdottosi illegalmente in Italia, in possesso di documenti falsi e condannato per il reato di cui all’art. 497-bis cod. pen., deteneva materiali idonei allo svolgimento di attività di proselitismo e si tratteneva illecitamente nel territorio dello Stato italiano,in assenza di elementi che evidenziassero la rescissione del vincolo associativo con l’organizzazione criminale denominata Isis). Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 57018 del 18 dicembre 2018 (Cass. pen. n. 57018/2018)
In tema di associazione con finalità di terrorismo, di cui all’art. 270-bis cod. pen., la partecipazione all’”Isis” o ad analoghe associazioni internazionali rispondenti ad un modello polverizzato di articolazione, può essere desunta dall’individuazione di proiezioni concrete della condivisione ideologica delle finalità dell’associazione in cui si sostanzia la messa a disposizione del singolo verso l’associazione e si struttura il suo rapporto con il gruppo criminale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’ordinanza di conferma della custodia cautelare applicata all’indagato per la condotta di partecipazione all’”Isis”, desunta, tra l’altro, dalle seguenti condotte: l’aver fornito assistenza ad un associato; l’aver svolto attività di apologia del terrorismo su “Twitter” mediante un profilo aperto e condiviso da tredici “follower”; la detenzione di materiale “jihadista” di propaganda, indottrinamento ed arruolamento, acquisito nel cd. “deep” e “dark web” attraverso canali accessibili soltanto mediante specifiche chiavi informatiche; l’aver compiuto attività di propaganda e proselitismo su “Whatsapp” e nel corso di lezioni di religione in un centro culturale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 51654 del 15 novembre 2018 (Cass. pen. n. 51654/2018)
In tema di associazione con finalità di terrorismo di matrice islamica, l’adesione ad un sodalizio operante sul territorio nazionale che sia solo “servente” rispetto all’associazione internazionale, implica la partecipazione anche all’organizzazione internazionale “madre” a condizione che risultino contatti effettivi e reali, non potendosi attribuire di per sé rilevanza, ai fini della configurazione della condotta partecipativa, nè a condotte di supporto ad una generica finalità terroristica, quali la preparazione di documenti di identità falsi ovvero la propaganda all’interno di luoghi di culto, né a quelle relative ad una generica messa a disposizione “unilaterale”. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 51218 del 9 novembre 2018 (Cass. pen. n. 51218/2018)
In tema di associazione internazionale con finalità di terrorismo, di cui all’art.270-bis cod.pen., la partecipazione all’Isis o, comunque, ad analoghe associazioni internazionali di matrice islamica che propongono una formula di adesione “aperta”, può essere desunta, in fase cautelare, dai propositi di partire per combattere gli “infedeli”, dalla dichiarata vocazione al martirio e dall’opera di indottrinamento, a condizione che l’azione del singolo si innesti nella struttura organizzata, ovverossia che esista un contatto operativo, anche flessibile, ma concreto tra il singolo e l’organizzazione che, in tal modo, abbia consapevolezza, anche indiretta, dell’adesione da parte del soggetto agente. (Fattispecie in cui la Corte ha rigettato i ricorsi evidenziando la corretta considerazione della sussistenza della gravità indiziaria da parte del Tribunale del riesame, poiché la diffusione del pensiero radicale attraverso immagini, l’esaltazione del martirio, nonchè i ripetuti e costanti contatti con due diverse persone partite per combattere in Siria, risultava realizzata in un contesto di chiara connessione con soggetti anche direttamente legati all’organizzazione terroristica internazionale). Cassazione penale, Sez. VII, ordinanza n. 40384 del 11 settembre 2018 (Cass. pen. n. 40384/2018)
