La riabilitazione (683 c.p.p.) estingue le pene accessorie (28 ss.) ed ogni altro effetto penale della condanna (106, 109), salvo che la legge disponga altrimenti (164 n. 1; 683 c.p.p.).
La riabilitazione (683 c.p.p.) estingue le pene accessorie (28 ss.) ed ogni altro effetto penale della condanna (106, 109), salvo che la legge disponga altrimenti (164 n. 1; 683 c.p.p.).
La riabilitazione (683 c.p.p.) estingue le pene accessorie (28 ss.) ed ogni altro effetto penale della condanna (106, 109), salvo che la legge disponga altrimenti (164 n. 1; 683 c.p.p.).
E’ inammissibile il ricorso per la dichiarazione di non esecutività della sentenza di condanna proposto successivamente all’accoglimento della domanda di riabilitazione in quanto, pur non essendo previsto un termine per la sua presentazione, la precedente richiesta di riabilitazione configura un comportamento acquiescente rispetto alle ipotizzate patologie del titolo esecutivo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 32263 del 17 novembre 2020 (Cass. pen. n. 32263/2020)
In tema di riabilitazione, l’assenza di reddito del condannato costituisce un’ipotesi di rimozione del limite alla concedibilità del beneficio, valutabile ai sensi dell’art. 179, comma 6, n. 2, cod. pen., in quanto tale circostanza giustifica l’inadempimento delle obbligazioni civili da reato. (Fattispecie relativa a condannato affetto da cecità, titolare di un assegno di invalidità con accompagnamento, del quale la Corte ha sottolineato la natura solidaristica e non reddituale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 23359 del 24 maggio 2018 (Cass. pen. n. 23359/2018)
Non costituiscono, di per sé, ostacolo all’accoglimento dell’istanza di riabilitazione, in ragione della presunzione di non colpevolezza, la semplice esistenza di una o più denunce e la sola pendenza di un procedimento penale a carico per fatti successivi a quelli per i quali è intervenuta la condanna cui si riferisce la richiesta medesima. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 15471 del 15 aprile 2015 (Cass. pen. n. 15471/2015)
La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna ma non preclude la valutazione dei precedenti penali e giudiziari del riabilitato, trattandosi di situazioni di fatto di cui il giudice deve tener conto, a norma dell’art. 133 c.p., nell’apprezzamento del comportamento pregresso dell’imputato ai fini della determinazione della pena. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16250 del 9 aprile 2013 (Cass. pen. n. 16250/2013)
In tema di condizioni per la riabilitazione, sono ininfluenti, ai fini della valutazione dell’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, sia la circostanza che le persone offese non si siano costituite parte civile nel processo sia che esse non abbiano chiesto al condannato un ristoro dei danni patiti a causa della sua condotta di reato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 47347 del 20 dicembre 2011 (Cass. pen. n. 47347/2011)
La riabilitazione presuppone che il soggetto abbia dato prova di effettivo e completo ravvedimento, dimostrando di avere tenuto un comportamento privo di qualsivoglia atteggiamento trasgressivo ed aver intrapreso uno stile di vita rispettoso dei principi fondamentali della convivenza civile, tenuto in epoca successiva alla commissione del reato per il quale è stata chiesta la riabilitazione. (Nella specie, la Corte ha respinto il ricorso del procuratore generale che aveva contestato la sussistenza del requisito della buona condotta in uno straniero, condannato per violazione dell’ordine di espulsione dal territorio dello Stato che, pur non risultando avere alcun altro carico pendente ed avendo svolto dopo la condanna attività lavorativa, non aveva ottemperato all’ordine di allontanamento dal territorio nazionale). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 29490 del 22 luglio 2011 (Cass. pen. n. 29490/2011)
Il termine triennale per la concessione della riabilitazione decorre, in caso di condanna a pena condonata, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che ha applicato l’indulto e non da quella del provvedimento legislativo che l’ha concesso. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 16540 del 27 aprile 2011 (Cass. pen. n. 16540/2011)
La domanda di riabilitazione può essere rigettata anche sulla base della valutazione di fatti criminosi commessi dall’istante e storicamente accertati che non abbiano formato oggetto di una pronuncia di condanna. (Nella concreta fattispecie, l’istanza di riabilitazione era stata respinta sulla base del rilievo che l’interessato aveva successivamente riportato una denuncia per una violazione in materia di gestione di rifiuti, definita con lo strumento dell’oblazione). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 11821 del 18 marzo 2009 (Cass. pen. n. 11821/2009)
