Art. 606 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Casi di ricorso

Articolo 606 - codice di procedura penale

1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:
a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;
c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (177 ss.), di inutilizzabilità (191), di inammissibilità o di decadenza (173);
d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall’articolo 495, comma 2 (1) (2);
e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame (3) (2).
2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello (605) o inappellabili (593).
2 bis. Contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c) (4).
3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli artt. 569 e 609 comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.

Articolo 606 - Codice di Procedura Penale

1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:
a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;
c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (177 ss.), di inutilizzabilità (191), di inammissibilità o di decadenza (173);
d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall’articolo 495, comma 2 (1) (2);
e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame (3) (2).
2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello (605) o inappellabili (593).
2 bis. Contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c) (4).
3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli artt. 569 e 609 comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.

Note

(1) Questa lettera è stata così sostituita dall’art. 8, comma 1, lett. a), della L. 20 febbraio 2006, n. 46.
(2) Si veda l’art. 10 della L. 20 febbraio 2006, n. 46, di cui si riporta il testo:
«10. 1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima.
«2. L’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dall’imputato o dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della presente legge viene dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile (*)(**)(***).
«3. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di inammissibilità di cui al comma 2 può essere proposto ricorso per cassazione contro le sentenze di primo grado.
«4. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche nel caso in cui sia annullata, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, una sentenza di condanna di una corte di assise di appello o di una corte di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione.
«5. Nei limiti delle modificazioni apportate dall’articolo 8 della presente legge possono essere presentati i motivi di cui all’articolo 585, comma 4, del codice di procedura penale entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge».
(*) La Corte costituzionale, con sentenza n. 26 del 6 febbraio 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile.
(**) La Corte costituzionale, con sentenza n. 320 del 20 luglio 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui prevede che l’appello proposto dal pubblico ministero, prima dell’entrata in vigore della medesima legge, contro una sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato, è dichiarato inammissibile.
(***) La Corte costituzionale, con sentenza n. 85 del 4 aprile 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma, nella parte in cui prevede che l’appello proposto prima dell’entrata in vigore della medesima legge dall’imputato, a norma dell’art. 593 c.p.p., contro una sentenza di proscioglimento, relativa a reato diverso dalle contravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena alternativa, sia dichiarato inammissibile.
(3) Questa lettera è stata così sostituita dall’art. 8, comma 1, lett. b), della L. 20 febbraio 2006, n. 46.
(4) Questo comma è stato inserito dall’art. 5, comma 1, del D.L.vo 6 febbraio 2018, n. 11.

Massime

Ai sensi degli artt. 606, comma 2-bis, cod. proc. pen. e 39-bis del d.lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274 (introdotti dal d. lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, entrato in vigore il 6 marzo 2018), avverso le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace non può essere proposto ricorso per cassazione per mero vizio della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Cass. pen. sez. V 23 maggio 2019, n. 22854

Il ricorso per cassazione è inammissibile quando l’interessato ometta di indicare a quale dei casi tipici disciplinati dall’art. 606 cod. proc. pen. intende ricondursi, in quanto tale mancanza, qualora la specificazione delle ragioni di diritto non sia puntuale e chiara, si traduce in genericità dei motivi. Cass. pen. sez. II 19 dicembre 2018, n. 57403

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si eccepisce la inutilizzabilità delle informative di polizia giudiziaria, per decorrenza del termine di durata delle indagini preliminari, senza, tuttavia, individuare con precisione l’atto specifico, in esse contenuto, asseritamente inutilizzabile, non spettando alla Corte, in mancanza di specifiche deduzioni, di verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che, non apparendo manifeste, implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente. Cass. pen. sez. II 26 luglio 2018, n. 35659

È inammissibile, perchè generico, il ricorso straordinario per cassazione redatto mediante l’estrapolazione di singole parti di sentenze e provvedimenti cautelari, anche relativi a posizioni processuali diverse da quella dell’imputato, con la conseguenza che il ricorso così formato non si sostanzia in una ragionata censura del provvedimento impugnato, ma si risolve in una generalizzata critica, che non permette al giudice di percepire con esattezza l’oggetto delle censure e si pone come fonte strumentale di successivi altri ricorsi straordinari. Cass. pen. sez. VI 6 marzo 2018, n. 10250

In tema di ricorso per cassazione, qualora concorrano due cause di inammissibilità, di cui l’una concernente ragioni formali e l’altra ragioni contenutistiche, la prima prevale sulla seconda, atteso che solo un ricorso formalmente valido può essere scrutinato sotto il profilo del contenuto. (Fattispecie relativa alla declaratoria di inammissibilità, per irrituale presentazione nella cancelleria del giudice “a quo”, di un ricorso inammissibile anche in quanto deducente un motivo non previsto dalla legge). Cass. pen. sez. I 26 gennaio 2018, n. 3820

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto per violazione di prescrizioni dettate da circolari amministrative, trattandosi di norme interne che, in quanto espressione della supremazia gerarchica di un ufficio rispetto a quelli, sottordinati, spiegano effetto soltanto nell’ambito dell’amministrazione, senza incidere nella sfera giuridica di soggetti estranei. Cass. pen. sez. III 23 gennaio 2018, n. 2757

È ammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile contro la sentenza di appello dichiarativa della nullità della sentenza di primo grado per difetto di correlazione tra imputazione e decisione, anche nel caso in cui, per effetto della prescrizione del reato maturata nel frattempo, sia precluso l’esercizio dell’azione civile nel processo penale, dovendosi, comunque, riconoscere la sussistenza di un interesse della parte civile alla eliminazione della sentenza, al fine di ottenere in sede penale una sentenza di merito dichiarativa della prescrizione. (In motivazione la Corte ha precisato che, in tale caso, sussiste sia un interesse mediato e formale, da spendersi nel processo penale ai sensi dell’art. 623, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. sia un interesse finale ad ottenere la pronuncia di merito da parte del giudice di appello). Cass. pen. sez. VI 21 aprile 2017, n. 19218

In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma terzo, cod. proc. pen.se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità. (Fattispecie relativa ad esercizio in forma ambulante, senza titolo abilitativo, dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi). Cass. pen. sez. III 21 aprile 2017, n. 19207

Non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perchè non devolute alla sua cognizione. (Fattispecie relativa a contravvenzioni edilizie e urbanistiche, nella quale il motivo con cui si contestava la costituzione di parte civile del danneggiato perchè effettuata mediante richiamo all’imputazione e senza dedurre il diritto soggettivo leso, è stato ritenuto inammissibile dalla S.C.in quanto davanti al giudice di appello la costituzione era stata impugnata invocando l’esclusiva legittimazione del Comune titolare dell’interesse di natura pubblicistica leso dalla condotta criminosa). Cass. pen. sez. III 4 aprile 2017, n. 16610

In tema di ricorso per cassazione, l’adempimento dell’onere di autosufficienza relativo a tale specifico mezzo di impugnazione non può costituire lo strumento per introdurre nel giudizio di legittimità aspetti in fatto non dedotti tempestivamente davanti ai giudici del merito. (Nella fattispecie – relativa a ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva escluso la sussistenza, in capo all’indagata, del delitto di intestazione .ttizia di fondi ex art. 12 quinquies L. n. 356 del 1992, essendo i trasferimenti oggetto di contestazione intercorsi tra conti già in titolarità dell’intestatario .ttizio – la S.C. ha escluso che il ricorrente potesse introdurre elementi di fatto, concernenti operazioni effettuate su detti conti prima del periodo contemplato dall’incolpazione, anche solo attraverso il richiamo di documenti indicati nel ricorso). Cass. pen. sez. II 9 marzo 2017, n. 11519

Avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione delibera su una richiesta di ammissione al pagamento del credito in favore del terzo titolare di una garanzia reale su un bene oggetto di confisca di prevenzione, può essere proposto ricorso per cassazione non solo per violazione di legge, ma anche per tutti i motivi previsti dall’art. 606, comma primo, cod. proc. pen.compresi quelli relativi alla motivazione del provvedimento impugnato. Cass. pen. sez. VI 9 novembre 2015, n. 44784

In tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei signi.cati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. Cass. pen. sez. VI 31 marzo 2015, n. 13809

È inammissibile il motivo di ricorso che sottopone al giudice di legittimità atti processuali per verificare l’adeguatezza dell’apprezzamento probatorio ad essi relativo compiuto dal giudice di merito ed ottenerne una diversa valutazione, perché lo stesso costituisce censura non riconducibile alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge. Cass. pen. sez. VII 24 marzo 2015, n. 12406

Nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento. (Fattispecie in tema di dichiarazione indiziante resa a funzionario Inps nell’ambito di attività ispettiva, in assenza delle garanzie di difesa previste dal codice di rito). Cass. pen. sez. III 23 gennaio 2015, n. 3207

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che, deducendo una eccezione di illegittimità costituzionale, si limita ad indicare solo le disposizioni di legge ritenute illegittime e gli articoli della Costituzione che si assumono violati, poichè, a norma dell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen.i motivi di impugnazione debbono contenere l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Cass. pen. sez. V 10 dicembre 2014, n. 51253

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto al solo fine di far valere la prescrizione intervenuta tra la lettura del dispositivo e il deposito della motivazione della sentenza e che risulti privo di qualsiasi doglianza idonea a confrontarsi con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, trattandosi di gravame proposto in violazione del criterio di specificità dei motivi enunciato dall’art. 581 cod. proc. pen. e che esula dai casi in relazione ai quali può essere presentato a norma dell’art. 606 cod. proc. pen. Cass. pen. sez. VII 17 settembre 2014, n. 38143

È inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita. Cass. pen. sez. V 16 novembre 2012, n. 44992

Qualora il giudice di merito abbia erroneamente omesso di dichiarare la già maturata prescrizione del reato, tale errore può essere validamente denunciato con ricorso per cassazione, per quanto quest’ultimo sia, sotto altri profili, inammissibile. Cass. pen. sez. IV 13 luglio 2009, n. 28570

In tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato. (Fattispecie relativa ad atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari). Cass. pen. Sezioni Unite 10 giugno 2009, n. 23868

L’ordinanza del G.i.p.che a norma dell’art. 263, comma quinto, c.p.p.provvede sull’opposizione degli interessati avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle “cose” in sequestro o di rilascio di copie autentiche di documenti, è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall’art. 606, comma primo, c.p.p.. Cass. pen. Sezioni Unite 4 marzo 2009, n. 9857

Nel procedimento di esecuzione non è deducibile il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi dell’art. 606 comma primo lett. d ) c.p.p.previsto soltanto per il giudizio dibattimentale e non anche per i procedimenti che si svolgono con il rito della camera di consiglio. Cass. pen. sez. I 16 ottobre 2008, n. 38947

