Art. 570 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Impugnazione del pubblico ministero

Articolo 570 - codice di procedura penale

1. Il [procuratore della Repubblica presso la pretura (51, 550), il] (1) procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state le conclusioni (523) del rappresentante del pubblico ministero. Salvo quanto previsto dall’articolo 593 bis, comma 2, il procuratore generale (2) può proporre impugnazione nonostante l’impugnazione o l’ acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento.
2. L’impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni.
3. Il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello può partecipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso la corte di appello. La partecipazione è disposta dal procuratore generale presso la corte di appello qualora lo ritenga opportuno. Gli avvisi spettano in ogni caso al procuratore generale (584).

Articolo 570 - Codice di Procedura Penale

1. Il [procuratore della Repubblica presso la pretura (51, 550), il] (1) procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state le conclusioni (523) del rappresentante del pubblico ministero. Salvo quanto previsto dall’articolo 593 bis, comma 2, il procuratore generale (2) può proporre impugnazione nonostante l’impugnazione o l’ acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento.
2. L’impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni.
3. Il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello può partecipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso la corte di appello. La partecipazione è disposta dal procuratore generale presso la corte di appello qualora lo ritenga opportuno. Gli avvisi spettano in ogni caso al procuratore generale (584).

Note

(1) Le parole: «procuratore della Repubblica presso la pretura, il» sono state soppresse dall’art. 200 del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico, a decorrere dal 2 giugno 1999.
(2) Le parole: «Il procuratore generale» sono state così sostituite dalle attuali: «Salvo quanto previsto dall’articolo 593 bis, comma 2, il procuratore generale» dall’art. 1, comma 2, del D.L.vo 6 febbraio 2018, n. 11.

Massime

In tema di impugnazione, il principio di tassatività soggettiva previsto dall’art. 568, comma terzo, cod. proc. pen. impone di ritenere che, in mancanza di una espressa previsione attributiva, il potere di gravame non può essere esercitato dal vice procuratore onorario che ha presentato le conclusioni in udienza. (In motivazione, la Corte ha precisato che le norme di ordinamento giudiziario in materia di delega non prevedono che sia delegabile anche il potere di impugnazione). Cass. pen. sez. V 19 maggio 2017, n. 24881

La disposizione dell’art. 570, comma terzo, cod. proc. pen. in virtù della quale il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello, può partecipare al successivo grado di giudizio, previo provvedimento autorizzativo del Procuratore Generale della Repubblica, in qualità di sostituto di quest’ultimo, è da considerare eccezionale e, come tale, di stretta interpretazione; di talché il predetto rappresentante del P.M. non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione del sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale, che aveva impugnato la sentenza emessa dalla Corte d’appello all’esito del giudizio al quale egli aveva partecipato in veste di sostituto del Procuratore Generale della Repubblica). Cass. pen. sez. IV 8 aprile 2015, n. 14141

Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello, stante la unitarietà dell’ufficio di procura generale, può proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge e quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero, anche rispetto ai provvedimenti pronunziati da giudici compresi nella competenza della sezione distaccata della corte stessa e, quindi, anche a quelli della sezione distaccata predetta. Cass. pen. sez. VI 8 aprile 2014, n. 15806

La legittimazione a impugnare i provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione spetta in via esclusiva al P.M. che ha assunto il ruolo di parte nel procedimento, non potendosi riconoscere al P.G. presso la Corte d’appello un potere di surroga assimilabile a quello attribuitogli nel giudizio di cognizione. Cass. pen. sez. I 19 gennaio 2011, n. 1375

In tema di impugnazioni, la partecipazione al giudizio di appello da parte del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni nel giudizio di primo grado, quale sostituto del procuratore generale, è legittimamente disposta anche se è mancata la richiesta nell’atto di appello, trattandosi di mera irregolarità. Cass. pen. sez. I 8 giugno 2006, n. 19613

In tema di incompetenza, l’imputato non appellante per carenza di interesse, essendo stato assolto in primo grado, qualora il pubblico ministero impugni la sentenza assolutoria, può riproporre, a norma dell’art. 24, comma primo, c.p.p.l’eccezione di incompetenza per territorio tempestivamente formulata a norma dell’art. 21 dello stesso codice, e, qualora non lo faccia, gli è preclusa la possibilità di ricorrere in cassazione sul punto. Cass. pen. sez. IV 29 luglio 2004, n. 32924

In tema di impugnazioni, non può ritenersi ammissibile il gravame proposto dal pubblico ministero che non si richiami ai motivi di altro analogo atto formalmente esistente e depositato agli atti da una delle altre parti del processo, ma piuttosto rifacendosi solo per relationem al contenuto di una memoria (che non può mai costituire parte motiva di un appello anche se allegata all’atto formale di gravame) depositata dal difensore della parte civile contenente soltanto dei rilievi sulla decisione del giudice, senza che nell’atto formale di appello venissero enunciati, almeno sinteticamente, i motivi specifici, così da consentirsi l’individuazione delle questioni da risolvere. Corte app. pen. Catania sez. II 17 maggio 2004, n. 1169