Ai fini della configurabilità, quanto meno a livello di gravità indiziaria, del reato di partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo (art. 270 bis c.p.), è necessaria e sufficiente una condotta del singolo che si innesti in una struttura organizzata, anche elementare, ma dotata di un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l’attuazione del programma criminoso, mentre non è necessaria anche la predisposizione di un programma di concrete azioni terroristiche; condizione, quella anzidetta, per la cui ravvisabilità non occorre neppure la dimostrazione di un ruolo specifico che il soggetto abbia svolto nell’ambito dell’associazione, potendo la partecipazione realizzarsi nei modi più svariati, ivi compresi, quando si tratti di terrorismo di asserita matrice islamica, i dichiarati propositi di partire per combattere “gli infedeli”, la vocazione al martirio e l’opera di indottrinamento, sempre che vi siano anche elementi concreti che rivelino l’esistenza di contatti operativi potenzialmente idonei a consentire la traduzione in pratica dei propositi di morte, restando per converso esclusa la rilevanza penale di un’adesione che sia meramente ideologica o psicologica al programma criminale. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 14503 del 29 marzo 2018 (Cass. pen. n. 14503/2018)
In tema di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico, di cui all’art. 270-bis cod. pen., la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. (In motivazione, la Corte ha osservato che l’affermazione di penale responsabilità dell’agente a titolo di partecipazione presuppone la dimostrazione dell’effettivo inserimento del medesimo nella struttura organizzata attraverso condotte univocamente sintomatiche, le quali possono consistere, oltreché nell’assunzione di un ruolo concreto nell’organigramma criminale, anche nello svolgimento di attività preparatorie rispetto all’esecuzione del programma). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 25452 del 22 maggio 2017 (Cass. pen. n. 24103/2017)
Integra il reato di istigazione a delinquere, la diffusione, mediante l’inserimento su profilo personale Facebook, di comunicazioni contenenti riferimenti alle azioni militari del conflitto bellico siro-iracheno e all’Isische ne è parte attiva, dai quali, anche solo indirettamente, possa dedursi un richiamo alla jihad islamica e al martirio, in considerazione, sia della natura di organizzazioni terroristiche, rilevanti ai sensi dell’art. 270-bis cod.pen., delle consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale sia della potenzialità diffusiva indefinita della suddetta modalità comunicativa.(Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva disposto la liberazione dell’indagato, escludendo la rilevanza apologetica di alcune videoregistrazioni postate sul profilo Facebook tra le quali alcune, riguardanti il conflitto bellico siro-iracheno, prive di espliciti riferimenti all’Isis e alla matrice islamica radicale che ispirava le sue azioni, ma altre inneggianti esplicitamente alla jihad e al martirio). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24103 del 15 maggio 2017 (Cass. pen. n. 31389/2008)
Ai fini della configurabilità del delitto di associazione sovversiva con finalità di terrorismo internazionale, la necessità di una struttura organizzativa effettiva e tale da rendere possibile l’attuazione del programma criminale non implica necessariamente il riferimento a schemi organizzativi ordinari, essendo sufficiente che i modelli di aggregazione tra sodali integrino il minimum organizzativo richiesto a tale fine. Ne deriva che tali caratteri sussistono anche con riferimento alle strutture «cellulari » proprie delle associazioni di matrice islamica, caratterizzate da estrema flessibilità interna, in grado di rimodularsi secondo le pratiche esigenze che, di volta in volta, si presentano, in condizioni di operare anche contemporaneamente in più Stati, ovvero anche in tempi diversi e con contatti fisici, telefonici o comunque a distanza tra gli adepti anche connotati da marcata sporadicità, considerato che i soggetti possono essere arruolati anche di volta in volta, con una sorta di adesione progressiva ed entrano, comunque, a far parte di una struttura associativa saldamente costituita. Ne consegue che, in tal caso, l’organizzazione terroristica transnazionale assume le connotazioni, più che di una struttura statica, di una rete in grado di mettere in relazione soggetti assimilati da un comune progetto politico-militare, che funge da catalizzatore dell’affectio societatis e costituisce lo scopo sociale del sodalizio. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto integrato il delitto di cui all’art. 270 bis c.p., essendo emersi i collegamenti degli imputati con una associazione di natura terroristica, che aveva posto in essere azioni di chiaro stampo terroristico nel Kurdistan, ed il dolo specifico della finalità terroristica dal materiale documentale sequestrato agli imputati e dal contenuto delle intercettazioni telefoniche).
