In tema di prova testimoniale, ai fini dell’acquisizione al fascicolo del dibattimento ex art. 500, comma 4, cod. proc. pen. delle dichiarazioni in precedenza rese dal teste che rifiuti di deporre, è richiesta la sussistenza di “elementi concreti” per ritenere che il predetto sia stato sottoposto a pressioni, desumibili da qualunque circostanza sintomatica della subita intimidazione, purché connotata da obiettività e significatività. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale era stata disposta l’acquisizione di dichiarazioni predibattimentali del teste rifiutatosi di deporre, desumendone la sottoposizione ad intimidazioni dal fato che si trattasse della vittima dei maltrattamenti e degli atti persecutori per cui si procedeva, senza che fossero stati acquisiti elementi specifici ed ulteriori rispetto alla tipologia dei reati commessi ai danni della persona offesa). Cass. pen. sez. VI 4 luglio 2019, n. 29342
In tema di acquisizione al fascicolo per il dibattimento, ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen.delle dichiarazioni rese dal testimone prima del dibattimento, le modalità della deposizione e il contegno tenuto in dibattimento possono essere valutati quali elementi sintomatici delle indebite pressioni esterne che consentono l’acquisizione e l’utilizzazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini. (Fattispecie relativa a un procedimento per estorsione continuata, aggravata dal metodo mafioso, nel quale il teste, comparso coattivamente dopo essere stato più volte vanamente citato, esordiva, prima ancora che gli venissero rivolte domande sui fatti, dichiarando di aver detto in precedenza “solo bugie”, mentre risultava dalla deposizione di un altro testimone che egli aveva vissuto con grande preoccupazione le minacce di ritorsione a lui rivolte dall’imputato e dai suoi complici). Cass. pen. sez. II 25 settembre 2018, n. 41489
In tema di istruzione dibattimentale, il giudice può legittimamente desumere elementi di prova dall’esame del consulente tecnico di cui le parti abbiano chiesto ed ottenuto l’ammissione, stante l’assimilazione della sua posizione a quella del testimone, senza necessità di dover disporre apposita perizia se, con adeguata e logica motivazione, dimostri che essa non è indispensabile per essere gli elementi forniti dall’ausiliario privi di incertezze, scientificamente corretti e basati su argomentazioni logiche e convincenti. Cass. pen. sez. IV 5 giugno 2018, n. 25127
In tema di testimonianza, le modalità della deposizione e il contegno tenuto dal teste in dibattimento rientrano fra gli elementi valutabili ai fini dell’accertamento delle indebite pressioni esterne cui è stato sottoposto, quale presupposto dell’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone ai sensi dell’art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto infondate le censure relative all’ordinanza di acquisizione delle dichiarazioni rese da una testimone in fase di indagini preliminari, ritenuta vittima di pressioni esterne desunte dal comportamento processuale della stessa teste e di altri quattro testimoni la cui presenza in aula era stata conseguita solo a seguito dell’adozione di ordini di accompagnamento). Cass. pen. sez. VI 9 maggio 2017, n. 22555
Le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone che manifesti genuina difficoltà di elaborazione del ricordo, ove lo stesso ne affermi la veridicità anche mediante richiami atti a giustificare il “deficit” mnemonico, devono ritenersi confermate e, in quanto tali, possono essere recepite ed utilizzate come se rese direttamente in dibattimento. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione dei giudici di merito secondo cui il teste aveva espressamente confermato, a seguito di contestazioni, le dichiarazioni rese in precedenza, rispondendo alle sollecitazioni del P.M.a distanza di due anni e mezzo dai fatti, con l’espressione: “Confermo quanto dichiarato, ripeto, non ho l’immagine nitida ma se l’ho dichiarato questo è”). Cass. pen. sez. II 5 aprile 2017, n. 17089
Ai fini dell’utilizzo, ai sensi dell’art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. delle dichiarazioni predibattimentali del collaboratore di giustizia, gli “elementi concreti” sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinchè non deponga ovvero deponga il falso devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell’intimidazione subita dal teste, purchè connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto esclusivo della volontà di ritorsione contro lo Stato a causa della revoca del programma di protezione a seguito di comportamenti penalmente rilevanti successivamente tenuti dal soggetto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto, in un caso in cui un collaboratore di giustizia aveva ritrattato in dibattimento precedenti dichiarazioni, che, essendo emerso che il dichiarante aveva subito forti pressioni e temeva per la sua incolumità, non era determinante il fatto che la ritrattazione potesse anche essere in parte dovuta ad una volontà di ritorsione nei confronti dello Stato che aveva revocato il programma di protezione). Cass. pen. sez. II 20 marzo 2017, n. 13550