La mancata acquisizione di una prova può essere dedotta in sede di legittimità, a norma dell’art. 606, comma primo, lett. d ), c.p.p.quando si tratta di una «prova decisiva » ossia di un elemento probatorio suscettibile di determinare una decisione del tutto diversa da quella assunta, ma non quando i risultati che la parte si propone di ottenere possono condurre confrontati con le altre ragioni poste a sostegno della decisione solo ad una diversa valutazione degli elementi legittimamente acquisiti nell’ambito dell’istruttoria dibattimentale. (Fattispecie in cui, a fronte di una prova già acquisita mediante accertamento peritale, si è ritenuta priva del carattere di decisività la deduzione della testimonianza della persona offesa, al fine di metterla a confronto con l’imputato ). Cass. pen. sez. VI 30 settembre 2008, n. 37173

In tema di ricorso per cassazione, il principio secondo cui non sono proponibili questioni coinvolgenti valutazioni mai prima sollevate, trova applicazione anche nel caso di ricorso avverso ordinanza del tribunale del riesame in tema di misura cautelare reale. Cass. pen. sez. III 19 settembre 2008, n. 35889

La mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio d’appello può costituire violazione dell’art. 606, comma primo, lett. d ), c.p.p. solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (art. 603, comma secondo, c.p.p. ), mentre negli altri casi può essere prospettato il vizio di motivazione previsto dalla lett. e ) del medesimo art. 606. Cass. pen. sez. V 4 settembre 2008, n. 34643

Non è configurabile il vizio di cui all’art. 606, lett. e ) c.p.p. in relazione alla contraddittorietà della motivazione rispetto a sentenza diversa da quella impugnata. Cass. pen. sez. V 4 settembre 2008, n. 34643

In tema di giudizio immediato disposto a seguito di opposizione al decreto penale di condanna, è abnorme, e come tale impugnabile mediante ricorso per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice, a seguito della dichiarazione di apertura del dibattimento, ordina la restituzione degli atti al P.M. dopo aver disposto l’espunzione della querela dal fascicolo per il dibattimento ed il suo contestuale inserimento nel fascicolo del P.M. Cass. pen. sez. VI 6 marzo 2008, n. 10332

Il ricorso per cassazione può avere ad oggetto anche soltanto l’eccezione di illegittimità costituzionale della disposizione applicata dal giudice di merito perché implica comunque una censura di violazione di legge riferita all’impugnata sentenza, sempre che sussista la rilevanza della questione, nel senso che dall’invocata dichiarazione di illegittimità consegua una pronuncia favorevole per il ricorrente in termini di annullamento, in tutto o in parte, della sentenza. (Fattispecie nella quale il ricorso, con cui si eccepiva unicamente l’illegittimità costituzionale della normativa sul condono edilizio in relazione alla inapplicabilità alle ipotesi di demolizione del manufatto abusivo, è stato dichiarato inammissibile, versandosi in caso di opera comunque non condonabile). Cass. pen. sez. III 24 settembre 2007, n. 35375

Il ricorso dell’imputato contro il provvedimento di riesame da lui richiesto non può dedurre questione di motivazione su un punto specifico della motivazione dell’ordinanza, che ha disposto l’applicazione della misura confermata, se non l’abbia già proposta in sede di riesame. (Mass. redaz.). Cass. pen. sez. V 25 maggio 2007, n. 20529.

Il giudice non può trasmettere gli atti al pubblico ministero sul rilievo che il fatto è diverso da quello contestato e nello stesso tempo assolvere l’imputato da quest’ultimo perché il successivo giudizio incorrerebbe nella preclusione del giudicato: i due provvedimenti così contestualmente emessi realizzano ipotesi di atti abnormi, stante l’intera contraddizione degli stessi e dei loro effetti. (Mass. redaz.). Cass. pen. sez. II 2 maggio 2007, n. 16632

Il nuovo testo dell’articolo 606, comma 1, lettera e), del c.p.p.come modificato dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, che ha «attratto» nell’area del vizio di motivazione la «contraddittorietà» della stessa, ha ampliato l’orizzonte conoscitivo cui il giudice di legittimità può riferirsi per operare la verifica circa la sussistenza del vizio, sì da ricomprendervi, oltre «il testo del provvedimento impugnato», anche «gli altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame», e consente ora il sindacato sul cosiddetto travisamento del fatto, che in precedenza era rimasto escluso dal sindacato di legittimità proprio perché presupponente veri.che comparative esorbitanti rispetto al testo del provvedimento impugnato. In questa prospettiva, proprio per consentire il sindacato del giudice di legittimità e, quindi, perché possa rilevarsi l’eventuale «contraddittorietà» della motivazione, occorre che siano dedotti in cassazione – indicando specificamente nei motivi di ricorso la genesi ex actis – i dati di fatto emergenti dagli atti processuali che il giudice di merito ha omesso di considerare, incorrendo in un errore di giudizio. Cass. pen. sez. I 30 novembre 2006, n. 39731

In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piùrilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato. Cass. pen. Sezioni Unite 20 settembre 2005, n. 33748