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In tema di associazione con finalità di terrorismo internazionale, riveste natura di atto terroristico l’atto di violenza che, ancorché rivolto contro il nemico armato, abbia come conseguenza «collaterale » inevitabile e prevista la morte o la causazione di gravi lesioni a civili, terzi rispetto ai soggetti attivi e non identificabili come avversari di questi ; in mancanza di reati fine effettivamente portati ad esecuzione o non ancora portati ad esecuzione, la natura terroristica dell’associazione deve essere dedotta dalle condotte preparatorie e dalla concreta predisposizione dei mezzi utilizzati per metterle in atto. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 31389 del 25 luglio 2008 (Cass. pen. n. 22673/2008)
Ai fini della configurabilità degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 270 bis c.p. (associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico ), il carattere rudimentale dell’organizzazione non impedisce di ritenerla esistente e adeguata allo scopo prefissato ed agli obiettivi via via raggiunti attraverso una progressione del proposito eversivo mediante la realizzazione di una serie di atti di violenza diretti contro enti ed istituzioni, idonei a condizionare il funzionamento delle istituzioni stesse, sia centrali che periferiche ; ne consegue che l’organizzazione rudimentale non significa assenza di organizzazione laddove, al contrario, l’esecuzione delle numerose azioni poste in essere dal gruppo nell’arco di breve tempo dimostri l’organizzazione e la capacità della stessa di operare funzionalmente ai fini prefissati nonché la stabilità organizzativa della struttura della associazione eversiva. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 22673 del 5 giugno 2008 (Cass. pen. n. 22673/2008)
Tra la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 306 c.p. e quella di cui all’art. 270 bis c.p. esiste un rapporto di mezzo a fine e non di specie a genere, essendo la prima caratterizzata dalla finalità di commettere uno dei delitti contro la personalità internazionale o interna dello Stato, tra i quali rientra quello di cui alla seconda disposizione citata, indipendentemente dal suo raggiungimento; ne consegue che qualora la finalità di commettere il delitto di cui all’art. 270 bis c.p. sia raggiunta, esso concorre con quello di cui all’art. 306 c.p. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 37119 del 8 ottobre 2007 (Cass. pen. n. 37119/2007)
In tema di associazioni con finalità di terrorismo internazionale, una «cellula organizzativa di carattere militare-religioso» avente sede in Italia, è qualificabile come associazione terroristica non per la mera inclusione dell’organizzazione di cui detta cellula è diramazione, nelle liste di gruppi terroristici stilati dal Consiglio dell’Unione Europea e dal Comitato di sicurezza finanziaria del Ministero dell’economia, ma sulla base della valutazione complessiva delle concrete risultanze delle indagini svolte nel procedimento in corso ed in quelli collegati, dalle quali emergano elementi non solo della ideologia eversiva (nel caso di specie, la Jihad), ma della programmazione di attentati terroristici con uso di esplosivo in Italia ed all’estero, del concreto aiuto, anche finanziario, prestato ad altri affiliati in stato di arresto per atti di terrorismo, nonché della raccolta di fondi in sostegno dei combattenti in territori esteri, teatri di frequenti attentati terroristici. (Fattispecie relativa alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per l’applicazione di misure cautelari nei confronti di soggetto appartenente ad una cellula, avente sede in Italia, del cosiddetto Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento).