Ai fini dell’utilizzo, ai sensi dell’art. 500, comma quarto, cod. proc. pen .delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli “elementi concreti” sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinchè non deponga ovvero deponga il falso devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell’intimidazione subita dal teste, purchè connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto non di una pressione subita da terzi, ma dalla sua adesione a modelli devianti, tesi ad anteporre la cura dei propri interessi illeciti rispetto al dovere di testimonianza davanti l’Autorità giudiziaria. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza di merito, relativa ad un tentato omicidio in un contesto di uno scontro tra due gruppi di persone, che aveva fatto uso delle dichiarazioni rese in indagini da un teste che, in dibattimento, aveva modificato la versione dei fatti, senza avere accertato specifici e concreti elementi di coartazione della volontà di quest’ultimo, e ricorrendo ad argomentazioni apodittiche e generalizzanti quali, ad esempio, la maggiore capacità intimidatoria del gruppo degli assalitori rispetto a quella degli assaliti). Cass. pen. sez. I 27 febbraio 2017, n. 9646
Nei procedimenti relativi ai reati di violenza sessuale anche il riavvicinamento o la riappacificazione della persona offesa e dell’imputato possono costituire un “elemento concreto” idoneo ai sensi dell’art. 500, comma quarto, c.p.p. a incidere sulla genuinità della deposizione testimoniale della persona offesa nel senso che questa, non potendo rimettere la querela, essendo la stessa irrevocabile, potrebbe essere indotta a circoscrivere, limitare o revocare le dichiarazioni accusatorie in precedenza rese. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima l’acquisizione e l’utilizzazione delle originarie dichiarazioni di una testimone, che aveva accusato il convivente di vessazioni e di gravi episodi di violenza sessuale in danno dei .gli minori, le quali erano state successivamente ritrattate in dibattimento senza l’indicazione di alcuna ragione e dopo la ripresa della convivenza, in un contesto di dipendenza economica dall’imputato). Cass. pen. sez. III 30 giugno 2015, n. 27117
Ai fini dell’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni in precedenza rese dal teste, ai sensi dell’art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. la sussistenza di “elementi concreti” per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza o minaccia può desumersi da circostanze sintomatiche dell’intimidazione emerse anche soltanto al di fuori del dibattimento. Cass. pen. sez. III 12 marzo 2015, n. 10486
Nel dibattimento di appello, il contenuto della deposizione di un testimone o di un’altra parte può essere contestato sulla base delle dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero ed i relativi verbali possono essere utilizzati per la decisione a norma degli artt. 500 e 503 c.p.p.atteso il generale rinvio alle disposizioni relative al giudizio di primo grado operato dall’art. 598 c.p.p. per il giudizio di appello. (Fattispecie relativa all’acquisizione di dichiarazioni confessorie rese dall’imputato avanti al G.I.P. in sede di interrogatorio di garanzia). Cass. pen. sez. II 13 maggio 2014, n. 19618
La ritenuta oggettiva falsità della testimonianza da parte del giudice del dibattimento non esclude di per sè l’applicabilità della disposizione contenuta nell’art. 500, comma quarto c.p.p.dovendosi comunque valutare la sussistenza in concreto di un inquinamento probatorio. Cass. pen. sez. V 6 maggio 2013, n. 19313
Non è preclusa alla parte che avrebbe potuto richiedere l’incidente probatorio ai sensi dell’art. 392, comma primo, lett. b) c.p.p. la possibilità di giovarsi, successivamente, in dibattimento delle dichiarazioni raccolte nelle indagini, ai sensi dell’art. 500, comma quarto, c.p.p.. Cass. pen. sez. I 21 gennaio 2013, n. 2844
Sono utilizzabili e legittimamente acquisite al fascicolo del dibattimento ex art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. le dichiarazioni predibattimentali della persona offesa, vittima di violenza sessuale, che, per sottrarsi a gravi intimidazioni finalizzate ad evitarne la deposizione o a ritrattare le accuse, sia costretta a rendersi irreperibile e non compaia in udienza per testimoniare. Cass. pen. sez. III 3 aprile 2012, n. 12463