Le disposizioni del codice di rito concernenti i termini per la proposizione dell’impugnazione operano anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi, con la sola eccezione delle ipotesi di gravame proposto nei confronti di quei provvedimenti affetti da un’anomalia genetica così radicale che, determinandone l’inesistenza materiale o giuridica e rendendoli inidonei a passare in giudicato, può essere denunciata in qualsiasi momento. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto abnorme, ma non inesistente giuridicamente, l’ordinanza del giudice monocratico che aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio per genericità del capo di imputazione relativo al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, formulato con mero richiamo alle fatture allegate al processo verbale di constatazione, e pertanto il ricorso per cassazione da parte del procuratore generale era subordinato al rispetto del termine di impugnazione ordinario). Cass. pen. sez. III 30 aprile 2004, n. 20377

Il magistrato applicato, a norma dell’art. 110, comma 1, R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 e succ. mod. (c.d. ordinamento giudiziario), alla procura generale della Repubblica presso la corte d’appello, è da considerare incardinato, a tutti gli effetti di legge, per l’intera durata dell’applicazione, in detto ufficio e pertanto, a differenza di quello che abbia solo preso parte al giudizio di appello ai sensi dell’art. 570, comma 3, c.p.p.è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, a nulla rilevando l’eventuale inosservanza – in quanto sprovvista di grado, a nulla rilevando l’eventuale inosservanza – in quanto sprovvista di sanzione processuale – dei criteri di organizzazione dell’ufficio come stabiliti dalla tabella approvata dal Consiglio Superiore della Magistratura (nella specie, con riferimento all’attribuzione del compito di redigere i motivi di impugnazione delle sentenze di appello). Cass. pen. Sezioni Unite 24 novembre 2003, n. 45276

L’interesse del pubblico ministero all’impugnazione attiene alla scelta da compiere dopo avere avuto piena conoscenza del provvedimento di volta in volta considerato e in base a una valutazione complessiva del risultato ottenuto, quali che siano state le conclusioni formulate in udienza dal magistrato impersonante fisicamente l’organo di accusa che, come tale, conserva comunque il potere di contestare l’esattezza della decisione in vista del soddisfacimento di generali esigenze di giustizia. (Fattispecie relativa a proposizione di appello da parte di rappresentante del P.M. dal tenore contrastante con le conclusioni formulate in udienza). Cass. pen. sez. I 4 febbraio 2000, n. 1391

Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso provvedimenti emessi in sede di esecuzione, in quanto nel concetto di parte usato nell’art. 570, comma primo, c.p.p. non può comprendersi la procura generale rimasta estranea al procedimento di esecuzione, riferendosi l’espressione usata ai concreti protagonisti della dialettica processuale del procedimento specifico, e non ad altri soggetti rimasti estranei a quella fase processuale. Cass. pen. sez. I 22 marzo 1999, n. 943

In tema di misure cautelari contro la decisione di riesame di un provvedimento di competenza pretorile è legittimato all’impugnazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale del riesame e non quello presso la pretura. Cass. pen. sez. III 31 luglio 1998, n. 1908

Gli artt. 51 e 570 c.p.p.2 e 70 R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 valgono a costituire un sistema per il quale il potere di impugnazione del pubblico ministero è collegato alle funzioni esercitate in via permanente dal giudice che ha emesso il provvedimento da impugnarsi; e le deroghe a tale criterio dettate dagli artt. 570, comma terzo, e 311, comma primo, c.p.p. costituiscono eccezioni non suscettibili di estensione analogica. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione proposto da procuratore distrettuale antimafia avverso decisione della corte d’appello su dichiarazione di ricusazione da lui stesso presentata nei confronti di presidente di corte d’assise; nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, per carenza di legittimazione del ricorrente, ritenendo del tutto irrilevante la circostanza che l’organo della pubblica accusa fosse parte nel procedimento incidentale instaurato con la dichiarazione di ricusazione e che avesse interesse a veder accolta la dichiarazione stessa). Cass. pen. sez. I 16 luglio 1998, n. 3404

Attesa la limitazione delle funzioni dei vice procuratori onorari a quelle esclusivamente previste dagli artt. 71 e 72 dell’ordinamento giudiziario, da riguardarsi come disposizioni derogatorie rispetto alla disciplina generale in materia di impugnazioni del pubblico ministero, dettata dall’art. 570 c.p.p.deve escludersi che i detti vice procuratori siano legittimati ad impugnare i provvedimenti adottati all’esito delle udienze alle quali essi hanno partecipato. Cass. pen. sez. III 3 luglio 1998, n. 1391

