Art. 452 – Codice di Procedura Penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477 - aggiornato al D.Lgs. 08.11.2021, n. 188)

Trasformazione del rito

Articolo 452 - codice di procedura penale

1. Se il giudizio direttissimo risulta promosso fuori dei casi previsti dall’art. 449, il giudice dispone con ordinanza (125) la restituzione degli atti al pubblico ministero.
2. Se l’imputato chiede il giudizio abbreviato, il giudice, prima che sia dichiarato aperto il dibattimento, dispone con ordinanza la prosecuzione del giudizio con il rito abbreviato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441 bis, 442 e 443; si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 438, comma 6 bis (1); nel caso di cui all’articolo 441 bis, comma 4, il giudice, revocata l’ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l’udienza per il giudizio direttissimo.

Articolo 452 - Codice di Procedura Penale

1. Se il giudizio direttissimo risulta promosso fuori dei casi previsti dall’art. 449, il giudice dispone con ordinanza (125) la restituzione degli atti al pubblico ministero.
2. Se l’imputato chiede il giudizio abbreviato, il giudice, prima che sia dichiarato aperto il dibattimento, dispone con ordinanza la prosecuzione del giudizio con il rito abbreviato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441 bis, 442 e 443; si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 438, comma 6 bis (1); nel caso di cui all’articolo 441 bis, comma 4, il giudice, revocata l’ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l’udienza per il giudizio direttissimo.

Note

(1) Le parole: «si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 438, comma 6 bis;» sono state inserite dall’art. 1, comma 45, della L. 23 giugno 2017, n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.

Massime

È abnorme il provvedimento con cui il Tribunale monocratico disponga la restituzione degli atti al P.M. sul presupposto che non vi sia stato arresto in flagranza per il reato di cui all’art. 14, comma quinto-ter, D. Lgs. n. 286 del 1998, impedendo al P.M. di dar corso ad un adempimento obbligatorio quale è l’instaurazione del giudizio direttissimo atipico previsto dall’art. 14, comma quinto-quinquies, del su citato D.Lgs.. (Fattispecie in cui vi era stato un arresto in flagranza per il reato di cui all’art. 73 del d. P.R. n.309/1990 e solo il giorno successivo era stata accertata la violazione del reato di cui all’art. 14, comma quinto-ter, D.Lgs. n. 286 del 1998). Cass. pen. sez. I 25 marzo 2010, n. 11486

Nel caso di trasformazione del giudizio direttissimo in abbreviato, costituisce provvedimento abnorme (e quindi ricorribile per cassazione) il provvedimento con il quale il giudice, nel revocare la ammissione del giudizio abbreviato, revochi anche l’ammissione del giudizio direttissimo, restituendo gli atti al P.M. Invero, mentre la revoca del giudizio abbreviato costituisce provvedimento semplicemente illegittimo ma non impugnabile, la revoca del rito direttissimo, pur in origine ammesso, comportando una regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari in presenza del valido esercizio dell’azione penale, è completamente fuori dalla logica del vigente sistema processuale. (Fattispecie in cui, in sede di giudizio abbreviato, instauratosi nell’ambito di giudizio direttissimo, il giudice di merito, ritenendo di non poter decidere allo stato degli atti per la necessità di ascoltare testi, anziché attivare la procedura ex art. 452 comma 2 c.p.p.ha agito come sopra indicato. La Suprema corte ha annullato senza rinvio il provvedimento abnorme, determinando la regressione del procedimento nella fase immediatamente precedente alla emissione della ordinanza impugnata, ponendo, conseguentemente, il giudice di merito nella condizione di disporre eventualmente l’audizione dei testi). Cass. pen. sez. V 1 aprile 1999, n. 874

La norma dell’art. 451 n. 5 c.p.p. che prescrive che l’imputato contro il quale si procede con giudizio direttissimo debba essere avvertito della facoltà di richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento è priva di sanzione e l’inosservanza non determina alcuna nullità processuale potendo solo eventualmente assumere rilevanza ai fini di una responsabilità disciplinare secondo quanto previsto dall’art. 124 c.p.p. Così pure nessuna nullità è determinata dalla irregolarità nelle formalità di nomina e citazione dell’interprete, quando comunque questi sia presente al dibattimento. Cass. pen. sez. VI 16 marzo 1995, n. 2773

La richiesta di giudizio abbreviato, nel caso previsto dall’art. 452 comma secondo c.p.p.deve essere proposta prima dell’apertura del dibattimento. Essa è pertanto da considerare tardiva e, quindi, inammissibile, quando sia stata proposta dopo che abbiano avuto luogo la contestazione del reato, l’esposizione introduttiva del pubblico ministero e la concessione del termine a difesa, la quale ultima, come si evince dall’art. 451 comma sesto c.p.p. (in base al quale, ove detta concessione sia stata disposta, il dibattimento è «sospeso»), presuppone che l’apertura del dibattimento stesso sia già avvenuta. Cass. pen. sez. VI 3 novembre 1992, n. 10569

Lo speciale giudizio abbreviato previsto dall’art. 452, comma secondo, c.p.p.si caratterizza per il fatto che, a differenza di quanto previsto per la forma tipica di tale rito, che ha sede nell’udienza preliminare, esso non è legato alla valutazione giudiziale della decidibilità allo stato degli atti. In altri termini, se la richiesta dell’imputato riceve il consenso del pubblico ministero, l’organo giudicante non può non ammetterlo. Proprio per ciè previsto che in tale atipico rito abbreviato possano essere introdotte le prove ritenute dal giudice necessarie ai fini del decidere. Cass. pen. sez. VI 14 gennaio 1999, n. 397

