In tema di impugnazioni, la rinuncia al ricorso per cassazione validamente proposto, in quanto esercizio di un diritto potestativo dell’avente diritto, determina l’immediata estinzione del rapporto processuale, cui consegue l’immediato passaggio in giudicato della sentenza all’atto della dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione. Cass. pen. Sezioni Unite 25 marzo 2016, n. 12602
È inammissibile il ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice di appello che, rilevata la rinuncia dell’imputato ai motivi di appello diversi da quelli relativi alla riduzione di pena, dichiari, in virtù degli art. 589, commi secondo e terzo e 591, comma primo, lett. d) c.p.p.l’inammissibilità sopravvenuta dei motivi oggetto di rinuncia, omettendone l’esame ai fini dell’applicazione dell’art. 129 c.p.p.considerato che la rinuncia ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità. Pertanto, poiché, ex art. 597, comma primo, c.p.p.l’effetto devolutivo dell’impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, una volta che essi costituiscano oggetto di rinuncia, non può il giudice di appello prenderli in considerazione, né può farlo il giudice di legittimità sulla base di un’ipotetica implicita revoca di tale rinuncia, stante l’irrevocabilità di tutti i negozi processuali, ancorché unilaterali. Cass. pen. sez. II 1 febbraio 2011, n. 3593
Il pagamento della pena pecuniaria inflitta con decreto penale di condanna non costituisce rinuncia alla opposizione, atteso che, stante la inquadrabilità della opposizione nel sistema delle impugnazioni, la rinuncia deve essere proposta con atto formale – nelle forme di cui all’art. 589 c.p.p. – che non ammette equipollenti, e pertanto non può essere tacita. Cass. pen. sez. III 22 settembre 2001, n. 34431
In tema di rinuncia alla impugnazione da parte dell’imputato, essa deve essere fatta personalmente dalla parte privata, oppure a mezzo del difensore munito di procura speciale, che, ai sensi dell’art. 122 c.p.p.deve, tra l’altro, contenere la determinazione dell’oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di secondo grado, impugnata dall’imputato, che aveva dedotto la nullità del giudizio di appello, in quanto il difensore era sprovvisto di procura speciale in relazione alla rinuncia ai motivi di gravame. La Suprema Corte ha rilevato che il difensore era munito di procura che lo abilitava, genericamente, a compiere ogni adempimento di sua competenza, comprese la facoltà di proporre istanze difensive, nominare sostituti processuali e proporre tutte le impugnazioni). Cass. pen. sez. V 12 giugno 2000, n. 6948
Alla stregua della disciplina risultante dal combinato disposto degli artt. 99, 571 e 589 c.p.p.la rinuncia all’impugnazione da parte dell’imputato personalmente, effettuata prima ancora del deposito della sentenza (e, quindi, dell’inizio della decorrenza del termine per impugnare), così come non preclude allo stesso imputato (non operando, in materia penale, l’istituto dell’acquiescenza previsto dall’art. 329 c.p.c.), di proporre ugualmente, entro i termini di legge, l’impugnazione, allo stesso modo non incide sulla validità dell’impugnazione che, successivamente alla detta rinuncia e sempre nell’osservanza dei prescritti termini, sia stata autonomamente proposta dal difensore abilitato. Cass. pen. sez. I 4 aprile 1995, n. 3681
In tema di impugnazioni, l’acquiescenza è istituto di carattere generale che – pur occupandosene il codice di procedura penale a proposito del pubblico ministero – deve essere esteso anche alle parti private, per il carattere disponibile del diritto di impugnazione. La formale dichiarazione dell’imputato che «rinuncia ai termini di legge» avverso la sentenza di appello e richiede che la stessa «passi in giudicato» integra acquiescenza, che produce l’estinzione del diritto di impugnazione con effetto immediato e definitivo, sicché è inammissibile l’impugnazione eventualmente proposta dal difensore. Cass. pen. sez. VI 8 febbraio 1994, n. 1456
È inefficace l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall’indagato, ma dal solo difensore non munito di procura speciale, in quanto la rinuncia, non costituendo espressione dell’esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell’interessato, espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale. Cass. pen. sez. II 5 febbraio 2015, n. 5378
