Art. 115 – Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 - aggiornato alla D. Lgs. 10 ottobre 2022, n.150)

Accordo per commettere un reato. Istigazione

Articolo 115 - codice penale

Salvo che la legge disponga altrimenti (266, 270, 271, 302, 303, 304, 305, 306, 322, 327, 414 ss., 548; 78, 98, 212 c.p.m.p.), qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell’accordo.
Nondimeno, nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può applicare una misura di sicurezza (229).
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione è stata accolta, ma il reato non è stato commesso.
Qualora la istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d’istigazione a un delitto, l’istigatore può essere sottoposto a misura di sicurezza (215 ss., 229).

Articolo 115 - Codice Penale

Salvo che la legge disponga altrimenti (266, 270, 271, 302, 303, 304, 305, 306, 322, 327, 414 ss., 548; 78, 98, 212 c.p.m.p.), qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell’accordo.
Nondimeno, nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può applicare una misura di sicurezza (229).
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione è stata accolta, ma il reato non è stato commesso.
Qualora la istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d’istigazione a un delitto, l’istigatore può essere sottoposto a misura di sicurezza (215 ss., 229).

Massime

Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo. (Fattispecie relativa a tentativo di rapina ad un furgone portavalori, con riferimento alla quale la S.C. ha ritenuto che erroneamente il tribunale del riesame, in riforma dell’ordinanza coercitiva, avesse escluso l’univocità degli atti solo per la non imminenza dell’assalto, senza tener conto degli altri indici utilizzabili per stabilire se l’azione avesse una significativa probabilità di essere portata a compimento, tra cui l’individuazione dell’obiettivo, la progettazione dell’azione nei minimi particolari, la progressione nell’organizzazione – con l’approvvigionamento di una pala gommata, di armi e di maschere per i volti – nonostante la certezza del monitoraggio delle forze dell’ordine, nonché la scelta di un’idonea strada con curve a gomito per l’agguato). Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 24302 del 16 maggio 2017 (Cass. pen. n. 24302/2017)

Il delitto di collusione previsto dall’art. 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, introduce una deroga al generale principio stabilito dall’art. 115 cod.pen., secondo cui l’accordo o l’istigazione alla commissione di un reato non sono di per sè punibili se non seguiti dalla effettiva commissione dello stesso, alla quale consegue non solo l’attribuzione di rilevanza penale al semplice accordo tra il finanziere e l’estraneo diretto alla commissione di un reato di frode fiscale, ma anche la punibilità dell’intesa collusiva mirata all’attuazione della frode fiscale mediante la commissione di illeciti finanziari penalmente irrilevanti, ovvero mediante comportamenti diretti ad eludere o sviare le attività di accertamento e controllo della polizia tributaria. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 45864 del 5 novembre 2014 (Cass. pen. n. 45864/2014)

Si configura nei confronti del mandante di un omicidio l’ipotesi prevista dall’art. 115 c.p. nel caso in cui l’esecutore materiale desista dall’azione senza porre in essere alcuna attività penalmente rilevante. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 35778 del 29 agosto 2013 (Cass. pen. n. 35778/2013)

Non integra l’ipotesi criminosa del tentativo di collusione del militare della Guardia di finanza con estraneo, ma solo mera istigazione a commettere un reato, la proposta, non accolta dall’impresario edile, di sottofatturazione dei lavori svolti nell’interesse del militare. Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 49975 del 30 dicembre 2009 (Cass. pen. n. 49975/2009)

L’accordo tra piú soggetti di realizzare uno o piú reati è un elemento comune alla fattispecie associativa ed a quella concorsuale, ma in tale ultima ipotesi esso deve pervenire alla concreta realizzazione del reato, quanto meno a livello di tentativo, secondo quanto previsto dall’art. 115, comma primo c.p.. Il discrimine tra la fattispecie plurisoggettiva e quella concorsuale non è qualificabile come rapporto di specialità, bensì deve essere individuato nella necessaria qualificazione dell’accordo associativo come una struttura permanente, nella quale i singoli associati divengono — ciascuno nell’ambito dei propri compiti assunti od affidati — parti di un tutto, con il fine di commettere una serie indeterminata di delitti. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7957 del 24 febbraio 2004 (Cass. pen. n. 7957/2004)

