Art. 40 – Codice delle pari opportunità tra uomo e donna

(D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198 - aggiornato alla legge 05.11.2021, n. 162)

Onere della prova

Art. 40 - codice delle pari opportunità tra uomo e donna

1. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l’onere della prova sull’insussistenza della discriminazione.

Art. 40 - Codice delle pari opportunità tra uomo e donna

1. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l’onere della prova sull’insussistenza della discriminazione.

Note

legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, comma 6

Massime

In tema di comportamenti datoriali discriminatori fondati sul sesso, l’art. 40 del d.lgs. n. 198 del 2006 stabilisce un’attenuazione del regime probatorio ordinario in favore della parte ricorrente, la quale è tenuta solo a dimostrare una ingiustificata differenza di trattamento o anche solo una posizione di particolare svantaggio dovute al fattore di rischio tipizzato dalla legge in termini tali da integrare una presunzione di discriminazione, restando, per il resto, a carico del datore di lavoro l’onere di dimostrare le circostanze inequivoche, idonee a escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria della condotta. (Nella specie, la S.C. – in relazione alla domanda con cui una lavoratrice aveva dedotto la sussistenza di una discriminazione per avere il datore di lavoro negato, non procedendo alla proroga di un contratto a termine, il mantenimento in servizio della medesima, a causa del suo stato di gravidanza, e invece concesso il rinnovo di contratti a termine a tutti i colleghi che si trovavano nelle sue stesse condizioni contrattuali – ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la predetta domanda sul rilievo che in giudizio non erano stati forniti elementi circa la stipula di nuovi contratti con gli altri dipendenti fondati sulla medesima causale di quello della lavoratrice, così finendo, però, per porre a carico di quest’ultima una prova piena di tutti gli elementi significativi di una discriminazione, e senza considerare il criterio della vicinanza della prova, il quale portava a ritenere che i contratti in questione fossero nella materiale disponibilità del datore di lavoro). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5476 del 26 febbraio 2021 (cass. civ. n. 5476/2021)

In tema di comportamenti datoriali discriminatori, l’art. 40 del d.lgs. n. 198 del 2006 – nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore ovvero dal consigliere di parità – non stabilisce un’inversione dell’onere probatorio, ma solo un’attenuazione del regime probatorio ordinario in favore del ricorrente, prevedendo a carico del datore di lavoro, in linea con quanto disposto dall’art. 19 della Direttiva CE n. 2006/54 (come interpretato da Corte di Giustizia Ue 21 luglio 2011, C-104/10), l’onere di fornire la prova dell’inesistenza della discriminazione, ma a condizione che il ricorrente abbia previamente fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, anche se non gravi, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 25543 del 12 ottobre 2018 (cass. civ. n. 25543/2018)

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