La rinuncia all’impugnazione sottoscritta dal solo difensore, non munito di procura speciale per tale atto, non produce alcun effetto processuale, in quanto egli, se non specificamente incaricato dal proprio difeso, non ha tale facoltà, neanche ove abbia proposto egli stesso il gravame. Cass. pen. sez. I 16 maggio 2000, n. 1067
In tema di rinunzia, anche parziale, all’impugnazione, poiché non può conferirsi valore alla dichiarazione del difensore non munito di mandato ad hoc, si verifica nullità quando, in sede di appello, il difensore, non munito di procura conferita a lui personalmente, abbia patteggiato la pena, rinunciando agli altri motivi di gravame. Invero, la natura del particolarissimo atto dispositivo, in vista del quale i poteri sono – con la procura – conferiti, comporta che la scelta del professionista delegato a raggiungere l’accordo con l’organo dell’accusa debba ritenersi effettuata intuitu personae; ciò porta ad escludere che il delegato possa procedere alla nomina di un suo sostituto, ai sensi del secondo comma dell’art. 102 c.p.c.esulando, in tal caso, i suoi poteri da quelli tipici, inerenti al mandato difensivo; invero sono trasferibili al sostituto ex art. 102 c.p.p. solo i poteri inerenti alla difesa. (Nella fattispecie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di appello emessa ai sensi del comma quarto dell’art. 599 c.p.p. in quanto, pur essendo il difensore dell’imputato munito di procura speciale per la rinunzia ai motivi, esclusi quelli concernenti la riduzione della pena, l’accordo pattizio in grado di appello era intervenuto tra il P.M. ed il sostituto processuale del nominato difensore). Cass. pen. sez. V 1 aprile 1999, n. 4253
È valida ed efficace la rinuncia all’impugnazione effettuata da difensore che sia privo di specifico mandato qualora l’imputato sia presente all’udienza ove la rinuncia è presentata, valendo tale presenza come implicita rati.ca della volontà espressa dal difensore. Cass. pen. sez. II 15 gennaio 1999, n. 478
Poiché la rinuncia all’impugnazione, ancorché limitata a taluno dei motivi dedotti, è, dall’art. 589 c.p.p.riservata all’imputato, il difensore non munito di mandato speciale non è legittimato a rinunciare all’impugnazione stessa. Cass. pen. sez. VI 26 agosto 1994, 9303
Non costituisce rinuncia all’impugnazione la formulazione, da parte del Procuratore generale di udienza, di conclusioni contrarie all’appello precedentemente proposto da un altro ufficio del P.M. (Fattispecie relativa ad una richiesta di parziale rigetto dell’appello). Cass. pen. sez. VI 8 maggio 2013, n. 19762
Anche dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di rito, il visto del procuratore generale sulle sentenze dei giudici di primo grado del distretto costituisce un adempimento di carattere amministrativo destinato a consentire alla massima autorità dell’ufficio di pubblica accusa di venire a conoscenza delle decisioni assunte nell’ambito territoriale di competenza. Pertanto, la sua apposizione, anche senza riserva alcuna, non implica acquiescenza al provvedimento, atteso che in materia processuale penale l’acquiescenza deve trarsi dal compimento di atti sicuramente incompatibili con la volontà di esercitare determinate facoltà previste dalla legge, e non da quello di un atto d’ufficio, quale appunto il visto, diversamente finalizzato. Cass. pen. sez. IV 25 maggio 1998, n. 6079
Il procuratore generale presso la Cassazione può legittimamente rinunciare all’impugnazione proposta dal procuratore generale presso la corte di merito. Cass. pen. , sez. III 9 maggio 1996, n. 4671
In tema di rinuncia all’impugnazione del pubblico ministero, il termine posto dall’art. 589, comma 1, c.p.p.per effettuare la dichiarazione di rinuncia, che deve avvenire “prima dell’inizio della discussione”, non si identifica con la pronunzia della requisitoria nei confronti di ciascun imputato in quanto, da un lato, la discussione non concerne solo le richieste del P.M. ma anche quelle delle altre parti private; dall’altro, essa non può essere frazionata con riferimento ad ogni specifica posizione o parte. Cass. pen. sez. II 19 marzo 2003, n. 12845
