In tema di divieto di “reformatio in peius”, in assenza di impugnazione della parte civile diretta a contestare la quantificazione del risarcimento in relazione ai reati per i quali è stata affermata la responsabilità penale, il giudice d’appello non può rivedere la quantificazione del danno in senso sfavorevole all’imputato, ostandovi il principio devolutivo e quello di acquiescenza, che informano il processo civile e che devono ritenersi estesi alla valutazione della pretesa civile nell’ambito del processo penale. (Fattispecie nella quale la parte civile non aveva impugnato la quantificazione del risarcimento del danno con riguardo ai reati in relazione ai quali la Corte di Appello aveva confermato la condanna, ma soltanto la statuizione di primo grado con cui l’imputato era stato assolto da uno dei reati ascrittigli). Cass. pen. sez. II 26 ottobre 2015, n. 42822
Il giudice di appello, che su gravame del solo pubblico ministero condanni l’imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria. Cass. pen. Sezioni Unite 11 settembre 2002, n. 30327
Il disposto dell’art. 573 c.p.p.quando prevede che l’impugnazione per i soli interessi civili sia – tra l’altro – trattata «con le forme ordinarie del processo penale», ha per referente ogni rituale modalità di trattazione del procedimento penale di impugnazione che risulti inderogabilmente vincolata alla tipologia cui appartenga il provvedimento impugnato ed alle conseguenti modalità di trattazione del procedimento di primo grado. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso avverso sentenza emessa in esito a giudizio abbreviato, la S.C. non ha ritenuto plausibile la doglianza che prendeva di mira «la trattazione camerale – in luogo di quella pubblica – della causa di appello»). Cass. pen. sez. V 2 aprile 1997, n. 3096