Art. 671 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato

Articolo 671 - codice di procedura penale

1. Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili (648) pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione (665) l’applicazione della disciplina del concorso formale (81 c.p.) o del reato continuato (81 c.p.), sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione (att. 186). Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza (1).
2. Il giudice dell’esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto (att. 187, 188).
2 bis. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 81, quarto comma, del codice penale (2).
3. Il giudice dell’esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena (163 c.p.) e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (175 c.p.), quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro provvedimento conseguente.

Articolo 671 - Codice di Procedura Penale

1. Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili (648) pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione (665) l’applicazione della disciplina del concorso formale (81 c.p.) o del reato continuato (81 c.p.), sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione (att. 186). Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza (1).
2. Il giudice dell’esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto (att. 187, 188).
2 bis. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 81, quarto comma, del codice penale (2).
3. Il giudice dell’esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena (163 c.p.) e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (175 c.p.), quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro provvedimento conseguente.

Note

(1) Questo periodo è stato aggiunto dall’art. 4 vicies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, nella L. 21 febbraio 2006, n. 49.
(2) Questo comma è stato inserito dall’art. 5, comma 2, della L. 5 dicembre 2005, n. 251.

Massime

In tema di reato continuato, a seguito della modi.ca dell’art. 671, comma 1, cod. proc. pen. ad opera della legge 21 febbraio 2006, n.49, lo stato di tossicodipendenza, pur non comportando automaticamente il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, può giustificarlo con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti a tale stato, sempre che ricorrano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione. Cass. pen. sez. II 22 maggio 2019, n. 22493

Nel riconoscere la continuazione fra i reati in giudizio e quelli già oggetto di sentenza irrevocabile di applicazione di pena concordata, il giudice della cognizione non può modificare il trattamento sanzionatorio determinato per i reati già giudicati con il patteggiamento, anche laddove il risultato finale dovesse poi coincidere con quello della sentenza ex art. 444 cod. proc. pen.. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato, con rinvio, la sentenza di condanna nella quale il giudice del merito, dopo aver assunto a pena base quella relativa al reato ritenuto più grave con la sentenza di patteggiamento divenuta definitiva, aveva modificato “in peius” gli aumenti di pena effettuati dal giudice del patteggiamento per i reati satellite di quel procedimento, procedendo poi agli ulteriori aumenti di pena per i reati al vaglio del decidente). Cass. pen. sez. V 5 gennaio 2017, n. 521

In tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione non puprescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente e con un’unica sentenza, e può escludere l’esistenza del vincolo in questione solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che ragionevolmente facciano ritenere gli ulteriori fatti, oggetto della richiesta presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.non riconducibili al disegno criminoso delineato in sede di cognizione. Cass. pen. sez. V 25 settembre 2014, n. 39837

La sospensione condizionale della pena può essere concessa, in sede esecutiva, anche se essa non sia stata riconosciuta con alcuna delle pronunce relative ai reati da uni.care nel vincolo della continuazione, purché non sussistano condizioni ostative rispetto alle quali sia ininfluente l’applicazione della disciplina del reato continuato. Cass. pen. sez. I 5 giugno 2014, n. 23628

In tema di esecuzione, il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale, anche a seguito di una pronuncia delle Sezioni Unite, non consente la rideterminazione del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole all’imputato, implicando tale operazione una modi.ca sostanziale del giudicato fuori dei casi previsti. (Fattispecie in cui era invocata la rideterminazione “in executivis” della pena in quanto la decisione irrevocabile aveva applicato due distinti aumenti sanzionatori in relazione al concorso di una circostanza aggravante ad effetto speciale e della recidiva). Cass. pen. sez. I 16 maggio 2014, n. 20476

Il giudice dell’esecuzione, investito da richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. non può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, una precedente già operata in fase di esecuzione relativamente ad alcuni reati, potendo da essa prescindere solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui i fatti oggetto di detta richiesta non possono essere ricondotti al delineato disegno. Cass. pen. sez. I 31 gennaio 2014, n. 4716