In tema di reati contro l’ordine pubblico, la concessione della riabilitazione successiva ad una sentenza di condanna per associazione per delinquere di tipo mafioso non estingue l’obbligo di comunicazione al nucleo della polizia tributaria delle variazioni patrimoniali, di cui all’art. 30 L. 646 del 1982, che non costituisce effetto penale di tale sentenza, ancorchè essa ne sia presupposto di applicabilità. Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 14332 del 21 aprile 2006 (Cass. pen. n. 14332/2006)
Non sussiste alcun interesse ad ottenere la riabilitazione quando l’interessato si è avvalso del procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p. patteggiando la pena, in quanto in tal caso la legge prevede che con il decorso del tempo stabilito il reato si estingue. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 44665 del 17 novembre 2004 (Cass. pen. n. 44665/2004)
Tra le conseguenze della estinzione di ogni effetto penale della condanna a seguito di riabilitazione, non rientra la cancellazione dell’iscrizione della sentenza dal casellario, perché non prevista tra le cause di eliminazione dall’art. 687 c.p.p. e, inoltre, l’art. 686 c.p.p. stabilisce che il provvedimento di riabilitazione deve essere annotato nel casellario, ed, infine, l’art. 689 secondo comma n. 4 c.p.p., già prevede che i certificati penali rilasciati all’interessato non contengano le condanne per le quali è intervenuta riabilitazione. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 35078 del 4 settembre 2003 (Cass. pen. n. 35078/2003)
L’istituto della riabilitazione, avuto riguardo alla sua funzione che è al tempo stesso premiale e social-preventiva, può trovare applicazione con riguardo a tutte le condanne, ivi comprese quelle a pena condizionalmente sospesa, come è dato desumere anche dall’art. 179, comma 1, c.p., nella parte in cui esso, ai fini della decorrenza del termine per poter ottenere la riabilitazione, fa riferimento, oltre che all’avvenuta esecuzione della pena, anche alla sua eventuale estinzione per altra causa, quale è quella prodotta appunto dalla sospensione condizionale, una volta che il relativo termine sia positivamente decorso. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 6617 del 21 gennaio 2000 (Cass. pen. n. 6617/2000)
Nel caso in cui intervenga una abolitio criminis – nella specie depenalizzazione di reato valutario per effetto della L. n. 455 del 1988 – deve essere applicata la disposizione dell’art. 673 c.p.p. (revoca della sentenza per abolizione del reato) e non la riabilitazione richiesta ai sensi dell’art. 178 c.p. Infatti, secondo quest’ultima norma, la riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti; mentre, quando è intervenuta una abolizione del reato, la legge dispone, diversamente, giacché ai sensi dell’art. 673 c.p.p. il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna, dichiarando che il fatto non è più previsto come reato ed adottando i provvedimenti conseguenti. Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 411 del 7 luglio 1995 (Cass. pen. n. 411/1995)
Poiché, dopo la riabilitazione prevista dalla legge penale comune (art. 178 c.p.), non residuano effetti penali della condanna per diserzione (art. 146 c.p.m. di guerra) da estinguere mediante la cosiddetta riabilitazione militare, ne deriva, come logico corollario, l’inesistenza dell’interesse alla relativa domanda che, pertanto, deve essere dichiarata inammissibile: non costituiscono effetti penali della condanna de qua, infatti, la perdita dei benefici combattentistici previsti dagli artt. 11 D.L.vo 4 marzo 1948, n. 137, e 1 legge 24 maggio 1970, n. 336, né la perdita delle distinzioni onorifiche, ex art. 4, ultimo comma, legge 24 aprile 1950, n. 390, né la perdita dell’onore militare e della qualità di ex combattente, intesa come deminutio dello status del militare, posto che tale sanzione non è preveduta dal diritto positivo. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1274 del 17 giugno 1995 (Cass. pen. n. 1274/1995)
La condanna per diserzione, nel comportare, ai sensi dell’art. 1 D.L.vo 4 marzo 1948 n. 137, l’automatica esclusione dai benefici combattentistici, comporta, del pari automaticamente, l’esclusione dalle onorificenze militari, incidendo sullo status di militare del condannato, con chiaro contenuto sanzionatorio. Pertanto, la non applicazione dei benefici combattentistici costituisce un effetto penale della condanna per diserzione, estinguibile, a norma dell’art. 412 c.p.m.p., mediante estensione degli effetti della riabilitazione comune già conseguita. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2002 del 30 maggio 1995 (Cass. pen. n. 2002/1995)
Poiché l’affidamento in prova al servizio sociale costituisce misura alternativa alla sola pena detentiva, solo a tale pena, e non anche alle eventuali pene pecuniarie inflitte con la medesima condanna, può riferirsi l’effetto estintivo previsto dall’art. 47, comma ultimo dell’ordinamento penitenziario in caso di esito positivo del periodo di prova. Ciò, fra l’altro, trova conferma — (volendosi fare un raffronto, ad esempio, con l’art. 178 c.p., relativo agli effetti della riabilitazione) — anche nella mancata menzione, nel citato comma ultimo dell’art. 47 dell’ordinamento penitenziario, delle pene accessorie, come pure nella circostanza che, prevedendosi ivi, oltre all’estinzione della pena, anche quella «di ogni altro effetto penale», non segue a tale espressione la specificazione «della condanna». Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 88 del 4 marzo 1995 (Cass. pen. n. 88/1995)
