Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 cod.proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che va tenuta distinta la legittimazione a proporre il ricorso dalle modalità di proposizione, attenendo la prima alla titolarità sostanziale del diritto all’impugnazione e la seconda al suo concreto esercizio, per il quale si richiede la necessaria rappresentanza tecnica del difensore). Cass. pen. Sezioni Unite 23 febbraio 2018, n. 8914
In base al principio di tassatività delle impugnazioni sotto il profilo soggettivo, la facoltà di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce, restando dunque inibita tale facoltà agli eredi dell’imputato successivamente alla morte del medesimo. Cass. pen. sez. III 21 settembre 2007, n. 35217
L’impugnazione (nella specie, ricorso per cassazine) proposta dal difensore dell’imputato già deceduto è inammissibile per difetto di legittimazione, ma la declaratoria di inammissibilità non può comportare condanna alle spese né della parte privata, che non è più soggetto del rapporto processuale, né del difensore, il quale, pur non legittimato al gravame, rappresenta tuttavia la difesa tecnica e, pertanto, non essendo egli stesso parte, non può essere soggetto al principio della soccombenza. Cass. pen. sez. V 4 marzo 2004, n. 10310
In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto con atto sottoscritto dalla parte senza la rappresentanza di un avvocato iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione a norma dell’art. 613 c.p.p.giacché l’unica deroga a tale disposizione generale è quella prevista dall’art. 571, comma primo, c.p.p. che riconosce al solo imputato la facoltà di proporre personalmente l’impugnazione. Cass. pen. Sezioni Unite 24 settembre 2001, n. 34535
In tema di conferimento di nomina del difensore e contestuale mandato a impugnare, le forme previste dagli articoli 571, comma 3 e 96, comma 2, del c.p.p. sono rispettate allorché l’imputato trasmette a mezzo fax all’ufficio giudiziario un’espressa dichiarazione di volontà da lui sottoscritta, che soddisfa il requisito minimo richiesto dalle norme citate, consistente nella certa riconducibilità della manifestazione di volontà al suo autore, senza che sia necessaria alcuna autenticazione della firma. (Fattispecie anteriore alle modi.che apportate all’art. 571 c.p.p. dall’art. 46 della legge 16 dicembre 1999, n. 479). Cass. pen. sez. V 29 agosto 2001, n. 32444
Il diritto alla impugnazione dell’imputato ha natura unitaria e fa capo esclusivamente all’interessato, anche se al difensore è attribuita facoltà di esercitarlo; ne consegue che l’omissione dell’avviso di deposito della sentenza di secondo grado è sanata – ai sensi dell’art. 183 lett. b) c.p.p. – se l’imputato proponga personalmente ricorso per cassazione o se a tanto provveda altro difensore nel frattempo nominato. Cass. pen. sez. V 20 giugno 2001, n. 25007
La semplice nomina, conferita dall’imputato al difensore di fiducia ai sensi dell’art. 96 c.p.p.senza espressa attribuzione della facoltà di impugnare l’eventuale sentenza di condanna pronunciata in sua contumacia, è un atto diverso e non equipollente allo specifico mandato richiesto dall’art. 571, comma 3, c.p.p. Ciò priva il difensore della legittimazione ad impugnare e rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio. Cass. pen. sez. III 28 settembre 1999, n. 2282
Il difensore del latitante o dell’evaso è titolare di un ampio potere di rappresentanza che lo legittima all’espletamento di atti che in genere l’ordinamento riserva personalmente all’imputato; ciò allo scopo di evitare che il concreto esercizio del diritto di difesa soffra limitazioni nel caso di latitanza o di evasione del suo titolare. Pertanto, poiché il latitante o l’evaso possono trovarsi addirittura nella condizione di ignorare la esistenza di sentenza a loro carico o di decreto che dispone il giudizio, ovvero possono essere all’oscuro – anche per le difficoltà ed i pericoli che comportano frequenti contatti con il difensore – della pendenza di procedimento a loro carico, deve ritenersi che, a differenza di quanto avviene per il contumace, il difensore, pur non munito di specifica procura ai sensi dell’art. 571 comma 3 c.p.p.possa proporre impugnazione. Cass. pen. sez. V 5 agosto 1999, n. 9945
