In tema d’esecuzione, qualora nei confronti della stessa persona per il medesimo fatto storico siano state pronunciate una sentenza di patteggiamento ed una di condanna, ben pula prima, ricorrendone i presupposti, essere in tutto o in parte revocata in applicazione della disciplina dettata dall’art. 669, commi 1 e 6, cod. proc. pen. per il caso di pluralità di pronunce di condanna, attesa l’equiparazione della sentenza di patteggiamento ad una sentenza di condanna ex art. 445 cod. proc. pen. Cass. pen. sez. I 30 gennaio 2018, n. 4417
In tema di esecuzione, il disposto di cui all’art. 669, comma otto, cod. proc. pen. relativo al caso che vi sia stata pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona, putrovare applicazione qualora la questione del “ne bis in idem” sia stata risolta, solo in via incidentale, negativamente da parte del giudice della cognizione, non assumendo tale decisione efficacia formale di giudicato. (La S.C. ha annullato, con rinvio, l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva ritenuto non più deducibile davanti a sè, perchè coperta da giudicato, la questione del “ne bis in idem” relativa alla pronuncia del giudice della cognizione che aveva, solo incidentalmente, affermato che il decreto di archiviazione per prescrizione non poteva essere considerato “irrevocabile” ai sensi e per gli effetti dell’art. 649 cod. proc. pen.). Cass. pen. sez. III 27 aprile 2016, n. 17197
Nell’ipotesi di conflitto tra due provvedimenti sanzionatori di natura amministrativa, emessi a carico della stessa persona e per il medesimo fatto, rispettivamente dall’autorità amministrativa e dal giudice penale, ove il provvedimento giurisdizionale risulti essere maggiormente gravoso per l’entità della sanzione irrogata, il giudice, in applicazione analogica dell’art. 669, comma primo, cod. proc. pen. ne deve ordinare la revoca, ma non può disporre l’esecuzione dell’atto amministrativo irrogativo della sanzione, esulando tale potere dall’ambito della giurisdizione attribuita dalla legge al giudice ordinario. (Fattispecie, nella quale in relazione alla medesima infrazione al codice della strada, l’imputato aveva subito una ingiunzione prefettizia di pagamento e una più gravosa sanzione applicata con la sentenza di condanna del giudice penale). Cass. pen. sez. I 25 marzo 2015, n. 12590
Quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, e quest’ultimo non è stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condannato pur se il provvedimento “correttivo” da adottare non è a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali, o comunque derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente “medio tempore” approvate dal legislatore. Cass. pen. Sezioni Unite 14 ottobre 2014, n. 42858
All’imputato nei cui confronti sia divenuta irrevocabile sentenza di condanna o di estinzione del reato per prescrizione non può essere estesa, a norma dell’art. 669 c.p.p.l’assoluzione definitiva intervenuta in autonomo giudizio nei confronti del coimputato del medesimo reato, ma gli è consentita solo la possibilità di conseguire, qualora ne ricorrano i presupposti, la revisione della sentenza, ai sensi dell’art. 630 comma primo lett. a) c.p.p.per inconciliabilità dei giudicati. Cass. pen. sez. I 24 settembre 2013, n. 39538
Chi ha pagato quanto dovuto in esecuzione di una pena pecuniaria non può ottenere la restituzione delle somme versate qualora, con successiva sentenza, i fatti di cui alla prima condanna siano ritenuti episodi di un unico reato continuato e sia per essi applicato, a titolo di continuazione, un aumento della pena pecuniaria inferiore alla somma già versata. Cass. pen. Sezioni Unite 29 febbraio 2000, n. 21
L’incidente di esecuzione regolato dagli artt. 666 e 670 cod. proc. pen. costituisce strumento appropriato per l’attuazione di una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo quando questa non impone la riedizione del processo per violazione dell’art. 6 della Convenzione, realizzabile con lo strumento della “revisione europea” (Corte cost. n. 113 del 2011), ma la mera rimozione degli effetti pregiudizievoli della condanna, alla quale il giudice dell’esecuzione è senz’altro abilitato fino a quando non si sia esaurito il rapporto esecutivo. (Fattispecie relativa alla violazione dell’art. 7 della Convenzione, ritenuta dalla Corte europea per l’asserita imprevedibilità della condanna per il reato di concorso esterno in associazione di tipo ma.oso, riportata dal ricorrente in relazione a fatti commessi prima della sentenza S.U. n. 16/1994, Demitry). Cass. pen. sez. I 20 settembre 2017, n. 43112
Il giudice dell’esecuzione, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen. nella parte in cui vietava di valutare prevalente la circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. può affermare la prevalenza dell’attenuante anche compiendo attività di accertamento, sempre che tale valutazione non sia stata esclusa dal giudice della cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali; tuttavia, nel rideterminare la pena, deve attenersi ai limiti derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente “medio tempore” approvate dal legislatore. Cass. pen. Sezioni Unite 14 ottobre 2014, n. 42858
Il disposto di cui all’art. 669, comma 8, c.p.p.in base al quale, qualora nei confronti della stessa persona e per lo stesso fatto, siano state pronunciate una sentenza di condanna ed una di assoluzione, va eseguita quest’ultima, con revoca della prima, non trova applicazione nel caso in cui la pronuncia assolutoria abbia fatto seguito ad una sentenza di applicazione della pena su richiesta, la quale costituisce un effetto della definizione negoziale del procedimento e non può pertanto, essere revocata. Cass. pen. sez. I 31 luglio 2003, n. 32307
La regola, stabilita dall’art. 669, comma 8, prima parte c.p.p.per cui, se nei confronti della stessa persona sono state pronunciate per il medesimo fatto una sentenza di proscioglimento e una decisione di condanna, il giudice ordina l’esecuzione della prima, non trova applicazione qualora la prima di identifichi in una sentenza di non luogo a procedere, prevalendo, in tal caso, il disposto del comma 9 dello stesso articolo che privilegia, anziché la decisione più favorevole, quella dotata del carattere dell’irrevocabilità. Cass. pen. sez. I 21 novembre 2002, n. 39337
Qualora nei confronti della stessa persona e per lo stesso fatto siano state pronunciate una sentenza di non luogo a procedere e una sentenza di applicazione della pena su richiesta, è quest’ultima quella che deve essere eseguita, avuto riguardo, per un verso, alla regola dettata dall’art. 669, comma 9, c.p.p. (che privilegia l’esecuzione delle pronunce dotate del carattere dell’irrevocabilità rispetto a quelle che ne sono prive); per altro verso al fatto che la sentenza di applicazione della pena su richiesta è equiparata ad una sentenza di condanna, nella quale è insita l’irrevocabilità. Cass. pen. sez. I 21 novembre 2002, n. 39337