Il condannato per il reato di diserzione, che abbia già ottenuto la riabilitazione ordinaria ai sensi dell’art. 178 c.p., conserva l’interesse a richiedere la riabilitazione militare prevista dall’art. 72 c.p.m.p. in quanto la prima, a differenza della seconda, non estingue le pene militari accessorie e gli altri effetti militari della condanna, tra i quali deve ritenersi compresa ogni conseguenza che comporti, a causa della condanna medesima, incapacità giuridiche, preclusioni o limitazioni all’esercizio di facoltà o alla possibilità di ottenere benefici anche in virtù di atti discrezionali della pubblica amministrazione. (Fattispecie in tema di applicazione dei benefici combattentistici previsti dal D.L.vo 4 marzo 1948, n. 137). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4491 del 18 dicembre 1993 (Cass. pen. n. 4491/1993)
La riabilitazione si caratterizza rispetto alle cause di estinzione di specifico reato o di specifica pena per un connotato di efficacia generale e residuale; essa, infatti, è astrattamente idonea ad estinguere anche ogni ulteriore conseguenza che norme eventualmente sopravvenute alla sua concessione possano far derivare dalla medesima condanna per cui essa è intervenuta. Da tale operatività della riabilitazione in ordine ad ogni possibile effetto della condanna, e non soltanto a quelli già verificatisi, consegue, poi, che debba ritenersi sussistere l’interesse a richiedere il relativo provvedimento per il solo fatto che risulti intervenuta sentenza di condanna dalla quale non si sia già stati riabilitati. (Fattispecie in tema di riabilitazione militare). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4443 del 3 dicembre 1993 (Cass. pen. n. 4443/1993)
Non può riconoscersi valore preclusivo della concessione della riabilitazione alla condanna successiva alla sentenza per la quale la riabilitazione è richiesta, se isolatamente riguardata e senza valutazione del contenuto, che va invece esaminato nella sua portata sintomatica e posto in relazione, per un più ampio giudizio, a quant’altro possa riguardare la condotta complessiva del soggetto. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 606 del 12 marzo 1993 (Cass. pen. n. 606/1993)
La funzione della riabilitazione prevista dall’art. 178 c.p. è quella di estinguere «le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti»; l’eccezione alla regola suddetta è rappresentata dall’art. 72 c.p.m.p., che in relazione alle «pene militari accessorie ed agli altri effetti penali militari», prevede la necessità della riabilitazione militare. (Nell’affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha altresì evidenziato, da una parte, che «effetti penali della condanna» sono quelle conseguenze giuridiche di carattere afflittivo diverse dalle pene accessorie che derivano direttamente dalla condanna stessa, e che consistono, tra l’altro, nella soggezione ad eventuali particolari aggravi derivanti dallo stato di già condannato, e, dall’altra, che tra le dette conseguenze giuridiche rientra anche la possibilità per chi le subisce di vedersi applicare un aumento di pena in caso di commissione da parte sua di ulteriori reati). Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3081 del 25 luglio 1991 (Cass. pen. n. 3081/1991)
La riabilitazione militare, quella cioè riflettente le pene militari accessorie e altri effetti penali militari della condanna, ha caratteristiche sue proprie rispetto alla riabilitazione ordinaria, essendo, tra l’altro, facoltativa e non obbligatoria e, pertanto, non conseguendo automaticamente alla riabilitazione concessa a norma della legge penale comune, stante invece l’obbligo del giudice militare di prendere in considerazione gli aspetti peculiari dello status di militare proprio del condannato. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 303 del 19 marzo 1991 (Cass. pen. n. 303/1991)
Mentre la riabilitazione ordinaria è necessaria sempre per la eliminazione degli effetti scaturenti dalla condanna, quella militare diventa indispensabile — e, quindi, può essere chiesta ed ottenuta — solo se dalla condanna siano derivate pene accessorie militari od effetti penali militari (perdita del grado, delle decorazioni, di distinzioni onorifiche di guerra e simili), od, in generale, se l’interessato abbia interesse a riacquistare uno «status di onori militari» perduto a seguito della sentenza di condanna. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 3359 del 31 ottobre 1990 (Cass. pen. n. 3359/1990)
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