L’appello del P.M. contro la sentenza di assoluzione emessa all’esito del dibattimento, salva l’esigenza di contenere la pronuncia nei limiti della originaria contestazione, ha effetto pienamente devolutivo, attribuendo al giudice ad quem gli ampi poteri decisori previsti dall’art. 597 comma secondo lett. b) c.p.p. Ne consegue che, da un lato, l’imputato è rimesso nella fase iniziale del giudizio e puriproporre, anche se respinte, tutte le istanze che attengono alla ricostruzione probatoria del fatto ed alla sua consistenza giuridica; dall’altro, il giudice dell’appello è legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, non essendo vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello e non potendo comunque sottrarsi all’onere di esprimere le proprie determinazioni in ordine ai rilievi dell’imputato. Cass. pen. Sezioni Unite 20 settembre 2005, n. 33748

Il principio, frutto di elaborazione giurisprudenziale, secondo cui, nelle questioni processuali, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto, non comporta che, quando l’accertamento di un denunciato vizio in procedendo implichi o presupponga l’accertamento di elementi fattuali estranei al fatto o all’atto processuale isolatamente considerati, la Corte di cassazione, nella valutazione di tali elementi, quali risultanti dalla decisione di merito, non incontri gli stessi limiti che incontra allorché si tratti di valutare fatti dai quali dipenda l’applicazione di norme sostanziali. (Mass. redaz.). Cass. pen. sez. IV 19 agosto 2005, n. 31391

Sono ricorribili per cassazione i provvedimenti del magistrato di sorveglianza resi su reclamo avverso atti dell’Amministrazione penitenziaria che incidono su diritti soggettivi dei detenuti. (Nella specie relativi a modalità di perquisizione personale). Cass. pen. sez. I 25 febbraio 2004, n. 8411

Qualora il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, è comunque deducibile la mancanza o la mera apparenza della motivazione, atteso che in tal caso si prospetta la violazione della norma che impone l’obbligo della motivazione nei provvedimenti giurisdizionali. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso con il quale si denunciava la sostanziale inesistenza della motivazione di un’ordinanza di liquidazione del compenso a difensore di imputato ammesso al patrocinio dei non abbienti). Cass. pen. Sezioni Unite 10 giugno 2003,n. 25080

È inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto con il quale si deduca non un vizio determinato da inesatta percezione della realtà nella quale sia incorsa la Corte di cassazione in sua precedente decisione, bensì un preteso errore di valutazione di fatti esposti nella sentenza a suo tempo impugnata con ricorso ordinario ed esattamente percepiti, essendo sottratto questo tipo di errore, configurabile, al pi come vizio di motivazione della sentenza, alla possibilità di impugnativa mediante ricorso ex art. 625 bis c.p.p. Cass. pen. sez. VI 20 marzo 2003, n. 12893

La rinuncia alla impugnazione, in quanto unica causa di inammissibilità che si connota come sopravvenuta, non opera con riferimento ad un reato, il cui termine di prescrizione sia maturato anteriormente ad essa. Cass. pen. sez. V 7 marzo 2002, n. 9045

Il termine per proporre ricorso per cassazione avverso provvedimento abnorme decorre dal momento in cui l’interessato ne abbia avuto effettiva conoscenza e che, in difetto di prova contraria, va identificato in quello indicato dal ricorrente. (Fattispecie concernente ricorso del Procuratore Generale della Repubblica contro provvedimento, non comunicato, di diretta trasmissione in archivio, da parte del P.M.di atti ritenuti penalmente irrilevanti). Cass. pen. Sezioni Unite 24 settembre 2001, n. 34536

È inammissibile il ricorso per cassazione inteso unicamente a far valere la prescrizione maturata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Cass. pen. Sezioni Unite 11 settembre 2001, n. 33542

In tema di impugnazioni, è ammissibile il ricorso per cassazione teso unicamente a far rilevare la sopravvenuta abrogazione del reato, atteso che: 1) detta abrogazione produce effetti anche quando la sentenza risulta passata in giudicato; 2) la Corte di cassazione deve valutare, non solo le questioni rilevabili di ufficio, ma anche quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello; 3) il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impone di evitare una pronunzia di inammissibilità del ricorso che avrebbe quale unico effetto un rinvio della soluzione alla fase esecutiva. Cass. pen. sez. V 27 agosto 2001, n. 31911

L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso). Cass. pen. Sezioni Unite 21 dicembre 2000, n. 32

In tema di reato continuato, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso dell’imputato che, contestando, sotto il profilo della violazione di legge, la valutazione di gravità effettuata dal giudice di merito, miri ad ottenere un’inversione di gravità dei reati, nel caso in cui il suo eventuale accoglimento comporterebbe una reformatio in peius della sentenza conseguente alla necessità di aumentare la pena base per il reato più grave. (Fattispecie in cui l’imputato censurava che, tra due reati di furto, fosse stato ritenuto più grave quello di merce di minor valore). Cass. pen. sez. IV 4 luglio 2000, n. 3038

In materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga (se al fine dell’uso personale o della cessione a terzi), ogni qualvolta la condotta non appaia indicare l’immediatezza del consumo, è effettuata dal giudice di merito secondo parametri di apprezzamento sindacabili nel giudizio di legittimità solo sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione. (Nella fattispecie la Corte, precisando che indici della finalità di spaccio possono essere la quantità, qualità e composizione della sostanza, anche in rapporto al reddito del detentore e del suo nucleo familiare, nonché la disponibilità di attrezzature per la pesatura o il confezionamento della sostanza, ha ritenuto immune da vizi la motivazione della Corte territoriale fondata sul rinvenimento nella casa dell’agente, accanto alla quantità di droga suddivisa ed occultata, anche di oggetti vari di valore – radio, stereo, macchine fotografiche – di non giustificata provenienza). Cass. pen. sez. VI 29 maggio 2000, n. 6282