Nonostante che il giudizio abbreviato conseguente alla trasformazione del rito direttissimo, ai sensi dell’art. 452, comma 2, c.p.p.contempli, a differenza di quello previsto dagli artt. 438 ss. c.p.p.la possibilità di un’attività di integrazione probatoria, il pubblico ministero pu tuttavia, non consentire, ove ritenga il procedimento non definibile allo stato degli atti, alla richiesta di dar luogo alla detta trasformazione; nel qual caso le acquisizioni probatorie effettuate nel corso del dibattimento non possono essere ricondotte alle previsioni di cui al citato art. 452, comma 2, con la conseguenza che, ove le medesime, sulla base di un giudizio ex ante, risultino obiettivamente giustificate, viene per ciò stesso ad essere esclusa la riconoscibilità all’imputato, in caso di condanna, della diminuente di cui all’art. 442 c.p.p. Cass. pen. sez. VI 13 novembre 1997, n. 10283

In tema di giudizio abbreviato atipico previsto dall’art. 452 comma 2, c.p.p. come possibile ipotesi di trasformazione del giudizio direttissimo, il dissenso del pubblico ministero è da considerare come giustificato quando, all’atto della sua manifestazione, il procedimento sia obiettivamente non suscettibile di definizione allo stato degli atti, indipendentemente dall’eventuale integrazione probatoria che il giudice, in base alla norma anzidetta, può successivamente disporre; integrazione che, comunque, può avere ad oggetto, così interpretandosi il richiamo alle «forme previste dall’art. 422 c.p.p.», soltanto gli atti contemplati da detto ultimo articolo, con esclusione, quindi, di atti di natura complessa quali, ad esempio, le perizie. Cass. pen. sez. VI 22 luglio 1992, n. 8176

Ove le parti abbiano formulato richiesta di trasformazione del giudizio direttissimo in giudizio abbreviato, a norma dell’art. 452, comma secondo, c.p.p.e, rinviatosi il dibattimento ad altra udienza senza che il giudice abbia ancora provveduto su tale richiesta, intervenga un mutamento dell’organo giudicante, la richiesta non deve essere reiterata dinanzi al nuovo giudice. Infatti, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, conseguente al mutamento del giudice, non investe affatto la richiesta di giudizio abbreviato, che è atto del predibattimento, e che ovviamente prescinde dalla composizione fisica dell’organo giudicante. Non può d’altro canto sostenersi che la richiesta di ammissione di prove formulata nella nuova udienza da parte del difensore equivalga a revoca implicita della richiesta; e cisia perché lo speciale rito in questione non è incompatibile con assunzioni probatorie sia perché né la richiesta di giudizio abbreviato né il consenso del pubblico ministero sono revocabili sia, infine, perché la richiesta è atto personale dell’imputato su cui non potrebbe comunque interferire il difensore. Cass. pen. sez. VI 14 gennaio 1999, n. 397

Nell’ipotesi di giudizio abbreviato derivato da giudizio direttissimo, ai sensi dell’art. 452 comma 2 c.p.p.l’impossibilità per la parte di chiedere l’ammissione di mezzi di prova attiene esclusivamente a fatti già verificatisi nel momento in cui ha chiesto (o consentito) il giudizio abbreviato e non a fatti sopravvenuti rispetto a quel momento. Ne consegue che il fatto sopravvenuto, giuridicamente rilevante, ben può trovare ingresso nel processo, senza che risulti violato l’accordo tra le parti. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di appello che, sull’assunto dell’impossibilità, nell’ipotesi data, di procedere ad integrazione probatoria, aveva respinto l’istanza di rinnovazione parziale del dibattimento finalizzata all’acquisizione di atti dai quali sarebbe risultata la fattiva collaborazione prestata, dopo la sentenza di primo grado, dall’imputato e quindi la possibilità di applicare l’attenuante di cui all’art. 73 comma 7 D.P.R. 309/1990). pen. sez. VI 27 maggio 1995, n. 6196

La richiesta di giudizio abbreviato, avanzata dall’imputato ed accolta dal giudice, implica rinuncia al rito dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, dovendo escludersi la convertibilità dell’uno nell’altro. (In motivazione, la Corte ha precisato che nessuna disposizione disciplina la trasformazione del giudizio abbreviato nel patteggiamento, la cui alternatività è evidenziata da quelle norme che, regolando la facoltà dell’imputato di operare una scelta tra i possibili giudizi speciali, gli impongono un’esplicita opzione tra l’uno o l’altro procedimento). Cass. pen. sez. III 7 agosto 2007, n. 32234

La celebrazione del giudizio di applicazione della pena sull’accordo delle parti può avvenire in una qualsiasi delle fasi che si possono aprire dopo quella delle indagini preliminari, a partire cioè dall’udienza preliminare fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, che rappresenta il momento estremo oltre il quale non è ammissibile il ricorso a quella speciale procedura. Ne discende che il suddetto giudizio appare svincolato dalla specificità delle forme processuali nelle quali può avere origine, richiedendo esso unicamente che la richiesta sia stata ritualmente avanzata nell’ambito di una di quelle udienze in cui la legge processuale ne ammette la proposizione. (Nella specie, in cui l’applicazione della pena sull’accordo delle parti era avvenuta nel corso di un giudizio direttissimo, la Cassazione, sulla base delle considerazioni di cui in massima, ha ritenuto che l’eventuale nullità del giudizio direttissimo – prospettata quale effetto della nullità della convalida dell’arresto in flagranza, che costituisce uno dei presupposti di tale rito – fosse irrilevante essendo stata la sentenza impugnata emessa appunto a seguito del giudizio di applicazione della pena su richiesta delle parti). Cass. pen. sez. VI 19 dicembre 1991, n. 12891

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