In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), il combinato disposto degli artt. 110 e 115 c.p. preclude la configurabilità di un concorso esterno o eventuale, atteso che l’aiuto portato all’associazione nei momenti di crisi o fibrillazione integra, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la condotta del «far parte» del sodalizio criminoso. (Nella specie la Corte, rilevando, nel provvedimento impugnato, la mancanza della motivazione in ordine alla sussistenza dello stato di crisi o fibrillazione dell’associazione per delinquere, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare, ritenendo che la natura del vizio riscontrato non imponesse l’applicazione dell’art. 618 c.p.p. e la rimessione alle sezioni unite per la risoluzione del contrasto interpretativo con la decisione delle sezioni unite del 5 ottobre 1994, n. 16, ric. Demitry). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3299 del 23 gennaio 2001 (Cass. pen. n. 3299/2001)

L’art. 115 del c.p., secondo il quale in caso di accordo per commettere un reato nessuno può essere punito se il reato non è commesso, non trova applicazione nell’ipotesi di accordo per la cessione di sostanze stupefacenti in quanto, tra le condotte alternative punite dall’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, è prevista l’«offerta» di droga, che costituisce reato di pericolo presunto per scelta di politica criminale del legislatore e che si pone pertanto fra le eccezioni legislative che il suddetto art. 115 fa espressamente salve. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9774 del 19 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9774/1995)

Pure se l’accordo può costituire elemento comune sia al concorso di persone nel reato sia all’associazione per delinquere, i due fenomeni restano caratterizzati da aspetti strutturali e teleologici profondamente differenziati. Dal primo punto di vista, l’accordo che designa la fattispecie plurisoggettiva semplice (sia essa necessaria ovvero eventuale) è funzionale alla realizzazione di uno o più reati, consumati i quali l’accordo si esaurisce o si dissolve. Del resto, l’accordo, in tanto diviene rilevante nei confini della mera ipotesi concorsuale in quanto pervenga ad una concreta realizzazione dell’assetto divisato, ad un’attività esecutiva, dunque, che non si arresti alle soglie del tentativo. Di conseguenza, il mero accordo allo scopo di commettere un reato, non traducendosi in un’attività di partecipazione al reato stesso resta assoggettato al principio di ordine generale stabilito dall’art. 115 c.p. A tale regola il primo comma dell’art. 115 enuncia un’espressa eccezione ma sempre relativa all’ipotesi in cui «due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato e questo non sia commesso»; cosicché i criteri interpretativi destinati a risolvere le (solo apparenti) antinomie tra accordo non punibile e reato associativo non possono essere compiutamente individuati chiamando in causa il solo principio di specialità. E ciò per la mancanza di un vero e proprio rapporto di genere a specie, postulando il reato associativo una base plurisoggettiva qualificata, non richiesta, invece, nell’ipotesi di accordo. Una constatazione che vale anche ai fini della distinzione tra fattispecie meramente concorsuale e fattispecie associativa, rappresentando il minimum soggettivo richiesto dalla legge relativamente alla seconda categoria di reati un dato non richiesto, invece, per l’attività di mera partecipazione, così da consentire l’utilizzazione del medesimo criterio interpretativo pure – quel che più interessa – nel discriminare le categorie ora ricordate. (Fattispecie di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9320 del 5 settembre 1995 (Cass. pen. n. 9320/1995)

Il reato di collusione in contrabbando costituisce una deroga al generale principio sancito dall’art. 115 c.p. che prescrive la non punibilità sia dell’accordo per commettere un reato sia della istigazione, non seguita della commissione del reato. La natura eccezionale di tale previsione di punibilità induce a ritenere che possano integrare la detta fattispecie solo quelle intese che abbiano per oggetto un contenuto specifico, concreto, determinato o eventualmente determinabile dalla successiva volontà delle parti e non quelle che abbiano un contenuto generico, incerto, legato ad evenienze future e non controllabili dalle parti stesse perché affidate al caso o a scelte di terzi. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5307 del 5 maggio 1992 (Cass. pen. n. 5307/1992)

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