La necessità di rideterminare la pena per la sopravvenienza di nuovo titolo definitivo di detenzione – che si assuma in continuazione con fatti già oggetto di precedente provvedimento del giudice dell’esecuzione emesso a norma dell’art. 671 c.p.p. – non consente di modi.care in senso peggiorativo il contenuto del precedente provvedimento di unificazione. (Nella specie, la Corte ha annullato il provvedimento di rideterminazione della pena, con cui, intervenuta una nuova condanna per un reato ritenuto più grave rispetto ad altri due già unificati ex art. 81 cpv. c.p.il giudice aveva determinato la pena per i due singoli episodi, in misura complessivamente maggiore di quella in precedenza individuata ex art. 671 c.p.p.). Cass. pen. sez. I 18 giugno 2013, n. 26460

L’applicazione della disciplina della continuazione in sede di esecuzione ha carattere sussidiario e suppletivo ed è subordinata alla circostanza che non sia stata esclusa dal giudice della cognizione, il quale, pertanto, dinanzi ad una precisa richiesta dell’imputato, non può legittimamente rinviare alla fase esecutiva il giudizio sull’identità o meno del disegno criminoso tra i vari illeciti. Cass. pen. sez. IV 15 marzo 2012, n. 10113

Il giudice della cognizione, dinanzi ad una precisa richiesta dell’imputato di riconoscimento della continuazione, non può legittimamente rinviare alla fase esecutiva il giudizio sull’identità o meno del disegno criminoso tra i vari illeciti, sempre che detta richiesta sia stata formulata tempestivamente. (Nella specie la S.C. ha ritenuto intempestiva la richiesta di continuazione fra la ricettazione di un’arma ed una rapina pervenuta il giorno prima dell’udienza in Corte d’Appello). Cass. pen. sez. II 9 febbraio 2012, n. 4964

L’imputato che intenda richiedere, nel giudizio di cognizione, il riconoscimento della continuazione in riferimento a reati già giudicati non può limitarsi ad indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine, ma ha l’onere di produrne la copia, non essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 186 disp. att. c.p.p. dettata per la sola fase esecutiva. Cass. pen. sez. II 1 febbraio 2011, n. 3592

Ai fini dell’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato in sede esecutiva, l’individuazione della violazione più grave è affidata al criterio concreto della pena più grave inflitta, che si differenzia da quello applicato in sede di cognizione, dove si ha riguardo alla gravità in astratto sulla base della valutazione del titolo di reato e dei limiti edittali di pena. Cass. pen. sez. I 2 dicembre 2008, n. 44860

L’art. 671, comma secondo bis, c.p.p.come modificato dall’art. 5 della legge n. 251 del 2005, prevede che quando la richiesta di continuazione in sede esecutiva riguardi condanne nelle quali debba ritenersi applicata la recidiva prevista dall’art. 99, comma quarto, come modificato dall’art. 4 della stessa legge, l’aumento della pena per i reati minori non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. Qualora tale calcolo porti ad individuare una pena superiore a quella inflitta dal giudice di merito per il reato meno grave, l’aumento in continuazione dovrà essere determinato in una misura non inferiore al cumulo materiale delle pene inflitte dai giudici di merito. Cass. pen. sez. I 31 gennaio 2007, n. 3656

In tema di reato continuato, l’unificazione dei reati in sede esecutiva, a norma dell’articolo 671, comma primo, c.p.p.(nel testo modificato dal D.L. 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49) impone solo prescrizioni per la motivazione del provvedimento adottato dal giudice in materia di continuazione, in quanto la nuova disciplina non ha modificato l’assetto di tale istituto. Ne consegue che, per l’applicazione del reato continuato, non possono valere, da soli, lo stato di tossicodipendenza in cui versava l’imputato e la necessità per questi di procurarsi il denaro con attività illecita per procacciarsi la droga, trattandosi di elementi che, di per sé, sono indicativi del solo movente dei delitti commessi, ma non costituiscono prova dell’originaria ideazione e deliberazione di tutte le violazioni nei loro caratteri essenziali, sintomatiche dell’istituto della continuazione. Cass. pen. sez. V 7 dicembre 2006, n. 40349

La disposizione relativa alla valutazione dell’incidenza sulla disciplina del reato continuato dello stato di tossicodipendenza, introdotta all’art. 671 c.p.p. dall’art. 4-vicies della legge n. 49 del 2006, non va interpretata nel senso che tale stato debba necessariamente essere ritenuto decisivo ai fini del riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, ma nel senso che il giudice non può omettere di valutarlo ove esso sia allegato dall’interessato o emerga dagli atti. Cass. pen. sez. I 30 novembre 2006, n. 39704  .