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In relazione al delitto di associazione con finalità di terrorismo, che è reato di pericolo presunto, per la configurabilità della responsabilità del partecipe non è sufficiente l’adesione ad un’astratta ideologia, per quanto caratterizzata dal progetto di abbattere le istituzioni democratiche, ma è necessaria l’effettiva pratica della violenza come metodo di lotta politica e la predisposizione di un programma di azioni terroristiche (da intendersi come proposito concreto ed attuale di atti di violenza). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 30824 del 19 settembre 2006 (Cass. pen. n. 30824/2006)
Il delitto di partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico, di cui all’art. 270 bis c.p., è integrato, in presenza di una struttura organizzata sia pure in modo rudimentale, da una condotta di adesione ideologica che si sostanzi in seri propositi criminali diretti alla realizzazione delle finalità associative, senza che sia necessario, data la natura di reato di pericolo presunto, che si abbia l’inizio di materiale esecuzione del programma criminale. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 24994 del 19 luglio 2006 (Cass. pen. n. 24994/2006)
Configura il reato di cui all’art. 270 bis c.p. l’azione posta in essere da un gruppo anarchico volta al compimento di atti di violenza contro luoghi di detenzione, centri di permanenza per immigrati, banche e società multinazionali in quanto simboli della politica estera dello Stato in campo economico e sociale. Tali azioni violente, essendo dirette al turbamento dell’ordine pubblico, condizionano il funzionamento degli organi statali centrali e periferici e sono idonee a perseguire la finalità dell’eversione dell’ordine democratico. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 42282 del 23 novembre 2005 (Cass. pen. n. 42282/2005)
L’art. 270 bis, comma terzo, c.p., introdotto con la legge 18 ottobre 2001 n. 374, ha esteso la tutela penale anche agli atti di violenza rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale, senza individuare quando un atto di violenza deve ritenersi eseguito per finalità di terrorismo e pertanto tale nozione deve essere ricavata dai principi di diritto interno e internazionale. In particolare, tra le fonti internazionali deve individuarsi la Decisione quadro del consiglio dell’Unione europea pubblicata sulla G.U. della Comunità Europea 22 giugno 2002 n. 164, che individua come compiuti «per finalità di terrorismo» gli atti «diretti a intimidire gravemente la popolazione o costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare, distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese» e come «reati terroristici» quelli che costituiscono attentati alla vita e alla integrità fisica, sequestri di persona, danneggiamenti di vasta portata di strutture governative, di sistemi di trasporto, di infrastrutture, di sistemi informatici, dirottamenti aerei e navali, fabbricazione, detenzione e acquisto di armi convenzionali, atomiche, chimiche e biologiche. (sentenza emessa prima della introduzione dell’art. 270 sexies c.p., inserito dall’art. 15 D.L. 27 luglio 2005 n. 144, convertito in legge 31 luglio 2005 n. 155). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 35427 del 30 settembre 2005 (Cass. pen. n. 35427/2005)
In tema di associazioni con finalità di terrorismo internazionale, qualora occorra valutare la condotta di gruppi esistenti in Italia i quali fanno parte di organizzazioni che operano in altri paesi, non può essere considerata soltanto l’attività svolta da tali gruppi nel territorio nazionale senza inserirla nel complessivo quadro di quella riferibile all’intero sodalizio. (Nella fattispecie — relativa ad un gruppo presuntamente terroristico originario di un paese arabo — la Corte ha censurato il Tribunale del riesame laddove esso affermava che il Giudice non può ritenere fatti notori, quale, nel caso specifico, la ricostruzione delle vicende storiche del Paese di origine dell’associazione, quelli attinenti alla storia interna del Paese arabo in questione. La Corte ha osservato che nella odierna società transnazionale ed integrata il fatto notorio, agli specifici fini di cui all’art. 270 bis c.p., non può essere valutato solo nell’ambito locale poiché in tal modo si omette di considerare fatti anche eclatanti che, per la loro rilevanza, sono da ritenere di comune conoscenza). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 10450 del 16 marzo 2005 (Cass. pen. n. 10450/2005)
La costituzione di un sodalizio criminoso avente la caratteristiche di cui all’art. 270 bis c.p. non può dirsi esclusa per il fatto che lo stesso sia imperniato per lo più attorno a nuclei culturali che si rifanno all’integralismo religioso islamico perchè, al contrario, i rapporti ideologico-religiosi, sommandosi al vincolo associativo che si proponga il compimento di atti di violenza con finalità terroristiche, lo rendono ancor più pericoloso.
