Art. 228 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Libertà vigilata

Articolo 228 - codice penale

La sorveglianza della persona in stato di libertà vigilata (658 ss. c.p.p.) è affidata all’autorità di pubblica sicurezza (162 T.U. di P.S.).
Alla persona in stato di libertà vigilata sono imposte dal giudice prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati (231).
Tali prescrizioni possono essere dal giudice successivamente modificate o limitate (680 c.p.p.; 190 att. c.p.p.).
La sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il lavoro, il riadattamento della persona alla vita sociale.
La libertà vigilata non può avere durata inferiore a un anno (210, 230).
Per la vigilanza sui minori (233) si osservano le disposizioni precedenti, in quanto non provvedano leggi speciali.

Articolo 228 - Codice Penale

La sorveglianza della persona in stato di libertà vigilata (658 ss. c.p.p.) è affidata all’autorità di pubblica sicurezza (162 T.U. di P.S.).
Alla persona in stato di libertà vigilata sono imposte dal giudice prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati (231).
Tali prescrizioni possono essere dal giudice successivamente modificate o limitate (680 c.p.p.; 190 att. c.p.p.).
La sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il lavoro, il riadattamento della persona alla vita sociale.
La libertà vigilata non può avere durata inferiore a un anno (210, 230).
Per la vigilanza sui minori (233) si osservano le disposizioni precedenti, in quanto non provvedano leggi speciali.

Massime

È legittima la misura di sicurezza della libertà vigilata provvisoriamente applicata nei confronti di un soggetto affetto da malattia psichiatrica, che ne prescriva il ricovero in una struttura sanitaria con divieto di allontanamento in determinate fasce orarie e, comunque, per finalità incompatibili con il programma terapeutico, trattandosi di prescrizioni funzionali all’esecuzione di tale programma che non snaturano il carattere non detentivo della misura di sicurezza non comportando alcun sacrificio aggiuntivo alla libertà di movimento rispetto a quello che inerisce a qualsiasi percorso di cura. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 50383 del 12 dicembre 2019 (Cass. pen. n. 50383/2019)

Nell’ipotesi di applicazione provvisoria della misura di sicurezza della libertà vigilata, il giudice può imporre la prescrizione della residenza temporanea in una comunità terapeutica, a condizione che la natura e le modalità di esecuzione della stessa non snaturino il carattere non detentivo della misura di sicurezza in atto. (In motivazione, la Corte ha precisato che la prescrizione di un programma terapeutico residenziale non è assimilabile “ex se” ad un ricovero obbligatorio, con sostanziale applicazione di una misura a carattere detentivo). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 33904 del 3 agosto 2015 (Cass. pen. n. 33904/2015)

L’estinzione della pena conseguente al buon esito del periodo di affidamento in prova al servizio sociale non determina anche l’estinzione delle misure di sicurezza, non comportando tale esito l’automatico venir meno della pericolosità sociale del condannato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 41460 del 7 ottobre 2013 (Cass. pen. n. 41460/2013)

L’estinzione della misura di sicurezza della libertà vigilata consegue all’estinzione dell’intera pena (nella specie solo parzialmente condonata ) e non già alla sua espiazione. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 47524 del 22 dicembre 2008 (Cass. pen. n. 47524/2008)

È legittima la sostituzione della libertà vigilata con il ricovero in una casa di cura e custodia del condannato che abbia commesso gravi violazioni delle prescrizioni inerenti alla misura di sicurezza non detentiva e abbia manifestato conclamate e gravi turbe psichiche dopo la condanna, senza che sia necessario accertarlo mediante perizia psichiatrica. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 39498 del 25 ottobre 2007 (Cass. pen. n. 39498/2007)

In tema di misure di sicurezza personali, deve escludersi che la previa imposizione della cauzione di buona condotta costituisca condizione indispensabile per la sostituzione, ai sensi dell’art. 231 c.p., della libertà vigilata con la casa di lavoro o con la colonia agricola, quando la gravità e la reiterazione delle trasgressioni dimostrino di per sè l’inefficacia della misura precedentemente applicata. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 27423 del 22 luglio 2005 (Cass. pen. n. 27423/2005)

Non è ostativo all’accertamento della pericolosità sociale del condannato ai fini dell’esecuzione della libertà vigilata l’estinzione della pena conseguente al buon esito del periodo di affidamento in prova al servizio sociale, in quanto la misura alternativa alla detenzione estingue soltanto la pena detentiva, ma non anche quella pecuniaria o le misure di sicurezza. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del magistrato di sorveglianza che, all’esito della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, aveva dichiarato inammissibile la richiesta del P.M. di accertamento della pericolosità sociale del condannato ai fini dell’esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 23973 del 24 giugno 2005 (Cass. pen. n. 23973/2005)