L’istituto della continuazione ha natura sostanziale, per cui ai procedimenti pendenti si applica la disposizione più favorevole al reo a norma dell’art. 2 c.p.anche se la continuazione viene chiesta in fase esecutiva ai sensi dell’art. 671 c.p.p. Pertanto, la modi.ca legislativa, introdotta dalla legge n. 49 del 2006, secondo cui “fra gli elementi che incidono sulla applicazione del reato continuato vi è la consumazione di pireati in relazione allo stato di tossicodipendenza”, è immediatamente applicabile da parte del giudice dell’esecuzione. Cass. pen. sez. I 10 aprile 2006, n. 12638

In tema di patteggiamento, qualora la sentenza abbia ad oggetto più reati uniti per continuazione, la riduzione di pena ai sensi dell’art. 444, comma 1, c.p.p. va operata sulla pena complessiva applicata per i detti reati, ivi compreso anche l’aumento previsto dall’art. 81 cpv. c.p.per cui essa deve intendersi ripartita in egual misura percentuale fra tale aumento e la pena stabilita per la violazione più grave. Ne deriva che, in caso di ulteriore applicazione della continuazione in altra sede (nella specie, in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 671 c.p.p.), la pena inflitta per detta violazione, da prendere a base per il nuovo aumento (ove non risulti altra violazione di maggiore gravità), dev’essere individuata non in quella originariamente stabilita ma in quella ridotta nella misura percentualmente corrispondente alla riduzione a suo tempo apportatavi per il rito. Cass. pen. sez. I 24 novembre 2001, n. 42738

La necessità di rideterminare il cumulo per la sopravvenienza di nuovo titolo definitivo di detenzione che si assuma in continuazione con fatti già oggetto di precedente provvedimento del giudice dell’esecuzione di unificazione, a norma dell’art. 671 c.p.p.di più pene inflitte con sentenze diverse non può condurre a modi.care il contenuto di tale provvedimento allorché esso non sia stato impugnato tempestivamente, neanche se frattanto sia intervenuto orientamento giurisprudenziale diverso da quello posto a base di esso. Cass. pen. sez. I 30 ottobre 2008, n. 40536

In tema di reato continuato, la modi.ca legislativa dell’art. 671 c.p.p.introdotta con L. 49 del 2006, comporta che lo stato di tossicodipendenza, pur non costituendo elemento assorbente ai fini della valutazione della medesimezza del disegno criminoso, debba essere valutato «fra gli elementi » a quel fine rilevanti, potendo costituire collante idoneo a giusti.care la valutazione della commissione in esecuzione di un medesimo disegno criminoso con riguardo ai reati ad esso riconducibili, sempre che ricorrano gli ulteriori elementi sintomatici della sussistenza della continuazione. Cass. pen. sez. IV 7 agosto 2008, n. 33011

In tema di applicazione della disciplina del reato continuato in fase esecutiva, l’unicità del disegno criminoso costituente l’indispensabile condizione per la configurabilità della continuazione, non può identificarsi con la generale inclinazione a commettere reati, sotto la spinta di fatti e circostanze occasionali pio meno collegati tra loro, ovvero di bisogni o necessità di ordine contingente, e neanche con la tendenza a porre in essere reati della stessa indole o specie, determinata o accentuata da talune condizioni psico.siche (come l’accertato stato di tossicodipendenza del condannato), dovendo le singole violazioni costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato sin dall’inizio nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, a cui di volta in volta si aggiungerà l’elemento volitivo necessario per l’attuazione del programma medesimo. Tale programma deve essere positivamente e rigorosamente provato, non giovando a tale fine la mera indicazione della identità di natura delle norme violate, la loro prossimità temporale, la medesimezza del movente delle varie azioni criminose, tutte circostanze concernenti i singoli reati, ma non probanti quella preventiva deliberazione a delinquere che ne uni.ca l’ideazione anteriormente alla loro commissione. Cass. pen. sez. I 30 novembre 2006, n. 39723

Non è applicabile in executivis la continuazione tra reato giudicato in Italia e reato giudicato all’estero, previo riconoscimento della relativa sentenza penale straniera, producendo quest’ultimo nell’ordinamento nazionale i soli effetti indicati nell’art. 12 c.p.tra i quali non è compreso, neanche sub specie di effetto penale della condanna ai sensi del primo comma n. 1 del citato articolo, il regime del reato continuato, che presuppone un giudizio di merito e, quindi, il riferimento a categorie di diritto sostanziale (reati e pene) che si qualificano soltanto in ragione del diritto interno. Cass. pen. sez. I 3 dicembre 2003, n. 46323  .