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In tema di associazione con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico (art. 270 bis c.p.), non può definirsi «manifestamente illogica» e non è, pertanto, censurabile in sede di legittimità la motivazione sulla base della quale il giudice di merito abbia ritenuto, ai fini dell’applicazione di una misura cautelare, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al suddetto reato a carico di aderente ad una cellula operativa ispirata all’ideologia ed alla pratica del terrorismo religioso di matrice islamica, del quale sia risultata la volontà, espressa in un incontro con altri aderenti al suddetto organismo, di aspirare alla «guerra santa» ed al «martirio». Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 669 del 17 gennaio 2005 (Cass. pen. n. 669/2005)
Non è configurabile il reato di cui all’art. 270 bis c.p. (ferma restando l’eventuale sussimibilità del fatto sotto altre ipotesi di reato, con particolare riguardo a quella di cui all’art. 416 c.p.), qualora le finalità di eversione e terrorismo che caratterizzano l’associazione non riguardino l’ordinamento costituzionale italiano ma ordinamenti esteri.
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Il delitto di cui all’art. 270 bis c.p. è un reato contro la personalità internazionale dello Stato, collocato nel Libro II, Titolo I, Capo I del codice penale; detta personalità riguarda lo Stato italiano, in quanto i beni giuridici attinenti gli Stati esteri collocati nel Capo IV dello stesso Titolo I. Ne consegue che se la finalità di eversione o di terrorismo, che connota il programma di atti violenti, non riguarda l’ordinamento costituzionale italiano, si è al di fuori del bene giuridico protetto dalla norma di cui all’art. 270 bis c.p.; né può ritenersi che il programma di compimento di atti violenti, con finalità di eversione, per quanto indirizzato verso uno Stato straniero, finisca per risolversi in una lesione dell’ordinamento costituzionale italiano, quale delineato dai principi fondamentali della Costituzione. Ed invero, pur se inserito nella categoria dei reati di pericolo presunto iuris et de iure, il reato di cui all’art. 270 bis c.p. postula l’esistenza di un’associazione che abbia il fine dell’eversione dell’ordine democratico con il compimento di atti di violenza, sicché la mancanza del detto fine eversivo dell’ordinamento costituzionale italiano rileva non solo sotto il profilo soggettivo, ma «anticipatamente» anche sotto il profilo dell’elemento materiale, poiché l’associazione, non avendo la finalità richiesta dalla legge, non integra il reato di cui all’art. 270 bis c.p. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 737 del 1 giugno 1999 (Cass. pen. n. 737/1999)
Per la configurabilità del delitto di cui all’art. 270 bis c.p. è irrilevante la durata della operatività dell’associazione e la limitazione della sua attività ad un determinato ambito territoriale, trattandosi di reato di pericolo che postula soltanto l’esistenza di una associazione che, attraverso il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell’ordinamento, persegua un programma di sovversione dell’ordine democratico.
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La circostanza che un imputato di reato associativo (nella specie, associazione a fine di terrorismo o di eversione) non sia stato condannato per alcuno dei reati «fine» dell’associazione, è del tutto irrilevante ai fini della prova della partecipazione all’associazione, prova che, stante l’autonomia del reato associativo rispetto ai reati «fine», si può dare con altri mezzi e modi diversi dalla prova in ordine alla commissione dei predetti.
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L’aggravante del fine di terrorismo, prevista dall’art. 1 legge 6 febbraio 1980, n. 15, è compatibile con il delitto previsto dall’art. 270 bis c.p. posto che la formulazione di questo fa riferimento ad «atti di violenza con fini di eversione», e non menziona affatto il fine di terrorismo, che non è perciò elemento costitutivo del reato ma circostanza aggravante. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3241 del 13 marzo 1998 (Cass. pen. n. 3241/1998)