Gli autonomi diritti di impugnazione attribuiti all’indagato (o all’imputato) e ai difensori trovano precisi limiti al loro collegato esercizio, da una parte nell’attualità di decorrenza del termine, dall’altra nell’intervento del provvedimento sollecitato comunque da uno degli aventi diritto. Ed invero, per il principio dell’unicità del diritto all’impugnazione, una volta che il gravame sia stato proposto da uno qualsiasi dei soggetti legittimati (indagato o imputato ovvero suo difensore) e che su di esso sia intervenuta la decisione di merito, detto diritto, avendo conseguito il suo effetto, si è consumato, onde ne è precluso l’ulteriore esercizio che, essendo funzionalmente diretto a un risultato in favore dell’indagato (o imputato) e non al conseguimento di un interesse pertinente al solo difensore, non può essere reiterato in presenza di una decisione che ha provveduto sull’impugnazione altrimenti proposta. (Fattispecie in tema di procedimento di riesame). Cass. pen. sez. I 27 luglio 1999, n. 4561
Nel caso di imputato deceduto nel corso del giudizio di merito e d’impugnazione successivamente proposta dal difensore di fiducia che lo aveva assistito, l’impugnazione è inammissibile per difetto di legittimazione del proponente, risultando interrotto, all’atto della presentazione della dichiarazione d’impugnazione, il rapporto che legava il difensore all’imputato in vita. Cass. pen. sez. V 18 marzo 1999, n. 3552
In tema di impugnazioni, l’art. 571 comma terzo del codice di rito attualmente in vigore riconosce al difensore al momento del deposito del provvedimento, senza specificarne la qualità, a differenza dell’art. 192 del codice abrogato, la facoltà di proporre impugnazione, onde non esclude la legittimazione del praticante procuratore già difensore dell’imputato avanti al pretore. Né il diritto di impugnazione, correlato alla funzione di difensore, può ritenersi sacrificato in relazione alla sua qualità per la ragione che, nel rito vigente, l’atto deve essere contestualmente corredato di motivi, salvo introdurre una limitazione non prevista e pertanto non conforme alla ratio della norma, che concerne anche il deposito di provvedimenti del giudice avanti al quale il praticante procuratore può patrocinare, e cioè il pretore; quando il legislatore ha inteso stabilire particolari requisiti lo ha fatto: ed invero l’art. 613 comma primo c.p.p. espressamente prevede, in correlazione alla possibilità di proporre ricorso, che il difensore sia iscritto in albo speciale della Corte di cassazione, quale che sia il giudice di cui impugna il provvedimento. Cass. pen. sez. V 12 agosto 1997, n. 7901
Il nuovo codice di procedura penale, radicalmente innovando rispetto alla precedente disciplina ed ispirandosi, secondo il dettato della direttiva n. 105 della legge delega, all’esigenza di assicurare la continuità dell’assistenza tecnico-giuridica e di garantire la concreta ed efficace tutela dei diritti dell’imputato, ha attuato la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch’essa si caratterizza per l’immutabilità del difensore fino all’eventuale dispensa dall’incarico o all’avvenuta nomina fiduciaria. Pertanto, qualora occorra sostituire il difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, in situazioni che, di per sé, non comportano la revoca del mandato fiduciario per l’uno o la dispensa dall’incarico per l’altro (e che si possono individuare, secondo il disposto dell’art. 97, quarto comma, c.p.p. nelle ipotesi in cui il difensore non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa) il titolare dell’ufficio di difesa rimane sempre l’originario difensore designato il quale, cessata la situazione che alla sostituzione ha dato causa, può riprendere immediatamente il suo ruolo e ricominciare a svolgere le sue funzioni non richiedendo la legge, proprio per l’immutabilità della difesa e per l’automatismo della reintegrazione, comunicazioni o preavvisi di sorta. Ne consegue che unico destinatario della notifica di atti destinati alla difesa e segnatamente dei provvedimenti soggetti ad impugnazione è il difensore che risulti titolare dell’ufficio, con esclusione, quindi, del difensore chiamato a sostituire il già nominato difensore di ufficio o quello incaricato della difesa dallo stesso imputato. Cass. pen. Sezioni Unite 19 dicembre 1994, n. 22