Quando, in presenza di un provvedimento di esecuzione di una sentenza penale emesso dal pubblico ministero nell’ambito delle sue funzioni istituzionali, l’interessato abbia proposto, anziché incidente di esecuzione, ricorso per cassazione, quest’ultimo, poiché riguarda un provvedimento non giurisdizionale, né suscettibile di impugnazione, è inammissibile, a nulla rilevando che con esso siano stati dedotti vizi di legittimità, e non è qualificabile come incidente di esecuzione con la contestuale trasmissione degli atti al giudice competente. (La Corte ha, peraltro, precisato che la declaratoria di inammissibilità del ricorso non preclude la facoltà di attivare in ogni tempo la procedura incidentale di esecuzione, il provvedimento emesso all’esito della quale è ricorribile per cassazione). Cass. pen. Sezioni Unite 12 febbraio 2000, n. 27

Il vizio della sentenza previsto dall’articolo 606, primo comma, lett. d), c.p.p. consiste in un error in procedendo che si verifica allorché l’omessa assunzione riguardi una prova decisiva, cioè una prova capace di incidere in modo significativo sul procedimento decisionale seguito dal giudice e tale da determinare, di conseguenza, una differente valutazione complessiva dei fatti e portare in concreto a una decisione diversa. (Nella specie la Corte ha precisato che il vizio in parola si verifica quando la prova ha per oggetto un elemento di fatto che potrebbe portare a una diversa ricostruzione della fattispecie concreta e nel caso si trattava di rilievi aerofotogrammetrici irrilevanti per accertare l’opera della costruzione di ampliamento di edificio). Cass. pen. sez. III 15 ottobre 1999, n. 11807

L’inammissibilità del ricorso per cassazione derivante dalla manifesta infondatezza dei motivi non impedisce che vengano rilevate e dichiarate, ai sensi dell’art. 129 c.p.p.le cause di non punibilità. (Nell’affermare detto principio la Corte ha altresì precisato che la dichiarazione delle cause di non punibilità è preclusa, viceversa, dall’inammissibilità derivante dall’enunciazione nell’atto di gravame di motivi non consentiti e nella denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello, trattandosi di ipotesi di inammissibilità originaria le quali non consentono quella delibazione sulla fondatezza della censura che costituisce peculiarità singolare della dichiarazione di inammissibilità per infondatezza manifesta dei motivi di impugnazione). Cass. pen. Sezioni Unite 15 settembre 1999, n. 15

Nel caso in cui sia stata eccepita nel giudizio di merito una pretesa violazione di norme processuali, il giudice non deve dare luogo ad alcuna motivazione se la violazione denunciata non sussiste. Ne consegue che non può invocarsi in sede di legittimità il difetto di motivazione se, stante la infondatezza dell’eccezione, il giudice a quo non si sia soffermato sulla stessa nel discorso argomentativo a supporto della decisione adottata. Cass. pen. sez. III 3 settembre 1999, n. 10504

Il controllo della Corte di cassazione sulla motivazione dei provvedimenti impugnati, fuori dell’ipotesi estrema della mancanza di qualsiasi indicazione giustificativa del decisum, correttamente sussumibile nella previsione dell’art. 606, lett. b), c.p.p.è consentito solo quando il vizio denunciato sia di tale importanza da minare al suo interno le strutture della pronuncia (illogicità interna) a causa dell’evidente incoerenza ravvisabile nella serie concatenata di proposizioni finalizzate a convalidare l’assunto conclusivo. Non già, dunque, allorché per cogliere la disarmonia del discorso sviluppato dal giudice di merito sia necessario ricorrere a criteri di valutazione mutuati dall’esterno (sia questi suggeriti dalla parte interessata o prescelti dallo stesso giudice di legittimità), sebbene essi possano, per avventura, essere ritenuti più consoni a modelli di ragionamento comuni (illogicità esterna). Il vizio di motivazione noto come «travisamento del fatto», pertanto, può sopravvivere soltanto nell’ipotesi, prevalentemente teorica, in cui il giudice, dopo aver fatto propria una certa ricostruzione degli eventi, ne tragga sul piano giuridico, conclusioni confliggenti con la medesima e supponenti, sotto il profilo logico, una ricostruzione diversa. Cass. pen. sez. I 17 marzo 1999, n. 3458

A differenza del giudicato, che, ai sensi dell’art. 624, comma primo c.p.p.si forma progressivamente e che opera oltre il processo e al di fuori di esso, la preclusione, quale prevista dagli artt. 597, comma primo, 606, comma terzo, e 609, comma primo, c.p.p. opera all’interno del processo stesso e ha la funzione di rendere incontrovertibile la risoluzione di una questione, impedendo la sua riproposizione qualora non sia stata dedotta con il mezzo di gravame stabilito. In considerazione della diversa natura dei due fenomeni, la disposizione dell’art. 129 c.p.p. agisce diversamente. Infatti, mentre le cause estintive del reato o di non punibilità non possono trovare applicazione ove sia intervenuto il giudicato, altrettanto non pudirsi per ciò che riguarda la preclusione. Ne consegue che, nel caso in cui sia proposto ricorso per cassazione per motivi attinenti all’entità della pena ma non alla responsabilità dell’imputato, poiché su tale secondo punto non si è formato un giudicato ma solo una preclusione processuale, è possibile accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato, accertamento che, al contrario, non sarebbe possibile qualora sia intervenuto un annullamento parziale della pronuncia su punti non afferenti la responsabilità. Cass. pen. sez. III 11 dicembre 1998, n. 12913

