Art. 672 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Applicazione dell'amnistia e dell'indulto

Articolo 672 - codice di procedura penale

1. Per l’applicazione dell’amnistia (151 c.p.) o dell’indulto (174 c.p.) il giudice dell’esecuzione (665) procede a norma dell’art. 667 comma 4.
2. Quando, in conseguenza dell’applicazione dell’amnistia o dell’indulto, occorre applicare o modificare una misura di sicurezza a norma dell’art. 210 del codice penale, il giudice dell’esecuzione dispone la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza (677).
3. Il pubblico ministero che cura l’esecuzione della sentenza di condanna (655) può disporre provvisoriamente la liberazione del condannato detenuto ovvero la cessazione delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative, prima che essa sia definitivamente ordinata con il provvedimento che applica l’amnistia o l’indulto.
4. L’amnistia e l’indulto devono essere applicati, qualora il condannato ne faccia richiesta, anche se è terminata l’esecuzione della pena.
5. L’amnistia e l’indulto condizionati hanno per effetto di sospendere l’esecuzione della sentenza o del decreto penale fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto di concessione o, se non fu stabilito termine, fino alla scadenza del quarto mese dal giorno della pubblicazione del decreto. L’amnistia e l’indulto condizionati si applicano definitivamente se, alla scadenza del termine, è dimostrato l’adempimento delle condizioni o degli obblighi ai quali la concessione del beneficio è subordinata.

Articolo 672 - Codice di Procedura Penale

1. Per l’applicazione dell’amnistia (151 c.p.) o dell’indulto (174 c.p.) il giudice dell’esecuzione (665) procede a norma dell’art. 667 comma 4.
2. Quando, in conseguenza dell’applicazione dell’amnistia o dell’indulto, occorre applicare o modificare una misura di sicurezza a norma dell’art. 210 del codice penale, il giudice dell’esecuzione dispone la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza (677).
3. Il pubblico ministero che cura l’esecuzione della sentenza di condanna (655) può disporre provvisoriamente la liberazione del condannato detenuto ovvero la cessazione delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative, prima che essa sia definitivamente ordinata con il provvedimento che applica l’amnistia o l’indulto.
4. L’amnistia e l’indulto devono essere applicati, qualora il condannato ne faccia richiesta, anche se è terminata l’esecuzione della pena.
5. L’amnistia e l’indulto condizionati hanno per effetto di sospendere l’esecuzione della sentenza o del decreto penale fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto di concessione o, se non fu stabilito termine, fino alla scadenza del quarto mese dal giorno della pubblicazione del decreto. L’amnistia e l’indulto condizionati si applicano definitivamente se, alla scadenza del termine, è dimostrato l’adempimento delle condizioni o degli obblighi ai quali la concessione del beneficio è subordinata.

Massime

Il giudice dell’esecuzione quando sia richiesto dell’applicazione dell’indulto o comunque sia investito di un incidente di esecuzione ha il compito di interpretare il giudicato, al fine di veri.care la sussistenza delle condizioni di legge per l’accoglimento o meno della richiesta. (In applicazione di tale principio la S.C. ha eliminato dal provvedimento di cumulo delle pene la circostanza aggravante dell’art. 7 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152 la cui esclusione era desumibile dalla motivazione della sentenza di condanna). Cass. pen. sez. I 4 gennaio 2013, n. 132

All’errata applicazione in eccesso dell’indulto, determinata da svista o erronea interpretazione normativa del giudice della cognizione, si può porre rimedio solo attraverso tempestiva impugnazione del P.M non in sede esecutiva con la procedura di correzione dell’errore materiale, ostandovi la preclusione del giudicato. (Fattispecie relativa a indulto applicato per intero, a norma della L. n. 241 del 2006, su pena pecuniaria di euro 12.500). Cass. pen. sez. I 30 ottobre 2009, n. 41938

