Art. 537 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Pronuncia sulla falsità di documenti

Articolo 537 - codice di procedura penale

1. La falsità di un atto o di un documento, accertata con sentenza di condanna, è dichiarata nel dispositivo (241, 675).
2. Con lo stesso dispositivo è ordinata la cancellazione totale o parziale, secondo le circostanze e, se è il caso, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma dell’atto o del documento, con la prescrizione del modo con cui deve essere eseguita. La cancellazione, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma non è ordinata quando possono essere pregiudicati interessi di terzi non intervenuti come parti nel procedimento.
3. La pronuncia sulla falsità è impugnabile, anche autonomamente, con il mezzo previsto dalla legge per il capo che contiene la decisione sull’imputazione (568).
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di sentenza di proscioglimento (425).

Articolo 537 - Codice di Procedura Penale

1. La falsità di un atto o di un documento, accertata con sentenza di condanna, è dichiarata nel dispositivo (241, 675).
2. Con lo stesso dispositivo è ordinata la cancellazione totale o parziale, secondo le circostanze e, se è il caso, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma dell’atto o del documento, con la prescrizione del modo con cui deve essere eseguita. La cancellazione, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma non è ordinata quando possono essere pregiudicati interessi di terzi non intervenuti come parti nel procedimento.
3. La pronuncia sulla falsità è impugnabile, anche autonomamente, con il mezzo previsto dalla legge per il capo che contiene la decisione sull’imputazione (568).
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di sentenza di proscioglimento (425).

Massime

In caso di sentenza di patteggiamento che abbia omesso di dichiarare la falsità di un documento, la Corte di cassazione può adottare direttamente i provvedimenti previsti dall’art. 537 cod. proc. pen.non occorrendo alcuna valutazione di merito per una declaratoria che la legge pone come effetto inevitabile della sentenza di condanna, a cui è equiparabile la sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti. Cass. pen. sez. IV 12 giugno 2018, n. 26870

La dichiarazione relativa all’accertata falsità di atti o di documenti, prevista dall’art. 537 cod. proc. pen. in caso di sentenza di condanna, va revocata dai giudici di appello qualora sia pronunciata l’estinzione del reato per morte del reo, trattandosi di statuizione autonoma ed accessoria della sentenza penale e non già di una statuizione civile, sicchè la parte civile, ai sensi dell’art. 576, comma 1, cod. proc. pen.non è legittimata ad impugnare la pronunzia sulla falsità. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione, il ricorso proposto dalla parte civile che deduceva l’erroneità della revoca della dichiarazione di falsità di un testamento). Cass. pen. sez. V 28 marzo 2018, n. 14194

In caso di sentenza di patteggiamento che abbia omesso di dichiarare la falsità di un documento, la Corte di cassazione può adottare direttamente i provvedimenti previsti dall’art. 537 cod. proc. pen. non occorrendo alcuna valutazione di merito per una declaratoria che la legge pone come effetto inevitabile della sentenza di condanna, a cui è equiparabile la sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti. Cass. pen. sez. IV 29 gennaio 2016, n. 3801

In tema di sentenza dichiarativa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, la falsità di un documento può essere dichiarata, ai sensi dell’art. 537 cod. proc. pen. solo se le risultanze processuali siano tali da consentire di affermare che essa sia stata positivamente accertata, sulla base delle norme che regolano l’acquisizione e la valutazione della prova nel processo penale. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la statuizione di falsità delle attestazioni contenute in dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà allegate a domande di condono edilizio, con riferimento ad imputati per i quali era stata applicata, nella fase di merito, la causa estintiva). Cass. pen. sez. III 23 febbraio 2015, n. 7908