Le questioni di diritto sostanziale possono esser sollevate per la prima volta davanti alla Corte di cassazione – così venendo meno la preclusione per le violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello – sempre che si tratti di deduzioni di pura legittimità o di questioni di puro diritto insorte dopo il giudizio di secondo grado in forza di ius superveniens o di modificazione della disposizione normativa di riferimento conseguente all’intervento demolitorio o additivo della Corte costituzionale. In caso di sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale, la quale ha il limitato effetto di far sorgere nel giudizio a quo una preclusione endoprocessuale, ma non è munita dell’efficacia erga omnes propria delle sentenze dichiarative di illegittimità costituzionale, i poteri di cognizione della Cassazione non possono estendersi oltre i limiti dell’effetto devolutivo del ricorso. Cass. pen. sez. V 19 agosto 1998, n. 4911

Il problema dell’applicazione dell’indulto può essere sollevato nel giudizio di legittimità soltanto nel caso in cui il giudice di merito lo abbia preso in esame e lo abbia risolto negativamente, escludendo che l’imputato abbia diritto al beneficio, e non, invece, quando abbia omesso di pronunciarsi, riservandone implicitamente l’applicazione al giudice dell’esecuzione. Ne consegue che, allorché non risulta richiesta, nelle fasi di merito, l’applicazione dell’indulto, la questione non è deducibile in cassazione. Cass. pen. Sezioni Unite 7 marzo 1995, n. 2333

L’interesse ad impugnare ex art. 568, quarto comma, c.p.p.costituisce un elemento del diritto di impugnazione e non il contenuto dell’impugnazione, che pure è necessario indicare sotto forma di enunciazione di uno specifico motivo. Ne consegue che deve esser ritenuto inammissibile, ai sensi del terzo comma dell’art. 606 c.p.p.perché proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge, il ricorso per cassazione nel caso in cui il ricorrente prospetti un suo interesse ad impugnare, ma non deduca alcuna violazione di legge o vizio di motivazione, che possa costituire motivo di ricorso volto ad ottenere l’annullamento della sentenza impugnata. (Nella specie il ricorrente affermava che unico motivo della sua impugnazione era quello di poter rinunciare al beneficio della sospensione condizionale della pena, concessogli per una condanna relativa a contravvenzione estinguibile per oblazione, in vista della possibilità di ottenere un tale beneficio in altra più utile circostanza, e la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso sulla scorta del principio di cui in massima). Cass. pen. Sezioni Unite 10 novembre 1993, n. 10127

Nella sentenza di patteggiamento l’illegalità sopraggiunta della pena – concordata sulla base dei parametri edittali dettati per le cosiddette “droghe leggere” dall’art. 73 d.P.R. 309/1990 come modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto ma dichiarato successivamente incostituzionale con la sentenza n. 32 del 2014 – determina la nullità dell’accordo e la Corte di cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza basata su tale accordo. Cass. pen. Sezioni Unite 28 luglio 2015, n. 33040

In tema di patteggiamento, pur dovendosi ribadire il principio secondo cui può costituire motivo di ricorso per cassazione la errata qualificazione giuridica del fatto, devesi tuttavia rtienere che tale possibilità sia limitata ai soli casi di errore manifesto o di palese incongruità e che, inoltre, trattandosi di ricorso proposto dall’imputato, esso debba essere sostenuto da un riconoscibile, concreto interesse. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha rigettato il ricorso per cassazione proposto dall’imputato secondo cui il fatto a questi addebitato sarebbe stato erroneamente qualificato come furto aggravato da destrezza, osservando che, a parte la non assoluta insostenibilità di tale qualificazione, sarebbe stata comunque configurabile, in luogo di detta aggravante, quella del mezzo fraudolento). Cass. pen. sez. V 2 aprile 2009, n. 14525

L’annullamento in sede di legittimità della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, implicando l’esclusione della validità dell’accordo nei termini in cui le parti lo avevano raggiunto e il giudice lo aveva recepito nella sentenza emessa ex articolo 444 del c.p.p.comporta il venir meno della possibilità per il giudice di merito (cui gli atti vengono trasmessi a seguito di annullamento) di definire nuovamente con sentenza il procedimento sulla base di quel medesimo accordo, che non può più considerarsi giuridicamente esistente, non essendosi validamente perfezionata la procedura di legge a seguito dei vizi riscontrati dal giudice di legittimità. Infatti, tale annullamento è pronunciato «senza rinvio» e con semplice trasmissione degli atti al giudice a quo per l’ulteriore corso, potendosi verificare, in quella sede, o che l’accordo venga riproposto in termini diversi (per cui il giudice valuterà nuovamente se recepirlo o no), oppure che non venga riproposto, nel qual caso il procedimento dovrà proseguire con il rito ordinario. (Da queste premesse, la Corte ha annullato, senza rinvio, la sentenza del giudice di merito che, chiamato nuovamente a pronunciarsi a seguito di precedente annullamento senza rinvio da parte della Corte di cassazione di sentenza di «patteggiamento», aveva erroneamente inteso detto annullamento come pronunciato «con rinvio», ritenendo di potere e dovere semplicemente rivalutare la primigenia richiesta di applicazione di pena). Cass. pen. sez. II 11 aprile 2005, n. 13096