L’estinzione della pena conseguente al buon esito del periodo di affidamento in prova al servizio sociale, in applicazione dell’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, non estingue anche la misura di sicurezza della libertà vigilata, eventualmente disposta con la sentenza, in quanto l’esito positivo della misura alternativa alla detenzione non comporta l’automatico venire meno della pericolosità sociale del condannato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 17019 del 10 aprile 2003 (Cass. pen. n. 17019/2003)

In tema di libertà vigilata, la ritenuta persistenza, in sede di riesame, ai sensi dell’art. 208 c.p., della pericolosità del soggetto che vi è sottoposto comporta solo il prolungamento della misura di sicurezza, ma non può determinarne l’aggravamento (nella specie intervenuto con l’assegnazione a una casa di lavoro) in assenza di trasgressione agli obblighi imposti, tale non potendo qualificarsi né lo stato di latitanza, in sè e per sè considerato — a meno che non abbia influito direttamente sulla regolare esecuzione della misura — né l’applicazione di una misura di prevenzione, né un’eventuale condanna sopravvenuta, ove essa si riferisca a reati commessi precedentemente all’esecuzione della libertà vigilata. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4600 del 30 gennaio 2003 (Cass. pen. n. 4600/2003)

In tema di misure di prevenzione, non sussiste incompatibilità tra libertà vigilata, cui il soggetto sia stato, in passato, sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, in quanto l’art. 10 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 va interpretato nel senso che la incompatibilità sussiste solo con riferimento alla sorveglianza semplice e non quella qualificata dall’obbligo di soggiorno. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4063 del 10 novembre 2000 (Cass. pen. n. 4063/2000)

Il periodo trascorso in libertà vigilata dal soggetto che fruisce della liberazione condizionale deve considerarsi esecuzione della pena a tutti gli effetti. Ne consegue che, ai fini della revoca della liberazione anticipata, nell’ipotesi di cui all’art. 54, terzo comma, della L. n. 354 del 1975 (c.d. ordinamento penitenziario), la condanna per delitto non colposo commesso durante la libertà vigilata conseguente ad ammissione a liberazione condizionale è da ritenere come condanna per delitto commesso nel corso dell’esecuzione della pena. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7316 del 10 febbraio 2000 (Cass. pen. n. 7316/2000)

In tema di concorso fra misure di sicurezza e misure di prevenzione, mentre l’art. 10 L. 27 dicembre 1956, n. 1423, disciplina i rapporti fra la sorveglianza speciale «semplice» e la misura di sicurezza della libertà vigilata, accordando la prevalenza a quest’ultima, nella diversa ipotesi di concorso fra la sorveglianza speciale qualificata dall’obbligo di soggiorno e la libertà vigilata l’art. 12 della medesima legge prevede la piena compatibilità applicativa delle due misure, sia pure in successione, in coerente attuazione del principio dell’autonomia delle misure di sorveglianza; ne discende che, con riferimento alla terza figura della sorveglianza speciale, qualificata dal divieto di soggiorno, stante la mancata espressa regolamentazione del rapporto di quest’ultima con la libertà vigilata, è possibile la contemporanea applicazione di entrambe le misure. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 390 del 4 settembre 1996 (Cass. pen. n. 390/1996)

Poiché per la sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 9 L. 31 maggio 1965, n. 575, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate con D.L. 13 maggio 1991, n. 156, convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203, occorreva che il fatto fosse stato commesso durante l’esecuzione della misura di prevenzione disposta, con provvedimento definitivo, nei confronti dell’imputato, è da escludere la ricorrenza di tale circostanza qualora il soggetto, sottoposto alla sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, si trovi in stato di libertà vigilata vale a dire sconti una misura di sicurezza incompatibile con la misura di prevenzione applicata nel senso che durante l’esecuzione della prima, restano sospesi gli effetti della seconda. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2147 del 21 febbraio 1994 (Cass. pen. n. 2147/1994)

L’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata non è ostativa a quella della misura di prevenzione della sorveglianza speciale accompagnata dal divieto di soggiorno. Invero l’applicazione della misura di prevenzione del divieto di soggiorno in aggiunta ai particolari controlli ed obblighi connessi alla sorveglianza speciale e comuni con la libertà vigilata risponde ad una specifica esigenza di prevenzione diretta ad evitare quelle situazioni di contiguità del proposto con l’ambiente delinquenziale locale che costituiscono un probabile incentivo o una agevolazione alla recidiva. Proponendo quindi la detta misura un quid pluris rispondente ad esigenze di prevenzione che non può essere eluso, essa deve prevalere, con la conseguenza che la libertà vigilata, eseguibile contemporaneamente alla sorveglianza speciale, rimane assorbita in quest’ultima. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1449 del 4 maggio 1993 (Cass. pen. n. 1449/1993)

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