Poiché il nuovo codice di procedura penale ha realizzato, in attuazione della direttiva n. 105 della legge delega, la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch’essa si caratterizza per l’immutabilità del difensore fino all’eventuale dispensa dall’incarico o all’avvenuta nomina fiduciaria, il diritto di impugnazione riservato in via autonoma al difensore ai sensi dell’art. 571, terzo comma, c.p.p.compete al difensore di ufficio a suo tempo designato dal giudice o dal pubblico ministero, che va considerato titolare dell’ufficio di difesa anche al momento del deposito del provvedimento impugnabile, pur se, in costanza di una delle situazioni previste dal quarto comma dell’art. 97 c.p.p.egli sia stato momentaneamente sostituito. Tuttavia, per l’esigenza di non costringere la sostituzione del difensore di ufficio in limiti temporali aprioristicamente determinati o di correlarla a cadenze o a momenti processuali prestabiliti e per l’impossibilità di pretendere dal difensore «sostituito» comunicazioni circa le cause ed i tempi di durata dell’impedimento, può ritenersi utilmente proposta l’impugnazione da parte del difensore «sostituto» che, nei tempi e con le forme prescritte dalla legge, abbia preso l’iniziativa di presentare gravame a fronte del silenzio del difensore «sostituito»; tale intervento, che di per sé costituisce un’innegabile forma di garanzia per l’imputato e di salvaguardia dei suoi interessi, non produce tuttavia effetti vincolanti per il difensore titolare dell’ufficio, al quale va coerentemente riconosciuto il diritto, se ancora nei termini, di proporre l’impugnazione, così superando quanto fatto in sua vece. Cass. pen. Sezioni Unite 19 dicembre 1994, n. 22
In tema di impugnazioni, la sottoscrizione della nomina del difensore per il giudizio di impugnazione, fatta dall’imputato in calce all’atto di appello e autenticata dal difensore, vale anche come impugnazione personale dell’imputato, dato che con la sottoscrizione questi ha fatto proprio il contenuto dell’atto. Cass. pen. Sezioni Unite 4 novembre 1993, n. 9938
Nel caso di imputato deceduto nel corso del giudizio di merito e d’impugnazione successivamente proposta dal difensore di fiducia che lo aveva assistito, l’impugnazione è inammissibile per difetto di legittimazione del proponente, risultando interrotto, all’atto della presentazione della dichiarazione d’impugnazione, il rapporto che legava il difensore all’imputato in vita. La morte del reo, infatti, produce la perdita della personalità giuridica dello stesso, per cui il processo penale si esaurisce, essendosi, con tale evento, estinto il reato e conseguentemente l’azione penale, e cessa la funzione di assistenza e di rappresentanza del difensore. Quest’ultimo, invero, non ha qualità di parte, né di soggetto, né di sostituto processuale (che è colui che agisce in nome proprio per un diritto altrui), ma esercita solo funzioni di assistenza e di rappresentanza. Cass. pen. sez. I 4 maggio 1993, n. 1447
All’omessa notifica all’imputato contumace dell’avviso di deposito della sentenza di appello conseguono la mancata decorrenza nei suoi riguardi dei termini per la proposizione dell’impugnazione, nonché, in caso di rigetto del ricorso per cassazione proposto dal difensore, la non irrevocabilità della sentenza d’appello. Cass. pen. sez. IV 26 giugno 2018, n. 29298