Nel c.d. patteggiamento della pena in appello ai sensi dell’art. 599, comma 4, c.p.p.le parti esercitano in potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata – da chi lo ha promosso o vi ha aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione. Cass. pen. Sezioni Unite 11 febbraio 2004, n. 5466

In tema di c.d. «patteggiamento in appello», l’imputato non può riproporre in sede di legittimità questioni, ancorché rilevabili d’ufficio, che abbiano formato oggetto di motivi di appello ai quali, con la richiesta e la successiva definizione del giudizio di appello a norma dell’art. 599, comma 4, c.p.p.ha rinunciato. Cass. pen. sez. VII 15 novembre 2001, n. 40767

Nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la rati.ca del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute. Cass. pen. sez. III 9 maggio 2001, n. 18735

Qualora le parti richiedano consensualmente l’applicazione di una pena determinata, se la qualificazione giuridica del fatto è diversa da quella contestata nel capo di imputazione, il giudice deve anzitutto darne atto, specificando il reato originariamente contestato, e soprattutto deve motivare, sia pure con la sinteticità suggerita dal rito speciale, in ordine alla legittimità della derubricazione del reato contestato. Omettendo i termini specifici e la motivazione della derubricazione il giudice impedisce il doveroso controllo sulla legittimità della sua valutazione giuridica, incorrendo così in difetto di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p. Cass. pen. sez. III 19 ottobre 1998, n. 2429

L’ordinanza con la quale sia stata rigettata la richiesta di liquidazione del compenso avanzata dal difensore di persona ammessa al gratuito patrocinio, costituisce un provvedimento di natura decisoria contro il quale non è previsto alcun altro specifico mezzo di impugnazione se non il ricorso in Cassazione. Cass. pen. sez. III 24 settembre 1999, n. 2456

L’imputato che proponga ricorso per cassazione dichiarato inammissibile per una delle cause indicate dall’art. 591 c.p.p. non va condannato al pagamento della sanzione pecuniaria comminata dall’art. 616 c.p.p. Questa, infatti, consegue, unicamente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per una delle cause previste dall’art. 606, comma 3, c.p.p. Cass. pen. sez. I 21 settembre 1995, n. 3432

Nel procedimento di prevenzione, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3-ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione nella quale va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato con rinvio il decreto di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, ravvisando il vizio di violazione di legge per omessa motivazione, per aver ritenuto la sussistenza di indizi di appartenenza del proposto ad un’associazione di tipo mafioso, senza, tuttavia, confrontarsi anche con le ragioni di una precedente sentenza della stessa Corte di Cassazione di annullamento con rinvio della sentenza di conferma della condanna emessa nel giudizio di cognizione per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.). Cass. pen. sez. VI 1 agosto 2016, n. 33705

L’art. 606, comma primo, lett. a), c.p.p.considera, quale motivo di ricorso per cassazione, che giustifica l’annullamento senza rinvio della sentenza (art. 620 c.p.p.), l’esercizio da parte del giudice di merito di una potestà riservata dalla legge ad organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri. L’esercizio di una potestà riservata agli organi dell’amministrazione si realizza quando il giudice con il provvedimento impugnato abbia usurpato poteri amministrativi (ad esempio, annullando o revocando un atto amministrativo) e cioè abbia esercitato una potestà tipica spettante all’amministrazione. Non sussiste pertanto l’esercizio di una siffatta potestà allorché il giudice è chiamato a decidere sul comportamento, tenuto dagli organi della pubblica amministrazione o dai dipendenti di essa, in relazione al caso concreto e detto comportamento costituisca violazione di una norma penale, posta a tutela di interessi che il legislatore ha ritenuto meritevoli di tutela (fattispecie in cui è stata ritenuta la penale responsabilità di taluni dipendenti dell’Anas per aver costoro omesso di collocare i prescritti segnali di pericolo a seguito dell’intervenuta avaria di uno dei due semafori posti ai due capi di una galleria). Cass. pen. sez. I 26 febbraio 1991, n. 2653

Il vizio di cui all’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. riguarda l’erronea interpretazione della legge penale sostanziale (ossia, la sua inosservanza), ovvero l’erronea applicazione della stessa al caso concreto (e, dunque, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto sotto fattispecie astratta), e va tenuto distinto dalla deduzione di un’erronea applicazione della legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, denunciabile sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Cass. pen. sez. V 10 novembre 2016, n. 47575

La mancata applicazione dell’indulto in sede di giudizio di cognizione, nel caso in cui non sia negato all’imputato il diritto di goderne ma sia invece rinviato, implicitamente o esplicitamente, alla sede esecutiva ogni provvedimento al riguardo, non determina alcuna nullità, né alcuna conseguenza negativa per il condannato, che potrà adire il giudice dell’esecuzione per conseguire il beneficio. Cass. pen. sez. I 16 gennaio 2015, n. 2261

Allorché con il ricorso per cassazione si lamenti l’illegale assunzione di una prova (nella specie dichiarativa), è consentito procedere in sede di legittimità alla c.d. “prova di resistenza”, e cioè valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta di una certa soluzione sarebbe stata la stessa senza l’utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute sufficienti. Cass. pen. sez. V 12 gennaio 2004, n. 569