In tema di patteggiamento, qualora la sentenza abbia ad oggetto più reati uniti per continuazione, la riduzione di pena ai sensi dell’art. 444, comma 1, c.p.p. va operata sulla pena complessiva applicata per i detti reati, ivi compreso anche l’aumento previsto dall’art. 81 cpv. c.p.per cui essa deve intendersi ripartita in egual misura percentuale fra tale aumento e la pena stabilita per la violazione più grave. Ne deriva che, in caso di ulteriore applicazione della continuazione in altra sede (nella specie, in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 671 c.p.p.), la pena inflitta per detta violazione, da prendere a base per il nuovo aumento (ove non risulti altra violazione di maggiore gravità), dev’essere individuata non in quella originariamente stabilita ma in quella ridotta nella misura percentualmente corrispondente alla riduzione a suo tempo apportatavi per il rito. Cass. pen. sez. I 24 novembre 2001, n. 42738

In tema di reato continuato, tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo; anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici – purché siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato con rinvio l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione aveva escluso la configurabilità della continuazione fra molteplici violazioni di leggi doganali e finanziarie, limitandosi ad affermare apoditticamente, nonostante la loro collocazione in un ristretto arco temporale e la quasi costante identità delle modalità di azione, che dalle stesse emergeva soltanto una particolare attitudine del soggetto a commettere reati della stessa indole). Cass. pen. sez. I 20 aprile 2000, n. 1587  .

Il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento. Cass. pen. sez. I 30 novembre 2017, n. 54106

La sospensione condizionale della pena può essere concessa dal giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 671, comma terzo, cod. proc. pen. entro i limiti di legge, anche se essa non sia stata riconosciuta con alcune delle pronunce relative ai reati da uni.care nel vincolo della continuazione, in quanto, per la concezione unitaria del reato continuato, ai fini del trattamento sanzionatorio, la pluralità di condanne è assimilabile ad una condanna unica ed è compito del giudice dell’esecuzione valutare se il beneficio possa estendersi alla pena complessivamente determinata. Cass. pen. sez. I 7 aprile 2017, n. 17871

Il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna. Cass. pen. Sezioni Unite 10 febbraio 2017, n. 6296

Il giudice dell’esecuzione nel determinare la pena finale per il reato continuato incontra il limite, stabilito dall’art. 671 c.p.p.del divieto di superamento della somma delle sanzioni inflitte con ciascun titolo giudiziale, ma entro tale margine, una volta individuata, secondo il disposto dell’art. 187 disp. att. c.p.p.la violazione più grave, è libero di stabilire la pena congrua per ciascun altro episodio criminoso, anche facendo ricorso ai criteri di ragguaglio di cui all’art. 135 c.p.senza essere tenuto a rispettarne misura e nemmeno specie già indicate nelle sentenze. (In applicazione del principio, la Corte ha considerato corretto l’operato del giudice dell’esecuzione che, riconoscendo la continuazione tra un reato punito con la reclusione ed altro meno grave per il quale era stata applicata la pena pecuniaria in sostituzione di quella detentiva, ha determinato l’aumento con la reclusione). Cass. pen. sez. I 10 giugno 2013, n. 25426

In tema di applicazione della continuazione in sede esecutiva, il giudice è soggetto al limite indicato nell’art. 671, comma secondo, c.p.p. (consistente nella somma di tutte le pene inflitte con i provvedimenti considerati ), ma non a quello del triplo fissato dall’art. 81, comma secondo, c.p.trovandosi le due norme in concorso apparente, con prevalenza della prima sulla seconda in applicazione del principio di specialità enunciato nell’art. 15 c.p.e dovendosi evitare che, raggiunto il limite del triplo per una determinata fattispecie concreta, si determini impunità per ulteriori reati dei quali, in successive occasioni, debba essere riconosciuta la pertinenza al medesimo disegno criminoso. Cass. pen. sez. I 21 ottobre 2008, n. 39306