L’imputato che, dopo una sentenza emessa in contumacia nei suoi confronti, conferisce al proprio difensore procura speciale per proporre impugnazione, è privo di legittimazione a chiedere o a far chiedere dal suo fiduciario di essere rimesso in termini per impugnare autonomamente la decisione, nonostante la mancata notifica dell’estratto contumaciale, essendosi spogliato, mediante il rilascio della delega, del proprio diritto all’impugnazione. Cass. pen. sez. VI 3 marzo 2017, n. 10537
In tema di impugnazioni del contumace, qualora il gravame venga proposto dal difensore cui la nomina sia stata conferita con dichiarazione posta in calce all’atto di impugnazione, detta nomina è equivalente allo specifico mandato di cui all’art. 571, comma terzo, cod. proc. pen. e vale anche come impugnazione personale dell’imputato. (In motivazione, la Corte ha osservato che tale modalità di conferimento dell’incarico comprova la volontà dell’imputato di farsi assistere dal difensore nella fase del giudizio successiva a quella in cui la contumacia è stata dichiarata e che, con la sottoscrizione, l’interessato ha inteso far proprio il contenuto dell’atto nella sua interezza, inclusa la parte contenente i motivi di gravame). Cass. pen. sez. III 27 marzo 2015, n. 12999
La nomina del terzo difensore di fiducia dell’imputato, in assenza di revoca espressa di almeno uno dei due già nominati, resta priva di efficacia, salvo che si tratti di nomina per la proposizione dell’atto di impugnazione la quale, in mancanza di contraria indicazione dell’imputato, comporta la revoca dei precedenti difensori. (In motivazione la Corte ha chiarito, con riguardo al caso del successivo conferimento di mandato speciale ad impugnare al terzo difensore, che qualora uno di quelli precedentemente nominati già abbia proposto impugnazione, questa conserva validità, mentre quando entrambi i patroni originariamente incaricati abbiano proposto gravame, quello del legale nominato all’uopo in eccedenza rimane inefficace, in quanto la facoltà di impugnazione legittimamente esercitata dai primi difensori ha consumato quella del terzo nominato). Cass. pen. Sezioni Unite 30 marzo 2012, n. 12164
In tema di impugnazione da parte dell’imputato contumace, dall’elezione di domicilio presso il difensore non può in alcun modo dedursi il conferimento di uno specifico mandato ad impugnare, poiché non vi è alcuna correlazione logico-giuridica tra i due atti processuali. Cass. pen. sez. III 10 settembre 1999, n. 2692
In tema di impugnazione di sentenza contumaciale, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione e della formazione del giudicato, la notifica dell’avviso di deposito con l’estratto della sentenza all’imputato contumace non può essere sostituita da alcun atto equipollente. (Principio affermato in riferimento a un provvedimento di cumulo, del quale si è esclusa l’equipollenza all’estratto della sentenza contumaciale). Cass. pen. sez. I 18 maggio 1999, n. 3060
L’esistenza dello specifico mandato ad impugnare rilasciato al difensore dall’imputato rimasto contumace nel precedente giudizio (art. 571, comma 3, c.p.p.) costituisce una condizione di legittimazione a proporre il gravame, sicché l’atto di conferimento (ed il relativo potere di agire) deve sussistere in epoca precedente o coeva allo scadere del termine prescritto dalla legge per esercitare il diritto di impugnazione. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto inammissibile l’appello proposto dal difensore dell’imputato contumace in quanto l’atto di conferimento del mandato speciale era stato prodotto solo nel corso del dibattimento di secondo grado). Cass. pen. sez. III 8 aprile 1999, n. 4374
In tema di sentenza contumaciale, la parte non può manifestare a mezzo di telegramma o telefax con firma non autenticata la sua volontà di impugnare, in quanto detti mezzi garantiscono la ricezione dell’atto ma non la sua provenienza, né la sua autenticità. Invero la norma che regola le formalità da seguirsi per il conferimento al difensore del mandato per proporre impugnazione da parte dell’imputato contumace (art. 571 c.p.p.), esige che sia riconoscibile la provenienza della manifestazione di volontà del soggetto che è l’unico interessato. (Fattispecie in cui il difensore che ha proposto appello aveva ricevuto mandato dall’interessato con semplice fax). Cass. pen. sez. V 8 aprile 1999, n. 4414
