La competenza del magistrato di sorveglianza ad applicare le misure di sicurezza non disposte con la sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento ha carattere funzionale e, come tale, in caso di violazione è sempre rilevabile anche di ufficio ai sensi dell’art. 21, comma primo, c.p.p. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l’ordinanza del tribunale che, dopo l’irrevocabilità della sentenza, aveva provvisoriamente applicato la misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura e custodia). Cass. pen. sez. I 22 gennaio 2015, n. 3108
Quando deve essere applicata una misura di sicurezza personale, successivamente alla pronuncia della sentenza di condanna, la decisione del magistrato di sorveglianza competente, è legittimamente emessa anche se fa seguito a domanda formulata da un Ufficio del Pubblico Ministero sprovvisto di competenza per territorio, posto che il magistrato di sorveglianza, a norma dell’art. 679 cod. proc. pen. procede in tale ipotesi anche “d’ufficio”. Cass. pen. sez. I 22 gennaio 2015, n. 3082
L’attribuzione della competenza funzionale alla magistratura di sorveglianza in materia di misure di sicurezza personali e di accertamento della pericolosità sociale presuppone che l’impugnazione sia limitata alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza, mentre quando l’impugnazione riguarda anche altri “capi” penali della sentenza, ovvero altri “punti” della decisione pur afferenti allo stesso capo, riprende vigore la regola generale che attribuisce la competenza al giudice della cognizione sul merito. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto competente la Corte di appello a decidere sull’impugnazione che riguardava l’accertamento della configurabilità di una istigazione non accolta a commettere un delitto e della sussistenza la pericolosità sociale). Cass. pen. sez. I 16 gennaio 2015, n. 2260
Le disposizioni che concernono le misure di sicurezza impongono sempre di accertare la persistenza della pericolosità sociale del soggetto riferita al momento dell’applicazione della misura, oltre che a quello della sua esecuzione. (Fattispecie di annullamento con rinvio dell’applicazione della casa di cura e custodia disposta ex art. 219, comma 1, c.p non risultando eseguito il detto accertamento). Cass. pen. sez. I 1 dicembre 1999, n. 13741
In tema di misure di sicurezza, la legge demanda al magistrato di sorveglianza un permanente controllo sulla perdurante sussistenza delle condizioni che legittimano l’esecuzione della misura disposta; e ciò in considerazione del fatto che presupposto per l’esecuzione della misura è costituito dal giudizio sull’attualità della pericolosità sociale. Ne consegue che il procedimento in questione è disciplinato dalla regola rebus sic stantibus. (Fattispecie in cui all’interessato erano state applicate congiuntamente, con la sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, l’assegnazione a una casa di lavoro per un anno e la sottoposizione a libertà vigilata per tre anni. La S.C.alla stregua del principio di cui in massima, ha rigettato il ricorso del P.G. e ritenuto corretto l’operato del tribunale di sorveglianza – che aveva sottoposto il condannato alla più grave misura di sicurezza e contestualmente revocato quella meno grave – precisando che, al termine dell’assegnazione alla casa di lavoro, si sarebbe dovuto comunque instaurare il procedimento finalizzato all’accertamento dell’attualità della pericolosità sociale e, quindi, se del caso, all’applicazione della libertà vigilata). Cass. pen. sez. I 21 settembre 1995, n. 4074
Le misure di sicurezza debbono essere ordinate dallo stesso giudice che ha emesso la sentenza di condanna o di proscioglimento contestualmente alla stessa (art. 205 comma primo c.p.) salvo che nei casi tassativamente indicati dalla legge (nn. 1, 2, 3 del comma secondo dell’articolo citato) tra i quali non figurano le ipotesi dei cosiddetti quasi reati (art. 115 c.p.); ciò per l’evidente ragione che le condizioni di pericolosità che il reato o il quasi reato manifesta possono essere oggetto di una valutazione complessa ed immediata solo attraverso una sentenza (artt. 202, 203 c.p.). Tale sistema non è stato in alcun modo innovato dall’art. 679 c.p.p.il quale non ha inciso sulla normativa relativa alla competenza ad ordinare la misura di sicurezza. (Nella specie, relativa a risoluzione di conflitto di competenza, la S.C. ha ritenuto che l’applicazione della misura della libertà vigilata è riservata al tribunale e non al giudice di sorveglianza, in quanto solo il primo può disporla essendo a ciò autorizzato per un fatto [istigazione non accolta] non preveduto dalla legge come reato [art. 229 n. 2 c.p. in relazione all’art. 115 stesso codice]). Cass. pen. sez. I 14 gennaio 1993, n. 4823
Al magistrato di sorveglianza la legge ha attribuito la competenza esclusiva in tema di misure di sicurezza (diverse dalla confisca ed eccettuati i casi di cui all’art. 312 c.p.p.) disposta con sentenza o da irrogarsi successivamente. Ne consegue che è illegittimo il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza si spoglia della competenza in ordine a un provvedimento di espulsione dello straniero dallo Stato sul rilievo dell’asserita assenza di pericolosità. Cass. pen. sez. I 5 giugno 1992
Il tribunale di sorveglianza è funzionalmente incompetente a deliberare sulla richiesta di «sospensione» di una misura di sicurezza. Competente in materia di misure di sicurezza è, infatti, il magistrato di sorveglianza, ai sensi degli artt. 69, comma quarto, L. 26 luglio 1975 n. 354 e 679 c.p.p.in riferimento ad ogni provvedimento con il quale se ne dispone l’applicazione, l’esecuzione, la trasformazione o la revoca, mentre al tribunale di sorveglianza, nei confronti di siffatti provvedimenti concernenti le misure di sicurezza, è attribuita soltanto una competenza quale giudice di appello. (Fattispecie in cui il tribunale di sorveglianza aveva rigettato la richiesta di «sospensione» della misura di sicurezza della casa di lavoro e la Cassazione, sulla scorta del principio di cui in massima ha annullato la relativa ordinanza senza rinvio, disponendo la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza). Cass. pen. sez. I 15 maggio 1992