È legittima, in base all’art. 570, comma 3, c.p.p.la partecipazione, previa autorizzazione del procuratore generale, del rappresentante del pubblico ministero che ha partecipato al giudizio di primo grado e al giudizio di appello, anche al giudizio di rinvio dopo l’annullamento della sentenza di appello, in quanto si tratta pur sempre di un giudizio di appello, la partecipazione al quale è sorretta dalla medesima ratio di non disperdere la conoscenza e l’esperienza già acquisite dei fatti di quel processo, senza che a ciò osti il carattere eccezionale della disposizione medesima. Cass. pen. sez. V 10 aprile 1998, n. 4340

Il vice procuratore onorario che abbia svolto funzioni di pubblico ministero nel dibattimento non è tuttavia legittimato a proporre impugnazione avverso la sentenza pronunciata all’esito del dibattimento medesimo. Cass. pen. sez. III 6 giugno 1997, n. 5146

Il vice procuratore onorario che ha sostenuto l’accusa al dibattimento non è legittimato a proporre impugnazioni. Infatti, l’art. 71 dell’ordinamento giudiziario stabilisce che alle procure della Repubblica presso le preture possano essere addetti vice procuratori onorari; ad essi non sono attribuite tutte le funzioni di carattere generale che competono ai magistrati appartenenti all’ufficio, ma è consentito, in materia penale, l’espletamento delle attività indicate nell’articolo seguente: partecipazione all’udienza dibattimentale e di convalida dell’arresto e del fermo, emissione del decreto penale e di condanna (previa delega del procuratore della Repubblica). Il legislatore ha avuto cura di inserire nel testo normativo la locuzione «sole funzioni» e l’esplicitazione chiarisce che l’elenco delle specifiche funzioni del vice procuratore onorario è tassativo: tra di esse non è annoverata quella relativa alla proposizione delle impugnazioni. Cass. pen. sez. III 3 giugno 1997, n. 5146

La disposizione dell’art. 570, comma terzo, c.p.p.in virtù della quale il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello, può partecipare al successivo grado di giudizio, previo provvedimento autorizzativo del procuratore generale della Repubblica, in qualità di sostituto di quest’ultimo, è da considerare eccezionale e, come tale, di stretta interpretazione. Ne consegue che il predetto rappresentante del P.M. non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale, che aveva impugnato la sentenza emessa dalla corte d’appello all’esito del giudizio al quale egli aveva partecipato in veste di sostituto del procuratore generale della Repubblica). Cass. pen. Sezioni Unite 2 febbraio 1997, n. 6402

In tema di «patteggiamento» il pubblico ministero che abbia prestato il proprio consenso all’applicazione della pena non può poi dolersi con impugnazione della successiva rati.ca dei «fatti» da parte del giudice nemmeno sotto il profilo del difetto di motivazione, avendo implicitamente esonerato il giudice dall’obbligo di rendere conto dei punti non controversi della decisione. Tale principio non può subire deroghe nemmeno per effetto dell’autonomia degli uffici del P.M. nel proporre impugnazione, ai sensi dell’art. 570 c.p.p.quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero: invero, l’autonomia va interpretata tenendo conto del principio costituzionale di uguaglianza delle parti nel processo penale, sicché il diritto al riferimento come non è consentito all’imputato così non è consentito al P.M. Cass. pen. sez. IV 15 novembre 1996, n. 2371

In forza del principio di impersonalità del pubblico ministero stabilito dall’art. 570 del c.p.p.ed in virtù delle disposizioni contenute in detta norma, deve ritenersi pienamente legittima l’impugnazione proposta dal rappresentante del pubblico ministero che in udienza ha formulato conclusioni conformi a quelle fatte proprie dal giudice che ha emesso la sentenza impugnata. Cass. pen. sez. I 4 giugno 1996, n. 5579

Poiché l’ufficio del procuratore della Repubblica si incarna in tutti suoi componenti, senza che occorra, verso i terzi una delega formale del titolare – e salva ogni responsabilità disciplinare in caso di inosservanza delle direttive – deve ritenersi legittimato ad impugnare la sentenza il sostituto procuratore della Repubblica non espressamente delegato dal capo dell’ufficio. Cass. pen. sez. VI 11 maggio 1995, n. 5416

A norma dell’art. 71 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 sull’ordinamento giudiziario, ai vice procuratori onorari addetti alle Procure della Repubblica presso le Preture circondariali sono attribuite non già le funzioni di carattere generale che competono ai magistrati ordinari appartenenti all’ufficio del pubblico ministero, ma solo quelle indicate nell’art. 72 commi 1 e 3 stesso decreto: partecipazione alle udienze dibattimentali e di convalida dell’arresto o del fermo; richiesta di emissione di decreto penale di condanna. Il potere di proporre impugnazione, pur non essendo espressamente indicato, compete tuttavia al vice procuratore onorario, che ha partecipato all’udienza dibattimentale, in virtù della regola generale dettata dall’art. 570 cpv. c.p.p. in tema di impugnazioni del pubblico ministero che così dispone «l’impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni». Cass. pen. sez. III 19 dicembre 1994, n. 12576

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