Il giudice dell’esecuzione che riconosca la continuazione tra reati oggetto di più sentenze di condanna ha il potere di valutare ex novo ciascun singolo episodio – restando così superata la solo parziale valutazione operata dal giudice della cognizione – con l’unico vincolo derivante dall’osservanza dei limiti stabiliti dagli artt. 81 c.p. e 671 c.p.p. Cass. pen. sez. I 10 aprile 2003, n. 16984

In tema di applicazione di pena su richiesta delle parti, qualora risulti dagli atti un reato non contestato, connesso ai sensi dell’art. 12 lett. b) c.p.p. e che non comporti alcuno spostamento della competenza per materia e per territorio, il giudice non ha l’obbligo di respingere l’accordo per incompletezza della contestazione perché è sempre possibile una contestazione autonoma del reato con applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato. Cass. pen. sez. III 11 marzo 2003, n. 11042

Nel procedimento di esecuzione, quando riconosca il vincolo della continuazione tra reati considerati in più sentenze o decreti di condanna, il giudice è soggetto nella determinazione della pena al limite indicato nell’art. 671, comma secondo, c.p.p. (consistente nella somma di tutte le pene inflitte con i provvedimenti considerati), ma non a quello fissato all’art. 81, comma secondo, c.p. (il triplo della pena relativa alla violazione più grave), trovandosi le due norme in concorso apparente (con prevalenza della prima sulla seconda in applicazione del principio di specialità enunciato all’art. 15 c.p.), e dovendosi evitare che, già raggiunto il limite del triplo per una determinata fattispecie concreta, si determini impunità per ulteriori reati dei quali, in successive occasioni, debba essere riconosciuta la pertinenza al medesimo disegno criminoso. Cass. pen. sez. I 13 febbraio 2002, n. 5959

Nel procedimento di esecuzione, quando riconosca il vincolo della continuazione tra reati considerati in più sentenze o decreti di condanna, il giudice è soggetto nella determinazione della pena al limite indicato nell’art. 671, comma secondo, c.p.p. (consistente nella somma di tutte le pene inflitte con i provvedimenti considerati), ma non a quello fissato all’art. 81, comma secondo, c.p. (il triplo della pena relativa alla violazione più grave), trovandosi le due norme in concorso apparente (con prevalenza della prima sulla seconda in applicazione del principio di specialità enunciato all’art. 15 c.p.), e dovendosi evitare che, già raggiunto il limite del triplo per una determinata fattispecie concreta, si determini impunità per ulteriori reati dei quali, in successive occasioni, debba essere riconosciuta la pertinenza al medesimo disegno criminoso. Cass. pen. sez. I 12 febbraio 2002, n. 5637  .

Il potere del giudice dell’esecuzione di concedere la sospensione condizionale della pena non ha portata generale, ma è strettamente connesso al riconoscimento del concorso formale o della continuazione, e non può essere esteso ad altre ipotesi, stante l’intangibilità del giudicato ad opera del giudice suindicato al di fuori dei casi specifici e circoscritti, previsti espressamente dalla legge. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che nessun potere fosse attribuito dalla legge al giudice dell’esecuzione sulla concedibilità della sospensione condizionale della pena sebbene fosse intervenuta la depenalizzazione dei reati oggetto di condanne pregresse ritenute ostative alla concessione del beneficio, in relazione ad una ulteriore successione condanna). Cass. pen. sez. I 23 ottobre 2001, n. 38296

Il giudice dell’esecuzione, investito da richiesta ai sensi dell’art. 671 c.p.p non può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, la valutazione già operata in fase di cognizione, con riguardo a episodi criminosi commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano in tutto o in parte i fatti oggetto della domanda sottoposta al suo esame, nel senso che le valutazioni espresse in proposito nel giudizio di cognizione assumono una rilevanza indicativa da cui il giudice dell’esecuzione può anche prescindere, ma solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui tali ultimi fatti, e soprattutto quelli omogenei rispetto a quelli tra cui il vincolo è stato riconosciuto, non possono essere ricondotti, a differenza degli altri, al delineato disegno. Cass. pen. sez. I 18 maggio 2001, n. 20471  .

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