Anche a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Testo Unico ambientale) che ha attribuito in via esclusiva la richiesta risarcitoria per danno ambientale al Ministero dell’Ambiente, le associazioni ecologiste sono legittimate a costituirsi parte civile al solo fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti dal sodalizio a causa del degrado ambientale, mentre non possono agire in giudizio per il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica. (Nella specie detta legittimazione è stata riconosciuta al Circolo Legambiente ed al WWF Italia). Cass. pen. sez. III 16 aprile 2010, n. 14828
È ammissibile, in un procedimento per reati ambientali, la costituzione di parte civile di una Associazione ricompresa tra quelle di cui agli artt. 13 e 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, atteso che a tali associazioni è riconosciuto il diritto di intervenire in giudizio ogni qual volta una determinata condotta possa avere recato danno all’ambiente o ad uno dei suoi componenti essenziali, e ciò in considerazione del ruolo svolto da tali associazioni, che è quello di assecondare l’attività dello Stato nella salvaguardia dell’ambiente. Cass. pen. sez. III 20 dicembre 2002, n. 43238
Il danno ambientale non consiste solo in una «compromissione dell’ambiente» in violazione delle leggi ambientali, ma anche contestualmente in una «offesa della persona umana nella sua dimensione individuale e sociale». Pertanto, proprio perché nel danno ambientale è inscindibile l’offesa ai valori naturali e culturali e la contestuale lesione dei valori umani e sociali di ogni persona la legittimazione processuale non spetta solo ai soggetti pubblici, come Stato, Regione, Province, Comuni, Enti autonomi, Parchi Nazionali ecc. (in nome dell’ambiente come interesse pubblico) ma anche alla persona singola od associata (in nome dell’ambiente come diritto soggettivo fondamentale di ogni uomo): le Associazioni di protezione dell’ambiente, ivi comprese quelle a carattere locale non riconosciute ex art. 13 legge 8 luglio 1986, n. 349, possono intervenire nel processo e costituirsi parti civili, in quanto abbiano dato prova di continuità della loro azione, aderenza al territorio, rilevanza del loro contributo, ma soprattutto perché formazioni sociali nelle quali si svolge dinamicamente la personalità di ogni uomo, titolare del diritto umano all’ambiente. (Fattispecie relativa a ritenuta legittimazione dell’Associazione Italiana per il WWF). Cass. pen. sez. III 19 novembre 1996, n. 9837
In tema di costituzione di parte civile, la disposizione di cui all’art. 18 comma quinto della L. n. 349 del 1986 (istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale) che attribuisce alle associazioni ambientali la facoltà di «intervenire» nei giudizi per danno ambientale, rimarrebbe vuota di contenuto se a dette associazioni fosse negata la possibilità di costituirsi parti civili, con il conseguenziale diritto alla rifusione delle spese. Nè con tale possibilità risulta incompatibile, sotto il profilo logico-giuridico, il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, attesa la peculiare natura dell’interesse che la norma in questione ha inteso tutelare. In sostanza, non vale invocare lo schema processuale di correlazione tra costituzione di parte civile e danno risarcibile, dato che è la legge a consentire la partecipazione ai giudizi per danno ambientale di soggetti «non danneggiati» (in senso tecnico). (Fattispecie relativa ad un procedimento concernente la costruzione abusiva di una strada sterrata, in area sottoposta a vincolo paesistico ed ambientale). Cass. pen. sez. III 26 febbraio 1991, n. 2603
In procedimento per reato colposo derivante da colpa medica e per falso in atto pubblico, commesso mediante alterazione delle annotazioni contenute nella cartella clinica, è legittima la costituzione di parte civile dell’associazione denominata «Movimento federativo democratico – Tribunale dei diritti del malato» considerando, per un verso, che tale associazione persegue lo scopo istituzionale di limitare e rimuovere attentati all’integrità fisica e psichica delle persone negli ambienti dei servizi pubblici e sociali e quindi di garantire un corretto rapporto tra il paziente e la struttura sanitaria; per altro verso, che il diritto alla salute è un diritto non solo individuale, ma anche collettivo, ai sensi dell’art. 32 della Costituzione. Cass. pen. sez. V 23 marzo 2004, n. 13989
È affidato all’apprezzamento del giudice del merito accertare se l’interesse che l’ente o l’associazione pretende azionare rientri in un collegamento concreto e effettivo col circostanziato ambito d’incidenza del sodalizio, di tal che questo sia legittimato all’azione risarcitoria anche in sede penale, ovvero se l’interesse, ancorché accennato nello statuto, sia astratto e diffuso, di guisa che l’ente sia legittimato soltanto all’intervento nel procedimento penale, purché concorrano le condizioni all’uopo previste dal nuovo codice di procedura penale agli artt. 91 e seguenti. Cass. pen. sez. VI 10 gennaio 1990, n. 59 1989 n. 1719).