Il giudice, con la sentenza di condanna con la quale accerti la falsità di atti o documenti, è obbligato, ai sensi dell’art. 537 c.p.p.a dichiararne la falsità e conseguentemente ordinarne la cancellazione totale o parziale e, qualora essi non siano presenti nel fascicolo processuale, deve disporne l’acquisizione per poter procedere alle indicate attività. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza di patteggiamento per il reato di cui all’art. 90, comma secondo, del d.p.r. n. 57 del 1990 – per essere state apposte false autentificazioni di firme a moduli di accettazione di candidature e a dichiarazioni di collegamento per una elezione regionale – nella parte in cui non aveva disposto l’acquisizione degli atti indicati nel capo di imputazione e non ne aveva, poi, dichiarato la falsità). Cass. pen. sez. III 14 ottobre 2013, n. 42162

In caso di omessa dichiarazione di falsità di un documento con la sentenza di “patteggiamento” non legittima la Corte di cassazione non può adottare i provvedimenti previsti dall’art. 537 c.p.p. che richiedono una specifica motivazione, implicante valutazioni di merito a sostegno della ritenuta falsità ed avverso i quali è riconosciuto alle parti il diritto di proporre, anche autonomamente, impugnazione. (La Suprema corte ha precisato che in tal caso la falsità del documento deve essere dichiarata dal giudice dell’esecuzione, al quale devono essere trasmessi gli atti). Cass. pen. sez. II 23 luglio 2013, n. 31953

In ipotesi di sentenza di patteggiamento che abbia omesso illegittimamente di dichiarare la falsità di un documento la Corte di Cassazione, investita del relativo ricorso, può adottare direttamente i provvedimenti previsti dall’art. 537 cod. proc. pen. non occorrendo alcuna valutazione di merito per una declaratoria che la legge pone come effetto inevitabile della sentenza di condanna, a cui è equiparabile la sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti. Cass. pen. sez. V 23 novembre 2012, n. 45861

Nel caso di declaratoria di improcedibilità per estinzione del reato la statuizione di falsità documentale di cui all’art. 537 c.p.p. richiede che l’accertamento del fatto e la colpevolezza dell’imputato siano adeguatamente motivati. (Fattispecie in tema di prescrizione, nella quale la Suprema corte ha annullato con rinvio, relativamente alla statuizione di falsità documentale, la sentenza di applicazione della causa estintiva che si limitava ad affermare la mancanza di prova evidente circa l’insussistenza del fatto). Cass. pen. sez. III 6 febbraio 2008, n. 5789

Il punto della sentenza relativo alla declaratoria di falsità è appellabile dall’imputato anche in caso di proscioglimento, posto che l’art. 537 commi terzo e quarto c.p.p. istituisce una regola particolare rispetto a quella dell’art. 593 comma secondo c.p.p. Cass. pen. sez. V 15 maggio 2006, n. 16506

Il giudice dell’esecuzione può disporre la cancellazione di atti dichiarati falsi all’esito del procedimento di cognizione anche quando essi interessino soggetti non intervenuti in detto procedimento, a condizione che tali soggetti siano stati posti in grado di intervenire nel procedimento di esecuzione. Cass. pen. sez. I 13 gennaio 2006, n. 1396

Il giudice dell’esecuzione può dichiarare, ai sensi dell’art. 675, comma primo, c.p.p.la falsità di atti o di documenti, che non sia stata dichiarata nella sentenza che rilevi l’intervenuta prescrizione di reati di falso, a condizione che l’accertamento della falsità risulti dal testo della stessa sentenza, divenuta irrevocabile, e sia possibile oggetto di riscontro immediato, indipendentemente dal riesame degli atti processuali. Cass. pen. sez. V ord. 24 gennaio 2002, n. 2671

In tema di estinzione del reato, la declaratoria di falsità documentale, dovendo essere adeguatamente motivata, va emessa solo se le risultanze processuali siano tali da consentire di affermare che essa sia stata positivamente accertata, sulla base delle norme che regolano la acquisizione e la valutazione della prova nel processo penale. Essa dunque non può essere fatta meccanicamente conseguire, quale inevitabile effetto della causa estintiva, la cui applicazione nulla sta a significare, né in ordine alla sussistenza del fatto, né in ordine alla colpevolezza dell’imputato. (Fattispecie in tema di prescrizione, nella quale la Suprema Corte ha annullato la statuizione di falsità documentale con riferimento ad imputati per i quali era stata applicata, nella fase di merito, la causa estintiva). Cass. pen. sez. V 23 febbraio 2000, n. 2151