La minaccia subita dal testimone, vittima di violenza sessuale, al fine di evitarne la deposizione o di indurlo a deporre il falso può essere attuata anche implicitamente e consistere in condizionamenti economici o nella paura di essere allontanato dal nucleo familiare. (Nella specie, la minore, vittima dell’abuso sessuale paterno, era stata condizionata sia da promesse di regali o di altre utilità, sia in quanto le era stato fatto credere che il padre potesse essere condannato a morte o, comunque, potesse suicidarsi). Cass. pen. sez. III 23 gennaio 2012, n. 2696
La nozione di “altra utilità”, rilevante ai fini e per gli effetti di cui all’art. 500, comma quarto, cod. proc. pen.non deve avere carattere necessariamente economico o materiale, ma può avere anche valenza di tipo morale ovvero – nel contesto familiaristico della subcultura criminale di tipo mafioso – consistere nel mantenimento dei vincoli della solidarietà familiare, al fine di rafforzarne l’unità. Cass. pen. sez. I 18 gennaio 2012, n. 1898
Le contestazioni nel corso dell’esame testimoniale concorrono a formare il materiale oggetto del libero convincimento del giudice per la parte in cui consentono di desumere l’esistenza di atteggiamenti reticenti. Cass. pen. sez. I 27 gennaio 2010, n. 3470
L’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni predibattimentali rese dal testimone, ai sensi dell’art. 500, comma 4, c.p.p.può essere disposta anche d’ufficio, quando siano già emersi (anche sulla base della legittima acquisizione di documenti e sentenze di altri procedimenti) concreti elementi per ritenere che possa essersi verificata la situazione di inquinamento probatorio descritta nella suddetta disposizione normativa. Cass. pen. sez. VI 19 novembre 2009, n. 44491
La dichiarazione del testimone di non ricordare i fatti già riferiti alla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari, non equivale alla volontaria sottrazione all’esame dibattimentale, sicchè trova applicazione, per i procedimenti oggetto delle disposizioni transitorie della L. n. 63 del 2001, la disciplina delle contestazioni prevista dal testo previgente dell’art. 500 c.p.p. Cass. pen. sez. IV 9 dicembre 2008, n. 45496
Ai fini dell’acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli elementi concreti da porre alla base del convincimento che il teste sia stato sottoposto a violenza o a minaccia, affinchè deponga il falso o si rifiuti di deporre, devono mostrare una plausibilità logica tale da far ritenere compromessa la genuinità della deposizione dibattimentale. Cass. pen. sez. II 15 ottobre 2008, n. 38894
L’acquisizione probatoria delle dichiarazioni rese in precedenza dal testimone è giustificata anche dall’emersione in dibattimento di circostanze che diano prova che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità, senza che sia necessario che il giudice disponga specifici accertamenti, purchè detti elementi siano concreti e quindi precisi nella loro consistenza materiale, univoci nel dimostrare che la reticenza è stata indotta da un’azione esterna alla libera scelta del testimone. Cass. pen. sez. II 6 febbraio 2008, n. 5997
Nel corso dell’esame dibattimentale del testimone e delle parti private può procedersi alla contestazione delle dichiarazioni rese in precedenza tutte le volte in cui vi sia difformità con la dichiarazione dibattimentale, sia che con questa il soggetto sottoposto ad esame manifesti una conoscenza diversa, sia che riveli di non ricordare le vicende o i fatti su cui ha riferito in precedenza. Cass. pen. sez. VI 16 febbraio 2006, n. 6221
L’indebita acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni predibattimentali di un teste, la cui utilizzazione per le contestazioni le rende solo valutabili ai fini della credibilità del teste medesimo, ai sensi dell’attuale formulazione dell’art. 500, comma 2, c.p.p. non può costituire valido motivo di censura in sede di legittimità quando dette dichiarazioni risultino, di fatto, utilizzate solo per escludere detta credibilità. Cass. pen. sez. V 14 dicembre 2005, n. 45311
Qualora sussista discrasia tra l’esito della ricognizione fotografica eseguita dinanzi alla polizia giudiziaria e quello della ricognizione personale esperita nel corso del dibattimento, la possibilità di ritenere prevalente il primo sul secondo è subordinata alla ricorrenza delle condizioni indicate nell’art. 500, comma 4, c.p.p.e cioè alla sussistenza di elementi concreti per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di danaro o di altra utilità affinchè non deponga ovvero deponga il falso. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che, a fronte dei concreti elementi emersi e consistenti nella circostanza che il giudizio di primo grado si era svolto ad oltre due anni dai fatti e che l’imputato aveva un fratello gemello omozigote, fosse carente la motivazione limitatasi ad affermare che «per le modalità della deposizione risulta certo che la parte lesa era intimorita»). Cass. pen. sez. IV 31 marzo 2003, n. 14855