Lo specifico mandato richiesto dall’art. 571, comma terzo, c.p.p. per la legittimazione del difensore all’impugnazione di sentenza contumaciale non va confuso con la procura speciale di cui all’art. 122 stesso codice e, pertanto, per la sua validità è sufficiente la nomina fatta con la forma di cui al precedente art. 96, comma secondo; nomina che è efficace se fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore, purché da detta dichiarazione emerga, in modo chiaro e univoco, la volontà di impugnare. Cass. pen. sez. II 3 marzo 1999, n. 6527
In tema di impugnazioni del contumace, qualora l’appello venga proposto da difensore cui la nomina sia stata conferita con dichiarazione posta in calce all’atto di gravame, essa può essere considerata equivalente allo specifico mandato di cui all’art. 571, comma 3, c.p.p.in quanto rende evidente che il prevenuto, ben consapevole della propria situazione processuale, chiede al difensore di assisterlo nella fase del giudizio successiva a quella in cui la contumacia è stata dichiarata. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto sussistenti i requisiti dello specifico mandato nella nomina del difensore effettuata dall’imputato – contumace in primo grado – con dichiarazione posta in calce all’atto di impugnazione del seguente tenore: «nomino mio difensore in sede di appello l’avv. . . .»). Cass. pen. sez. II 13 novembre 1998, n. 11789
Lo specifico mandato ad impugnare previsto dall’art. 571, comma 3, c.p.p. nel caso di sentenza contumaciale, non può considerarsi validamente conferito mediante un atto recante, come sottoscrizione, il solo segno di croce, ancorché seguito da autenticazione da parte del difensore. Cass. pen. sez. VI 13 maggio 1998, n. 5573
In caso di impugnazioni di sentenze contumaciali da parte del difensore, questi deve essere munito di specifico mandato rilasciato dall’interessato con la nomina, o anche successivamente, ma comunque entro il termine utile per proporre la detta dichiarazione. In mancanza il difensore è carente di legittimazione a proporre l’impugnazione; tale difetto non può essere superato da una successiva rati.ca, in quanto questo inficia l’atto nella sua integrità, tanto da renderlo giuridicamente inesistente. Cass. pen. sez. III 10 febbraio 1998, n. 3863
Le formalità previste dall’art. 571, comma 3, c.p.p.per l’impugnazione del difensore contro la sentenza contumaciale trovano applicazione solo in presenza di una formale dichiarazione di contumacia dell’imputato che ha efficacia costitutiva dello stato di contumacia. (Nella fattispecie è stato ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione proposto dal difensore privo di mandato specifico contro una sentenza in cui la contumacia risultava solo dall’intestazione). Cass. pen. sez. VI 15 dicembre 1997, n. 11521
Atteso il principio dell’unicità del diritto di impugnazione, pur quando il suo esercizio sia consentito tanto alla parte personalmente quanto al suo difensore, deve ritenersi che la valida proposizione di impugnazione da parte del difensore dell’imputato rimasto contumace, previo rilascio, da parte di quest’ultimo, dello specifico mandato previsto dall’art. 571, comma terzo, c.p.p.consumi anche il diritto del medesimo imputato a proporre gravame, nulla rilevando in contrario l’eventuale invalidità della notifica dell’estratto contumaciale. Cass. pen. sez. II 19 novembre 1997, n. 5035
Lo specifico mandato ad impugnare, previsto dall’art. 571, comma 3, c.p.p. nel caso di sentenza contumaciale, è necessario anche quando la contumacia si sia verificata in un procedimento che abbia dato luogo a pronuncia di sentenza di applicazione della pena su richiesta; ipotesi, questa, che ben può verificarsi, non essendovi assoluta incompatibilità fra l’istituto della contumacia e il procedimento anzidetto. Cass. pen. sez. IV 13 novembre 1997, n. 10330