Con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, che è decisione equiparata ad una sentenza di condanna, il giudice è tenuto a dichiarare, ai sensi del primo comma dell’art. 537 c.p.p.l’accertata falsità di atti o di documenti. (Nell’occasione la Corte ha precisato che la dichiarazione di falsità prescinde dall’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, essendo fondata esclusivamente sull’accertamento – che si renda possibile anche nel giudizio speciale di patteggiamento, pur nei limiti di una cognizione «allo stato degli atti» – della non rispondenza al vero dell’atto o del documento). Cass. pen. Sezioni Unite 3 dicembre 1999, n. 20

Nel caso in cui, in qualsiasi grado del giudizio, intervenga sentenza dichiarativa di improcedibilità perché l’azione penale non doveva essere iniziata, il giudice non può dichiarare la falsità di atti e documenti; invero, da un lato, la improcedibilità dell’azione penale non autorizza alcun accertamento, sia pur parziale, del fatto, dall’altro, poiché la sentenza di proscioglimento per mancanza di condizione di procedibilità, non impedisce l’esercizio in futuro dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona (se, successivamente, la condizione si verifica), ogni sia pur limitata decisione sarebbe pregiudizievole proprio per l’ulteriore, eventuale esercizio dell’azione penale. (Fattispecie relativa a falso in cambiale, dichiarato improcedibile in fase di appello per tardività della querela, con contestuale dichiarazione, da parte del giudice di secondo grado, della falsità della firma di emissione apposta sul titolo. La Cassazione, enunciando il principio sopra riportato, ha annullato senza rinvio). Cass. pen. sez. V 8 aprile 1999, n. 4403

La falsità di un documento accertata nel corso del giudizio deve essere dichiarata nel dispositivo ai sensi dell’art. 537 c.p.p. La ratio cui si ispira la norma sopra citata è infatti l’eliminazione dalla circolazione di un atto che potrebbe arrecare pregiudizio alla fede pubblica, nonché l’esigenza di economia processuale nell’ambito dei rapporti tra giudizio penale e civile, per cui l’unica eccezione alla doverosità della declaratoria di falsità è data esclusivamente, secondo quanto espressamente dispone il secondo comma della norma predetta, dall’eventualità che rimangano pregiudicati gli interessi di terzi estranei al processo. Cass. pen. sez. V 19 gennaio 1999, n. 712

In materia di dichiarazione di falsità di documenti in sede di esecuzione, poiché le disposizioni di cui all’art. 537 c.p.p. devono considerarsi di portata generale esse si applicano anche all’ipotesi di patteggiamento della pena. Cass. pen. sez. V 18 maggio 1998, n. 1726

La declaratoria di falsità di atti o documenti, prevista dall’art. 537, comma 4, c.p.p. anche per l’ipotesi in cui il procedimento si concluda con sentenza di proscioglimento, non trova ostacolo, qualora trattisi di proscioglimento dovuto ad estinzione del reato, nell’eventuale anteriorità della causa estintiva rispetto all’accertamento della falsità. Cass. pen. sez. V 31 luglio 1997, n. 2827

La falsità di un documento accertata nel corso del giudizio deve essere dichiarata nel dispositivo, ai sensi dell’art. 537 c.p.p.ancorché essa risulti da atti compiuti successivamente al decorso del termine di prescrizione del reato da cui è derivata. (Nell’affermare detto principio la Corte ha precisato che la ratio cui si ispira l’art. 537 c.p.p. è l’eliminazione dalla circolazione di un atto che potrebbe arrecare pregiudizio alla fede pubblica, nonché l’esigenza di economia processuale nell’ambito dei rapporti tra giudizio penale e civile, sicché l’unica eccezione alla doverosità della declaratoria di falsità è data esclusivamente, secondo quanto espressamente dispone il secondo comma della norma predetta, dall’eventualità che rimangano pregiudicati gli interessi di terzi estranei al processo). Cass. pen. sez. V 31 luglio 1997, n. 2827

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