La rinuncia al ricorso è atto formale che non può essere dedotto dalla semplice circostanza che il P.M. abbia chiesto la conferma della sentenza di primo grado dimenticando l’esistenza in atti di un appello del suo ufficio, la cui validità procedimentale trova ragione nei motivi di sostegno e non nella richiesta d’udienza (che non sia esplicita rinuncia). Cass. pen. sez. IV 9 luglio 1998, n. 8204
Il Pubblico Ministero presso il giudice dell’impugnazione pusì rinunciare al gravame proposto da altro P.M.ma la rinuncia può essere effettuata entro un termine espressamente stabilito e, cioé, “prima dell’inizio della discussione” (art. 589, comma 1, c.p.p.) con dichiarazione espressa, ricevuta dal cancellerie o inserita nel processo verbale dell’udienza prima del termine suindicato. Pertanto, non può essere preso in considerazione come atto di rinuncia all’impugnazione, “per acquiescenza”, la richiesta dibattimentale del Procuratore Generale di conferma della decisione impugnata da altro Pubblico Ministero; ciò non solo perché tale richiesta (intesa come rinuncia) non rispetterebbe i termini di cui all’art. 589 c.p.p.ma anche perché manca nel processo penale, a differenza che in quello civile (art. 329 c.p.c.), una norma che preveda l’acquiescenza come causa di estinzione del diritto di impugnazione, vigendo il diverso principio della natura esclusivamente formale dell’atto processuale di rinuncia all’impugnazione. Cass. pen. sez. III 27 agosto 1997, n. 8005
La rinuncia a tutti i motivi di appello, ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena, deve ritenersi comprensiva anche del motivo attraverso il quale l’appellante abbia richiesto l’esclusione di elementi circostanziali che condizionano il trattamento sanzionatorio. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto estesa la rinuncia al motivo con cui era richiesta l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203). Cass. pen. sez. IV 11 gennaio 2018, n. 827
La rinuncia all’impugnazione è atto formale che non ammette equipollenti e, pertanto, non danno luogo a rinuncia le conclusioni di udienza con cui il pubblico ministero chieda la conferma della sentenza di condanna di primo grado, che era stata impugnata con appello del suo ufficio in relazione alla quantificazione della pena. Cass. pen. sez. II 12 maggio 2017, n. 23404
La rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, di talché è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Nella fattispecie gli imputati avevano rinunciato ai motivi di appello concernenti la responsabilità penale e la S.C. ha dichiarato di poter esaminare i soli motivi di ricorso riguardanti il trattamento sanzionatorio, tra i quali non rientrava l’eccepita violazione della disciplina del reato continuato). Cass. pen. sez. IV 6 marzo 2015, n. 9857
La rinuncia a tutti i motivi di appello ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena, comprende anche i motivi concernenti la recidiva, che, pur con.uendo nella determinazione della pena come ogni altra circostanza, costituisce capo autonomo della decisione. Cass. pen. sez. II 11 marzo 2014, n. 11761
Quando l’impugnante abbia rinunziato ad uno o più motivi di gravame, automaticamente il parametro del giudizio è ristretto ai superstiti, essendo inibito al giudice di prendere cognizione di quei capi e punti della decisione sui quali ha fatto acquiescenza la parte, la quale, poi, non potrebbe, a giudizio di impugnazione concluso, riproporre al giudice funzionalmente superiore, doglianze circa quei capi e punti, senza incorrere nella preclusione di cui all’art. 606, terzo comma, c.p.p. Peraltro, sin tanto che il rapporto processuale non si sia esaurito con la formazione del giudicato, il giudice deve procedere ex officio a quelle veri.che che la legge impone di operare in ogni stato e grado del processo, quali il rispetto delle norme sulla competenza funzionale e per materia, le pregiudizialità obbligatorie, l’immediata applicazione di formule assolutorie ex art. 129 c.p.p. Invero, se la legge dispone che determinate veri.che e specifiche nullità debbano essere, d’ufficio, eseguite e dichiarate in ogni stato e grado del processo, stante l’interesse superiore della collettività all’osservanza delle relative norme, l’eventuale acquiescenza, rinunzia o transazione della parte non può sortire effetti diversi da quelli voluti dalla legge. Cass. pen. sez. VI 20 gennaio 1992, n. 480