Poiché la generica negazione, formulata nei motivi di appello, della responsabilità per reato aggravato ai sensi dell’art. 7 D.L. n. 152 del 1991, oggetto degli scopi della concorrente associazione per delinquere di stampo mafioso, non può ritenersi comprensiva anche della contestazione in ordine alla compatibilità della citata circostanza aggravante con l’imputazione di partecipazione all’associazione, la deduzione di detta incompatibilità nei motivi di ricorso per cassazione, in quanto si configura come novum, rende il ricorso medesimo inammissibile a norma dell’art. 606, comma terzo, c.p.p. Cass. pen. Sezioni Unite 16 dicembre 1999, n. 24

Il vizio della sentenza consistente nella mancata assunzione di una prova decisiva, di cui all’art. 606, comma 1, lett. d) c.p.p.si sostanzia in un error in procedendo, che rileva solo quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni in motivazione addotte a sostegno della decisione, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa statuizione. La valutazione in ordine alla decisività della prova va quindi compiuta in concreto, apprezzando se i fatti dalla parte indicati siano tali da potere inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice. Cass. pen. sez. IV 5 settembre 1997, n. 8189

I vizi di legittimità del provvedimento, che fondano la possibilità di ricorrere contro lo stesso, sono sempre interni al provvedimento e al procedimento relativo. I vizi derivanti da incompatibilità o da disparità con provvedimenti conclusivi di altri procedimenti, invece, possono, se del caso, giustificare il rimedio straordinario della revisione di cui agli artt. 629 ss. c.p.p. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che non ha alcun rilievo, sotto il profilo del vizio di motivazione o di qualsiasi altro tipizzato profilo di ricorso di legittimità ex art. 606 c.p.p.la disparità di trattamento con altro caso pio meno analogo deciso in altro processo incidentale o principale). Cass. pen. sez. III 20 giugno 1997, n. 1629

Qualora il giudice del dibattimento abbia, con ordinanza, respinto la richiesta di disporre la riunione fra più procedimenti, ritenendo non configurabile il prospettato vincolo della continuazione tra i reati che ne formano oggetto, la successiva sentenza di merito non può essere validamente impugnata con ricorso per cassazione, sotto il profilo del mancato riconoscimento del suddetto vincolo, atteso che, da un lato, i provvedimenti che dispongono o negano la riunione di procedimenti, siccome meramente ordinatori, sono sottratti ad ogni forma di gravame, dall’altro l’invocata continuazione può comunque essere chiesta in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 671 c.p.p. non ostandovi – per il suo carattere meramente incidentale – la suddetta pronuncia del giudice di cognizione, il quale, proprio per non aver disposto la riunione, non ha potuto giudicare, ex professo, della sussistenza o meno della unicità del disegno criminoso, ma si è limitato ad una mera delibazione. Cass. pen. sez. I 4 dicembre 1995, n. 11854

La mancata effettuazione di un accertamento peritale (nella specie sulla capacità a testimoniare di un minore vittima di violenza sessuale) non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’articolo citato, attraverso il richiamo all’art. 495, comma 2, cod.proc.pen.si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività. Cass. pen. Sezioni Unite 31 agosto 2017, n. 39746

Non è rilevabile d’ufficio in sede di giudizio di legittimità l’eccezione relativa alla violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, – così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani del 5 luglio 2011 nel caso Dan/Moldavia -, per avere la sentenza di appello riformato la sentenza di assoluzione di primo grado senza nuova escussione dei testi, trattandosi censura riconducibile, con adattamenti, alla nozione di “vizio di violazione di legge” di cui all’art. 606, comma primo, lett. c) c.p.p.deducibile esclusivamente con il ricorso per cassazione, mediante illustrazione delle ragioni di fatto e di diritto a suo sostegno, a norma dell’art. 581 c.p.p.. Cass. pen. sez. IV 5 maggio 2014, n. 18432

La Corte di Cassazione che rilevi la fondatezza del ricorso con cui si lamenti l’illegale assunzione di una prova non deve procedere all’automatico annullamento della sentenza ma, invece, effettuare la cd. “prova di resistenza” e cioè valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta di una certa soluzione sarebbe stata la stessa senza l’utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute sufficienti. (Fattispecie in cui la Corte, pur rilevando l’illegittima utilizzazione di dichiarazioni rese in contrasto con l’art. 63 cod. proc. pen. non ha proceduto all’annullamento, in quanto gli altri elementi di prova raccolti in sede di merito consentivano di non tener conto della dichiarazione inutilizzabile). Cass. pen. sez. VI 14 gennaio 2014, n. 1255

In tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) c.p.p.la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali. Cass. pen. sez. I 21 febbraio 2013, n. 8521

Il giudice di legittimità purilevare d’ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata e non rilevata dal giudice d’appello, pur se non dedotta con il ricorso e nonostante i motivi dello stesso vengano ritenuti inammissibili. Cass. pen. sez. V 7 novembre 2012, n. 42950

In tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p.la corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, puaccedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione. (In applicazione di tale principio, in una fattispecie relativa alla denuncia di inutilizzabilità in procedimento incidentale de libertate, di intercettazioni di comunicazioni tra presenti, la Corte ha provveduto all’esame diretto dei decreti autorizzativi del giudice per le indagini preliminari e di quelli esecutivi del pubblico ministero). Cass. pen. Sezioni Unite 28 novembre 2001, n. 42792

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