L’indulto, se estingue la pena e ne fa cessare l’espiazione, non ha perefficacia ablativa ed eliminatoria degli altri effetti scaturenti “ope legis”, quale può essere l’effetto della somma delle pene irrogate sul limite di concedibilità della sospensione dell’ordine di esecuzione delle pene detentive ai sensi dell’art. 656, comma quinto, c.p.p.. Cass. pen. sez. I 16 dicembre 2008, n. 46246

È ammissibile l’applicazione dell’indulto a pena dichiarata interamente espiata per effetto del principio di fungibilità, purché sussista un concreto interesse del condannato al conseguimento di qualche effetto favorevole (nella specie, la riparazione per ingiusta detenzione, che discende dalla illegittimità del titolo detentivo dopo l’entrata in vigore del provvedimento di clemenza ). Cass. pen. sez. I 18 novembre 2008, n. 43055

In tema di riabilitazione, ove sia stata condonata la pena inflitta con la sentenza in relazione alla quale il condannato chiede di essere riabilitato, il termine previsto dall’art. 179 c.p. per la concessione del beneficio decorre – atteso il carattere meramente dichiarativo del provvedimento giurisdizionale di applicazione del condono – non dalla data di tale provvedimento ma da quella di entrata in vigore del decreto di clemenza. Cass. pen. sez. I 24 novembre 2001, n. 42724

Il provvedimento applicativo dell’indulto, emesso in sede di cognizione, in quanto condizionato ex lege, non ha carattere definitivo, potendo essere sempre revocato in executivis, pur se erroneamente emesso in presenza di una causa di revoca, a meno che non risulti che quest’ultima, nota al giudice, sia stata almeno implicitamente valutata e ritenuta inoperante. Qualora, invece, sia lo stesso giudice dell’esecuzione a dichiarare condonata la pena con provvedimento impugnabile a norma degli artt. 672, comma primo, e 667 c.p.p.la decisione assume – in forza del generale principio del ne bis in idem operante, in quanto compatibile, anche nel procedimento esecutivo – carattere di definitività e deve, quindi, ritenersi irrevocabile, essendo suscettibile di modi.ca solo in sede di gravame, ma non per successivo e autonomo intervento del giudice dell’esecuzione, cui la stessa questione potrebbe essere riproposta, data la natura di pronuncia «allo stato degli atti» dei provvedimenti da lui emessi, soltanto in una mutata situazione di fatto, e non sulla base di elementi preesistenti. Ne consegue che nel procedimento di esecuzione l’erronea applicazione dell’indulto in presenza di una causa di revoca, una volta definitiva, preclude l’accoglimento di una successiva istanza del pubblico ministero intesa a far valere la medesima ragione di revoca. Cass. pen. sez. I 16 maggio 2000, n. 749

L’indulto concesso con la L. 31 luglio 2006, n. 241 si applica anche in favore del cittadino italiano che debba scontare in Italia, in seguito al rifiuto della consegna richiesta con mandato d’arresto europeo, la pena inflitta con sentenza dell’Autorità giudiziaria di uno Stato dell’Unione europea. Cass. pen. sez. I 7 settembre 2009, n. 34367

In tema di mandato di arresto europeo, l’indulto si applica anche al cittadino italiano la cui consegna sia stata rifiutata a norma dell’art. 18, comma primo, lett. r), della L. 22 aprile 2005, n. 69, ai fini della esecuzione nello Stato della pena. (Fattispecie in tema di indulto di cui alla L. n. 241 del 2006). Cass. pen. sez. fall. 6 agosto 2009, n. 32332

In tema di riabilitazione, ove sia stata condonata la pena inflitta con la sentenza in relazione alla quale il condannato chiede di essere riabilitato, il termine previsto dall’art. 179 c.p. per la concessione del beneficio decorre – atteso il carattere meramente dichiarativo del provvedimento giurisdizionale di applicazione del condono – non dalla data di tale provvedimento ma da quella di entrata in vigore del decreto di clemenza. Cass. pen. sez. I 24 novembre 2001, n. 42724

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