È inefficace l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall’indagato, ma dal solo difensore non munito di procura speciale, a nulla rilevando che quest’ultimo abbia proposto l’impugnazione. Cass. pen. sez. I 1 dicembre 2008, n. 44612
Ai sensi del secondo comma dell’art. 589 c.p.p. la rinuncia all’impugnazione può essere formulata solo con dichiarazione della parte o con dichiarazione del difensore munito di procura speciale e pertanto la rinuncia proveniente dal difensore non munito di procura speciale, anche se è lui che ha presentato l’impugnazione è priva di effetto. Cass. pen. sez. III 5 giugno 2003, n. 24341
La rinuncia all’impugnazione di cui all’art. 589 c.p.p. è atto formale che non può essere dedotto dalla semplice circostanza che il difensore abbia depositato la procura speciale che gli conferiva il potere di rinuncia, senza peraltro poi esercitare concretamente tale potere. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto privo di effetti il deposito della procura speciale, rilasciata al difensore ai sensi dell’art. 589 c.p.p.seguito dalla dichiarazione di quest’ultimo dell’errore in cui era incorso l’assistito nel conferimento della procura). Cass. pen. sez. VI 5 febbraio 2002, n. 4249
Il pagamento della pena pecuniaria inflitta con decreto penale di condanna non costituisce rinuncia alla opposizione, atteso che, stante la inquadrabilità della opposizione nel sistema delle impugnazioni, la rinuncia deve essere proposta con atto formale – nelle forme di cui all’art. 589 c.p.p. – che non ammette equipollenti, e pertanto non può essere tacita. Cass. pen. sez. III 22 settembre 2001, n. 34431
La richiesta di riesame, attesa la sua natura di mezzo di impugnazione, è soggetta alla possibilità di rinuncia da parte dell’avente diritto mediante dichiarazione resa anche all’udienza prima dell’inizio della discussione, con la conseguenza che la dichiarazione di inammissibilità del gravame per intervenuta rinuncia produce l’effetto di giudicato cautelare sulla misura applicata. Cass. pen. sez. III 19 maggio 2001, n. 20362
Poiché la rinuncia all’impugnazione, che è un negozio formale che non ammette equivalenti, deve essere fatta nelle forme e nei termini stabiliti dall’art. 589 c.p.p. non costituisce rinuncia tacita o implicita la richiesta del procuratore generale di udienza di conferma della sentenza del Gip di assoluzione dell’imputato, che sia stata appellata dalla stessa procura generale. Cass. pen. sez. IV 6 marzo 1996, n. 2529
È inammissibile la dichiarazione di rinuncia al gravame trasmesso per telescrivente e, quindi, senza il rispetto delle forme imposte dall’art. 589, comma terzo, c.p.p.che mirano a garantire la provenienza dell’atto interessato. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione avverso provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca di misura coercitiva). Cass. pen. sez. I 4 luglio 1995, n. 1601
La rinuncia all’impugnazione è una dichiarazione abdicativa, irrevocabile e recettizia, le cui forme, previste dall’art. 589 c.p.p. non sono stabilite a pena d’inammissibilità, essendo sufficiente la sicura provenienza dal soggetto legittimato ed una volontà chiaramente espressa. Pertanto, è ammissibile la rinuncia presentata alla cancelleria del giudice ad quem. (Nella specie è stata ritenuta produttiva di effetti la rinuncia presentata presso la cancelleria della Corte di cassazione alcuni giorni prima dell’udienza fissata per la decisione del ricorso avverso l’ordinanza del Gip in materia di misure cautelari personali). Cass. pen. sez. VI 8 luglio 1993, n. 1376