In tema di impugnazione di sentenze contumaciali, al fine di non vani.care la tassatività dei termini fissati dalla legge, si considera valida l’impugnazione presentata dal difensore non munito di specifico mandato solo quando essa sia ratificata dall’imputato entro il termine prescritto per proporre l’impugnazione. Né alcun rilievo assume la comparizione dell’imputato al dibattimento di secondo grado, la quale non pu di per sé, valere come rati.ca dell’impugnazione proposta dal difensore privo di specifico mandato (vedi la sentenza della Corte cost. 5 luglio 1990 n. 315, rispetto alla quale la questione di illegittimità costituzionale della disposizione in oggetto, sollevata dal ricorrente, non presenta – secondo la Suprema Corte che l’ha dichiarata manifestamente infondata – profili di novità, con riferimento alla pretesa violazione del diritto di difesa nell’ipotesi in cui la norma (art. 571 terzo comma c.p.p.) non prevede che il difetto di specifico mandato del difensore sia sanato dalla presenza dell’imputato nel giudizio di appello). Cass. pen. sez. V 9 giugno 1997, n. 5478
A norma dell’art. 571, terzo comma, c.p.p.il difensore dell’imputato può proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale solo se munito di specifico mandato, rilasciato con la nomina o anche successivamente; il mandato deve essere specifico, nel senso che deve indicare il provvedimento impugnato, e ciò perché si è inteso dal legislatore garantire all’imputato contumace la facoltà di effettuare una scelta diretta, libera e consapevole in ordine allo specifico esercizio del diritto d’impugnazione, scelta che ben può essere effettuata nelle forme previste per la nomina del difensore di fiducia, ancora prima della pronuncia del provvedimento da impugnare, purché da tale dichiarazione di nomina emerga, in modo chiaro ed univoco, la volontà d’impugnare anche la sentenza contumaciale. Cass. pen. sez. VI 8 maggio 1997, n. 4088
La limitazione all’autonomo potere di impugnazione spettante al difensore nel caso in cui l’imputato sia contumace ha lo scopo di garantire – attraverso lo specifico mandato – che questi abbia valutato il suo interesse a non impugnare personalmente, rimettendosi al riguardo alla valutazione del difensore. Ma perché questa garanzia sia assicurata è necessario che il mandato non sia generico mandato a difendere o anche a impugnare, ma contempli espressamente la ipotesi di impugnazione di sentenza: in cista appunto la «specificità» contenutistica del mandato richiesta a pena di inammissibilità dal terzo comma dell’art. 571 c.p.p. Cass. pen. sez. III 24 aprile 1997, n. 3807
Lo specifico mandato di cui, ai sensi dell’art. 571, comma terzo, c.p.p.deve essere munito il difensore per proporre impugnazione contro una sentenza contumaciale, può anche essere rilasciato prima della pronuncia del provvedimento da impugnare, ma, per essere considerato specifico, deve comunque contenere con chiarezza ed espressamente l’esplicito conferimento al difensore del mandato ad impugnare anche nella specifica previsione dell’eventualità di una condanna dell’imputato. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che non costituisse specifico mandato ad impugnare sentenze contumaciali, e che quindi non attribuisse tale facoltà al difensore, il mandato rilasciato dall’imputato al difensore anteriormente alla sentenza di primo grado, con il quale gli era stato genericamente conferito «ogni più ampio mandato per assisterlo e difenderlo in ogni fase e grado del detto procedimento»). Cass. pen. sez. III 6 febbraio 1997, n. 1056
In tema di impugnazione della sentenza contumaciale, è valida l’impugnazione presentata dal difensore non munito del mandato specifico previsto dall’art. 571 comma 3 c.p.p. quando essa sia ratificata dall’imputato, purché la rati.ca intervenga entro il termine fissato per proporre l’impugnazione, vanificandosi in caso contrario, la tassatività dei termini fissati dall’ordinamento. Cass. pen. sez. VI 28 maggio 1996, n. 1324
Lo specifico mandato ad impugnare le sentenze contumaciali può essere rilasciato al difensore anche prima della pronuncia del provvedimento da impugnare. (Nella specie la Corte ha ritenuto ammissibile l’impugnazione avverso una sentenza contumaciale proposta dal difensore al quale, come risultava dal verbale di interrogatorio, l’imputato aveva conferito, nel nominarlo, lo “specifico mandato per l’impugnazione di eventuali sentenze contumaciali”). Cass. pen. Sezioni Unite 7 marzo 1996, n. 47
Il conferimento del mandato difensivo, da parte dell’imputato contumace, dopo la pronuncia della sentenza implica di per sé anche in assenza di esplicita formulazione, il mandato ad impugnare previsto dall’art. 571, comma 3, c.p.p. Cass. pen. sez. III 3 ottobre 1995, n. 2745
Per il rilascio dello specifico mandato richiesto dall’art. 571, terzo comma, c.p.p. perché il difensore dell’imputato possa impugnare una sentenza contumaciale è sufficiente l’osservanza delle forme richieste dall’art. 96, secondo comma, stesso codice. Invero lo «specifico mandato» – denominazione già significativa della volontà del legislatore di distinguere tale atto dalla procura speciale – di cui alla suddetta norma ha lo scopo di integrare il mandato difensivo con la facoltà di proporre impugnazione anche nel caso di contumacia ed è, dunque, logico che ne sia previsto il rilascio (contestualmente alla nomina o successivamente) nelle forme stabilite dall’art. 96, secondo comma, c.p.p. per la nomina del difensore piuttosto che in quelle, funzionalmente diverse, stabilite dall’art. 122 stesso codice per la nomina di un procuratore speciale. (Nella specie, sulla scorta del principio di cui in massima, la Cassazione ha ritenuto valido l’appello proposto dal difensore con atto contenente in calce la nomina per «il giudizio di impugnazione» e la sottoscrizione dell’imputato autenticata dal difensore medesimo). Cass. pen. Sezioni Unite 4 novembre 1993, n. 9938
La previsione dell’art. 571, comma terzo, c.p.p.secondo cui il difensore dell’imputato può proporre impugnazione avverso una sentenza contumaciale solo se munito di specifico mandato, non è applicabile al procedimento di prevenzione in cui, trattandosi di un rito camerale, non è configurabile una dichiarazione di contumacia. Cass. pen. sez. VI 11 luglio 1997, n. 1761
Perché il difensore possa proporre impugnazione avverso una sentenza emessa in assenza dell’imputato nel procedimento camerale di appello ex art. 599 c.p.p. non occorre il conferimento di specifico mandato. (La Cassazione ha ritenuto che ai fini della impugnabilità da parte del difensore la sentenza in questione non può equipararsi ad una sentenza contumaciale, ed ha conseguentemente affermato il principio di cui in massima). Cass. pen. Sezioni Unite 15 aprile 1994, n. 1
La rinuncia all’impugnazione cd. parziale, che riguardi cioè quelle parti dell’impugnazione con cui si contesti e si chieda la riforma o l’annullamento di uno o picapi o punti del provvedimento impugnato, costituisce atto abdicativo di diritti e facoltà processuali già acquisiti, sia pure con effetti più limitati rispetto a quella totale; ne consegue che essa non può essere effettuato dal difensore, di fiducia o di ufficio, privo di procura speciale, in quanto non ricompresa nella discrezionalità tecnica del difensore, a differenza della mera rinuncia ad una o più argomentazioni o motivazioni su cui si fondano le diverse parti dell’impugnazione relative ai diversi capi impugnati. Cass. pen. Sezioni Unite 25 marzo 2016, n. 12603
La rinuncia all’impugnazione fatta dall’imputato prima del deposito della sentenza non influisce sulla dichiarazione presentata nei termini dal difensore poiché può validatamente rinunciarsi solo all’impugnazione già presentata, cioè a un diritto già esercitato. All’impugnazione del difensore l’imputato può rinunciare solo nelle forme e nei modi previsti dall’art. 571 comma quarto c.p.p. Cass. pen. sez. VI 5 settembre 1996, n. 8285