La rinuncia all’opposizione a decreto penale è atto formale che non ammette equipollenti; pertanto, non solo deve essere espressa con particolari forme, ma anche non pu in ogni caso, essere tacita. Infatti, posto che, l’opposizione a decreto penale deve inquadrarsi nel pigenerale istituto delle impugnazioni, tanto piche nel nuovo codice di procedura penale non è stata riprodotta la previsione della esecutività del decreto penale conseguente alla mancata comparizione dell’opponente, è evidente che la rinuncia all’opposizione in tanto produce effetti in quanto siano osservate le formalità di cui all’art. 589 c.p.p.il quale fa rinvio agli artt. 581, 582 e 583 stesso codice. (Nella fattispecie la S.C. ha annullato l’ordinanza del Gip che aveva rigettato l’opposizione a decreto penale sotto il ri.esso che, avendo l’imputato provveduto al pagamento delle spese di giustizia, tale comportamento doveva essere inteso come un’implicita rinuncia all’opposizione). Cass. pen. sez. III 24 marzo 1992, n. 430
La rinuncia a tutti i motivi di appello, ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena, deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi attraverso i quali l’appellante aveva richiesto il riconoscimento di circostanze attenuanti. Cass. pen. sez. IV 15 dicembre 2016, n. 53340
Per la validità dell’acquiescenza (sub specie della rinuncia preventiva all’impugnazione) è necessario che sia già sorto il diritto di impugnazione: pertanto, la rinuncia all’impugnazione formulata dall’imputato prima del deposito della sentenza, cioè prima dell’inizio della decorrenza del termine per impugnare, è invalida, con la conseguenza che non può precludere una successiva impugnazione proposta dallo stesso imputato o dal difensore abilitato. Cass. pen. sez. VI 16 giugno 1999, n. 3775 .
La rinuncia all’impugnazione prima del deposito della sentenza non può considerarsi valida. Invero nel processo penale in tema di impugnazioni non è contemplato l’istituto della acquiescenza ma è solamente prevista la «rinuncia» alla impugnazione e cioè un negozio processuale abdicativo che presuppone l’avvenuto concreto esercizio del diritto che ne costituisce oggetto, poiché prima del deposito della sentenza la impugnazione non è neppure materialmente possibile la rinuncia alla stessa non può validatamente operarsi. Cass. pen. sez. VI 3 novembre 1995, n. 10880
La rinuncia all’impugnazione prima di aver concretamente esercitato tale diritto è invalida e l’impugnazione successiva, presentata tempestivamente, costituisce comunque revoca della rinuncia. Cass. pen. sez. VI 4 dicembre 1992, n. 11576
La rinunzia all’impugnazione è un atto negoziale produttivo dell’effetto di estinzione del gravame, una volta pervenuto all’autorità competente. Ne consegue che l’eventuale revoca della rinunzia è giuridicamente irrilevante; tuttavia è da riconoscere rilevanza e valore negoziale alla revoca di detta rinunzia alla stregua del momento cronologico del suo verificarsi e cioè quando non è ancora perento il termine previsto dalla legge per proporre il gravame. Cass. pen. sez. VI 22 luglio 1992, n. 8154
La rinuncia all’impugnazione, essendo un negozio processuale abdicativo e recettizio, determina l’estinzione dell’impugnazione nel momento stesso in cui perviene all’autorità giudiziaria competente, quando provenga dalla persona legittimata e sia effettuata nelle forme di legge. La revoca della rinuncia va, pertanto, intesa come esercizio autonomo del diritto di impugnazione, quando l’atto abbia i richiesti requisiti di ammissibilità, primo fra tutti che non sia decorso il termine per impugnare e quindi il diritto di impugnazione non sia ancora perento. Cass. pen. sez. I 15 maggio 1992, n. 5851
La rinuncia all’impugnazione ne determina ipso iure l’inammissibilità, donde l’efficacia meramente dichiarativa dell’ordinanza con la quale il giudice prende atto dell’inammissibilità stessa. Essa è un negozio unilaterale non suscettibile di revoca, esplicita o implicita, perché non può farsi dipendere dalla volontà della parte che, optando per la rinuncia, ha compiuto una libera scelta, il prodursi degli effetti giuridici propri dell’inammissibilità, vale a dire il passaggio in giudicato del provvedimento impugnato; e ciò in ogni caso, e cioè anche se la revoca della rinuncia sia intervenuta prima della scadenza del termine utile per proporre impugnazione. Cass. pen. sez. I ord. 1 marzo 1993, n. 265